MFormazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA

Buon Natale e Felice Anno Nuovo, MERRY CHRISTMAS AND HAPPY NEW YEAR, FROHE WEIHNACHTEN UND HAPPY NEW YEAR, Gëzuar Krishtlindjet dhe Gëzuar Vitin e Ri, عيد ميلاد مجيد وسنة جديدة سعيدة , З Калядамі і HAPPY NEW YEAR, ВЕСЕЛА КОЛЕДА И ЩАСТЛИВА НОВА ГОДИНА, ЎBON NADAL I FELIÇ ANY NOU, VESELÉ VÁNOCE A ŠŤASTNÝ NOVÝ ROK, Sretan Božić i Sretna Nova Godina, GLĆDELIG JUL OG GODT NYTÅR, Happy New Year חג מולד שמח ו, Häid jõule ja head uut aastat, HYVÄÄ JOULUA JA ONNELLISTA UUTTA VUOTTA, FELIZ NATAL E FELIZ ANO NOVO, Nadolig Llawen a Blwyddyn Newydd Dda, ΚΑΛΑ ΧΡΙΣΤΟΥΓΕΝΝΑ ΚΑΙ ΚΑΛΗ ΧΡΟΝΙΑ, Merry Christmas AGUS Athbhliain BHLIAIN, Gleπileg jól og Gleðilegt nýtt ÁR, Priecīgus Ziemassvētkus un laimīgu Jauno gadu, Kalėdų ir Naujųjų metų, Merry Божиќ и Среќна Нова Година, FELICE ANNO NUOVO ناتاله پست, BUON NATALE E FELICA ANNO NUOVO, Crăciun fericit şi HAPPY NEW YEAR, С Рождеством и HAPPY NEW YEAR, Срећан Божић и срећна Нова Година, VESELЙ VIANOCE A ŠŤASTNÝ NOVÝ ROK, Vesel božič in srečno novo leto, ˇFELIZ NAVIDAD Y FELIZ AÑO NUEVO, GOD JUL OCH GOTT NYTT ÅR, З Різдвом і HAPPY NEW YEAR, Boldog Karбcsonyt és Boldog Új Évet, לעבעדיק ניטל און גליקלעך נייַ יאָר

FORMAZIONE

il FIGLIO dell'UOMO

ONLUS - ASSOCIAZIONE CATTOLICA

E-mail: studiotecnicodalessandro@virgilio.it Siti Internet:

http://www.cristo-re.eu ; http://www.cristo-re.it;

http://www.maria-tv.eu ;http://www.web-italia.eu

http://www.engineering-online.eu;

http://www.mondoitalia.net ;

dal 17 Aprile al 24 Aprile 2011

10a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo

Aderite all"

ORDINE LAICO dei "CAVALIERI del FIGLIO dell'UOMO" per VIVERE il VANGELO, Diventate CAVALIERI del FIGLIO dell'UOMO vivendo la Vostra VITA in FAMIGLIA e sul LAVORO secondo VIA, VERITA' VITA

Ingegneria Impianti Industriali Elettrici Antinvendio

Per. Ind. G. Dalessandro

Il mio pensiero e la mia professionalità nei miei Siti Web

 

Bella Italia http://www.miglionico web.it Prof.. Labriola

 

 MILANO D'UOMO

Foto di MILANO

in sequenza clicca qui sopra

 TARANTO CASTELLO

Foto di TARANTO

clicca qui sopra

TA1 - TA2 - TA3

MIGLIONICO CROCIFISSO

XV SECOLO POLITTICO XV

Cima da Conegliano

clicca qui sopra

MG1.- MG2.- MG3.-

ROMA FONTANA di TREVI

.1. .2. .3.

.4. .5. .6.

.7.

MATERA SASSI

Per vedere altre foto clicca qui sopra

MARTINA

S. MARTINO

.1. -.2. -.3. -.4. -.5. -.6. -.7. -.8.

Links:Parrocchia Cristo Re Martina

http://www.parrocchie.it/ martinafranca/cristore.it

VATICANO LEV CHIESA CATTOLICA

Http://www.santiebeati.it

http://www.lachiesa.it

RADIO MARIA

http://www.cismitalia.org/ http://www.usmi.pcn.net http://www.ciisitalia.it

http://www.fratiminori lecce.org/node/342

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi dal 2010-02-12 ad oggi 2010-08-20

Leggi il Libro di Repubblica della Raccolta delle Storie di chi ha perso il lavoro..oltre 700 storie..

A trainare la crescita è in particolare il Centro-Sud, con un picco nelle Isole. Mentre nel Nord Ovest e nel Nord Est la crescita dall'inizio dell'anno è stata dell'1,6 e dell'1,8% portando i rispettivi debiti a 30,7 e 16,7 miliardi di euro, nel centro e nel Sud l'incremento è stato di un punto percentuale più alto: del 2,6% al Centro (che si attesta a 30,9 miliardi di euro) e del 2,7% al Sud (a 26,1 miliardi) mentre le isole hanno visto un balzo del 5,6% a 9,2 miliardi.

2010-07-29 Debito pubblico, record a maggio

Il debito delle amministrazioni pubbliche a maggio aggiorna il nuovo record e sale a 1.827 miliardi. Il dato, provvisorio, è indicato dalla Banca d'Italia nel supplemento al bollettino statistico.

Il nuovo dato aggiorna il precedente top di aprile (1.812 miliardi). Nel maggio del 2009 il debito della p.A. (Dato definitivo) fu di 1.753,33 miliardi.

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

Fiducia delle imprese ai massimi e a luglio la produzione sale dell'1,2%

Ritorna a crescere a luglio la fiducia delle imprese manifatturiere e delle costruzioni, ma peggiora la fiducia dei commercianti. È quanto emerge dalle ultime indicazioni dell'Isae. Buone notizie arrivano dal Centro studi Confindustria Buone notizie anche dal Centro studi Confindustria che stima per luglio un aumento della produzione industriale dell'1,2 per cento sul mese precedente.

Fiducia. Tornando alle imprese manifatturiere, dopo la lieve discesa registrata a giugno scorso, a luglio l'indice sulla fiducia è salito a 98,3 da 96,3 dello scorso mese e ritorna sui valori di giugno 2008. Il miglioramento, spiega l'Istituto, é dovuto al netto recupero degli ordini e della domanda, in presenza di una sostanziale stabilità delle attese di produzione e di un lieve accumulo delle giacenze di prodotti finiti.

LAVORO Istat, retribuzioni in aumento del 2,5% Grandi imprese, occupazione -1,8%

L'Istituto comunica l'andamento degli stipendi a giugno rispetto allo stesso mese del 2009.

L'aumento è del 2,3% confrontando i periodi gennaio-giugno 2009 e 2010.

Inflazione a 1,3%. Il dato sui lavoratori occupati è relativo a maggio, al lordo della Cig

2010-07-28 L'utile netto di Eni cresce del 47,9% nel primo semestre. Proposto acconto su dividendo di 0,5 euro Semestrale in crescita per Eni. L'utile netto sale del 47,9% a 4,05 miliardi di euro, quello adjusted è cresciuto del 29,5% a 3,45 miliardi, mentre l'utile operativo adjusted è aumentato del 34,2% a 8,46 miliardi. La produzione di idrocarburi, si legge in una nota, è aumentata dell'1%, arrivando a 1,578 milioni di barili al giorno nel secondo trimestre. Per il 2010 si prevede una produzione idrocarburi in linea con 2009 (consulta l'elenco completo delle semestrali di Borsa)

2010-07-20 A maggio ordini industriali +26,6%, record dal 2005 Gli ordinativi dell'industria, a maggio, sono cresciuti del 3,2% congiunturale e del 26,6% tendenziale, record assoluto dal 2005 quando si è ricostruita la serie storica. Lo rileva l'Istat. Il fatturato è aumentato dello 0,8% congiunturale e del 12,5% tendenziale, il più alto da febbraio 2008. Per quanto riguarda il solo settore auto l'Istat registra un +10,3% tendenziale per gli ordinativi e un +5,4% per il fatturato.

Nel 2009, i morti sul lavoro sono scesi del 6,3 per cento. Altissimo ancora il numero dei decessi, 1.050, ma in calo di 70 unità rispetto all'anno precedente. In discesa, anche, gli infortuni, che si sono attestati a quota 790mila, 85mila in meno rispetto al 2008. Meno 9,7%, "la diminuzione più alta dal 1993", ha commentato, soddisfatto, il presidente dell'Inail, Marco Sartori, nel corso della presentazione, a Roma, del bilancio annuale dell'istituto.

Al Sud l'industria arretra ROMA - Non ci sono solo le incertezze su Termini Imerese e Pomigliano o le vertenze sul distretto del mobile e sul polo della cantieristica. E non c'è solo il rischio di fuga delle multinazionali. Ciò che resta dell'industria nel Mezzogiorno è un tessuto di imprese che con la crisi dell'ultimo biennio sembrano aver perso il treno, già estremamente lento, del recupero. Oggi la Svimez presenta il rapporto annuale abbinando deindustrializzazione e disoccupazione al Sud con numeri pesanti: nel solo 2009 sono stati persi 61mila posti nell'industria manifatturiera con un calo annuo del 7%, oltre tre punti in più rispetto al Centro-nord. Nel 2008-2009 sono andati in fumo 100mila unità di lavoro mentre l'universo industriale settentrionale, a più alta intensità di fabbriche, reggeva almeno parzialmente l'urto con il ricorso massiccio alla cassa integrazione.

I NUMERI-4,5% Pil È il calo del prodotto interno lordo nel Mezzogiorno registrato nel 2009. L'anno precedente la diminuzione era stata dell'1,5% 0,35% Incentivi

È il peso degli aiuti di stato per l'industria rispetto al Pil. La media della Ue a 27 è pari a 0,54%. In Germania si passa allo 0,63%, Francia e Spagna si posizionano a 0,5%

-3% Lavoro Calo dell'occupazione al Sud nel 2009, di intensità

2010-07-18 Calano i prestiti delle banche alle imprese, crescono quelli alle famiglie. E' la fotografia di Bankitalia Calano i prestiti bancari alle imprese, mentre aumentano quelli alle famiglie italiane, soprattutto al Sud. È la fotografia scattata da Bankitalia nel volume "L'andamento del credito nelle regioni italiane nel primo trimestre del 2010".

A marzo 2010 i prestiti alle famiglie consumatrici sono aumentati del 4,2% rispetto a 12 mesi prima. In linea con la dinamica registrata nei precedenti trimestri, il tasso di crescita dei finanziamenti bancari alle famiglie meridionali è risultato superiore a quello del Centro Nord. L'aumento dei prestiti ha riguardato tutte le regioni ed è stato più sostenuto in Calabria, Molise e Puglia, dove si è attestato poco al di sopra del 7 per cento. Emilia Romagna, Lombardia e Veneto hanno invece registrato i tassi di espansione più bassi.

2010-07-17 LAVORO Finora 660mila in cassa integrazione E per la Cigl la situazione peggiorerà

Secondo il rapporto del sindacato da gennaio decurtazioni del reddito pari a 2,4 miliardi di euro. Inserendo nel computo i lavoratori in Cig, il tasso di disoccupazione passa dal 9,1% al 12,1%

Finora 660mila in cassa integrazione E per la Cigl la situazione peggiorerà Cassintegrati Ilva protestano a Genova Secondo il rapporto di giugno dell'Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale, la situazione produttiva italiana è drammatica ed è destinata a peggiorare. L'analisi ha anche ricalcolato il tasso di disoccupazione: se si comprendono i lavoratori "inattivi", si passa dal 9,1% certificato dall'Istat per il primo trimestre 2010 al 12,1%.

Il rapporto della Cgil parla chiaro: ad aumentare è soprattutto la cassa integrazione "in deroga" (Cigd), ovvero quella che estende gli ammortizzatori sociali ai lavoratori che finora non erano tutelati. Le ore di Cigd da maggio a giugno sono aumentate del 7,30%, e questo dato rappresenta il valore più alto degli ultimi 18 mesi. Per quanto riguarda il primo semestre 2010, invece, l'aumento tendenziale è stato del 637,51%, per un totale di 155.497.686 ore di Cigd. Quanto al tiraggio, il rapporto precisa che le ore effettive registrate nei primi quattro mesi (215.635.882) - pari a 336.931 lavoratori a zero ore - hanno già raggiunto il valore delle ore utilizzate nei primi sei mesi dello scorso anno, segnando così un peggioramento di circa il 30% sul consumo effettivo di Cig sul 2009.

L'Osservatorio della Cgil sottolinea come il ricorso alla Cig a giugno sia calato rispetto a maggio (-11,39%), con un volume di ore pari a 103.545.689, mentre il primo semestre del 2010 ha fatto registrare un +71,21% rispetto al primo dello scorso anno, attestandosi a una richiesta di 636.140.849 ore di cassa integrazione.

Regioni, dal 2001 al 2008 spesa +50% per le nuove funzioni della Bassanini

I dati dell'ufficio studi della Cgia di Mestre. Il forte aumento percentuale è dovuto al trasferimento delle nuove competenze. A crescere è stata soprattutto la spesa corrente. In testa la Basilicata e l'Emilia Romagna (oltre il +100%)

Regioni, dal 2001 al 2008 spesa +50% per le nuove funzioni della Bassanini Il governatore dell'Emilia Romagna Vasco Errani

VENEZIA - Tra il 2001 e il 2008 la spese totali delle Regioni italiane sono aumentate del 50% circa (esattamente del 47,7%). La Basilicata (+102,3%) e l'Emilia Romagna (+100,7%) sono le due realtà territoriali che hanno registrato le variazioni più importanti. Sempre nello stesso periodo , invece, l'inflazione è cresciuta Del 17,5%. I dati emergono da un'analisi pubblicata dalla Cgia di Mestre. Tuttavia il forte aumento percentuale della spesa non è da valutare come un aumento degli sprechi: infatti nel 2001, come ricorda la stessa Cgia, sono andate a regime le disposizioni della legge Bassanini (approvata nel '97), che ha conferito nuove funzioni e nuove competenze alle Regioni e agli enti locali. Nello stesso anno si è chiuso anche il processo di trasferimento in materia sanitaria.

A livello di macroarea la crescita più sostenuta si è verificata al Centro (+69,2%), seguono il Nord (+52%) e infine il Sud (+33,7%).

Autotrasporto In dieci anni 3,5 miliardi di aiuti

ROMA - Negli ultimi dieci anni l'autotrasporto italiano ha incassato 3,5 miliardi di contributi. Solo nel 2009, l'anno della grande crisi, gli stanziamenti a favore del popolo dei Tir hanno raggiunto la stratosferica cifra di 720,2 milioni, più del doppio dell'intero ammontare del decreto incentivi che a primavera ha finanziato con soli 300 milioni il rilancio di diversi settori: dall'acquisto dei motorini alle cucine componibili passando per navi e rimorchi. Più o meno la stessa cifra, 700 milioni, attende gli autotrasportatori anche quest'anno: si tratta di un pacchetto di stanziamenti, tra strutturali e aggiuntivi, previsti fin dall'avvio del tavolo che ha visto riuniti per 7 mesi associazioni di categoria, governo e committenza, sfociato nell'accordo del 17 giugno scorso.

2010-07-15 Bankitalia rivede al rialzo le stime del Pil ma "la disoccupazione sfiorerà il 9%"

Quest'anno la crescita dovrebbe raggiungere l'1%, come l'anno prossimo: la previsione di gennaio era di un +0,7%. Tuttavia l'occupazione continua a calare, e così i consumi delle famiglie, ancora più indebitate

ISTAT Povertà stabile nel 2009 la crisi ha colpito i giovani

In totale ci sono quasi 8 milioni di persone che toccano vivono con un reddito di 983 euro mensili. Il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto identico ma le loro condizioni medie sono peggiorate. Male il sud e le famiglie operaie ROMA - Nonostante la dura recessione economica la povertà in Italia non subisce un aumento nel corso del 2009. Ma ad essere colpiti sono i giovani, il Sud e le famiglie operaie. I dati diffusi dall'Istat indicano che l'esercito dei poveri è stabile a quasi 8 milioni di persone, pari al 13,1% dell'intera popolazione ma al mezzogiorno si conferma una situazione allarmante. Vive in condizioni di povertà (la soglia di poverta è pari ai 983 euro mensili, 17 euro in meno rispetto al 2008) oltre una famiglia su 5, il 22,7% con un aumento del valore dell'intensità della povertà assoluta (dal 17,3% al 18,8%) dovuto al fatto che il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto identico ma le loro condizioni medie sono peggiorate. Peggiorano, però, le condizioni delle famiglie assolutamente povere del sud e cresce la povertà assoluta (che misura i più poveri tra i poveri) di quelle operaie.

Inflazione ferma a giugno

Su base annua l'aumento è dell'1,3%

Dinamica in calo rispetto all'1,4% del mese precedente. L'indice armonizzato europeo mostra una variazione lievemente superiore, dell'1,5%. Meno caro il "carrello della spesa"

2010-07-14 Inflazione ferma a giugno Su base annua l'aumento è dell'1,3%

ROMA - Resta ferma l'inflazione a giugno: il dato mensile è rimasto invariato rispetto a maggio. L'incremento tendenziale è risultato dell'1,3% in calo dal +1,4% del mese precedente. Lo segnala l'Istat che conferma la stima preliminare. L'indice al netto dei tabacchi ha registrato un aumento congiunturale dello 0,1% e tendenziale dell'1,2%.

2010-07-13 ROMA - Debito pubblico record a maggio: tocca i 1.827,1 miliardi di euro, aumentando di 15 miliardi rispetto al mese precedente. Dalla fine del 2009 il valore del debito italiano è salito di 65,8 miliardi, segnando un incremento del 3,7% in cinque mesi

E' quanto riporta il supplemento Finanza Pubblica al bollettino statistico della Banca d'Italia.

Ad aprile il debito si era attestato a 1.812,8 miliardi segnando già un incremento rispetto ai 1.797,7 miliardi del mese precedente,

mentre a maggio 2009 il era di 1.753,335 miliardi di euro.

Sempre a maggio il gettito fiscale è salito dello 0,7% portando da -1,8 a -1,3% il risultato da inizio anno

Si riduce quindi la flessione che nei primi 4 mesi era stata dell'1,8%: con quest'ultimo dato la contrazione diventa dell'1,3%.

A maggio, al netto del gettito incassato ma non contabilizzato, gli incassi contabilizzati ammontano a 28.239 milioni contro i 28.035 dello stesso mese del 2009.

2010-07-08 Bankitalia: occupazione stagnante fino al 2011

Non si tratta di una ‘jobless recovery’, la nuova indagine Istat sui posti vacanti delle imprese lo dimostra. Ed è sicuramente una buona notizia: le imprese pian piano stanno ricominciando a cercare lavoratori. Il grafico mostra nel primo trimestre di quest’anno lo stesso lieve movimento verso l’alto che si può vedere in quelli pubblicati pochi giorni fa sulla produzione industriale, il fatturato e gli ordinativi. Però mostra anche l’"abisso" tra il 2007 e il 2009. La curva è scesa moltissimo, dal picco dell’1,2% del 2004 (al quale ci si era avvicinati, come si può vedere dal grafico elaborato dall’Istat, anche all’inizio del 2007).

L'Fmi rivede al rialzo le stime di crescita del mondo e dell'Italia, ma la ripresa resta a rischio Il Fondo monetario internazionale (Fmi) rivede al rialzo le stime di crescita mondiali per il 2010, mentre lascia invariate quelle per il 2011. Nell'aggiornamento del World Economic Outlook, l'Fmi prevede che l'economia globale si espanderà quest'anno del 4,6%, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto in aprile (+4,2%). Per il 2011 la stima è invariata a +4,3%.

Per quanto riguarda l'Italia, vengono rialzate le previsioni di crescita per il 2010: il pil si espanderà quest'anno dello 0,9% a fronte del +0,8% stimato in aprile (+0,1 punti percentuali). Limata invece la stima 2011, quando l'economia è prevista segnare un +1,1% a fronte del +1,2% stimato in aprile (-0,1 punti percentuali).

Cala il potere d'acquisto. Le famiglie italiane risparmiano solo il 13,4% del reddito

Scende il potere di acquisto delle famiglie italiane nel primo trimestre dell'anno. Lo segnala l'Istat - che mercoledì ha anche pubblicato un'analisi sui prezzi delle città -secondo cui nei primi 3 mesi del 2010 il reddito disponibile delle famiglie in termini reali) é diminuito dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% rispetto al I trimestre 2009. Scende anche la propensione al risparmio: il rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile (questa la definizione dell'Istat) ha raggiunto il 13,4%, riducendosi di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2009.

2010-07-03 I DATI ISTAT e inps Disoccupazione record tra i giovani

Cassa integrazione: +71% nel semestre Senza lavoro il 29,2% degli under 24. Nel primo trimestre 2010 il deficit all'8,7%, - 0,5 punti rispetto all'anno prima

Senza lavoro il 29,2% degli under 24. Nel primo trimestre 2010 il deficit all'8,7%, - 0,5 punti rispetto all'anno prima

MILANO - Quasi un giovane su tre in Italia è senza lavoro. Il tasso di disoccupazione nella fascia di età 15-24 anni continua a salire e a inanellare nuovi record: a maggio - fa sapere l'Istat - è arrivato a toccare il 29,2% (dal 29,1% di aprile). Il livello più alto da quando esistono le relative serie storiche dell'Istituto di statistica, ovvero dal 2004. Un tasso che risulta oltre tre volte maggiore della media generale, che si attesta all'8,7%, confermandosi stabile per il terzo mese consecutivo.

2010-05-01 Continua a salire il tasso di disoccupazione in Italia, che ad aprile si porta all'8,9%: si tratta del dato peggiore dal quarto trimestre 2001 (quando si attestava proprio all'8,9%).

Lo comunica l'Istat "sulla base delle informazioni finora disponibili", aggiungendo che il numero di persone in cerca di occupazione risulta pari a 2.220.000 unità, in crescita dell'1% (21mila unità) su mese e del 20,1% (372mila unità) sull' aprile 2009.

2010-05-14 Il Cdm convoca le regioni con la sanità in rosso: dovranno aumentare le tasse

Campania, Lazio e Calabria rinegoziano i piani sulla sanità Sanità la prima emergenza

Partita federalista da 133 miliardi Polverini e Bonino a duello sui programmi per la sanità nel Lazio

2010-05-12 Il Pil si muove nel I trimestre Economia italiana più veloce della media nell'Eurozona

Il Pil cresce dello 0,5% nel primo trimestre. E' il dato migliore da fine 2006

6 maggio 2010 Il Tesoro ritocca al ribasso le stime su Pil 2010 ma S&P conferma l'outlook stabile

Il Pil italiano crescerà dell'1% quest'anno, dell'1,5% nel 2011 e nel 2012 toccherà il 2% di aumento.

Il ministero dell'Economia, nella Relazione Unificata sull'economia e la finanza pubblica per il 2010, rivede al ribasso le precedenti stime (+1,1% nel 2010 e +2% nel 2011 e 2012).

La Relazione conferma invece gli obiettivi per il rapporto deficit/Pil da qui al 2012,

quando l'Italia tornerà sotto la soglia del 3%: quest'anno il rapporto scenderà al 5% senza bisogno di una manovra bis, nel 2011 al 3,9% e nel 2012 al 2,7%.

Il tasso di disoccupazione è previsto all'8,7% nel 2010, all'8,5% nel 2011 e all'8,2% nel 2012.

Peggiorano le stime per il debito pubblico che salirà al 118,4% del Pil quest'anno, al 118,7% nel 2011 e tornerà a scendere solo nel 2012 al 117,2%. Le precedenti stime indicavano un rapporto debito/Pil del 116,9% quest'anno, al 116,5% nel 2010 e 114,6% nel 2012. Nel documento si precisa che "in un'accezione di debito aggregato, considerando pubblica amministrazione famiglie, imprese non finanziarie, l'Italia si colloca tra i paesi meno indebitati in ambito europeo".

173mila posti di lavoro in meno nel 2010 secondo Unioncamere introvabili 42mila laureati e 88mila diplomati; entro fine anno 110mila nuovi posti nelle imprese

2010-05-04 Rispetto ad aprile 2009, invece, le ore autorizzate di cig sono aumentate del 52,9%

In calo le richieste di cassa integrazione

Rispetto a marzo quella straordinaria è diminuita del 5,7%, quella ordinaria del -22,5%

Rispetto ad aprile 2009, invece, le ore autorizzate di cig sono aumentate del 52,9%

In calo le richieste di cassa integrazione

30 APRILE 2010 ISTAT Disoccupazione all'8,8% massimo dal 2002

Il tasso di disoccupazione italiano si attesta all'8,8% nel mese di marzo, crescendo di due decimi di punto su febbraio. Per avere un livello analogo bisogna risalire al secondo trimestre del 2002. Lo hanno reso noto Eurostat e Istat. Su base tendenziale, secondo le statistiche destagionalizzate diffuse oggi da Istat, il tasso mostra un rialzo di un punto percentuale (7,8% a febbraio 2009).

21 Aprile 2010 FMiItalia, crescita in calo Disoccupazione all'8,7%

Il Fondo monetario internazionale lima al ribasso le previsioni di crescita per l'Italia quest'anno e il prossimo, indicando nel World economic outlook stime poco al di sotto di quelle per l'intera zona euro. Parlando di una ripresa lenta per l'intera Europa, decisamente disomogenea, in una mappa basata sulle nuove stime l'Fmi, classifica l'Italia tra i Paesi che nel biennio 2010 e 2011 registrerà una crescita tra 1 e il 3%, accomunandola, così, a Francia, Germania, Belgio, Austria e altri Paesi balcanici e nordici.

L'Italia, con previsioni per un'espansione di 0,8% nel 2010 e di 1,2% nel 2011 (da 1% e 1,3% stime contenute nell'aggiornamento del Weo a gennaio) si discosta all'interno della zona euro, da Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda, che il Fondo pone nel gruppo dei Paesi che registrerà una crescita al di sotto dell'1% del biennio. Per l'Italia, il Fondo stima che il debito italiano si attesterà al 118,6% del Pil quest'anno. A ottobre il Fondo stimava al 120,1% il rapporto debito/Pil italiano del 2010, mentre il governo ha indicato per fine anno un debito pari al 116,9% del prodotto interno.

2010-04-15 Bankitalia: cresce la pressione fiscale. Ripresa ancora debole, giù i redditi

Il peso del fisco nel 2009 salito dal 42,9 al 43,2%.

L'indebitamento delle famiglie è al 60%, consumi ancora in calo.

700.000 disoccupati in più rispetto all'aprile dell'anno scorso, per i giovani il tasso è al 28,2%.

Conti pubblici peggiorati. Lieve ripresa, ma investimenti ancora stagnanti

2010-04-07 Ocse: Pil Italia +1,2% primo trimestre 2010, "attenzione al debito"

2010-04-02 Il crollo dell'avanzo primario, sceso al di sotto dello zero nel 2009 (-0,6%), è certamente un campanello d'allarme per i conti pubblici. Si tratta di un indicatore-chiave per saggiare la sostenibilità del debito pubblico nel medio periodo, poiché registra il saldo tra entrate e uscite "vive", al netto degli interessi. L'anno scorso il Pil è crollato del 5,1%, con la conseguente contrazione del gettito tributario che anzi ha sostanzialmente tenuto (-3,3%) a fronte di un aumento del 3% delle uscite. Vigilanza e massima attenzione agli equilibri di finanza pubblica, questo sì, poiché abbiamo da fare i conti con un debito che, per finanziarsi, e solo nell'anno in corso, richiederà emissioni lorde per circa 250 miliardi. È la cifra più alta in Europa.

ROMA - Il Fondo Monetario Internazionale rivede le stime di crescita per l'Italia.

L'Fmi prevede che il Pil italiano salirà dello 0,8% quest'anno e dell'1,1% nel 2011. In entrambi i casi si tratta di un taglio di 0,2 punti percentuali rispetto alle stime dell'ultimo aggiornamento del Weo di gennaio. Rispetto al rapporto di ottobre, invece, la crescita italiana per il 2010 è stata rivista al rialzo di 0,6 punti.

Le ultime stime del governo presentate con l'aggiornamento al Patto di stabilità parlano invece di una crescita del Pil dell'1,1% quest'anno. Sull'occupazione, il Fondo Monetario stima che in Italia salirà quest'anno dal 7,8% all'8,7%, per poi iniziare a ridiscendere lentamente nel 2011 attestandosi all'8,6%.

L'inflazione salirà invece dallo 0,8% dello scorso anno all'1,4% nel 2010 e all'1,7% nel 2011.

2010-04-02 MILANO - Diciotto miliardi e cento milioni. A tanto ammonta il fabbisogno del settore statale a marzo, con un aumento di 3 miliardi e mezzo (+23,82%) rispetto allo stesso mese di un anno fa (14 miliardi e 617 milioni). Lo comunica il Tesoro. Nel primo trimestre del 2010 si è registrato un fabbisogno complessivo di circa 26 miliardi e 900 milioni: di conseguenza si conserva un margine positivo di circa 3 miliardi e 200 milioni al fabbisogno dell'analogo periodo 2009, pari a 30 miliardi e 147 milioni.

MILANO - Nel 2009 il rapporto deficit/Pil si è attestato al 5,2% (2,7% nel 2008),

il dato peggiore dal 1996. Lo comunica l'Istat sottolineando che il dato è al netto delle operazioni di swap che, se considerate, attestano il deficit/Pil al 5,3%, come previsto dal governo.

L'avanzo primario rispetto al Pil è pari a -0,6% (+2,5% nel 2008), negativo per la prima volta dal 1991.

Nel quarto trimestre il rapporto deficit/Pil si è attestato al 4,5% (2,4% nello stesso periodo 2008).

Carburanti, maxi-stangata di Pasqua

Governo pronto alla riforma

Le associazioni dei consumatori contro l'Unione petrolifera:"Speculano". Per un pieno 10,25 euro in più

2010-03-31 I dati istat Inflazione, a marzo sale dell'1,4% L'incremento dei prezzi su base tendenziale

è il più alto dal febbraio 2009

A febbraio la disoccupazione giovanile (15-24 anni) schizza a quota 28,2% Il tasso generale è stabile all'8,5%. In un anno è aumentato di 1,2 punti Giovani sempre più disoccupati in Italia +7,6% rispetto alla Ue Il numero degli inattivi sale a 14 milioni 933 mila unità Il mese scorso sono stati persi 395 mila posti di lavoro

2010-03-25 I dati Istat: le vendite al dettaglio diminuite a gennaio dell'1% rispetto a dicembre e del 3,3% rispetto al 2009 Alimentari, crollo degli acquisti IN CALO ANCHE prodotti farmaceutici e delle dotazioni per l'informatica

24 marzo 2010 Disoccupazione ai massimi dal 2001 Stranieri più precari e disoccupati

Ottobre difficile per il lavoro: la disoccupazione sale all'8,2% Occupazione: +1el 2007.

Il Tasso disoccupazione al 6,1Subject: Disoccupazione ai massimi da tre anni Persi 378mila posti di lav.

Istat, a ottobre i disoccupati oltre quota due milioni

Il tasso disoccupazione nel IV trimestre 2009 è salito all'8,6% (dato non destagionalizzato),

il livello più alto dal 2001. I senza lavoro hanno raggiunto quota 2,145 milioni di unità,

369mila in più rispetto allo stesso periodo 2008. Gli occupati nella media 2009 sono diminuiti di 380 mila unità rispetto alla media 2008. Si tratta del primo calo annuale dal 1995.

Il tasso di disoccupazione medio è salito al 7,8% dal 6,8% della media del 2008.

2010-03-15 I dati Eurostat: rallenta l'emorragia nel quarto trimestre 2009 con 583 mila posti persi di cui 347 mila nella zona euro Nell'intero 2009 cancellati in Eurolandia 2,7 milioni di posti.

In Italia calo solo dello 0,1% tra settembre e dicembre

2010-03-11 Il Pil perde lo 0,3% nel quarto trimestre del 2009 e chiude l'anno a -5,1%

L'Istat ha pubblicato oggi anche i conti economici trimestrali con i dati sull'andamento del pil nel quarto trimestre del 2009 e nell'intero anno, confermando nella sostanza il forte calo nei 12 mesi ma rivedendo al -5,1% il -4,9% indicato nelle stime preliminari diffuse il 12 febbraio. Nel quarto trimestre del 2009

Conti pubblici, debito-Pil: rapporto schizza al 115,8%

Nel 2009 il rapporto tra il debito e il Pil italiano è salito a 115,8% da 105,8% nel 2008. È quanto emerge dal calcolo effettuato da Reuters sulla base dei dati diffusi oggi da Istat sul Pil e il 12 febbraio da Banca d'Italia sul debito delle amministrazioni pubbliche.

Nel Programma di stabilità il governo aveva indicato per lo scorso anno un ratio debito/pil pari a 115,1%. Il valore del Pil 2009 in valori assoluti e prezzi correnti è stato pari a 1.520,870 miliardi. Al 31 dicembre 2009 il debito delle amministrazioni pubbliche era salito a quota 1.761,191 miliardi.In cerca di occupazione 2.144.000 persone

Disoccupazione: 8,6%, record dal 2004

Pil -5%, mai così male dal 1971

Sono 307 mila gli occupati in meno rispetto al gennaio di un anno fa. Ribassate le stime per il prodotto interno lordo

In cerca di occupazione 2.144.000 persone

ROMA - Il tasso di disoccupazione continua a salire toccando il record dal 2004 mentre il prodotto interno lordo nel 2009 è crollato del 5%, mai così male da quasi 40 anni.

Crisi, il governo è in ritardo (di Romano Prodi)

Dalla crisi non siamo affatto usciti, anzi ci vorranno ancora molti anni prima di superarla del tutto. Non sono ottimista perché vedo fatica nelle imprese: l’utilizzazione dei macchinari è piombata fra il 60 e il 70% della capacità. È un problema serio: ci vorranno 20 punti di ripresa per ritornare allo sfruttamento pieno degli impianti. Nel frattempo, si indebolisce la struttura finanziaria delle imprese. Rischiamo che nei prossimi mesi diventi estremamente serio il problema degli insoluti.

Diminuzione dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, gli analisti stimavano +0,1%.

Per l'intero 2009 contrazione del 4,9%, dato peggiore dal 1971.

La crescita acquisita per il 2010 è zero

Sceso a sorpresa il Pil nel quarto trimestre

Bankitalia: l'anno scorso le entrate tributarie a quota 401,677 miliardi di euro, in calo del 2,5% rispetto al 2008

A dicembre debito pubblico a 1.761 miliardi di euro, rispetto ai 1.784 miliardi di novembre

Bce: ripresa discontinua e disoccupazione in aumento

L'economia dell'area euro "crescerà a ritmo moderato nel 2010 e il processo di ripresa risulterà probabilmente discontinuo". A dirlo è la Banca centrale europea che avverte: "la disoccupazione dovrebbe seguitare a registrare un certo incremento, attenuando la crescita dei consumi". Nel bollettino mensile l'Istituto di Francoforte spiega inoltre che "le prospettive restano soggette a incertezza".

Il tasso di disoccupazione nell'Eurozona resta molto alto e si colloca al 10,5% nel 2010 e nel 2011, rivisto in leggero calo dello 0,1% nel 2010 e in rialzo dello 0,1% nel 2011. I rischi per le aspettative, notano gli esperti, sono "orientati lievemente al rialzo per il 2010 e il 2011".

Bankitalia: famiglie più povere, in tre anni il reddito cala del 4%

Famiglie italiane più povere a causa della crisi. Nel biennio 2006-2008 il reddito medio delle famiglie si è contratto in termini reali di circa il 4 per cento. È quanto rileva il supplemento al Bollettino Statistico

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

Vergogna!

Come si ha la faccia tosta di dire che la ripresa c'è, quando non si è ancorra toccato il fondo per l'occupazione, con la disoccupazione al massimo, un gran numero di persone in Cassa Integrazione, e Tantissime in Mobilità?

E poi si ha faccia tosta di dire che la Crisi la si sta risolvendo distribuendo i Sacrifici, è completamente falso, solamente i Pensionati dei prossimi 5 anni pagheranno da soli almeno 80 Mld di Euro, senza che nessuno li sosterrà, oltre a tutti gli altri sacrifici!

Lavoratori, futuri Pensionati Uniamoci ed insieme ai Nostri Figli Lottiamo per una radicale svolta nel PAESE:

- Nessuna delega in Bioanco, dobbiamo essere coinvolti in prima persona.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

 

Dal Sito Internet de il SOLE 24 ORE

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.ilsole24ore.com

2010-05-06 ANDAMENTO EURO-DOLLARO IN 10 ANNI

2010-04-03

CORRIERE della SERA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.corriere.it

2010-04-02

al Sito Internet de il SOLE 24 ORE

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.ilsole24ore.com

2010-04-03

AVVENIRE

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.avvenire.it

2010-08-20

20 agosto 2010

IL PAESE CHE SOFFRE

Nuove povertà

Il triplice rischio

In Italia ci sono oltre due milioni e mezzo di famiglie che non possono spendere più di 900 euro al mese - è il cosiddetto indice di "povertà relativa" - e addirittura un milione e 162mila classificate secondo gli indici della "povertà assoluta". Si tratta cioè di persone che hanno a disposizione meno di 680 euro al Nord e meno di 512 al Sud. Insomma, tra "quasi" poveri e poveri conclamati, siamo al di sopra dei 10 milioni di persone. Secondo quanto riferisce l’ultimo dossier Istat questa cifra negli ultimi anni risulta in lieve, ma costante aumento. Ma esistono situazioni, circostanze, difficoltà che aprono la strada alle nuove povertà? Sulla base delle statistiche abbiamo individuato tre casi; malattia, momento della pensione e separazione. E raccontiamo altrettante storie.

Raffaellina d'inverno si scalda con la carbonella

La porta della cucina di Raffaelina è sempre aperta e chiunque vi si può affacciare in qualsiasi momento per un saluto che la fa felice. La cucina è il cuore della sua casa - piano rialzato in uno stabile dall’intonaco scrostato - a destra c’è la camera con il lettone, a sinistra il piccolo bagno e un ingresso che sembra un ripostiglio e davanti un pianerottolo come un corridoio. Raffaelina mostra i ninnoli e le foto che tiene in ogni angolo, sull’armadio e sulle pareti e ad ognuno corrisponde un ricordo. E sono tanti.

Lucida anche se, come dice lei, qualche volta si appanna e la memoria va e viene, Raffaelina Percoco, napoletana di 83 anni, vive con la pensione di artigiano: "530 euro al mese che non ti fanno comparire e a stento campare", osserva. "Quando mia sorella Sisina se n’è andata per la malattia, faranno sedici anni a gennaio, io sono rimasta sola e le cose moderne non le capisco".

Nelle "cose moderne" Raffaelina include l’euro, con un prima e un dopo. "Adesso la pensione vale la metà e la spesa costa il doppio", riflette. Questo per lei significa mangiare una volta al giorno - solo il primo oppure solo il secondo, una mela, ma la domenica il pranzo si completa con un bicchiere di vino. Ha rinunciato al gas di città perché costa troppo: per cucinare usa la bombola, ma più spesso, specie in estate, la fornacella - il barbecue dei poveri - per l’acqua calda ha uno scaldino elettrico che accende solo quando le serve, per riscaldarsi d’inverno c’è il braciere con la carbonella che brucia dal mattino. "Così stanno le cose e i soldi quelli sono. Ogni mese ci vogliono di pigione 150 euro, poi c’è la luce, l’acqua e il telefono. Pure la carbonella è aumentata e bisogna stare accorti a non sciuparla. Qualcosa nel frigorifero ci deve stare e qualche soldo da parte per il funerale e il cimitero lo devi tenere. Le cose si fanno vecchie come i cristiani e bisogna aggiustarle o comprarle nuove e alla fine uno deve pregare di non cadere malato", elenca con un sospiro. Rimette una ciocca di capelli dietro l’orecchio - "da questo lato ci sento ancora un poco, da quell’altro non sento nemmeno le campane di mezzogiorno" precisa - si accomoda meglio sulla seggiolina e ricomincia a raccontare: "Per 40 anni ho fatto la sarta. Tutto me lo sono guadagnato con la fatica mia", dice alzando un po’ la voce e allargando le braccia per includere nella stretta anche l’ultimo cassetto e il suo contenuto. "Sacrificio e pazienza sono pane quotidiano", riprende. "Però io – aggiunge con orgoglio – pago l’abbonamento alla televisione". Con le chiacchiere il suo unico passatempo.

Ha moglie e figli in cura: "Un Comune ci "adotti""

"Cercasi Comune disposto ad aiutare famiglia in difficoltà, in cambio si offre un marito e padre tuttofare". Il suo messaggio in bottiglia, Mario l’ha lanciato nel mare di Internet e adesso attende, fiducioso una risposta. A 55 anni si è reso conto di non farcela più da solo a tenere testa a una situazione sempre più complicata. E ora tende la mano.

Fino a 5 anni fa, la vita di Mario Riboldi, di sua moglie Caterina e della loro figlia adolescente, era uguale a quella di tante altre famiglie. Lavoro, studio, vacanze scandivano i diversi periodi dell’anno. La svolta, in negativo, è arrivata con la diagnosi di sclerosi multipla per la moglie, una malattia degenerativa che, in appena cinque anni, ha molto prostrato una donna attiva, un’artista impegnata nella produzione di racconti per bambini. Come se non bastasse, poco dopo, alla bambina viene diagnosticata una malattia neurologica che la costringe a frequenti ricoveri in ospedale.

"Ho chiesto aiuto al mio Comune di residenza, senza però mai ottenere una risposta positiva – denuncia Mario, che da 12 anni abita ad Alassio (Savona), dove, in passato, è stato promotore di numerosi eventi culturali –. Anche l’Azienda sanitaria, a cui avevo sollecitato l’invio, a domicilio, di un infermiere, mi ha dato una risposta negativa, dicendo di non avere personale a disposizione. Così, per curare le mie donne, sono stato costretto a lasciare il lavoro e adesso mi arrangio come posso".

Attualmente, la situazione della famiglia Riboldi è la seguente. Ogni mese in casa entrano tra i 500 e i 600 euro, 250 dei quali come pensione di invalidità di Caterina e il resto dai lavoretti quotidiani che Mario riesce a raccattare, ma ne escono più di 200 in medicine, senza contare le spese d’affitto e per la casa. Anche questa, tra l’altro, sta diventando un problema.

"Abitiamo in collina – spiega Mario – e per arrivare alla nostra casa si deve percorrere una mulattiera a gradoni di oltre 200 metri. Una fatica che mia moglie non è più in grado di sopportare. Per questa ragione, ho da tempo fatto domanda al Comune di un alloggio popolare più adatto alle nostre condizioni, ma non ho mai ottenuto risposta".

Mario non cerca una reggia, gli basterebbe una casa dove poter accudire al meglio Caterina e la figlia malate. Così ha pensato di chiedere asilo a qualche Comune della zona, con un appello in Internet.

"Se qualche amministrazione crede di poter fare qualcosa di concreto per noi si faccia avanti – sollecita Mario –. In cambio mi offro come factotum. So fare di tutto: dal giardiniere, al custode all’imbianchino. Non chiedo la carità, ma una casa adatta e un lavoro onesto per poter sostenere la mia famiglia".

Franco arriva a fine mese solo grazie alla solidarietà

Una mattina ti svegli e non hai più niente. Il tuo matrimonio è andato in pezzi e tu, senza quasi avere il tempo di realizzare la nuova situazione, ti ritrovi in mezzo a una strada. È quello che è successo a Franco (il nome è di fantasia ma la storia è drammaticamente vera), che dopo la separazione dalla moglie, ha dovuto "reinventarsi una vita".

Per prima cosa è tornato a vivere con gli anziani genitori, perchè non si poteva certo permettere una casa tutta sua. Con uno stipendio di 2mila euro al mese - che fino a poco tempo prima gli consentiva di vivere più che dignitosamente ma che adesso era diventato troppo stretto - doveva mantenersi e versarne più di due terzi (circa 1.300 euro al mese) come assegno di mantenimento all’ex-coniuge. Inoltre, così era stato stabilito nella sentenza di separazione, doveva coprire anche il 50% delle spese straordinarie per il figlio di tre anni. Che, tra l’altro, Franco riesce a incontrare tra mille difficoltà.

"Per fortuna c’erano i miei genitori, altrimenti non avrei davvero saputo dove sbattere la testa", ricorda l’uomo, riaprendo una ferita mai rimarginata, anche perchè, a undici anni di distanza dai fatti, ancora oggi è costretto a versare questa cifra, rivalutata secondo l’inflazione. E questo, nonostante viva in affitto a 900 euro al mese, con la nuova compagna, che non lavora e una bimba di nemmeno tre anni.

"Siccome spesse volte non riuscivo materialmente a versare quanto richiesto dal giudice – aggiunge Franco – chiesi la revisione dell’assegno di mantenimento. Per tutta risposta, il giudice non solo me l’ha confermato ma ha pure costretto l’azienda per la quale lavoro a trattenermelo direttamente dallo stipendio. Così, adesso in busta paga, quando mi va bene, trovo 5-600 euro al mese. Riusciamo a campare soltanto grazie al premio di produzione che l’azienda mi riconosce e alla tredicesima".

Anche queste entrate, però, sono adesso a rischio, perchè la società, che non naviga in buone acque, ha varato una drastica politica di riduzione dei costi e, tra le prime voce da tagliare, ci sono proprio i premi e i benefit ai quadri, tra i quali c’è anche Franco, che adesso teme anche di perdere il lavoro.

"Non ho vergogna a dire – conclude l’uomo, che ha imparato a rivoltare i colli delle camicie e a rammendare i calzini – che, spesse volte, riusciamo ad arrivare alla fine del mese soltanto grazie al pacco del Banco alimentare. Inoltre, quando è nata la bambina, il Movimento per la vita ci ha fornito il materiale necessario al suo accudimento, che altrimenti non avremmo saputo come recuperare".

<+firmacoda>Paolo Ferrario

Valeria Chianese e Paolo Ferrario

 

 

 

2010-08-17

17 agosto 2010

Corre la spesa pensionistica:

più 4,3% nel 2009

Corre ancora la spesa pensionistica. Non è bastato l'inasprimento dei requisiti d'accesso al pensionamento: nel 2009 la spesa è infatti aumentata del 4,3%, quando nell'anno precedente era aumentata del 3,9%. Sale l'esborso dello Stato, un punto percentuale in rapporto al prodotto interno lordo, ma gli assegni restano "mini". Un pensionato su due in Italia porta a casa, infatti, meno di mille euro al mese. A fotografare la situazione del sistema previdenziale è il ministero dell'Economia nella consueta "Relazione generale sulla situazione economica del Paese" diffusa nelle scorse settimane e aggiornata al 2009.

Nel 2009 la spesa per pensioni e rendite è risultata dunque pari a 234.025 milioni di euro, mantenendosi costante come quota del complesso delle erogazioni per prestazioni sociali a carico delle amministrazioni pubbliche (58,2%) e aumentando di circa un punto percentuale in rapporto al Pil (15,4%). Rispetto al 2008 la spesa è cresciuta del 4,3%, mentre l'incremento fra il 2007 e il 2008 era stato del 3,9%.

"La dinamica della spesa per pensioni è spiegata - rileva il Tesoro nel documento - in parte dall'adeguamento dei trattamenti in essere ai prezzi, pari per il 2009 al 3,4% (1,6% nel 2008), di cui 0,1% come conguaglio per lo scostamento tra valore accertato e valore erogato per il 2007. Continua, inoltre, ad essere operativa la disposizione che stabilisce, per il triennio 2008-2010, l'applicazione della rivalutazione nella misura del 100% (e non del 75%) alle fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo".

Per quanto riguarda l'importo degli assegni, il 21,4% risulta inferiore ai 500 euro, il 27,7% tra i 500 e i 999,99 euro, il 23,5% tra i 1.000 e i 1.499,99 euro, il 13,7% tra i 1.500 e i 1.999,99 euro. I trattamenti pensionistici con importi più cospicui costituiscono solo il 13,7% del totale (il 7,7% se si considerano le sole pensionate donne) ma in crescita rispetto al 12,4% dell'anno precedente.

Per quanto riguarda gli importi dei redditi pensionistici per ripartizione geografica, si conferma, anche per la previdenza, un'Italia a due velocità: considerato 100 per la media nazionale, al Nord i redditi pensionistici sono infatti pari al 105%, al Centro al 106,6% mentre al Sud valgono l'88,1%.

Infine, per quanto riguarda la suddivisione dei tipi di pensione, il gruppo più numeroso (11,4 milioni) è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia. I meno numerosi quelli che invece percepiscono un assegno sociale (334.000) e i pensionati di guerra (293.000).

 

 

 

 

2010-08-16

16 agosto 2010

ASIA

Pil, sorpasso cinese

Pechino supera Tokyo

La Cina è ufficialmente la seconda economia del mondo, superata solo dagli Stati Uniti, seguita dal Giappone che perde il secondo gradino del podio dopo oltre 30 anni. Il sorpasso di Pechino è avvenuto nel secondo trimestre (aprile-giugno) dell'anno. Lo dicono i dati diffusi oggi da Tokyo, secondo cui il Pil nipponico semestrale è stato pari a 2.578 miliardi di dollari, contro i 2.532 miliardi di Pechino.

Ma nel secondo trimestre, il Pil cinese ha toccato quota 1.336 miliardi, contro i 1.288 miliardi del Giappone. In dieci anni la Cina è passata dal settimo posto al secondo: nel 2007 ha superato la Germania al terzo posto e ora il Giappone.

Tokyo, invece, dopo decenni di sviluppo è entrata in una fase di stagnazione. Il Pil del Giappone è cresciuto su base annuale dello 0,4% nel secondo trimestre, in calo rispetto al 4,4% dei tre mesi precedenti e molto sotto le attese degli analisti che prevedevano un +2,3%. Su base congiunturale la

crescita è stata dello 0,1%, in calo rispetto all'1,1% del trimestre precedente.

"Si tratta di una sorpresa negativa - ha detto Yoshiki Shinke, capo economista dell'Istituto di Ricerca

Dai-Ichi Life -. Il dato rappresenta una sfida per il governo del primo ministro Naoto Kan che dovrà misurarsi con una fragile economia e con un'agenda focalizzata sul taglio del debito pubblico, vicino al 200% del Pil, della più grande economia industriale del mondo".

 

 

 

 

2010-08-14

14 Agosto 2010

DATI EUROSTAT

Germania, balzo a sorpresa:

Pil secondo trimestre +2,2%

La locomotiva tedesca ha ripreso a correre, trascinando la zona euro a una crescita ottima dell’1% nel secondo trimestre di quest’anno. Su base annua il Pil dei 16 Paesi che condividono la moneta unica è salito dell’1,7%. Stesso ritmo di crescita per l’intera Ue a 27. Secondo l’Eurostat, che ha pubblicato ieri la sua stima flash, la performance è migliore di quella degli Stati Uniti, che sarebbero avanzati dello 0,6% rispetto al primo quarto dell’anno. Ma il dato eclatante è il balzo dell’economia tedesca, cresciuta su trimestre del 2,2%, come non era mai accaduto dalla riunificazione del Paese, e del 4,1% rispetto allo stesso periodo di un anno fa (3,7% corretto per i giorni lavorativi). L’Italia, come anticipato dall’Istat, ha replicato lo 0,4% del primo trimestre (+1,1% su anno). La Francia, seconda economia della regione dopo la Germania, è cresciuta dello 0,6%. La Grecia è un macigno, essendo calata dell’1,5% dopo il -0,8% del primo trimestre, mentre la Spagna si mantiene in terreno positivo con lo 0,2% dopo essere uscita dalla recessione nei primi tre mesi dell’anno (+0,1%).

Il dato europeo e soprattutto quello tedesco superano di gran lunga le attese, ma le insidie restano in agguato, come ha avvertito la Bce nel suo bollettino d’agosto. Nell’ultimo trimestre, stimano all’Eurotower, la crescita dovrebbe tirare il freno. E a pesare potrebbero essere fattori che riguardano da vicino proprio la Germania: l’impatto delle misure d’austerità, particolarmente severe quelle varate da Berlino, e il rallentamento delle grandi potenze importatrici asiatiche a partire dalla Cina. Anche la Commissione europea, pur esprimendo soddisfazione, ha affermato ieri tramite un portavoce che "la ripresa economica resta fragile" e presenta "elementi d’incertezza che non dovremmo ignorare". In particolare, l’esecutivo Ue si dice consapevole dell’impatto che avranno sulla crescita futura le misure di riduzione del deficit adottate per fronteggiare la crisi del debito. "Ci aspettiamo che gli Stati membri mettano in atto le "exit strategy" dalle misure di stimolo all’economia, e si concentrino sugli sforzi per riportare i bilanci in ordine", ha spiegato il portavoce del commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn. Ma tutto "senza uccidere la ripresa". Il ministro dell’Economia tedesco, Rainer Bruederle, ha ribadito che il governo tirerà dritto con il suo piano d’austerità da 80 miliardi di euro, sfruttando anche questo balzo per centrare l’obiettivo di consolidamento di bilancio. Secondo il ministro nel 2010 l’economia tedesca potrebbe espandersi di oltre il 2%. Solo sulla base della performance del secondo trimestre la Germania potrebbe addirittura competere con la Cina.

Alessandro Bonini

 

 

 

14 agosto 2010

FAMIGLIE IN CRISI

Il debito medio delle famiglie

sfiora i 16mila euro

L'indebitamento medio delle famiglie ha toccato, nel dicembre del 2009, i 15.930 euro. Lo rileva un'indagine di Cgia Mestre che ha preso in considerazione i debiti derivanti dall'accensione di mutui per l'acquisto della casa, dai prestiti per l'acquisto di beni mobili, dal credito al consumo, dai finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili. Rispetto al dicembre 2008, l'indebitamento medio nazionale delle famiglie consumatrici è cresciuto in termini assoluti di 863 euro. A livello provinciale le "sofferenze" maggiori sono a carico delle famiglie di Roma (22.394 euro), seguite da quelle di Lodi (22.218 euro) e da quelle di Milano (22.083 euro). Al quarto posto troviamo Trento (21.644 euro), di seguito Prato (21.442 euro), Como (20.695 euro) e via via tutte le altre.

"Le province più indebitate - spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - sono quelle che presentano anche i livelli di reddito più elevati. È chiaro che tra queste famiglie in difficoltà vi sono molti nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli. Tuttavia, la forte esposizione di queste realtà, soprattutto a fronte di significativi investimenti avvenuti negli anni scorsi nel settore immobiliare, ci deve preoccupare relativamente. Altra cosa è quando analizziamo la variazione di crescita dell'indebitamento medio registrato tra il 2002 e il 2009. Al di sopra del dato medio nazionale troviamo molte realtà provinciali del Sud. Ciò sta a significare che questo aumento è probabilmente legato all'aggravarsi della crisi economica che ha colpito soprattutto le famiglie monoreddito con più figli che sono concentrate in particolar modo nel Mezzogiorno".

A vivere con minore ansia la preoccupazione di un debito da onorare nei confronti degli istituti di credito o degli istituti finanziari sono le famiglie sarde, in particolare quelle residenti nelle provincie di Carbonia-Iglesias (7.486 euro), Medio Campidano (7.431 euro) e, infine, Ogliastra (5.784 euro). Il record della crescita del debito delle famiglie avvenuta tra il 1° gennaio 2002 (data dell'introduzione dell'euro) e il 31 dicembre 2009, invece, appartiene alla provincia di Caserta, che in questi 8 anni è stato del +137,4%. Seguono Chieti, con un aumento del 132,1%, Taranto, con +131,3 %, Napoli, con +129,7% e Piacenza, con +129,5%. Chiude la classifica la provincia di Verbano-Cusio-Ossola, con un +45,2%. Sempre in questo periodo la crescita dell'indebitamento medio delle famiglie italiane è quasi raddoppiata: l'incremento è stato del +91,7%. Nello stesso arco temporale, invece, l'inflazione a livello nazionale è cresciuta del 16,6%.

 

 

 

 

010-08-13

13 Agosto 2010

ECONOMIA

Germania, balzo a sorpresa:

Pil secondo trimestre +2,2%

Il pil tedesco è cresciuto del 2,2% congiunturale nel secondo trimestre, il dato più forte da ben 23 anni, sostenuto da investimenti ed esportazioni. Lo ha comunicato l'Ufficio federale di statistica. Il dato, preliminare, è abbondantemente superiore alle previsioni degli economisti, raccolte da Reuters, fissate ad un +1,3%. È stato rivisto al rialzo il dato del primo trimestre, che passa a +0,5% dal precedente +0,2%. Su base annua l'economia tedesca mostra un'espansione del 4,1% nel secondo trimestre, contro attese per un +2,4%. Il pil del primo trimestre aveva mostrato una crescita del 2,1%.

L'inatteso aumento ha portato il ministro dell'Economia, Rainer Bruederle, a dire che la crescita dell'economia dell'intero anno potrebbe verosimilmente superare il 2%, al di sopra dell'1,4% delle stime di governo e il linea con la parte alta della forchetta delle attese degli analisti.

L'euro ha recuperato terreno dopo il dato e l'azionario europeo ha aperto in rialzo. Gli analisti tuttavia restano cauti sul prolungarsi di questo ritmo di crescita a fronte dei tagli di bilancio che partiranno in Europa nel secondo semestre.

"Guardando avanti è di fatto quasi inutile dire che l'attuale accelerazione della crescita è difficilmente sostenibile nei prossimi mesi", ha detto Carsten Brzeski, economista per Ing Financial Markets.

"Con l'impatto una tantum del settore costruzioni e la normalizzazione della crescita delle esportazioni, la crescita tedesca tornerà a cifre più ordinarie di crescita", ha aggiunto.

L'isituto di statistica ha scritto in una nota che "impulsi positivi [...] vengono sia dall'economia interna sia da quella estera. La dinamica degli investimenti e delle esportazioni hanno giocato il ruolo maggiore in questo rialzo; ma anche i consumi privati e la spesa pubblica hanno contribuito alla crescita del Pil".

Tra le altre notizie positive arrivate la Germania c'è anche l'annuncio del colosso dell'acciaio ThyssenKrupp che ha rivisto al rialzo il suo outlook sull'intero anno dopo che i risultati del terzo trimestre, con l'utile ante imposte balzato a 480 milioni di euro contro attese di 275 milioni, sostenuto da da una robusta domanda dai settori auto e ingegneria.

Alle 11,00 è attesa la stima preliminare del Pil della zona euro del secondo trimestre dopo il rialzo dello 0,2% messo a punto nei primi tre mesi dell'anno. Le attese sono di un rialzo dello 0,7% su trimestre e dell'1,5% su anno

 

 

 

13 agosto 2010

PRODUZIONE

Cresce il Pil dell'eurozona

Il Pil dell'Eurozona è cresciuto, nel secondo trimestre, al ritmo più elevato da oltre tre anni, grazie alla performance di Germania e Francia, ma gli economisti temono che il rimbalzo potrebbe esaurirsi.

Secondo Eurostat, il prodotto itnerno lordo dei 16 paesi dell'area euro è salito dell'1% nel secondo trimestre rispetto al primo e dell'1,7% rispetto allo stesso periodo del 2009, in linea con i dati del sondaggio Reuters.

Sulle prospettive di più lungo periodo pesano però la fase di stallo per le economie di Usa e Cina. "La ripresa sembra ancora sbilanciata - dice Jennifer McKeown, senior economist di Capital Economics, dopo la diffusione dei dati tedeschi -. Le analisi suggeriscono che la forte performance dell'eurozona potrebbe continuare nel terzo trimestre, ma sembra improbabile che duri molto oltre".

Il ritmo di crescita del pil dell'Eurozona è il più alto degli ultimi tre grazie alle performance di Germania e Francia. Per quanto riguarda l'Ue a 27 si è registrata una crescita del pil sempre dell'1%. Tra i paesi europei la Germania cresce del 2,2%, la Gran Bretagna dell'1,1% e la Francia dello 0,6%. Segno positivo anche in Spagna e Portogallo dove il Pil nel secondo trimestre ha mostrato una crescita dello 0,2%, mentre la Grecia continua a essere in recessione (-1,5% peggio del -0,8% del primo trimestre).

 

 

 

 

2010-08-12

12 agosto 2010

ESPORTAZIONI

Istat: commercio estero,

peggiora la bilancia

Le esportazioni a giugno aumentano del 22,8 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, con andamenti più dinamici per il mercato non comunitario (+26,4 per cento) rispetto a quello interno all'Unione europea (+20,1 per cento). Le importazioni registrano un incremento del 30,4 per cento, derivante da una crescita del 37,4 dei flussi dai paesi extra Ue e da un aumento del 25,5 di quelli provenienti dai paesi comunitari. A giugno il disavanzo commerciale risulta pari a 3.058 milioni di euro, in peggioramento rispetto a quello di 899 milioni di euro dello stesso mese dell'anno precedente. Lo comunica l'Istat.

Le dinamiche congiunturali dei flussi, misurate dai dati destagionalizzati, evidenziano a giugno, rispetto al mese precedente, un incremento del 5,6 per cento per le esportazioni (+9,2 per cento per i paesi extra-Ue e +2,9 per cento per i paesi Ue) e un aumento del 3,2 per cento per le importazioni (+3,5 per cento per i paesi Ue e +2,9 per quelli extra-Ue). Negli ultimi tre mesi, rispetto al trimestre precedente, le esportazioni crescono del 6,7 per cento (con andamenti più dinamici per i paesi extra Ue) e le importazioni dell'8,4 per cento (con andamenti pressochè identici per le due aree di approvvigionamento).

Nel primo semestre 2010, rispetto al corrispondente periodo del 2009, le esportazioni sono aumentate del 12,6 per cento, con una dinamica leggermente più vivace per i paesi extra Ue (+13,2 per cento) rispetto a quelli non comunitari (+12,2 per cento) e le importazioni del 18,5 per cento (+21,6 per cento per l'area extra Ue e +16,2 per cento per quella Ue). Nei primi sei mesi dell'anno il deficit commerciale, pari a 14,2 miliardi di euro, è più ampio di quello del corrispondente periodo del 2009 (4,8 miliardi di euro).

Nei primi sei mesi 2010 l'aumento del valore delle esportazioni rispetto allo stesso periodo del 2009 è determinato da una crescita dei volumi (+8,3 per cento), più ampia di quella dei valori medi unitari (+3,9 per cento). Anche dal lato delle importazioni i volumi registrano incrementi maggiori di quelli dei valori medi unitari (rispettivamente +10,3 per cento e +7,5 per cento).

 

 

 

12 agosto 2010

ECONOMIA

Bce, ripresa a singhiozzo

lnflazione, a luglio sale a 1,7%

Si è rafforzata l'attività economica dell'Eurozona nel secondo trimestre e nel terzo il quadro sarà migliore delle aspettative ma su un orizzonte di lungo periodo, avverte la Bce, sarà "moderato e ancora discontinuo" il ritmo di incremento del Pil in termini reali. Nel Bollettino mensile l'Eurotower rileva luci e ombre sulla ripresa. La domanda dai mercati dell'export e le misure per il sistema finanziario sono un sostegno per l'economia dell'Eurozona, ma la ripresa - nota ancora la Bce - sarà "frenata dal processo di aggiustamento dei bilanci in corso in diversi settori e dalle prospettive per il mercato del lavoro".

Un rimedio indispensabile, sottolinea la Bce, dovrebbe arrivare dalle banche: si mettano nelle condizioni di concedere più prestiti alle imprese dell'Eurozona. "Il tasso di incremento sui 12 mesi dei prestiti bancari al settore privato, tuttora debole, seguita a celare andamenti che si compensano - si legge nel bollettino - i prestiti alle famiglie evidenziano una variazione sempre più positiva mentre quelli alle società non finanziarie registrano una stabilizzazione della crescita negativa".

"I dati a fine giugno - prosegue il bollettino - indicano che, dopo l'espansione registrata per qualche mese nella prima parte dell'anno, le dimensioni dei bilanci bancari complessivi non si sono ulteriormente accresciute. Le banche devono dimostrarsi capaci di incrementare la disponibilità di credito al settore non finanziario quando aumenterà la domanda".

"Ove necessario - continua l'Eurotower - per raccogliere tale sfida dovrebbero trattenere gli utili, ricorrere al mercato per rafforzare ulteriormente la propria componente patrimoniale oppure sfruttare appieno le misure di sostegno pubblico a favore della ricapitalizzazione".

Intanto, sul fronte italiano s'infiamma l'inflazione a luglio trainata dai trasporti. Certifica l'Istat che c'è stata una crescita dell'1,7% (+1,3% a giugno) a livello tendenziale e dello 0,4% congiunturale. Quello tendenziale è il dato più alto da dicembre 2008. L'inflazione acquisita per il 2010 è pari a +1,4%. In particolare, gli aumenti più significativi sono stati rilevati per i capitoli Trasporti (+1,1% mese, +4,6% anno) e per i beni energetici (+0,8% mese, +5,3% anno).

Per quanto riguarda la benzina, a luglio il prezzo è aumentato dell'8,9% annuo e dello 0,8% su base mensile mentre il gasolio auto è cresciuto del 13,2% a livello tendenziale ed è calato dello 0,3% rispetto a giugno scorso.

 

 

 

12 agosto 2010

STATI UNITI

Usa, sussidi di disoccupazione: è record

Le richieste di sussidio alla disoccupazione volano ai massimi da sei mesi, confermando il protrarsi delle difficoltà sul mercato del lavoro Usa: in base ai dati diffusi dal Dipartimento del lavoro le richieste sono aumentate di 2mila unità a quota 484mila, ai massimi da febbraio. Le richieste di sussidio alla disoccupazione sono cresciute in tre delle ultime quattro settimane e sono vicine ai massimi dell'anno, toccati in gennaio con quota 490mila.

La media delle ultime quattro settimane evidenzia una aumento delle richieste pari a 14.250 unita, a quota 473.500, il livello più elevato da fine febbraio.

Secondo gli analisti, l'inatteso aumento delle richieste di disoccupazione suggerisce che in agosto il mercato del lavoro non va meglio che nel mese precedente, quando sono stati persi 131mila posti di lavoro. Alcuni osservatori ritengono che coloro che hanno terminato il contratto con l'ufficio per il censimento abbiano ora avanzato richieste di sussidio in mancanza di un'altra occupazione e questo avrebbe contribuito al balzo delle richieste. A questo si aggiunge che solo in luglio i governi statali e locali hanno tagliato la propria forza lavoro di 48mila unità.

 

 

11 Agosto 2010

SERVIZI PUBBLICI

Tariffe alle stelle nel 2009

Aumento medio del 2,5%

Tariffe alle stelle. Nel 2009, anno nel quale gli italiani hanno tirato la cinghia riducendo i consumi e nel quale i prezzi sono aumentati meno che negli ultimi cinquant'anni, i bilanci delle famiglie italiane comunque sono stati colpiti dall'aumento delle tariffe. "In controtendenza rispetto all'evoluzione dell'inflazione complessiva, i costi dei servizi pubblici hanno fornito al sistema impulsi inflazionistici di una certa rilevanza". Lo evidenzia il ministero dell'Economia nella Relazione sulla situazione economica del Paese. Tra gli aumenti più consistenti quelli per le tariffe dell'acqua potabile (+5,9%) e dei rifiuti (+4,5%). Più cari anche i biglietti dei treni e dei traghetti.

Se in generale "nel 2009 l'inflazione è scesa ad un valore tra i più bassi - evidenzia il ministero dell'Economia - degli ultimi cinquant'anni", le tariffe hanno viaggiato "in controtendenza". I prezzi delle

voci sottoposte a regolamentazione (tariffe energetiche escluse) "hanno infatti registrato fin dall'inizio dell'anno - si legge nella Relazione di via XX Settembre - una ripresa della dinamica di crescita, con tassi saliti da poco meno del 2% al 3,5% circa di fine 2009". Il rincaro delle tariffe ha riguardato sia

quelle "controllate a livello nazionale, sia quelle regolate localmente".

Se l'aumento generale può risultare contenuto (+1,3%) perchè comprensivo del calo delle tariffe energetiche, spiccano gli aumenti di molte delle voci: dal +7,3% dei traghetti al +4,6% dei biglietti dei treni, dal +5,6% dei servizi postali fino al +4,4% per i biglietti di ingresso ai musei.

"Tra le voci più importanti per i bilanci delle famiglie - si legge nel dossier del ministero dell'Economia - la dinamica inflazionistica si è confermata notevolmente sostenuta, oltre che in accelerazione, per gli esborsi relativi all'acqua potabile e ai costi della raccolta dei rifiuti urbani: nel caso della prima la crescita media annua è risultata appena inferiore al 6%, mentre per la seconda voce è stata del 4,5%".

Nella media del 2009, la crescita dei prezzi per l'insieme delle tariffe non energetiche è stata del 2,5%, in aumento rispetto al 2,1% del 2008 e oltre un punto e mezzo più elevata - rileva il Tesoro - rispetto a quella dell'indice generale.

 

 

 

2010-08-10

9 agosto 2010

CONFCOMMERCIO-IMPRESE ITALIA

Consumi in calo al Sud, meno al Nord

In continua riduzione i consumi nel Mezzogiorno, ma il biennio di crisi si fa sentire anche al Nord. A livello generale, l'attuale fase di ripresa continua ad essere caratterizzata da una "significativa debolezza della domanda delle famiglie", con una particolare accentuazione nelle regioni del Meridione, e le previsioni dei consumi per il 2010 sull'intero territorio sono pari a +0,4%, mentre per il 2011 è previsto un leggero miglioramento (+1%).

È quanto emerge dal Rapporto dell'Ufficio Studi di Confcommercio-Imprese per l'Italia Aggiornamento delle analisi e delle previsioni dei consumi delle famiglie nelle regioni italiane. Nel lungo periodo, si legge nel Rapporto, è in continuo ridimensionamento la quota di consumi nel Mezzogiorno, rispetto al totale nazionale, con una percentuale che passa dal 28,6% del 1995 al 27,3% del 2007, al 26,8% nelle previsioni al 2011; nello stesso periodo, l'incidenza della spesa delle famiglie italiane al Nord risulta, al contrario, in costante crescita sia per l'area Nord-Ovest (che passa dal 29,6% del 1995 al 30,1% nelle previsioni al 2011), che per il Nord-Est (dal 21,2% al 22,3%); stabile il trend dei consumi nelle regioni centrali; ma negli anni della crisi - il biennio 2008-2009 - il calo della spesa ha colpito, in particolare, anche il Nord-Ovest con in testa il Piemonte, che ha registrato un calo di oltre il 5%; nel periodo 1996-2007, Valle d'Aosta, Lazio e Veneto sono le regioni con le migliori performance (tutte con una variazione media annua dei consumi prossima al 2%), mentre Puglia, Abruzzo, Liguria e Calabria sono quelle con le minori dinamiche (tutte con una variazione inferiore ad 1 punto percentuale).

 

 

 

 

 

 

2010-08-07

7 agosto 2010

CRISI

Cgia: 70mila posti di lavoro a rischio

"Ma stiamo uscendo dalla crisi"

Crescono Pil e produzione industriale, ma sul fronte occupazionale c'è il rischio che la perdita dei posti di lavoro continui. A lanciare l'allarme è la Cgia di Mestre. "Nell'ultimo trimestre di quest'anno - esordisce Giuseppe Bortolussi segretario di Cgia - stimiamo che potrebbero essere circa 70mila i posti di lavoro a rischio in Italia. Un numero importante che però non offusca i segnali positivi registrati da alcuni indicatori economici che ci dicono che ci stiamo allontanando dalla fase più acuta della crisi. Quindi, non dobbiamo fare nessun catastrofismo. Anche perchè è da quattro anni che nel quarto trimestre l'occupazione registra picchi negativi ben più significativi di quelli previsti nei prossimi mesi".

Analizzando i dati Istat si riscontra che il quarto trimestre presenta sempre dei cali occupazionali molto evidenti: nel 2007, rispetto al trimestre precedente, la contrazione occupazionale fu di 91mila unità; nel 2008 di 169mila e nel 2009 di 89mila. "Con la probabile perdita di questi 70mila posti di lavoro - conclude Giuseppe Bortolussi - quest'anno dovremmo registrare 181mila occupati in meno rispetto al 2009. Pertanto, i senza lavoro dovrebbero toccare quota 2.258.000, facendo attestare il tasso di disoccupazione al 9%".

Più in generale negli ultimi due ultimi anni la crisi economica ha bruciato 561mila posti di lavoro facendo aumentare il tasso di disoccupazione di 2,3 punti. Infatti, se nel 2008 la disoccupazione si era fermata al 6,7%, alla fine di quest'anno, come dicevamo più sopra, si attesterà al 9%. Infine, gli artigiani mestrini sottolineano con preoccupazione l'aumento degli inattivi. Ovvero, di coloro che hanno deciso di non cercare più attivamente un posto di lavoro. Al 30 giugno di quest'anno, il tasso di inattività (nella fascia di età compresa tra i 15 e i 64 anni) ha toccato il 37,6%. In termini assoluti invece sono aumentati, rispetto al 2009, di 103mila unità (pari al +0,7%), raggiungendo la quota assoluta di 14.876.000.

 

 

 

2010-08-06

6 agosto 2010

ISTAT

Il Pil cresce dello 0,4%

Bene la produzione industriale

Nel secondo trimestre del 2010 il Pil è salito in termini congiunturali dello 0,4% come nel primo trimestre.

I dati, diffusi in via preliminare oggi da Istat, sono destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi. Su base annua il Pil è cresciuto dell'1,1% dal +0,5% del primo trimestre. La mediana delle stime raccolte da Reuters fra gli analisti indicava un rialzo dello 0,4% in termini congiunturali e una crescita dell'1,1% su base annua.

"L'aumento congiunturale del Pil è il risultato di un aumento del valore aggiunto dell'industria e dei servizi e di una diminuzione del valore aggiunto dell'agricoltura", dice Istat a commento dei dati.

Il Pil acquisito per il 2010 è pari a +0,8%.

Produzione industriale. Nel mese di giugno l'indice destagionalizzato della produzione industriale è salito dello 0,6% sul mese precedente rispetto al +1% di maggio. L'indice corretto per i giorni lavorativi ha registrato un rialzo dell'8,2% su base annua (massimo da dicembre 2000) dal +7,3% di maggio. Il consensus Reuters indicava una crescita dello 0,5% su mese e del 7,8% in termini tendenziali.

Nel secondo trimestre la produzione industriale è cresciuta in termini destagionalizzati del 2,2% sui tre mesi precedenti. Guardando ai dati corretti per i giorni lavorativi, il primo semestre si chiude con un rialzo del 5,5% rispetto all'analogo periodo del 2009.

 

 

 

 

6 agosto 2010

FINANZA PUBBLICA

Corte dei Conti: Comuni in rosso

Debiti per 62 miliardi di euro

Il debito dei Comuni ha superato nel 2009 i 62 miliardi di euro e la sua sostenibilità risulta critica, dice la Corte dei Conti nella relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali. "Il debito finanziario dei comuni supera i 62 miliardi di euro e cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle province che raggiunge quasi 11,5 milardi", dice la Corte dei Conti.

"La sostenibilità del debito, considerando sia il peso degli interessi che quello delle quote capitale risulta nel complesso dei comuni critica, in quanto parte dell'onere è coperto con risorse di natura straordinaria", aggiungono i magistrati contabili.

La Corte dei Conti accende un faro inoltre sui debiti fuori bilancio, che rischiano di diventare "un evento fisiologico, anche se la recente normativa ha posto limitazioni all'uso dello strumento e l'obbligo di denuncia alle procure della Corte dei Conti".

"Per gli enti locali, pur rilevandosi taluni andamenti non conformi al quadro programmatico, si evidenzia una difficile situazione complessiva, con maggiori difficoltà rispetto all'esercizio precedente anche a fronte di un apporto ridotto delle entrate correnti proprie che continuano a decrescere. Resta sempre arduo lo stretto controllo della spesa corrente, ma l'assenza dei rinnovi dei contratti del personale contribuisce al contenimento", sintetizza la Corte dei Conti.

Notizie tutto sommato positive, invece, sul fronte delle Regioni. "Dal conto consolidato delle pubbliche amministrazioni il risultato delle amministrazioni regionali con riferimento all'indebitamento netto rispetto al Pil è risultato positivo, infatti tale indicatore scende dallo 0,3% del 2008 allo 0,15% del 2009".

Le spese complessive (al netto di una operazione contabile tra Stato e Regioni) sono cresciute nell'anno dello 0,8% (contro il 7% dell'esercizio 2008). "Le spese correnti permangono in crescita (+2,6%), ma con una dinamica più contenuta rispetto al biennio precedente. Nell'ambito della spesa corrente la maggior crescita si registra nella spesa per consumi intermedi (+4,7), mentre diminuisce la spesa per interessi", dice la Corte dei Conti.

Diminuisce la spesa in conto capitale, con una flessione di poco meno del 10% per il venir meno di alcune poste straordinarie. Le entrate regionali (sempre al netto della regolazione contabile Stato-Regioni) aumentano del 2,3%, ma il risultato è in gran parte riconducibile al significativo aumento dei trasferimenti, poiché le altre voci di entrata sono, invece, in decremento rispetto al 2008.

La sanità pubblica è il settore che incide maggiormente sulla finanza regionale assorbendo circa il 73% delle risorse. "La dinamica di crescita della spesa corrente per il Ssn che nel periodo 2000-2005 è risultata molto spinta, subisce un rallentamento nel 2009 (+0,4%)", dice la relazione.

 

 

2010-08-04

Home Page Avvenire > Economia > Elettricità, a luglio consumi record

Economia

stampa quest'articolo segnala ad un amico feed

4 agosto 2010

CONSUMI

Elettricità, a luglio consumi record

Consumi di elettricità record a luglio. Lo rende noto Terna, specificando che la quantità di energia elettrica richiesta in Italia, pari a 31,5 miliardi di kilowatt/ora, ha fatto registrare una crescita del 5,4% rispetto a luglio dello scorso anno. Depurata dagli effetti della temperatura superiore di mezzo grado centigrado, e di una giornata lavorativa in meno (22 rispetto a 23) rispetto a luglio 2009, la variazione della domanda di luglio 2010 diventa +5,3%.

Nei primi sette mesi, la domanda di energia elettrica ha avuto un incremento del +2,5% rispetto al corrispondente periodo del 2009; a parità di calendario il risultato è invariato. A livello territoriale, la variazione tendenziale di luglio 2010 è ovunque positiva ma differenziata sul territorio nazionale: +7,7% al Nord, +5,2% al Centro, e +1,3% al Sud.

In termini congiunturali, la variazione destagionalizzata della domanda elettrica di luglio 2010 ha fatto registrare una variazione positiva, +3,6% rispetto al mese precedente. La domanda di energia elettrica spiega la società è stata soddisfatta per un 85,8% con produzione nazionale e per la quota restante (14,2%) dal saldo dell'energia scambiata con l'estero. In dettaglio, la produzione nazionale netta (27,3 miliardi di kWh) è aumentata di +4,9% rispetto a luglio 2009. Sono in crescita le fonti di produzione termica (+11,1%), eolica (+6,3%) e fotovoltaica (+10,1%). In flessione le fonti idroelettrica (-14,6%) e geotermoelettrica (-3,5%).

La potenza massima richiesta è stata pari a 56.425 megawatt; tale valore è stato conseguito venerdì 16 alle ore 12 e risulta superiore del +8,8% al valore registrato alla punta del corrispondente mese dell'anno precedente.

 

 

 

 

 

 

 

2010-08-03

3 agosto 2010

CRISI

Lavoro, calano occupati

e produttività

Nelle aziende associate a Confindustria l'occupazione dipendente si è contratta del 2,2% nel 2009 e sulla base delle indicazioni fornite dalle imprese, la domanda di lavoro ha continuato a contrarsi nella prima metà del 2010. Il dato emerge dalla sesta indagine Confindustria sul mercato del lavoro che registra gli effetti della crisi sull'occupazione nelle imprese associate.

La Cig ha attutito le conseguenze occupazionali, frenando la perdita di posti di lavoro. Nel 2009 l'ha utilizzata un'impresa su due nell'industria, ma anche quasi una su dieci nei servizi. Ha assorbito potenziale forza lavoro pari al 9,1% delle ore lavorabili nell'industria, al 2,1% nei servizi.

L'occupazione alle dipendenze, spiega il Csc, è calata di più nell'industria (-3,1%), dove ha tenuto solo nel comparto alimentare (+0,1%) ma si è contratta in maniera marcata in quello tessile-abbigliamento (-5,2%) e della gomma-plastica (-5,0%). Le differenze settoriali nella contrazione della domanda di lavoro riflettono quelle dell'intensità della caduta dei livelli di attività. Nei servizi, dove il calo medio si è fermato allo 0,6%, è il commercio ad aver registrato la flessione più significativa (-3,0%).

L'occupazione è scesa sia a tempo determinato, sia a tempo indeterminato, quest'ultima di più nelle piccole imprese (-1,5%, dopo il -3,0% nel 2008) che nelle medie (-0,8%) e nelle grandi (-1,1%).

CALA ANCHE LA PRODUTTIVITÀ

La produttività del lavoro italiano arranca: negli ultimi 30 anni è cresciuta ad una media annua dell'1,2% e già nell'ultimo decennio il suo valore è risultato negativo dello 0,5%. Ma nel periodo 2007-2009, pur in presenza di una sensibile caduta del monte ore lavorato, la produttività ha fatto registrare un vero e proprio crollo: meno 2,7 per cento in media d'anno. Lo rileva l'Istat che oggi ha reso note le serie storiche riferite a diverse misure di produttività per gli anni 1980-2009.

 

 

 

 

2010-08-02

2 agosto 2010

MERCATO AUTO

Federauto, flop immatricolazioni

A luglio calo del 26%

Ancora un flop del mercato dell'auto che a luglio "consuntiverà un altro -26%". Lo anticipa Federauto, l'associazione dei concessionari d'auto, alla vigilia dei dati ufficiali che saranno resi noti oggi. Per il presidente Filippo Pavan Bernacchi, che chiede un intervento del governo, si tratta di "un vero disastro per tutti. Questo dato si avvicina molto alla realtà perchè - dice - sembra che i principali costruttori abbiamo finalmente tolto il piede dalle kilometri zero. Questo perchè non si può continuare all'infinito ad autoimmatricolarsi vetture per dimostrare dati di quota non veritieri. E infatti il mercato a privati, quello non inquinabile da autoimmatricolazioni, vede una flessione attorno al -30%. E si continua così oramai da qualche mese nell'indifferenza del Governo".

Negli Usa - commenta ancora Federauto - Obama visita lo stabilimento Chrysler ed elogia Sergio Marchionne che riceve, nel contempo, consensi dagli operai. Obama si spinge a rivendicare di aver varato la legge sulla rottamazione "che ha salvato almeno 100mila posti di lavoro, permettendo nel contempo di realizzare auto e camion che consumando meno ci porteranno verso un futuro di indipendenza energetica. In Italia è il contrario".

Per Pavan Bernacchi "servirebbe che il presidente del Consiglio prendesse in mano la situazione". Come? "Da un lato rinnovando dei bonus pluriennali per svecchiare il parco auto e incentivare le vetture a basso impatto ambientale; in primis quelle alimentate a Gpl e a Metano. Dall'altro, varando una politica seria per riallineare la tassazione delle vetture aziendali agli altri paesi europei. C'è una differenza enorme a nostro sfavore e le poche aziende che potrebbero acquistare auto, veicoli commerciali e industriali, sono costrette a mantenere i propri parchi, anche obsoleti, non sicuri e inquinanti".

Federauto chiede allo Stato "di prendere subito in considerazione misure a supporto del mercato auto. Sarebbero a costo zero, perchè si pagherebbero, sia con le imposte sulle auto aggiuntive, sia con riduzione delle spese mediche legate alla cattiva qualità dell'aria e la diminuzioni di morti e feriti per gli incidenti stradali. Inoltre ci sarebbe un minor ricorso agli ammortizzatori sociali che stanno drenando molte risorse statali. Questo si otterrebbe incentivando l'acquisto di auto che consumano e inquinano meno, e sono molto più sicure con dotazioni moderne come le scocche a deformazione progressiva, l'Abs, l'Esp e gli airbag".

Quanto alla questione della produzione delle auto in Italia, per Federauto "è importante che Fiat resti a produrre nella Penisola. Per questo serve un atteggiamento totalmente diverso di certi sindacati. In questo momento produrre in Europa non conviene più e tutti stanno smobilitando gli stabilimenti italiani per delocalizzare. Prendiamo esempio dai lavoratori targati Usa".

 

 

 

 

2010-07-29

29 luglio 2010

ISTAT

Retribuzioni, a giugno

aumentate del 2,5%

Le retribuzioni contrattuali orarie nel mese di giugno sono aumentate del 2,5% rispetto allo stesso mese del 2009 e dello 0,1% rispetto a maggio. Lo comunica l'Istat, ricordando che l'inflazione a giugno ha segnato un +1,3%. La crescita registrata dalle retribuzioni nel periodo gennaio-giugno 2010, rispetto al corrispondente periodo del 2009, è così del 2,3%.

Guardando ai diversi settori, nel mese di giugno, a fronte di una variazione tendenziale media del +2,5%, i comparti che presentano i rialzi più elevati sono alimentari, bevande e tabacco (+2,5%), telecomunicazioni (+4,5%), energia e petrolì (+4,4%), regioni e autonomie locali e Servizio sanitario nazionale (+4% per entrambi). Gli incrementi minori si osservano, invece, per 'ministeri, scuola, forze dell'ordine e militari difesà (in tutti i casi l'aumento è stato dello 0,3%).

Sulla base delle disposizioni definite dai contratti in vigore alla fine del mese di giugno 2010, l'Istat calcola che gli indici delle retribuzioni orarie contrattuali per l'intera economia, proiettato per l'anno 2010, nella media dell'anno registrerebbero un rialzo del 2,1%. Mentre con riferimento al semestre luglio-dicembre, in assenza di rinnovi, il tasso di crescita tendenziale dell'indice generale scenderebbe progressivamente dal 2,4% di luglio all'1,4% di dicembre.

 

 

 

 

 

2010-07-22

22 luglio 2010

IL PAESE AI MARGINI

Italia, i poveri

sono sempre più poveri

La crisi ha selezionato i suoi bersagli con cinismo, trascinandoli ai margini della società: sono i giovani, gli operai, le famiglie numerose, gli immigrati. E i bambini, come sempre. Categorie che erano deboli anche prima del sisma finanziario, con il risultato che il Belpaese, nel 2009, non registra rispetto all’anno precedente un aumento del numero complessivo dei poveri, quanto un netto peggioramento delle condizioni di coloro che già erano indigenti o barcollavano. Nel tirare le somme della situazione italiana, la Commissione di indagine sull’esclusione sociale - a fine mandato - guarda preoccupata al futuro: "Finora cassa integrazione e welfare familiare hanno retto l’urto e salvato il ceto medio, ma cosa succederà quando gli ammortizzatori si esauriranno?". Gli esperti propongono - senza l’entusiasmo del ministero del Lavoro - l’istituzione del reddito minimo.

Intanto, fuori dalla logica dei più e dei meno, restano i numeri assoluti, che continuano a gridare vendetta: 2milioni 650mila famiglie vivono con meno di mille euro al mese, ovvero 7milioni 810mila persone, il 13 per cento della popolazione. Più di 3 milioni di individui (oltre il 5 per cento del Paese) sono "poveri poveri", che non hanno i soldi per i beni essenziali. E in una casa su sei c’è la paura di non poter sostenere una spesa improvvisa, oppure si resta indietro nei pagamenti. Sono dati nazionali che, come al solito, hanno i picchi più bassi al Nord e raggiungono apici al Sud, dove una famiglia ogni quattro è a rischio di esclusione sociale.

In due anni l’Italia - con in testa, ancora una volta, il Meridione - ha perso 600mila posti di lavoro (meno 2,4 per cento rispetto al primo trimestre del 2008). Ma per i lavoratori tra i 20 e i 34 anni il tracollo è stato del 6,3 per cento, mentre per gli over 40 si è assistito addirittura ad una piccola risalita. La conseguenza: tra i 20 e i 44 anni ci sono i più alti aumenti del tasso di povertà. "Il governo – spiega la commissione – con la Cig ha tutelato i padri", e i figli per mettersi al riparo si sono appoggiati al nido familiare. Una soluzione "positiva nel breve termine", dicono gli esperti, ma ora occorre riaprire il mercato del lavoro. Rispetto a questo trend, però, fa eccezione il Sud, dove la cassa integrazione è stata meno utilizzata e il peso è caduto sui capifamiglia. Il 2009 è stato anche l’anno in cui si è depressa l’occupazione degli immigrati (meno 2,5 per cento rispetto al 2008), con una brusca interruzione dei processi d’integrazione. Quando non c’è il guscio familiare, l’assenza di lavoro si trasforma in pochi mesi in indigenza e marginalizzazione.

Passa dal 5,9 al 6,9 per cento il tasso di povertà delle famiglie operaie. Incidono la drastica diminuzione delle ore lavorate, i licenziamenti delle piccole imprese specie del Centro e del Sud, la riduzione del reddito quando si entra in regime Cig. Ma il discrimine più pesante resta l’ampiezza della famiglia: il 25 per cento di famiglie con 5 o più componenti sono povere. Detto in modo più chiaro: ci sono 1 milione 750mila bambini che vivono in abitazioni fatiscenti, dove non ci si può permettere il riscaldamento, dove ogni due giorni pranzare è una scommessa con la Provvidenza.

Marco Iasevoli

 

 

 

 

21 Luglio 2010

RAPPORTO

In Italia 2,6 milioni di disabili

che vivono in famiglia

In Italia ci sono 2,6 milioni di persone in condizione di disabilità, non autosufficienti e dunque non in grado di badare a sé stesse, che vivono in famiglia (dati Istat 2007), pari al 4.8% della popolazione. I minori di 6 anni si stimano attorno alle 200.000 e ben 2.000.000 sono persone anziane. È quanto emerge dal "Rapporto sulla non autosufficienza" presentato oggi dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi.

Già oggi in Italia le persone con 65 anni e più rappresentano oltre il 20% della popolazione con una tendenza in costante e continua crescita nei prossimi anni. L'invecchiamento generalizzato della popolazione è progressivo ed inesorabile nel tempo, e nel 2051 gli over 65 saranno il 34,3%. Analizzando i dati per Regione (anno 2009) dal rapporto emerge che il 14% degli italiani ha meno di 14 anni, il 65% è in età lavorativa (15-64 anni), il 20,1% ha oltre 65 anni. La Liguria è la Regione che ha la più alta percentuale di anziani 26,8%; seguita a Nord Ovest dal Piemonte (22,7%), poi da un "pool" di Regioni del Centro: Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche e, infine, dal Friuli. Le Regioni popolose del Nord (Lombardia, Veneto) e quelle del Centro (Lazio) si mantengono sui volumi prossimi alla media nazionale. Il Sud e le isole hanno un peso decisamente minore della popolazione anziana (fino a 5 punti in meno della Campania).

MALATTIE CRONICO-DEGENERATIVE

La disabilità, spiega il rapporto, cresce ovviamente con l'età: è pari al 9.7% della fascia di popolazione dai 70-74 anni, si eleva al 17,8% nella fascia dai 75-79 anni, e raggiunge il 44,5% degli 80enni. La percentuale delle persone con disabilità di sesso femminile (6.1%) è il doppio di quella maschile (3,3). Le malattie cronico degenerative affliggono, con almeno una malattia grave, il 59,4 % degli individui con disabilità e la disabilità è più diffusa nell'Italia del Sud (5,2%) e nelle isole (5,7%), al Nord supera di poco il 4%, nonostante quest'ultimo abbia tassi di invecchiamento della popolazione più elevati.

Secondo un rapporto Istat del 2005 sulla disabilità, citato nel rapporto, le persone che vivono "confinate nell'abitazione" sono 130.000; in una famiglia su dieci vive almeno un componente con problemi di disabilità. E ancora: sono oltre 1.700.000 le persone con invalidità motoria (3% della popolazione); oltre 500.000 le persone che hanno una invalidità per malattia mentale (0,9% della popolazione) e il 5,3% della popolazione (il 7,4% donne, il 3,1% uomini) dichiara di soffrire di ansietà cronica e di depressione con il Sud e le Isole che presentano tassi standardizzati (desunti da dichiarazioni) di presenza di patologie croniche del 14%, contro il 12% del Nord.

 

 

 

22 luglio 2010

I numeri, le risorse necessarie, l'assistenza domiciliare.

Un altro modo di stare con gli anziani

Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha reso noto il rapporto sulla non autosufficienza, una condizione che riguarda principalmente gli anziani. I dati e le proposte contenuti sono di un certo interesse. L’inesorabile invecchiamento della popolazione italiana spinge a risposte innovative. Il rapporto ministeriale cerca di farsene carico. Tuttavia c’è qualcosa che, in un troppo affrettato dibattito nazionale sulla non autosufficienza, e più in generale sulla "questione anziana", resta non considerato. Qualcosa che riguarda i numeri, le proiezioni della disabilità, i costi, l’offerta dei servizi sociali e sanitari. Più in generale attiene al livello della nostra società. Si afferma, in sostanza, che l’invecchiamento della popolazione, a causa della non autosufficienza, andrà a incidere in modo determinante sulle spese sanitarie. Gli anziani non autosufficienti sarebbero destinati a costituire un peso (economico e non solo) per la società.

Ma questo ragionamento, oltre a non essere giusto, non è del tutto vero. Nel 2051, secondo le proiezioni Istat, le persone dai 65 anni in su saranno in Italia il 34,5% della popolazione. Oggi sono 12 milioni e duecentomila, nel 2050 saranno più di 20 milioni. La percentuale delle persone non autosufficienti avrà lo stesso tasso di crescita? Certamente no. Sta qui la prima contraddizione della ingannevole equazione "più anziani - più disabilità - più costi". Gli studi hanno mostrato che, con i progressi della medicina, all’aumento degli anni di vita non corrisponde necessariamente una perdita di autosufficienza, come poteva essere in passato. Ciò significa che le spese non sono destinate a duplicarsi in modo automatico. Per gli anziani il problema più che le risorse (quelle sono sempre scarse) è il livello di organizzazione sociale e dei servizi. Qui l’Italia è in ritardo. Si dovrebbe parlare non di ridotte risorse economiche, ma di mancanza di idee e di scarsezza di modelli innovativi di intervento nei confronti di una popolazione che si modifica. Servono idee nuove per rispondere a problemi nuovi. Non si possono riadattare le soluzioni di ieri.

Un esempio internazionale: la Danimarca trent’anni fa, con una politica lungimirante e coraggiosa, ha smesso di costruire nuovi istituti per anziani e ha spuntato sui servizi a domicilio e su modalità di intervento attive. Non è migliorata soltanto la qualità della vita degli anziani – che restano a casa loro e sono seguiti – ci si è avvicinati anche alla "impossibile" quadratura del cerchio: offrire buoni servizi con una riduzione, in venti anni, di ben il 10% della spesa destinata alla cure a lungo termine. Curare gli anziani a casa conviene a tutti.

Un esempio italiano: la Comunità di Sant’Egidio ha realizzato a Roma un servizio che è accanto agli anziani tutto l’anno, specialmente nei momenti critici, come in questa estate rovente. L’intera popolazione ultra75enne di due quartieri del centro storico viene seguita, con un sistema di visite domiciliari, telefonate e interventi. Il Programma si chiama, emblematicamente, "Viva gli Anziani!". In sei anni ha dimostrato che si possono aiutare gli anziani a stare molto meglio nella loro casa e nel loro quartiere. I costi sono molto contenuti: 50 centesimi al giorno ad anziano. I risultati sono notevoli: si è registrato un risparmio considerevole sui ricoveri in ospedale, in Rsa, e persino sulle richieste di assistenza domiciliare. Non sarebbe il caso di diffondere in modo capillare servizi di questo tipo? Si risparmia oggi e non si ipoteca il futuro. Con le risorse già disponibili bisogna fare scelte legate alla cura a casa. Anche per dire con convinzione che gli anziani sono una risorsa e non un costo. E per guardare con speranza al futuro.

Marco Impagliazzo

 

 

 

 

 

2010-07-17

20 Luglio 2010

RAPPORTO

Istat: a maggio fatturato dell'industria in aumento

Il fatturato dell'industria italiana ha registrato a maggio un aumento dell'8,9% rispetto allo stesso mese del 2009 e dello 0,8% rispetto ad aprile. Per quanto riguarda il dato tendenziale, si tratta del più alto dal febbraio del 2008. Lo comunica l'Istat precisando che l'indice grezzo ha segnato un rialzo del 12,5% su base annua.

ORDINATIVI A MAGGIO

A maggio gli ordinativi su base annua hanno registrato un aumento del 16% sul mercato nazionale (-0,4% su aprile, dato destagionalizzato) e del 49,2% sul mercato estero (+9,5% su aprile, dato destagionalizzato). Guardando ai settori di attività economica, sottolinea l'Istat, gli aumenti più rilevanti hanno riguardato la fabbricazione di mezzi di trasportO (+60,9%), la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+37,9%) e la fabbricazione di macchinari e attrezzature non classificate altrove (+33,3%).

IN AUMENTO L'EXPORT

Le esportazioni italiane verso i Paesi extra Ue a giugno hanno registrato un aumento del 26,4% e le importazioni del 37,4%, rispetto allo stesso mese del 2009. Lo comunica l'Istat in base alla stima preliminare. Su base congiunturale, confronto con maggio 2010 e al netto della stagionalità, l'export è cresciuto del 9,2% e l'import del 2,9%. Così, aggiunge l'Istituto, il saldo commerciale con i Paesi extra Ue risulta in deficit per 1,064 miliardi di euro, in netto peggioramento rispetto all'avanzo (+77 milioni di euro) dello stesso mese del 2009. Estendendo l'analisi ai primi sei mesi dell'anno (gennaio-giugno 2010), rispetto allo stesso periodo del 2009, fa sapere sempre l'Istat, si registrano incrementi significativi sia per le esportazioni (+13,2%) sia, con maggiore intensità, per le importazioni (+21,6%). Il saldo commerciale del primo semestre del 2010 è così pari a -10,215 miliardi di euro, in peggioramento rispetto al deficit di 4,277 miliardi dello stesso periodo del 2009. Mentre al netto del comparto energetico, la bilancia commerciale con i Paesi extra Ue mostra un attivo rilevante (+14,266 miliardi), seppure in diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2009 (+16,277 miliardi).

Guardando ai principali partner commerciali, a giugno si rilevano incrementi tendenziali delle esportazioni verso tutti. In particolare, le esportazioni sono aumentate verso la Turchia (+66%) e i paesi Mercosur (+63,5%). Rialzi si sono anche registrati per i flussi diretti verso gli Stati Uniti (+31,8%), la Cina (+31,7%). Dal lato delle importazioni, la crescita interessa tutti i principali paesi ed aree geoeconomiche di origine ad esclusione della Russia (-22,2%).

Quanto ai raggruppamenti principali di beni, le esportazioni segnano aumenti tendenziali superiori alla media per l'energia (+51,7%), per i prodotti intermedi (+28,4%) e per i beni di consumo durevoli (+27,3%). Anche per le importazioni i segnali generalizzati di crescita, registrati nei mesi precedenti, sono ulteriormente confermati nel mese di giugno.

 

 

 

20 Luglio 2010

RAPPORTO

Istat: a maggio fatturato dell'industria in aumento

Il fatturato dell'industria italiana ha registrato a maggio un aumento dell'8,9% rispetto allo stesso mese del 2009 e dello 0,8% rispetto ad aprile. Per quanto riguarda il dato tendenziale, si tratta del più alto dal febbraio del 2008. Lo comunica l'Istat precisando che l'indice grezzo ha segnato un rialzo del 12,5% su base annua.

ORDINATIVI A MAGGIO

A maggio gli ordinativi su base annua hanno registrato un aumento del 16% sul mercato nazionale (-0,4% su aprile, dato destagionalizzato) e del 49,2% sul mercato estero (+9,5% su aprile, dato destagionalizzato). Guardando ai settori di attività economica, sottolinea l'Istat, gli aumenti più rilevanti hanno riguardato la fabbricazione di mezzi di trasportO (+60,9%), la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+37,9%) e la fabbricazione di macchinari e attrezzature non classificate altrove (+33,3%).

IN AUMENTO L'EXPORT

Le esportazioni italiane verso i Paesi extra Ue a giugno hanno registrato un aumento del 26,4% e le importazioni del 37,4%, rispetto allo stesso mese del 2009. Lo comunica l'Istat in base alla stima preliminare. Su base congiunturale, confronto con maggio 2010 e al netto della stagionalità, l'export è cresciuto del 9,2% e l'import del 2,9%. Così, aggiunge l'Istituto, il saldo commerciale con i Paesi extra Ue risulta in deficit per 1,064 miliardi di euro, in netto peggioramento rispetto all'avanzo (+77 milioni di euro) dello stesso mese del 2009. Estendendo l'analisi ai primi sei mesi dell'anno (gennaio-giugno 2010), rispetto allo stesso periodo del 2009, fa sapere sempre l'Istat, si registrano incrementi significativi sia per le esportazioni (+13,2%) sia, con maggiore intensità, per le importazioni (+21,6%). Il saldo commerciale del primo semestre del 2010 è così pari a -10,215 miliardi di euro, in peggioramento rispetto al deficit di 4,277 miliardi dello stesso periodo del 2009. Mentre al netto del comparto energetico, la bilancia commerciale con i Paesi extra Ue mostra un attivo rilevante (+14,266 miliardi), seppure in diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2009 (+16,277 miliardi).

Guardando ai principali partner commerciali, a giugno si rilevano incrementi tendenziali delle esportazioni verso tutti. In particolare, le esportazioni sono aumentate verso la Turchia (+66%) e i paesi Mercosur (+63,5%). Rialzi si sono anche registrati per i flussi diretti verso gli Stati Uniti (+31,8%), la Cina (+31,7%). Dal lato delle importazioni, la crescita interessa tutti i principali paesi ed aree geoeconomiche di origine ad esclusione della Russia (-22,2%).

Quanto ai raggruppamenti principali di beni, le esportazioni segnano aumenti tendenziali superiori alla media per l'energia (+51,7%), per i prodotti intermedi (+28,4%) e per i beni di consumo durevoli (+27,3%). Anche per le importazioni i segnali generalizzati di crescita, registrati nei mesi precedenti, sono ulteriormente confermati nel mese di giugno.

 

20 luglio 2010

SICUREZZA

Inail, in calo morti bianche

e infortuni sul lavoro

Continua a calare il numero degli incidenti mortali sul lavoro, che tocca il minimo storico. Nel 2009 sono stati 1.050 i decessi, in flessione del 6,3% sul 2008 (quando erano stati 1.120), il numero più basso mai registrato dall'inizio delle relative rilevazioni statistiche nel 1951. Nel complesso diminuiscono gli infortuni in generale, scesi a 790.000 (oltre 85 mila in meno dagli 875.144 del 2008) con un calo annuo del 9,7%, che segna la flessione più alta dal 1993.

Sono i dati del bilancio annuale presentato dall'Inail. Sulla riduzione dei casi registrati e denunciati all'Istituto incide, in parte, anche la crisi del 2009, con il calo degli occupati (-1,6% per l'Istat) e delle ore effettivamente lavorate, dai tagli di straordinario al ricorso alla cassa integrazione.

È soddisfatto il presidente dell'Inail, Marco Fabio Sartori, per l'ulteriore flessione di infortuni e casi mortali sul lavoro registrati nel 2009, scesi rispettivamente a 790mila e 1.050. "I dati confermano che il sistema lavoro ha investito in sicurezza" e ne "testimoniano gli sforzi", commenta in occasione della presentazione del bilancio annuale. "Stiamo vivendo un trend positivo", aggiunge rilevando la diminuzione di oltre 200 mila infortuni che emerge rapportando i dati del 2009 a quelli del 2002 (992 mila).

"È un trend positivo", ribadisce Sartori riferendosi anche al calo dei casi mortali che, dice, "pur rimanendo ancora a livelli troppo alti, perchè parliamo sempre di vite umane, e questo è sempre bene ricordarlo, non accenna a interrompersi". E dimostra che l'Italia non è fanalino di coda, anzi fa meglio della media Ue, quanto all'incidenza infortunistica. Sartori evidenzia come questo miglioramento indichi che "stanno cambiando la cultura e l'approccio delle imprese. Segno anche di una forte e capillare presenza dell'Inail, che è riuscita a fare penetrare un concetto basilare: la sicurezza prima di tutto".

Tornando ai dati e raffrontandoli con l'andamento in Europa, Sartori smentisce anche la "diceria" che vuole l'Italia fanalino di coda nell'Unione europea per quanto riguarda gli infortuni. "Non è vero e lo abbiamo più volte detto. L'Europa a 15, nel periodo 2003-2007", dice sulla base degli ultimi dati Eurostat, "per ogni 100 mila occupati stima un numero di infortuni pari a 2.859: ebbene, rispetto a tale indice il nostro Paese si attesta ben al di sotto con 2.674. Rispetto a Spagna (4.691), Francia (3.975) ma anche alla Germania (3.125), registriamo, dunque, un livello di infortuni più basso".

IN CALO GLI INFORTUNI TRA STRANIERI

Infortuni tra i lavoratori stranieri in flessione per la prima volta nel 2009: dai 143.641 casi del 2008 si è passati ai 119.193 dello scorso anno, con un calo del 17%. Lo sottolinea l'Inail presentando il bilancio annuale. Diminuiscono anche i casi mortali, scesi a 150 dai 189 dell'anno precedente (-20,6%). Si tratta di "una significativa e incoraggiante diminuzione", commenta il presidente dell'Istituto Marco Fabio Sartori.

La flessione degli incidenti ha riguardato prevalentemente la componente maschile (-20,3%) rispetto a quella femminile (-4,9%) e si è verificato maggiormente nell'industria ed in particolare nel settore manifatturiero "notoriamente ad alta presenza di lavoratori stranieri nei quali la crisi produttiva e occupazionale è stata più acuta", sottolinea l'Inail, attribuendo la flessione, come nell'andamento generale, alla crisi dello scorso anno ma anche alle migliori condizioni di lavoro.

"Il calo è da attribuire, in parte, alla riduzione complessiva delle opportunità di lavoro che ha interessato tutta la popolazione del Paese e, dunque, anche gli stranieri, colpiti, peraltro, da livelli di precarietà superiori agli italiani - afferma Sartori - ma, in parte anche consistente, al miglioramento delle loro condizioni per quanto riguarda prevenzione e sicurezza".

Rumeni, marocchini e albanesi sono, nell'ordine, le comunità che ogni anno denunciano il maggior numero di incidenti, totalizzandone il 40%. Se si considerano, poi, i casi mortali la percentuale supera il 50%: in altri termini un deceduto di origine straniera su due, in Italia, proviene da una delle tre comunità.

 

 

 

 

 

20 luglio 2010

IL RAPPORTO

Sud, una famiglia su cinque

non ha soldi per il medico

Quasi un meridionale su tre è a rischio povertà a causa di un reddito troppo basso, contro 1 su 10 al Centro-Nord. È il verdetto enunciato dalla Svimez, secondo cui, in valori assoluti, al Sud, si tratta di 6 milioni 838mila persone, fra cui 889mila lavoratori dipendenti e 760mila pensionati.

I dati - gli ultimi disponibili, relativi alla situazione 2007 - emergono dal Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno secondo cui ben il 44% delle famiglie meridionali, quasi una famiglia su due, non ha potuto sostenere una spesa imprevista di 750 euro (26% al Centro-Nord).

Secondo il rapporto, il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese, un dato quasi tre volte superiore all'altra ripartizione (5,5%). Ed è da considerare che nel 47% delle famiglie meridionali vi è un unico stipendio, fetta che passa addirittura al 54% nel caso della Sicilia. Hanno inoltre a carico tre o più familiari il 12% delle famiglie meridionali, un dato quattro volte superiore al Centro-Nord (3,7%), che arriva al 16,5% in Campania. Ma il rischio povertà, secondo la Svimez, resta anche con due stipendi.

Nel 2008, inoltre, è arrivata con difficoltà a fine mese oltre una famiglia su 4 (25,9%), contro il 13,2% del Centro-Nord.

IL MESSAGGIO DI NAPOLITANO. Per il Sud serve un deciso cambio di marcia nelle strategie di sviluppo. È il messaggio del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano inviato in occasione della presentazione del rapporto Svimez 2010. Napolitano sostiene come i risparmi di spesa, necessari per tenere i conti in ordine davanti alla crisi economica, abbiano però penalizzato il Mezzogiorno. "I risultati complessivamente insufficienti delle politiche seguite in passato e la presenza di significative inefficienze - dice Napolitano - rendono necessario un ripensamento e possono anche spingere ad una profonda modifica delle modalità e dello stesso impianto strategico degli interventi di sviluppo".

Napolitano di ricordato che "la crisi che ha colpito tutte le aree del paese non ha risparmiato le situazioni già di profonda difficoltà del Mezzogiorno, che rischiano di risultarne aggravate anche in

prospettiva".

Ridurre gli effetti della crisi è divenuta "una priorità". La necessità di contenere il disavanzo ha

portato "uno spostamento di risorse di cui hanno sofferto le politiche di sviluppo, come è dimostrato dalle ricadute sul quadro strategico nazionale 2007-2013 al quale sono state sottratte ingenti dotazioni e che registra, a metà del periodo di programmazione, gravi ritardi". Napolitano

sottolinea quindi che i risultati finora ottenuti dalle politiche messe in atto per il Mezzogiorno sono

"complessivamente insufficienti" e il permanere di "significative inefficienze" rendono necessario "un

ripensamento e possono anche spingere ad una profonda modifica delle modalità e dello stesso impianto strategico degli interventi di sviluppo. Ma è un fatto che il Mezzogiorno può contribuire, attraverso la piena messa a frutto delle sue risorse, alla ripresa di un più sostenuto e stabile processo di crescita dell'economia e della società italiana fondato anche su una strategia di leale e convinta

collaborazione tra le Regioni e lo Stato".

 

2010-07-16

16 luglio 2010

ISTAT

Italia, otto milioni in povertà

Nonostante la recessione, nell’anno passato la povertà in Italia è rimasta sostanzialmente stabile, ma solo perché a mitigare gli effetti della crisi ci sono state, secondo l’Istat che ieri ha diffuso i dati relativi al 2009, la famiglia e la cassa integrazione: padri e madri hanno sostenuto i giovani che in grande percentuale hanno perso il lavoro per la grave situazione economica, mentre la Cig ha protetto dalla perdita del lavoro i genitori, largamente maggioritari tra i cassaintegrati. La povertà resta comunque una insostenibile condizione per 2milioni e 657mila famiglie, che rappresentano il 10,8% del totale, equivalenti a 7milioni e 810mila individui, ovvero il 13,1% dell’intera popolazione residente nel nostro Paese.

Ma se in generale l’indigenza colpisce circa un nucleo su dieci, i ricercatori di Via Balbo precisano che questa percentuale sale, anche di molto, prendendo in considerazione altre variabili, come la zona geografica di residenza, la condizione lavorativa o la composizione familiare. Sale infatti al 22,7% delle famiglie la povertà nel Mezzogiorno, arriva al 26,7% tra i nuclei il cui capo è disoccupato e cresce fino al 24,9% tra le famiglie con cinque o più componenti. Questi sono dati che si riferiscono alla povertà relativa, che si calcola tracciando prima di tutto la linea che la delimita: per una famiglia composta da due persone, la soglia di povertà è pari alla spesa media mensile per individuo (983 euro nel 2009, 17 euro in meno sul 2008). Sono pertanto povere tutte le famiglie di due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore.

Ma tra le famiglie indigenti, alcune lo sono in maniera assoluta. Vivono in stato di indigenza acuta, ancora secondo l’Istat, 3milioni e 74mila individui (il 5,2% della popolazione) per un totale di 1milione e 162mila famiglie (il 4,7% del totale), ovvero tutte quelle che non sono in grado di sostenere neanche una spesa mensile minima necessaria ad acquisire beni e servizi essenziali per una vita accettabile.

Ma vediamo il dettaglio dei dati relativi alle situazioni di maggiore disagio. In tutte le regioni del Meridione la povertà è significativamente più diffusa rispetto al resto del Paese, con punte in Campania, Basilicata (ambedue 25,1%) e Calabria (27,4%), mentre il fenomeno è decisamente inferiore in Emilia Romagna che registra la più bassa incidenza di povertà (4,1%), Lombardia, Veneto e Liguria, tutte con valori inferiori al 5%. Nel Mezzogiorno, poi, alla più ampia diffusione della povertà si associa anche una maggiore gravità del fenomeno. Nell’area l’"intensità", che indica in termini percentuali di quanto la spesa media mensile delle famiglie povere si colloca al di sotto della linea di povertà, è infatti pari al 22,5% contro il 20,8% nazionale e il 17,5% del Nord.

Un quarto delle famiglie con cinque o più componenti (24,9%) come accennato risulta in condizione di povertà relativa e l’incidenza raggiunge il 37,1% per le famiglie residenti nel Mezzogiorno. Si tratta per lo più di coppie con tre o più figli e con membri aggregati (in genere nonni o anziani parenti). Se all’interno della famiglia sono presenti più figli minori, il disagio economico aumenta: l’incidenza di povertà, pari al 15,2% tra le coppie con due figli tocca il 24,9% tra quelle con almeno tre e sale ulteriormente se i figli sono minori. Il fenomeno, ancora una volta, è particolarmente diffuso nel Mezzogiorno, dove oltre un terzo (il 36,7%) delle famiglie con tre o più figli minori è povero.

La difficoltà a trovare un’occupazione, infine, determina livelli di povertà decisamente più elevati: è infatti povero il 26,7% delle famiglie con a capo una persona disoccupata. La diffusione della povertà tra le famiglie con alla testa un operaio (14,9%), inoltre, è decisamente superiore all’incidenza osservata tra le famiglie di lavoratori autonomi (6,2%) e, in particolare, di imprenditori e liberi professionisti (2,7%).

Bruno Mastragostino

 

 

 

 

 

 

2010-07-15

15 luglio 2010

ISTAT

In Italia due milioni

di famiglie povere

In Italia, nel 2009, le famiglie in condizioni di povertà relativa sono state due milioni 657mila e hanno rappresentato il 10,8% delle famiglie residenti; si tratta di sette milioni 810mila individui poveri, il 13,1% dell'intera popolazione. Sempre nel 2009, un milione 162mila famiglie (il 4,7% delle famiglie residenti) sono risultate in condizione di povertà assoluta per un totale di tre milioni e 74mila individui (il 5,2% dell'intera popolazione).

Sia la povertà relativa, che quella assoluta - i dati sono contenuti nel rapporto Istat per il 2009 - sono risultate sostanzialmente stabili rispetto al 2008, sia a livello nazionale sia a livello di singole ripartizioni. La soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile per persona, che nel 2009 è risultata di 983,01 euro (-1,7% rispetto al valore della soglia nel 2008).

L'incidenza della povertà assoluta viene calcolata sulla base di una soglia di povertà che corrisponde alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, sono considerati essenziali a conseguire uno standard di vita minimamente accettabile.

Nel 2009, il Mezzogiorno ha confermato gli elevati livelli di incidenza della povertà raggiunti nel 2008 (22,7% per la relativa, 7,7% per l'assoluta) e ha mostrato un aumento del valore dell'intensità della povertà assoluta (dal 17,3% al 18,8%), dovuto al fatto che il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto pressoché identico, ma le loro condizioni medie sono peggiorate.

L'incidenza di povertà assoluta è aumenta, tra il 2008 e il 2009, per le famiglie con persona di riferimento operaia, (dal 5,9% al 6,9%), mentre l'incidenza di povertà relativa, per tali famiglie, è aumentata solo nel Centro (dal 7,9% all'11,3%). L'incidenza è diminuita, invece, a livello nazionale, tra le famiglie con un lavoratore in proprio (dall'11,2% all'8,7% per la povertà relativa, dal 4,5% al 3,0% per l'assoluta), più concentrate al Nord rispetto al 2008.

Nel 2009, la linea di povertà relativa (983,01 euro) è stata di circa 17 euro inferiore a quella del 2008. Nel 2009, infatti, la spesa per consumi ha mostrato una flessione in termini reali, particolarmente evidente tra le famiglie con livelli di spesa medio-alti.

La condizione delle famiglie con i consumi più contenuti non è risultata peggiorata rispetto a quella delle altre famiglie.

Secondo l'Istat, il motivo per il quale la povertà non è cresciuta nell'anno della crisi va ricercato nel fatto che l'80% del calo dell'occupazione ha colpito i giovani, in particolare quelli che vivono nella famiglia di origine, mentre due ammortizzatori sociali fondamentali hanno mitigato gli effetti della crisi: la famiglia, che ha protetto i giovani che avevano perso l'occupazione, e la cassa integrazione guadagni, che ha protetto i genitori dalla perdita del lavoro (essendo i genitori maggioritari tra i cassaintegrati).

 

 

 

 

 

14 Luglio 2010

ISTAT

A giugno rallenta l'inflazione

scende all'1,3%

L'Inflazione a giugno scende a 1,3 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, mentre è nulla rispetto a maggio 2010. È quanto rende noto l'Istat confermando così i dati preliminari. "Nel mese di giugno 2010 - si legge nella nota dell'Istat - l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività comprensivo dei tabacchi è stato pari a 139,6, registrando una variazione nulla rispetto al mese di maggio e di più 1,3 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente; al netto dei tabacchi l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività, pari a 138,9, ha presentato nel mese di giugno 2010 una variazione congiunturale di più 0,1 per cento e una variazione tendenziale pari a più 1,2 per cento".

Nel mese di giugno gli aumenti congiunturali più significativi sono stati rilevati per i capitoli Altri beni e servizi (più 0,4 per cento) e Ricreazione, spettacoli e cultura (più 0,2 per cento). Variazioni nulle si sono invece registrate nei capitoli Bevande alcoliche e tabacchi e Istruzione; variazioni congiunturali negative si sono verificate nei capitoli Trasporti (meno 0,3 per cento), Servizi sanitari e spese per la salute (meno 0,2 per cento) e Comunicazioni (meno 0,1 per cento).

Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli Trasporti (più 3,7 per cento), Altri beni e servizi (più 3,3 per cento) e Istruzione (più 2,5 per cento); variazioni tendenziali negative si sono verificate nei capitoli Comunicazioni (meno 1,0 per cento) e Prodotti alimentari e bevande analcoliche (meno 0,3 per cento).

 

 

 

 

 

 

2010-07-13

13 Luglio 2010

RICERCHE

L'Istat: l'economia sommersa

"vale" il 17,5 per cento del Pil

Dichiarazioni fasulle, costi gonfiati, lavoro in nero. L'economia sommersa cresce e aumenta anche il suo peso percentuale rispetto al Pil, fotografando un'Italia dove circa un sesto della ricchezza sfugge alle statistiche ufficiali e, di conseguenza, anche all'erario. Nel 2008, secondo le stime dell'Istat, il valore aggiunto prodotto nell'area del sommerso economico si è attestato tra un minimo di 255 e un massimo di 275 miliardi di euro, con un peso (in crescita per la prima volta in sette anni) tra il 16,3% e il 17,5% del Pil. La "forchetta", nel 2007, era invece compresa tra 246 e 266 miliardi (per un peso sul pil tra il 15,9% e il 17,2%). Tra il 2000 e il 2008 il dato aveva registrato invece una tendenziale flessione, pur mostrando andamenti alterni: la quota sul Pil aveva infatti raggiunto il picco più alto (19,7%) nel 2001, per poi decrescere fino al 2007.

La parte più rilevante del fenomeno riguarda la sottodichiarazione del fatturato e il rigonfiamento dei costi impiegati nel processo di produzione del reddito. Nel 2008 l'incidenza del valore aggiunto non dichiarato dovuto a queste componenti ha infatti raggiunto il 9,8% del Pil. A livello settoriale l'evasione fiscale e contributiva è più diffusa nei settori dell'agricoltura e dei servizi, ma è rilevante anche nell'industria. Se si considera la sola economia di mercato, senza considerare, cioè, il valore aggiunto prodotto dai servizi non market forniti dalle amministrazioni pubbliche, il sommerso nel 2008 rappresenta il 20,6% del Pil, contro il 17,5% calcolato per l'intera economia. Un capitolo importante è poi quello del lavoro nero: le unità di lavoro non regolari (vale a dire la somma delle posizioni lavorative a tempo pieno e delle prestazioni lavorative a tempo parziale) hanno ripreso a crescere e raggiunto - il dato è in questo caso relativo al 2009 - quota 2,966 milioni, pari al 12,2% dell'input di lavoro complessivo, contro i 2 milioni e 958 mila (11,9%) del 2008.

Ed è proprio questo dato a preoccupare la Cgil che, trasformando le unità di lavoro in lavoratori in carne e ossa, quantifica in oltre 3,5 milioni il numero di persone in nero. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, tuttavia, rileva che il dato è in diminuzione nel decennio e che le azioni in corso "saranno via via rafforzate secondo le linee del prossimo Piano triennale per il lavoro". La Cisl si concentra invece sulla necessità di "riscrivere le regole del gioco fra fisco e contribuenti", mentre la Uil parla di "anomalia italiana", sollecitando azioni "per far emergere il sommerso e il lavoro nero, recuperando risorse sottratte oggi di fatto alla crescita del Paese"

 

 

 

2010-07-08

8 luglio 2010

CRISI ECONOMICA

Famiglie, diminuiscono i risparmi

e cala il potere d'acquisto

Gli effetti della crisi economica continuano a pesare sulle tasche degli italiani. Secondo i dati Istat, nel primo trimestre dell'anno le famiglie italiane mostrano una contrazione del risparmio e del reddito. Nei primi tre mesi del 2010 la propensione risparmio delle famiglie si è ridotta di 1,6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente attestandosi a quota 13,4%, si tratta del valore più basso da quando esistono le serie storiche trimestrali, ovvero dal 1999.

Mentre il reddito disponibile delle famiglie italiane nel primo trimestre del 2010 è diminuito del 2,6% in valori correnti rispetto allo stesso periodo del 2009. Il calo è invece dello 0,2% rispetto all'ultimo trimestre dell'anno scorso.

È quanto rileva l'Istat sottolineando che la spesa delle famiglie si è ridotta dello 0,7% rispetto a un anno prima ma è tornata a crescere dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti. Nello stesso periodo, il potere di acquisto delle famiglie, vale a dire il reddito disponibile in termini reali, è sceso dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% rispetto al primo trimestre del 2009.

Il tasso di investimento delle famiglie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi delle famiglie, che comprendono gli acquisti di abitazioni e gli investimenti strumentali delle piccole imprese classificate nel settore, e il loro reddito disponibile lordo) si è attestato all'85%, 0,1 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente, risentendo di una riduzione degli investimenti (-1,1%) superiore a quella del reddito disponibile (-0,2%). Rispetto al corrispondente periodo del 2009, gli investimenti fissi lordi delle famiglie si sono ridotti (-10,5%) in misura superiore alla flessione del loro reddito disponibile, determinando una riduzione del tasso di investimento del settore di 0,8 punti percentuali.

Sul versante delle imrpese, nel primo trimestre 2010, la quota di profitto delle società non finanziarie (data dal rapporto tra il risultato lordo di gestione e il valore aggiunto lordo a prezzi base) si è attestata al 40,6%, con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente: il risultato lordo di gestione delle società non finanziarie, infatti, è cresciuto dell'1,2%, in misura superiore all'aumento dello 0,4% registrato dal valore aggiunto.

Rispetto al corrispondente trimestre del 2009, invece, la flessione del risultato lordo di gestione si è attestata su livelli superiori a quella del valore aggiunto: pertanto la quota di profitto delle società non finanziarie ha perso 0,7 punti percentuali rispetto al primo trimestre del 2009. Prosegue, infine, la contrazione del tasso di investimento delle società non finanziarie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi ed il valore aggiunto lordo ai prezzi base), che nel primo trimestre 2010 è stato pari al 22,3%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 2 punti percentuali nei confronti del corrispondente trimestre del 2009. Infatti, gli investimenti fissi lordi in valori correnti delle società non finanziarie hanno registrato, nel primo trimestre 2010 rispetto al corrispondente periodo del 2009, una flessione dell'11,2%, più marcata della pur forte contrazione registrata dal valore aggiunto (-3,3%).

 

 

 

 

2010-07-02

2 luglio 2010

CONTI PUBBLICI

Rapporto deficit/Pil

cala all'8,7% nel I trimestre

Il rapporto tra deficit e Pil nel primo trimestre si è attestato all'8,7%, riducendosi di 0,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2009, quando è risultato pari al 9,2%. Lo riferisce l'Istat, sulla base dei dati grezzi. Nel primo trimestre dell'anno le entrate totali sono aumentate in termini tendenziali dello 0,3%, con una incidenza sul Pil del 39,8% inferiore a quella registrata nel corrispondente trimestre del 2009 (40,0%). Sempre nei primi tre mesi dell'anno le uscite totali sono diminuite in termini tendenziali dello 0,7%; il loro valore in rapporto al Pil si è ridotto di 0,7 punti percentuali, attestandosi al 48,6% contro il 49,3% del corrispondente trimestre 2009. Lo comunica l'Istat.

In particolare, le entrate correnti hanno registrato un aumento tendenziale dello 0,1% dovuto all'effetto combinato di una diminuzione delle imposte dirette (-0,6%) e dei contributi sociali (-0,7%), e di una crescita delle imposte indirette (+0,9%) e delle altre entrate correnti (+1,6%). Le entrate in conto capitale hanno registrato una crescita in termini tendenziali del 37,7%. In particolare, spiega l'Istat, le imposte in conto capitale sono aumentate per effetto della contabilizzazione dei versamenti una tantum relativi ai prelievi operati in base al cosiddetto scudo fiscale, con la riapertura dei termini.

Per quanto riguarda le uscite correnti, esse hanno registrato sempre nel primo trimestre dell'anno un aumento tendenziale dello 0,9%. Tale aumento deriva da una diminuzione del 2,9% dei redditi da lavoro dipendente e degli interessi passivi (-3,8%) e da una crescita dell'1,6% dei consumi intermedi, del 2,4% delle prestazioni sociali in denaro e del 5,9% delle altre uscite correnti. Le uscite in conto capitale sono diminuite in termini tendenziali del 20,7%; in particolare, gli investimenti fissi lordi sono calati del 9,5% e le altre uscite in conto capitale del 37,9%.

 

 

 

 

 

2010-07-01

1 Luglio 2010

FINANZA

Istat, crollano gli investimenti:

meno 12,1% nel 2009

Crollano gli investimenti fissi lordi: nel 2009 hanno registrato una diminuzione del 12,1% in termini reali, accentuando la fase di contrazione iniziata nel 2008 (-4,0%). Lo fa sapere l'Istat, in uno studio. Si tratta di un livello mai raggiunto prima, almeno a partire dal 1970, inizio delle relative serie storiche, e paragonabile solo al calo registrato durante la precedente crisi del 1993, quando si raggiunse un -11,5%.

La diminuzione della spesa in beni capitali nel 2008 e nel 2009 ha interessato tutti i settori dell'economia: agricoltura, industria e servizi.

Il calo più ampio degli investimenti fissi lordi - che vanno dall'acquisto di macchinari e attrezzature sino alle costruzioni (fabbricati, uffici ma anche abitazioni) - riguarda il settore agricolo: nel 2009 ha fatto registrare un -17,4%, in ulteriore flessione rispetto al -2,7% del 2008. Male anche il settore industriale dove si è registrato un calo del 14,9% rispetto all'anno precedente (dopo un -4,1% nel 2008). Così come il settore dei servizi per il quale si rileva un calo della spesa per capitale fisso pari a -10,6% nel 2009 (-4,0% nel 2008). Quanto agli investimenti del settore dei servizi, valutati al netto degli investimenti in abitazioni (anch'esse comprese tra i beni), risultano in calo dell'11,3% nel 2009 (-5,1 nel 2008).

Guardando agli investimenti fissi lordi per addetto, nel 2009 in media ammontano a 9.600 euro, rafforzando la tendenza alla diminuzione manifestatasi già nel 2008 (10.600 euro, contro gli 11.000 euro nel 2007). Quanto allo stock di capitale netto, la sua crescita in termini reali "registra una brusca frenata", attestandosi allo 0,5% rispetto all'1,3% del 2008 e all'1,7 del 2007. La dinamica positiva del 2009 è dovuta esclusivamente alla crescita registrata nel settore dei servizi (+0,9%); mentre nel settore industriale registra una diminuzione dello 0,5% e, ancora più marcata, nel settore dell'agricoltura, dove il calo è pari all'1,2%. Infine, nel 2009 il tasso di crescita degli ammortamenti si attesta allo 0,7%, in rallentamento rispetto all'anno precedente (+1,5%).

A GIUGNO CERSCE LA PRODUZIONE INDUSTRIALE

Cresce la produzione industriale a giugno. Il Centro studi Confindustria rileva in giugno un aumento dell'1,1% su maggio (dati destagionalizzati), quando si era avuto un incremento dell'1,4% su aprile (+1,8% la stima preliminare, rivista sulla base dei consuntivi comunicati dalle imprese). A giugno il recupero dai minimi toccati nel marzo 2009 sale al 10,9%, mentre si riduce al -17,6% la caduta dal picco precrisi (aprile 2008).In giugno la variazione sui dodici mesi è stata del 10,0%. In maggio la dinamica tendenziale è stata dell'8,0% (dati al netto del diverso numero di giornate lavorative). Le imprese che lavorano su commessa indicano un maggiore afflusso di ordinativi: +1,2% in giugno rispetto a maggio (+3,3% su base annua), quando vi era stato un aumento dello 0,4% su aprile (+2,5% annuo). Il Csc stima per il secondo trimestre 2010 un'accelerazione della produzione al 2,5% sul primo, dall'1,7% del periodo precedente.

Nel terzo trimestre si profila un'ulteriore recupero guidato da domanda estera e ricostituzione delle scorte: la crescita ereditata è già dell'1,2%, mentre le indagini qualitative presso le imprese manifatturiere segnalano più alte attese di produzione a tre mesi (specie tra le imprese esportatrici), scorte ritenute più basse del normale (ISAE) e giudizi più elevati sugli ordini dal'estero (indagine PMI).

 

 

 

 

2010-06-24

24 giugno 2010

LA CRISI

Industriali: fuori da recessione

Istat: disoccupati al 9,1%

"L'economia italiana è fuori dalla recessione" per il Centro Studi di Confindustria che oggi prevede una ripresa "più solida rispetto alle stime rilasciate a dicembre". Nonostante un impatto restrittivo della manovra economica 2011-2012, che il CsC stima in un -0,4% l'anno", gli economisti di via dell'Astronomia hanno rivisto al rialzo le stime sulla crescita al +1,6% del Pil per il 2011 (dal +1,3%). +1,2% nel 2010 (da +1,1%). La disoccupazione è invece attesa in aumento, dopo 528mila i posti di lavoro già persi a fine 2009 in 2 anni di crisi. "La ripresa annunciata un anno fa in forma di germogli ha acquistato impeto".

Sul fronte del lavoro s iprevede una "partenza ritardata", con un parziale e lento recupero solo nel 2011 (+0,5%). Mentre il cuscinetto della cassa integrazione "ha dimezzato il calo di occupati"" i 528mila posti di lavoro persi dal primo trimestre 2008 al quarto 2009 rappresentano una contrazione del numero di occupatì pari alla meta della modalità di calcolo statistica delle Ula (unità lavorative equivalenti a tempo pieno), che sale a un milione e 91mila in meno.

Mentre sul fronte dei conti pubblici "se completamente effettuata e confidando nella miglior crescita, la manovra messa a punto dal Governo e all'esame del Parlamento piegherà il deficit pubblico al 4,1% nel 2011, dal 5,1% di quest'anno, ma il debito pubblico arriverà al 118,9% del Pil".

Quanto alla manovra, le misure per 2011 e 2012 "hanno nell'immediato un impatto frenante stimabile in uno 0,4% di Pil in meno per ciascuno dei prossimi due anni". L'inflazione "sarà contenuta poco oltre quella dell'eurozona".

ISTAT: Il tasso di disoccupazione nel primo trimestre del 2010 è salito al 9,1% (dato non destagionalizzato) dal 7,9% dello stesso periodo del 2009. Si tratta del livello più alto dal primo trimestre del 2005. Lo rileva l'Istat, sottolineando che il tasso destagionalizzato è, invece, pari all'8,4%, il livello più alto rispetto ad uno stesso dato destagionalizzato dal terzo trimestre del 2003.

L'occupazione nel primo trimestre del 2010 è diminuita di 208 mila unità rispetto allo stesso

periodo del 2009. Lo rileva l'Istat, precisando che "c'è ancora il segno meno ma la caduta è meno intesa". Nello stesso periodo - fa notare sempre l'Istituto - erano al lavoro 22 milioni e 758 mila

persone. Quindi, il calo degli occupati rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente è pari allo 0,9%.

 

 

 

 

24 Giugno 2010

CORTE DEI CONTI

"Sacrifici necessari

ma basta con gli sprechi"

I sacrifici sono "necessari" ma basta con lo spreco di denaro pubblico. È il monito del procuratore generale della Corte dei Conti, Mario Ristuccia, durante la requisitoria nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 2009. "Se è necessario chiedere sacrifici a molte categorie di cittadini, tra le quali purtroppo anche quelle più deboli, appare ancor più necessario affrontare con decisione i problemi della cattiva amministrazione e dello spreco di pubblico denaro".

Il contenimento della spesa pubblica "è essenziale", ha detto Ristuccia, precisando che "il problema essenziale appare essere quello del contenimento della spesa pubblica e della individuazione dei settori in cui operare. Nella precedente relazione si erano in particolare prese in esame le possibili soluzioni offerte da un forte recupero dell'area dell'evasione fiscale, dall'alienazioni di beni del patrimonio pubblico e da una più incisiva riforma pensionistica".

La Corte dei Conti, poi, boccia la struttura "pletoriaca" di Regioni ed enti locali "ripartita in numerosissimi e spesso inutili centri di spesa" che "richiedono soprattutto erogazione di stipendi, gettoni ed emolumenti vari per una moltitudine di amministratori, manager pubblici, consiglieri e consulenti" e che hanno "un elenco di attività utili sovente a procurare unicamente opportunità di una comoda collocazione a soggetti collegati con gli ambienti della politica". Poi Ristuccia passa agli esempi: l’apparato burocratico delle Province costa 43 euro per ogni cittadino, mentre il Calabria il costo è quasi il doppio (83,5). "Tra le spese delle Province - afferma il procuratore - quella più rilevante attiene alla funzione di amministrazione generale, per cui in media il mantenimento dell’apparato burocratico delle Province costa al cittadino circa 43 euro pro-capite (nella Regione Calabria 83,5 euro)".

BUONI RISULTATI NELLA LOTTA ALL'EVASIONE

Buoni risultati per la lotta all'evasione nel 2009. "Le linee operative adottate dall'Agenzia delle Entrate - spiega ancora Ristuccia - hanno consentito nel 2009 un incremento del 19,8 per cento rispetto all'anno precedente delle riscossioni complessive, pari a 7,043 miliardi".

Particolare efficacia va inoltre riconosciuta all'applicazione dei cosiddetti istituti deflativi del contenzioso (accertamento con adesione, acquiescenza e conciliazione giudiziale) che, comportando la diminuzione della conflittualità nei rapporti con i contribuenti e favorendo l'immediata riscossione delle somme dovute, hanno fatto registrare un incremento del 60% rispetto al 2008 della relativa quota di incassi.

L'azione di contrasto all'economia sommersa svolta dalla Guardia di Finanza ha portato all'individuazione di 7.513 evasori totali, i quali avevano omesso di presentare le dichiarazioni annuali relative a 13,7 miliardi di redditi imponibili, con incrementi rispettivamente superiori del 5,3% e del 38,3% rispetto al 2008, mentre la lotta alle frodi ed alle evasioni più gravi costituenti reato ha portato alla denuncia all'Autorità Giudiziaria di 11.489 indagati, di cui 134 arrestati, con un incremento, rispettivamente, del 33% e del 20% rispetto al 2008.

MANOVRA

Con la manovra economica attualmente al vaglio del Senato è "elevato il rischio di un impatto di segno negativo sulla crescita economica". Lo dice il presidente di Sezione della Corte dei Conti Gian Giorgio Paleologo nel suo intervento durante il giudizio di parificazione sul rendiconto dello Stato per il 2009. Questa minor crescita stimata in uno 0,5%, da qui al 2013, porta al "rischio di un assottigliamento degli effetti attesi sul disavanzo soprattutto per via della flessione del gettito fiscale connessa ad un più basso livello di attività economica".

 

 

 

 

 

 

 

2010-06-15

15 Giugno 2010

ISTAT

Esportazioni, boom ad aprile

Aumentano del 15,2%

Boom delle esportazioni ad aprile: aumentano del 15,2% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, con andamenti più dinamici per il mercato comunitario (+17,2%) rispetto a quello esterno all'Unione europea (+12,6%). Le importazioni registrano un incremento del 18,3%, derivante da una crescita del 14,1% dei flussi dai Paesi Ue e da un aumento del 23,9% di quelli provenienti dai Paesi non comunitari.

È quanto comunica l'Istat, evidenziando che il saldo commerciale risulta negativo per 829 milioni di euro, in peggioramento rispetto al disavanzo di 76 milioni di euro dello stesso mese dell'anno precedente. Nel periodo gennaio-aprile 2010, rispetto al corrispondente periodo del 2009, le esportazioni sono aumentate dell'8,8% (+8,7% per i Paesi Ue e più 8,9% per i Paesi esterni all'area) e le importazioni del 12,5% (+ 10,9% per l'area Ue e più 14,6% per quella extra-Ue).

Nei primi quattro mesi dell'anno il deficit commerciale, pari a 9,2 miliardi di euro, è più ampio di quello del corrispondente periodo del 2009 (5 miliardi di euro).

 

 

 

 

15 Giugno 2010

FIAT

Pomigliano, accordo separato

La Fiom conferma il no

È stato firmato nel pomeriggio l'accordo tra la Fiat e Fim-Cisl, Uilm, Ugl e Fismic per lo stabilimento di Pomigliano. All'intesa non ha aderito la Fiom che, pur partecipando all'incontro, ha deciso di non firmare come già aveva annunciato. L'intesa, siglata presso la sede di Confindustra, prevede un testo modificato a 16 punti, uno in più rispetto a quello presentato in precedenza dall'azienda.

Il 16esimo punto prevede infatti l'istituzione di una commissione paritetica per la verifica delle eventuali inosservanze dell'accordo stesso. I sindacati hanno poi deciso di convocare per martedì 22 giugno il referendum tra i lavoratori dello stabilimento che dovranno dare un parere sull'intesa siglata oggi.

Intanto è prevista la cassa integrazione a luglio alle Presse e alle Carrozzerie dello stabilimento di Mirafiori. Secondo quanto riferiscono i sindacati l'azienda ha annunciato, oggi, la cassa integrazione alle Presse, nei giorni del 16,23,29 e 30 luglio. Il provvedimento interesserà 757 operai e 101 impiegati. Per quanto riguarda le Carrozzerie, la cig interesserà gli addetti della linea della Multipla dal 12 al 30 luglio a cui si aggiungeranno dal 22 al 30 luglio quelli delle linee Idea, Musa e Punto e i lavoratori della MiTo dal 29 e 30 luglio, con la fermata produttiva complessiva gli ultimi due giorni del mese.

IL NO DELLA FIOM

Il no ufficiale della Fiom è arrivato alle 18 e 30. Condito con un rilancio sullo sciopero del 25 giugno, che i metalmeccanici della Cgil faranno di 8 ore (4 in più di quelle previste), e una proposta alla Fiat di tornare ad applicare a Pomigliano d’Arco il contratto nazionale, che già consente di fare 18 turni settimanali e 40 ore di straordinari in più, garantendo una produzione annua superiore alle 270mila Panda indicate come obiettivo dall’azienda. Senza quelle aggiunte, chieste invece da Marchionne nel testo dell’intesa siglata venerdì scorso con le altre sigle, in presenza delle quali l’organizzazione delle "tute blu" cigielline ritiene che "non sia possibile firmare quel testo" che "contiene profili d’illegittimità giuridica", ha detto il segretario generale Maurizio Landini al termine del comitato centrale riunitosi ieri pomeriggio.

A nulla è valsa la (molto) cauta apertura della "casa-madre" di Corso d’Italia che poco prima, riunendo la segreteria, aveva prodotto un comunicato in cui si dice "sì alla difesa dell’occupazione e alla necessità di rendere pienamente produttivo il futuro investimento", ma si ipotizza che alcune richieste della Fiat "possano violare leggi e Costituzione". Un’apertura testimoniata da quanto detto domenica alla festa della Cisl di Levico da Guglielmo Epifani, il segretario generale della Cgil (che ieri, prima delle rispettive riunioni, ha ricevuto Landini), e in qualche modo confermata dai toni concilianti usati ieri sera dal ministro del Lavoro: Maurizio Sacconi ha fatto "appello ai vertici confederali" della Cgil "affinché una valutazione più generale induca la stessa categoria ad accettare l’intesa, pur con le riserve manifestate".

La posizione della Fiom appare granitica, però. Il testo finale è stato votato all’unanimità. E già a riunione ancora in corso Fausto Durante, il leader della "mozione Epifani" all’interno della Fiom, aveva anticipato che "non è oggi il giorno in cui la Fiom si spacca". Ora i riflettori si spostano sulla sede della Confindustria dove (a rimarcare la rinnovata vicinanza fra l’associazione e il gruppo torinese presieduto da John Elkann) per oggi alle 14 la Fiat ha convocato i sindacati firmatari dell’intesa dell’11: Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl. La convocazione, comunque, è stata inviata per conoscenza anche alla Fiom. Il tempo incalza: fra giovedì e venerdì si vorrebbe tenere il referendum fra i 5mila lavoratori dello stabilimento in cui l’azienda punta a investire 700 milioni per costruire, dal 2012, 270mila autovetture Panda, spostandone la produzione dalla Polonia.

Il maggior punto d’attrito è sulle limitazioni al diritto di sciopero, che prevede in alcuni casi la punibilità per chi li dovesse attuare. La stessa Cgil annota al riguardo che questa clausola è "illegittima" perché "pretende di trasformare in illecito, passibile di licenziamento, l’esercizio individuale di sciopero". Lo scontro con gli altri sindacati è anche sul referendum: per la Fiom "è impossibile sottoporre a voto" accordi che violano i contratti e la Costituzione. Un rilievo cui ha prontamente risposto, per la Cisl, Luigi Sbarra: il diritto di sciopero "non è leso", quanti pensano il contrario "offendono il ruolo della contrattazione sindacale centrata sul principio di responsabilità per il lavoro e lo sviluppo". L’altro aspetto contestato dalla Fiom riguarda non tanto gli orari, con la turnazione prevista su 3 al giorno di 8 ore (punto su cui la Cgil sarebbe pronta a chiudere un occhio), quanto le misure anti-assenteismo. "Non comprendiamo – ha spiegato Landini – che Fiat, per fare investimenti, voglia far passare l’idea che bisogna cancellare i contratti e le leggi". Tanto più, si rimarca, che per centrare gli obiettivi indicati basterebbe applicare il contratto nazionale. Infine Fiom ricorda alla Fiat che "bisogna trovare una soluzione" anche per Termini Imerese.

Eugenio Fatigante

 

 

15 giugno 2010

La sfida del "saper fare". Insieme

Ma all'accordo non esiste alternativa

Che cosa potrà fare la Fiom-Cgil se la Fiat decidesse davvero di non investire più a Pomigliano d’Arco: sventolerà il contratto nazionale di fronte agli operai in mobilità, paga d’aver salvato uno storico vessillo, a costo del sacrificio di 5mila posti di lavoro diretti e 10mila d’indotto? O è convinta di avere la ragione e la forza necessarie per poter vincere? E come pensa di poter difendere i lavoratori un’organizzazione che rifiuta sistematicamente qualsiasi innovazione, non firma gli accordi (compreso l’ultimo rinnovo di quel contratto nazionale che ora difende)? Le domande si affollano in attesa di capire quale sarà oggi l’atteggiamento della Fiat di fronte all’ennesimo "no" dei metalmeccanici Cgil, se esistono ancora margini di trattativa, se il gruppo automobilistico deciderà di far affidamento sulla responsabilità di Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl e dar corso comunque all’investimento da 700 milioni di euro.

In realtà, in molte altre aziende, specie nei periodi di crisi, i sindacati hanno firmato accordi con piccole e grandi deroghe al contratto nazionale. Ma la portata di questo passaggio, per la sua valenza simbolica e le grandezze coinvolte segnerà di fatto un punto di non ritorno. La posizione di chi – come la Fiom – difende strenuamente funzioni e prerogative del contratto nazionale è legittima e comprensibile, perché i rischi di un indebolimento delle tutele dei lavoratori nell’immediato possono apparire reali. Ma non sembra fare i conti né con il mutare del quadro economico né con il diverso ruolo che il sindacato può – anzi deve – giocare in uno scenario così mutato. In un mondo globalizzato, nel quale le fabbriche sono "portatili" e le produzioni manifatturiere possono essere svolte quasi indifferentemente in Europa, in Sudamerica o in Asia, pensare di essere protetti dai codicilli di un contratto nazionale è illusorio. Se si guarda al rapporto di forza tra impresa e dipendenti in termini di conflitto tradizionale, non c’è (quasi) speranza. Ci sarà sempre un altro Paese nel quale sarà più conveniente produrre, ci saranno sempre persone – all’estero e addirittura nel nostro Paese – disposte a fare il nostro stesso lavoro per meno, anche molto meno. E così o si lotta opponendo una serie di no – col rischio concreto però di perdere a pezzo a pezzo aziende e occupazione – oppure si tenta la sfida, anche culturale, di cambiare completamente prospettiva, di coinvolgersi fino in fondo. L’impresa con una maggiore responsabilità sociale, il sindacato con un modello partecipativo.

Il vantaggio competitivo che oggi può essere ancora sfruttato dai lavoratori italiani è il "saper fare", la qualità di alcune nostre lavorazioni . Ma più ancora il "farlo insieme". Non c’è contratto nazionale né legge ordinaria e neppure Statuto dei lavoratori che possa assicurare la garanzia del posto e un livello salariale dignitoso, con la stessa efficacia di un rapporto collaborativo azienda-lavoratori. Attraverso una contrattazione locale, flessibile e continua, tagliata "su misura". Una contrattazione aziendale capace di rispondere in tempo reale alle mutate esigenze dell’impresa, in grado di tutelare i lavoratori rendendoli protagonisti del processo produttivo e non passive comparse. È solo la corresponsabilità imprenditoriale dei lavoratori e dei loro rappresentanti che può garantire un futuro al nostro tessuto industriale e quindi agli stessi operai.

Anche quest’ultima vertenza lo dimostra. Lo spazio per salvare e rilanciare Pomigliano sta tutto lì, nella capacità di affrontare insieme, in maniera condivisa attraverso commissioni paritetiche e altri strumenti partecipativi, i problemi (reali) posti dall’azienda. Senza rigidità eccessive e blocchi ideologici da ambo le parti.

Lo abbiamo già scritto e lo ribadiamo: per il Sud e per il Paese non c’è alternativa accettabile all’accordo. Il resto è masochismo.

Francesco Riccardi

 

 

 

 

2010-06-05

5 Giugno 2010

COREA DEL SUD

Crisi Ungheria, Draghi:

no rischi per banche italiane

Le banche italiane non corrono rischi sistemici dalla crisi ungherese. Lo ha affermato il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi parlando al termine del G20. Secondo Draghi, "le banche sono adeguatamentecapitalizzate. Hanno un modello tradizionale di business e di gestione del rischio" che le mette al riparo. Il governatore ha poi citato fra i diversi fattori di forza anche "la supervisione".

Il G20 stringe sull'adozione di "forti misure" per migliorare "la trasparenza, la regolazione la supervisione di hedge fund, agenzie di rating, bonus e derivati non regolamentati". È quanto si legge nel comunicato finale del G20 che ha deciso di "accelerare" tale processo con la collaborazione dell'Fsb di Mario Draghi.

L'Europa dovrebbe seguire la strada degli Stati Uniti che hanno pubblicato gli stress test effettuati sulle banche e premono affinchè il Vecchio Continente faccia altrettanto. Questa la posizione del governatore della Banca d'Italia Mario Draghi parlando al termine del G20 dove ha preso parte anche in qualità dipresidente dell'Fsb. Draghi ha spiegato che realizzare e pubblicare gli stress test da parte degli Usa "ha avuto molti benefici positivi per i mercati".

 

 

 

 

5 giugno 2010

LA CRISI

Allarme Ungheria, affondano euro e Borse

Sembra di rivedere un film già visto: il nuovo "caso Ungheria" e la bomba derivati hanno mandato al tappeto le Borse e rispedito l’euro ai livelli di quattro anni fa, a quota 1,1971 contro il dollaro. Se a questo – che è già abbastanza – si aggiungono i dati macro-economici poco confortanti provenienti dagli Usa e il malumore di Wall Street (Nasdaq e Dow Jones sotto di tre punti percentuali a pochi minuti dalla chiusura) è più facile leggere i "numeri" dei listini Ue: Milano ha perso il 3,79%, Parigi il 2,86%, Londra l’1,63% e Madrid, peggior piazza in Europa, il 3,8%.

A Budapest si sta profilando uno scenario greco, con tanto di dati statistici manipolati e spettro insolvenza. "È chiaro – ha dichiarato il portavoce del primo ministro, Viktor Orban, in carica da appena una settimana – che l’economia versa in una situazione molto grave. Non penso affatto che sia un’esagerazione parlare di un rischio default". Il guaio è che anche nel Paese dell’Est Europa qualcuno avrebbe messo lo zampino sui dati statistici che fotografano lo stato dei conti pubblici: il portavoce ha infatti parlato di numeri "manipolati" dal precedente governo, che "mentono" sulla situazione reale dell’economia del Paese.

La reazione dei mercati non si è fatta attendere, anche perché l’allarme era già scattato giovedì: Lajos Kosa, ex presidente del partito Fidesz oggi al potere, aveva infatti definito come "molto tenui" le possibilità per il Paese di evitare una situazione simile a quella greca. E così il fiorino nel giro di 24 ore ha perso il 5,5%, scendendo a quota 272 contro l’euro. Non solo: i Credit default swap (Cds), vale a dire gli strumenti finanziari che assicurano contro il fallimento, sono balzati di 69 punti base a 391,5 punti e la Borsa di Budapest è arrivata a perdere l’8,4%, per poi terminare la seduta in calo del 3,3% a 21.288,93 punti. L’Ungheria si trova da tempo in una situazione difficile e dall’autunno del 2008 gode di iniezioni finanziarie da parte di varie istituzioni internazionali: finora il Fondo monetario internazionale, l’Unione europea e la Bce hanno messo sul piatto ben 20 miliardi di euro.

Secondo qualche analista, tuttavia, potrebbe trattarsi anche di una precisa strategia politica, che punta sull’esagerazione delle difficoltà per l’impossibilità di mantenere la promessa elettorale di tagliare le tasse. Un gioco pericoloso perché la credibilità finanziaria del Paese, a questo punto, è per lo meno messa in discussione. Tanto che i timori per la crisi dell’Ungheria hanno già alimentato la paura per l’effetto contagio e spinto a livelli record il rischio debito dell’Eurozona, compresa la Germania, finora considerato il Paese dell’area più solido: l’indice Markit iTraxx dei Cds sul debito sovrano che raggruppa i 15 Paesi dell’Europa occidentale sono saliti di 21 punti base, al massimo storico di 174,4.

La situazione nell’Est Europa è dunque particolarmente delicata e non va dimenticato che, un paio di settimane fa, la Bulgaria ha rinunciato ad entrare nello "Sme2", l’anticamera dell’ingresso nell’euro, dopo aver scoperto una serie di accordi non iscritti in bilancio che hanno fatto lievitare il deficit 2009 dall’1,9% al 3,7%. Particolarmente colpiti ieri a Piazza Affari i titoli delle banche che negli ultimi anni si sono proiettate ad Est, ovvero Intesa SanPaolo (-6,1%) e Unicredit (-5,6%), anche se l’Ad di Intesa, Corrado Passera, ha precisato che "noi abbiamo una bella banca in Ungheria, un Paese che rappresenta poco meno del 2% dei nostri attivi".

Guai seri, invece, per Société Générale sui timori di un possibile buco legato all’esposizione della banca francese sui derivati. Il gruppo ha rifiutato di replicare alla richiesta di un commento da parte delle agenzie di stampa, ma, secondo quanto risulta a Bloomberg, starebbe contattando direttamente gli analisti finanziari per smentire l’esistenza del possibile "buco".

Marco Girardo

 

 

 

 

 

 

2010-06-04

 

4 Giugno 2010

EUROSTAT

Pil Italia a +0,5%

Miglior risultato in Eurolandia

A sorpresa, il Belpaese sorpassa Francia, Germania e Gran Bretagna. Il nostro Pil infatti è cresciuto nel primo trimestre più della media di Eurolandia. L'Italia, ha sancito Eurostat, ha fatto registrare una crescita del Pil dello 0,5%, nel quarto trimestre del 2009 si era registrato un -0,1%. Il dato è migliore di quello della Francia (+0,1%), della Germania (+0,2%) e della Gran Bretagna (+0,3%). Positivo nei primi tre mesi del 2010 anche il Pil spagnolo (+0,1%) mentre la Grecia soffre ancora (-0,8%).

Stabile il pil nell'Eurozona: secondo Eurostat nel primo trimestre la crescita è stata pari a +0,2% come negli ultimi tre mesi del 2009. Anche nell'Europa a 27 il Pil ha segnato un +0,2%. Ieri il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, aveva ribadito che i conti italiani sul 2010 tengono spiegando che la crisi "ha accelerato l'impegno a correggere i nostri conti sul 2011 e 2012".

 

 

 

 

 

 

3 GIUGNO 2010

RICERCA

Censis, tra 20 anni Sud sempre

più povero di risorse umane

Sempre più anziani e meno giovani, divario crescente tra Nord e Sud. È l'Italia fra 20 anni così come è stata disegnata questa mattina al Censis nel corso di una tavola rotonda organizzata nell'ambito dell'annuale appuntamento di riflessione "Un mese di sociale", giunto alla ventiduesima edizione. Presenti, tra gli altri, il Presidente del Censis Giuseppe De Rita e il Direttore Generale Giuseppe Roma, il Presidente dell'Ispi Boris Biancheri, il Presidente del Cnel Antonio Marzano e il Direttore Generale del Comune di Torino Cesare Vaciago.

Nel 2030 la popolazione residente in Italia sarà di 62 milioni 129 mila persone, il 3,2% in più rispetto al 2010. Mentre gli abitanti delle regioni del Sud diminuiranno (-4,3%), saranno i residenti nel Centro-Nord ad aumentare in modo consistente (+7,1%) soprattutto per effetto dell'immigrazione. Nel medio periodo crescerà quindi l'Italia più ricca (2,8 milioni di persone in più nel Centro-Nord nei prossimi vent'anni), mentre il Mezzogiorno, in assenza di interventi significativi, continuerà a perdere attrattività (890 mila abitanti in meno).

L'emorragia di risorse umane nel Sud è indicata anche da un tasso migratorio (saldo tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche) negativo (-1,0 per mille abitanti nel 2020) rispetto a quello positivo del Centro-Nord (+5,2). Il trend di impoverimento del capitale umano al Sud comporterà un allargamento del divario rispetto al Nord sia come mercato di consumatori, sia come bacino di lavoratori, intaccando così i principali fattori di generazione della ricchezza.

In base alle previsioni demografiche, i giovani di 18-34 anni diminuiranno, con un forte calo nel prossimo decennio (passeranno dai 12 milioni 26 mila del 2010 ai 10 milioni 836 mila del 2020, segnando un -9,9%), che tenderà ad attenuarsi successivamente, fino ai 10 milioni 791 mila del 2030 (-10,3% nell'intero periodo 2010-2030, cioè 1 milione 235 mila in meno). I giovani passeranno quindi da una quota del 20% della popolazione complessiva al 17,4% e i bambini di 0-14 anni passeranno dal 14% di oggi al 12,9% fra vent'anni.

Contemporaneamente gli over 65 anni aumenteranno dagli attuali 12 milioni 216 mila a 16 milioni 441 mila nel 2030 (+34,6%), rappresentando così il 26,5% della popolazione italiana (il 20,3% nel 2010). E gli over 80 anni aumenteranno di 1 milione 940 mila (+55,2% nel periodo 2010-2030) arrivando a 5 milioni 452 mila, ovvero l'8,8% della popolazione complessiva (il 5,8% nel 2010).

Anche la vita media continuerà ad allungarsi, di quasi due mesi in più all'anno per i prossimi vent'anni, fino a 82,2 anni per gli uomini e 87,5 anni per le donne nel 2030 (la speranza di vita era pari rispettivamente a 76,5 anni per gli uomini e 82,3 anni per le donne nel 2000). Al punto che l'età media di un italiano sarà passata da 40,9 anni nel 2000 a 47 anni nel 2030. L'età media della madre al parto continuerà a innalzarsi: 30,4 anni nel 2000, 31,3 anni nel 2010, 32,1 anni nel 2020, 32,6 anni nel 2030. Al Sud le donne continueranno a mettere al mondo i figli a una età leggermente più giovane (31,1 anni) rispetto a quelle residenti nelle regioni del Centro-Nord (33,4 anni).

 

 

 

2010-06-01

1 giugno 2010

ISTAT

Tasso disoccupazione record

Ad aprile 8,9%, massimo da 2001

Il tasso di disoccupazione ad aprile è fissato all'8,9%, dall'8,8% di marzo. Lo rileva l'Istat, precisando che si tratta del dato peggiore dal quarto trimestre del 2001. In un anno, ovvero da aprile 2009 allo stesso mese del 2010, il numero di occupati in Italia è diminuito di 307 mila unità. Lo comunica l'Istat nella stima mensile provvisoria, sottolineando che ad aprile 2010 il numero di occupati è pari a 22 milioni 831 mila unità (dati destagionalizzati), in aumento dello 0,2% rispetto a marzo, ma inferiore all'1,3% rispetto ad aprile 2009.

Il tasso di occupazione è quindi pari al 56,9%, in aumento rispetto a marzo di 0,1 punti percentuali, ma inferiore di 0,9 punti percentuali rispetto ad aprile dell'anno precedente.

Il numero di persone in cerca di occupazione ad aprile risulta pari a 2 milioni 220 mila unità, in crescita dell'1% (+21 mila unità) rispetto al mese precedente e del 20,1% (+372 mila unità) rispetto ad aprile 2009. Lo rende noto l'Istat nella stima mensile provvisoria, sottolineando che tra le persone in cerca di occupazione a crescere è, in particolare, la componente maschile. La disoccupazione maschile, infatti, ad aprile ha raggiunto un livello pari a 1 milione 190 mila unità, in aumento del 2,7% (+31 mila unità) rispetto al mese precedente, e del 27,6% (+257 mila unità) rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.

Il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 29,5 per cento, con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009. Sono le stime

provvisorie dell'Istat relative ad aprile 2010.

 

 

 

2010-05-27

26 Maggio 2010

RAPPORTO ANNUALE

L'Istat: due milioni

di giovani "fantasma"

L'Italia ha il più alto numero di giovani che non lavorano e non studiano. Si chiamano Neet (Non in education, employment or training) e nel nostro paese sono oltre 2 milioni. Per questo, ha il primato europeo. Hanno un'età fra i 15 e 29 anni (il 21,2% di questa fascia di età), per lo più maschi, e sono a rischio esclusione. Lo denuncia l'Istat nel rapporto annuale presentato oggi. Questi giovani sono coinvolti nell'area dell'inattività (65,8%).

Paese di vecchi. L'Italia si conferma uno dei paesi più vecchi d'Europa e quello con uno dei più bassi indici di natalità. Lo squilibrio generazionale "è tra i più marcati d'Europa". Nei prossimi decenni, la popolazione attiva è destinata a ridursi: si stima che arriverà entro il 2031 a 37,4 milioni ed entro il 2051 a 33,4 milioni. La popolazione in età attiva passerebbe così dal 65,8% di oggi al 54,2% entro il 2051.

Nel rapporto annuale dell'Istat, si afferma che la questione demografica "desta grandi preoccupazioni". L'Italia, dopo la Germania, è il paese più anziano d'Europa; risente in particolare di un squilibrio generazionale: il rapporto di dipendenza tra le persone in età inattiva (0-14 anni e 65 anni e più) e quelle in età attiva (15-64 anni) è passato dal 48 al 52% in dieci anni per effetto del peso crescente delle persone anziane (da 27 ogni 100 in età attiva nel 2000 a 31 nel 2009). Il rapporto fra le persone over 65 e quelle in età 0-14 anni (indice di vecchiaia) è di 144. Era 127 nel 2000. Tenuto conto che l'indice di fecondità (1,41 figli per donna; in Italia il tasso di natalità nel 2008 è di 9,6 per mille; sta meglio solo di Austria, 9,3 per mille, e di Germania, 8,3 per mille) risente positivamente della popolazione straniera, per l'Istat questo squilibrio è destinato ad aumentare raggiungendo a metà secolo un indice di vecchiaia di 256 (112 punti in più).

Ciò vuol dire - sottolinea ancora l'Istat - che è da considerare prioritario l'investimento nei giovani per assicurare la sostenibilità del paese nel futuro. Fra l'altro, si va verso un aumento della speranza di vita: nel 2050 84,5 anni per gli uomini, 89,5 per le donne. Tra oggi e il 2051 si prevede una diminuzione di circa 400 mila giovani under14 (passeranno dal 14 al 12,9% della popolazione; saranno 7,9 milioni). Mentre gli anziani dovrebbero raggiungere i 20,3 milioni. Un residente su cinque avrà più di 64 anni. I grandi anziani, oltre gli 85 anni, saranno il 7,8% del totale (4,8 milioni).

Conviventi forzati. A casa con mamma e papà ma non più per scelta né per piacere. I "bamboccioni" lasciano il posto ai conviventi forzati con i genitori, costretti dai problemi economici. Nonostante le aspirazioni, i 30-34enni che rimangono in famiglia sono quasi triplicati dal 1983 (dall'11,8% al 28,9% del 2009). Rilevante è anche la crescita dei 25-29enni, dal 34,5% al 59,2%. Nel complesso, i celibi e le nubili fra i 18 e 34 anni che vivono con i genitori sono passati dal 49% al 58,6%. L'Istat, nel rapporto annuale, afferma che in sei anni (dal 2003 al 2009) sono calati di ben nove punti i giovani (18-34 anni) che per scelta vogliono vivere nella casa dei genitori: la prolungata convivenza dei figli con genitori dipende soprattutto da questioni economiche (40,2%) e dalla necessità di proseguire gli studi (34%); la scelta vera e propria arriva solo come terza battuta (31,4%), era la prima qualche anno fa. In particolare, la percentuale di giovani che dichiara di voler uscire dalla famiglia di origine nei prossimi tre anni cresce dal 45,1% del 2003 al 51,9% del 2009, aumentando di più tra i 20-29 anni che tra i 30-34 anni.

Il lavoro delle donne. Si aggrava la condizione lavorativa delle donne italiane. Con la crisi - afferma l'Istat nel rapporto annuale - le lavoratrici del nostro paese peggiorano una "criticità storica": il loro tasso di occupazione nella fascia 15-64 anni è sceso nel 2009 al 46,4%, oltre 12 punti percentuale in meno della media nell'Ue (58,6%). Fra il 1996 e il 2008, l'occupazione femminile era passata dal 38,2% al 47,2%. Lo scorso anno, questa tendenza si è interrotta registrando un meno 0,6%. Nell'Ue, l'Italia è migliore solo a Malta (37,7%)

Formazione. La formazione è un capitolo pieno di carenze in Italia. Non riesce ad incidere nell'inclusione sociale; sul conseguimento dei titoli superiori continua a pesare una "forte disuguaglianza" legata alla classe sociale della famiglia di provenienza degli studenti. Ciò - ritiene l'Istat - blocca la mobilità sociale.

Lavoratori stranieri. La crisi pesa di più sui lavoratori stranieri che italiani. Il tasso di occupazione dei primi è infatti calata nel 2009 a ritmi doppi rispetto ai secondi.

 

 

 

 

2010-05-13

13 Maggio 2010

PALAZZO CHIGI

Più tasse nelle Regioni

con la sanità in rosso

Rischio aumento tasse per i cittadini che vivono nelle regioni con i conti della sanità in rosso. Per Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Molise, i cui presidenti sono stati questa mattina convocati a Palazzo Chigi, se non presenteranno un piano di rientro adeguato agli accordi presi con il Governo "rischiano di dover aumentare ulteriormente i tributi". Giuseppe Scopelliti, presidente della Regione Calabria è il primo a lanciare l'allarme uscendo da Palazzo Chigi dopo la riunione con il Governo. Ma non è tutto. Di fronte alla possibilità di attingere risorse dai Fondi per le aree sottoutilizzate (Fas), il ministro della Salute Ferruccio Fazio replica: "Siamo in una situazione che non può consentire di utilizzare fondi Fas come un bancomat. Il Governo ha ritenuto di non dare il via libera alle richieste di

utilizzo dei Fas per ripianare i deficit di 4 regioni: Campania, Lazio, Molise, Calabria.

La motivazione è che queste regioni non hanno dato delle garanzie ai tavoli tecnici di monitoraggio per quanto attiene la certezza di avere dei conti certi da un lato e soprattutto di aver avviato dei processi di

riqualificazione di quella che è la rete assistenziale. Le regioni saranno costrette ad attrezzarsi in altro modo". Ma il tema dei conti della sanità in rosso si sposta presto a via Parigi, sede della Conferenza delle Regioni. Questa mattina, infatti, era stata calendarizzata una riunione dei Governatori. E la 'praticà non poteva che entrare prepotentemente nell'ordine del giorno. Ed è qui che il presidente del Molise afferma: "Ci hanno chiesto di aumentare le tasse. Abbiamo detto che è assurdo, iniquo e

incomprensibile".

Di fronte a questa ipotesi il governatore della Campania, Stefano Caldoro dice: "Se questa è la condizione... non ho una seconda opzione". Anzi, aggiunge: "Sono d'accordo con Tremonti quando dice che i numeri sono numeri". Però osserva: "L'aumento delle tasse per noi sarebbe comunque insostenibile". Ma dal Carroccio arriva l'approvazione. Luca Zaia, presidente del Veneto plaude per la "vera assunzione di responsabilità. Oggi è stata posta una pietra miliare nell'approccio. Non possiamo più pensare ad un governo che ripiani e a piè di lista".

Tra quelli che si salvano: l'Abruzzo. "Siamo sulla strada giusta - spiega il presidente Gianni Chiodi - e i risultati ci gratificano. La richiesta di aumentare le tasse avanzata dal Governo ad alcune Regioni non riguarda l'Abruzzo che ha superato positivamente il tavolo di monitoraggio di aprile".

 

 

 

 

 

 

2010-05-12

12 MAGGIO 2010

ISTAT

L'Italia assaggia la ripresa

il Pil cresce dello 0,5%

Segnali di ripresa dall'economia italiana: nel primo trimestre, il Pil è salito dello 0,5% conginuturale, ossia rispetto al quarto trimestre 2009, e dello 0,6% annuo (ossia rispetto al primo trimestre 2009). Lo rende noto l'Istat, spiegando inoltre che la crescita acquisita per il 2010 è pari allo 0,6%. L'Istat ricorda che il primo trimestre ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del primo trimestre 2009.

 

 

 

2010-05-11

10 MAGGIO 2010

ECONOMIA

Istat, a marzo vola

la produzione industriale: +6,4%

La produzione industriale a marzo ha registrato un aumento dell'8,7% (indice grezzo) rispetto a marzo 2009. Lo comunica l'Istat, precisando che la variazione tendenziale corretta per gli effetti di calendario è del +6,4% (i giorni lavorativi sono stati 23 contro i 22 di marzo 2009): si tratta del miglior risultato da dicembre 2006. Per il dato grezzo, invece, il dato è il migliore da aprile 2008.

L'indice destagionalizzato ha segnato una diminuzione dello 0,1% rispetto a febbraio scorso.

 

 

 

 

10 Maggio 2010

PRESENTAZIONE

Settimane sociali, un'agenda

di speranza per la crescita dell'Italia

"L’Italia ha bisogno di riprendere a crescere". Lo afferma il Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali nel "Documento preparatorio" in vista dell’appuntamento di Reggio Calabria (14-17 ottobre 2010) e della creazione di un’"agenda di speranza per il futuro del Paese". Cinque le parole chiave che possono costituire i cardini dell’agenda e corrispondono ad altrettante "risorse principali" già presenti: "intraprendere", "educare", "includere le nuove presenze", "slegare la mobilità sociale", "completare la transizione istituzionale". Su quest’ultimo punto il testo sottolinea che "le istituzioni politiche devono completare il passaggio a un modello più competitivo" e richiama come "l’adesione alla prospettiva del bene comune" porti "a riconoscere come prioritario il problema di una concezione e di una prassi coerentemente sussidiaria del federalismo", evidenziando "come tale processo possa essere completato nella direzione che combina con maggiore efficacia le istanze di sussidiarietà e quelle di solidarietà che, non meno delle prime, degenerano non appena sottratte ai vincoli di limiti chiari e responsabilità imputabili".

 

 

 

 

2010-05-06

6 Maggio 2010

UNIONCAMERE

La disoccupazione frena

"Quest'anno 830 mila assunzioni"

Frena nel 2010 l'emorragia di posti di lavoro: sono 830.000 le assunzioni previste per quest'anno dalle imprese italiane, 50.000 in più di quelle messe in conto nel 2009. Lo evidenzia il Rapporto Unioncamere 2010. Il saldo tra entrate e uscite tuttavia è negativo: -1,5% il calo atteso per l'occupazione nei 12 mesi, migliore del 2009 (-2%).

It e ambiente. Passa dall'adozione diffusa di soluzioni It e dall'attenzione all'ambiente, il recupero del potere competitivo delle Pmi. Lo afferma il Rapporto Unioncamere 2010. Nel 2009, la quota di medie imprese industriali che ha effettuato investimenti in software e servizi informatici è stata pari al 25% del totale e sono collocate soprattutto nel Nord-Est. Emerge da un approfondimento di indagine di Unioncamere in collaborazione con Assinform sull'utilizzo di soluzioni informatiche nelle Pmi manifatturiere (tra i 20 e i 499 dipendenti). Questa tipologia di investimenti si colloca al secondo posto tra quelli effettuati, dopo gli investimenti in macchinari e apparecchiature elettroniche (56%) ma precedendo in modo significativo tutte le altre destinazioni di investimenti.

Investimenti informatici. La stessa graduatoria si conferma anche nelle previsioni delle imprese relative al 2010, anche se la quota di medie imprese che intende investire in It scende al 17%. Nelle piccole imprese (20-49 dipendenti) invece, la percentuale di investimenti informatici effettuati nel 2009 scende all'11%, e anche in questo caso cala nel 2010, con una previsione del 7%. Riguardo all'ambiente, la green economy 'made in Italy' segue due vie principali: lo sviluppo di alcuni settori innovativi (energie alternative in primis) e la riconversione in chiave ecosostenibile di comparti tradizionali legati al manifatturiero. I dati dimostrano come la strada sia già intrapresa: il 30% delle Pmi è particolarmente attento a effettuare investimenti in prodotti o tecnologie volte a conseguire risparmi energetici e/o minimizzare l'impatto ambientale. L'interesse sale al 37% per le imprese industriali di media dimensione e per le aziende specializzate nelle produzioni agroalimentari. A livello territoriale, il sud risulta essere l'area geografica in cui appare più consistente la fascia di imprese che investiranno in prodotti e tecnologie a minor impatto ambientale (38%).

Efficienza. Sul fronte occupazione, Unioncamere evidenzia come per piccole e piccolissime imprese - comprese quelle artigiane - sia stata più intensa la contrazione di posti di lavoro (-2,4%), soprattutto tra le unità manifatturiere (-4%). Pur nelle difficoltà, le imprese continuano a puntare a una maggiore efficienza, possibile elevando la qualità delle assunzioni. Nel 2010, infatti, la contrazione occupazionale prevista per operai e personale non qualificato sembra superare il 2% (-2,1%), mentre quella relativa alle professioni medium e high skills scenderebbe sotto all'1% (-0,9% per i dirigenti e -0,6% per impiegati e tecnici).

 

 

 

 

 

010-05-05

5 Maggio 2010

LE STIME

Ue, la ripresa è in corso

Italia a passo lento

L'economia italiana registrerà quest'anno un consolidamento della ripresa che procederà, comunque a passo lento, sia nel 2010 che nel 2011. Lo prevede la Commissione europea nel suo rapporto di primavera, indicando per Roma previsioni di crescita pari a 0,8% per il 2010 e a 1,4% nel 2011. Le stime sono vicine a quelle di autunno, che indicavano +0,7% e +1,4% quest'anno e il prossimo, e si confrontano con previsioni governative di 1,1% e 2% rispettivamente.

Di conseguenza i saldi del bilancio pubblico rimarranno fortemente in rosso, con il deficit fermo al 5,3% del Pil quest'anno e al 5% il prossimo e il debito a 118,2% nel 2010 e a 118,9% nel 2011. Il governo prevede nel piano di stabilità un deficit al 5% del Pil e un debito a 116,9% quest'anno e saldi pari a 3,9% e a 117,8% il prossimo.

Per molti anni l'Italia ha accusato un rapporto deficit/Pil tra i più rilevanti tra i Paesi europei, ma con l'esplosione della crisi finanziaria e la conseguente recessione, la Penisola si scopre tra i Paesi più virtuosi sui conti pubblici. È quanto emerge dalle previsioni di primavera della Commissione europea che indica per l'Italia un deficit al 5% rispetto a una media del 7,2%.

Tra i big dell'area euro la Francia nel 2010 avrà un deficit all'8% del Pil e al 7,4% l'anno prossimo. In linea con l'Italia è la Germania con deficit al 5%, mentre l'Olanda supera il 6% e la Spagna presenta un deficit di oltre il 10% del pil. Poco meglio il Portogallo all'8,5%.

Fuori dall'area euro, la Gran Bretagna presenta un rilevante squilibrio dei conti pubblici con un rapporto deficit/Pil al 12% nel 2010 secondo le previsioni della Commissione europea e nel 2011 al 10% del Pil.

 

 

 

2010-05-04

DATI INPS

In aprile forte frenata

della cassa integrazione (-5,7%)

Forte frenata congiunturale per le richieste di cassa integrazione nel mese di aprile: rispetto a marzo si è registrato un calo del 5,7%, passando dai 122,6 milioni di ore autorizzate (marzo) a 115,6 milioni (aprile). Rispetto al mese di aprile 2009, invece, le ore autorizzate di Cig sono complessivamente aumentate del 52,9% (erano state 75,6 milioni), in gran parte attribuibili alla cassa integrazione in deroga (cigd), che come tutti gli ammortizzatori in deroga fu varata proprio nell'aprile 2009. Sono i dati resi noti dall'Inps.

Rispetto a marzo è ancora più significativa la diminuzione per le autorizzazioni di cassa integrazione ordinaria (cigo): -22,5%. E ancora di più nel comparto industria, dove la flessione congiunturale della cigo è stata del -27,3% (solo nell'edilizia si è registrato un lieve incremento: +2,3%). "È la prima volta nel corso del 2010 che le ore autorizzate di cig diminuiscono, mese su mese – commenta il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua – e si nota un comportamento differenziato nelle regioni e nei comparti. Nell'industria, ad esempio e quindi nelle regioni del Nord più industrializzate, il ricorso alla cigo è più basso dello scorso anno". A livello tendenziale infatti la frenata della cigo è ancora più sensibile: -38,1% rispetto al aprile 2009.

Rispetto al mese di aprile 2009, invece, le ore autorizzate di cig sono complessivamente aumentate del 52,9% (erano state 75,6 milioni), in gran parte attribuibili alla cassa integrazione in deroga (cigd), che come tutti gli ammortizzatori in deroga fu varata proprio nell'aprile 2009. Nel solo mese di aprile 2010 sono state 25,6 milioni le ore di cigd autorizzate, che valgono quasi il 25% del totale del mese (in leggero calo rispetto a marzo: -5,9%). Per circa due terzi, spiega l'Inps, si tratta di ore autorizzate nel comparto commercio e artigianato (rispettivamente il 19,9% e il 44%): "A conferma del fatto che la rete di protezione degli ammortizzatori sociali si è stesa su imprese e settori produttivi che fino all'anno scorso erano privi di sostegno", commenta il presidente Mastrapasqua.

Cresce il ricorso alla cassa integrazione straordinaria (cigs): in aprile sono state autorizzate 56,8 milioni di ore, con un incremento dell'8% rispetto a marzo (+192% rispetto ad aprile 2009). Nel complesso dei primi quattro mesi 2010 le ore autorizzate di cig (ordinaria, straordinaria e in deroga) sono state 415,7 milioni contro 204,8 milioni del primo quadrimestre 2009 (con un incremento che sul periodo è stato del 103%). Si tratta di un incremento sensibile che tuttavia mostra forti segni di decelerazione, visto che nel 2009 le ore autorizzate di cig, rispetto al 2008 erano cresciute del 302%. Una decelerazione che in aprile è stata più evidente, fino a manifestare un forte segno "meno" di natura congiunturale.

Risultano concordi con queste indicazioni i dati che provengono dalle domande di disoccupazione e mobilità, come sempre relative a un mese precedente. A marzo 2010 sono state presentate 75mila richieste di disoccupazione, 2.500 in meno rispetto a febbraio e circa 30mila in meno rispetto a marzo 2009. Complessivamente nel primo trimestre dell'anno le domande presentate sono state -12,5% rispetto a quelle dello stesso periodo del 2009. In flessione anche le richieste di mobilità: 6.200 nel mese di marzo 2010, circa il 12% in meno rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Una forte diminuzione anche per le domande di disoccupazione con requisiti ridotti, passate dalle 417mila del 2009 alle attuali 320mila. "Come e più di quanto abbiamo segnalato nella presentazione del Rapporto annuale Inps, la scorsa settimana a Montecitorio - conclude il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua - vediamo in questi dati il grande impegno delle imprese, sostenute dagli ammortizzatori sociali messi in campo da Governo e Parlamento, a tenere i lavoratori sui posti di lavoro. Il sistema di protezione sociale continua a funzionare a pieno regime".

 

 

 

 

2010-04-30

30 APRILE 2010

ISTAT

Disoccupazione all'8,8%

massimo dal 2002

Il tasso di disoccupazione italiano si attesta all'8,8% nel mese di marzo, crescendo di due decimi di punto su febbraio. Per avere un livello analogo bisogna risalire al secondo trimestre del 2002. Lo hanno reso noto Eurostat e Istat. Su base tendenziale, secondo le statistiche destagionalizzate diffuse oggi da Istat, il tasso mostra un rialzo di un punto percentuale (7,8% a febbraio 2009).

Il dato è superiore alla mediana delle stime che indicava un tasso all'8,6% come in febbraio (rivisto però dall'8,5% della stima preliminare).

"Visto il ritardo rispetto al ciclo economico, ci aspettiamo ancora un rialzo nei prossimi mesi, anche se modesto. Le attese sono per un incremento di quache decimo fino al 9% e poi di stabilizzazione su questo livello nella seconda parte dell'anno, per poi iniziare a scendere l'anno prossimo", commenta Laura Cavallaro, economista di Aletti Gestielle.

Le persone senza lavoro aumentano di 58.000 unità rispetto a febbraio e portano il totale a 2,194 milioni. Su marzo 2009 l'incremento è di 236.000 disoccupati.

Tra i 15 e i 24 anni il tasso di disoccupazione è pari al 27,7%, anche se per la prima volta si registra un lieve calo, pari a 0,4 punti percentuali su febbraio.

Rispetto alla media della zona euro il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è superiore di circa 7 punti percentuali.

Il tasso di disoccupazione delle donne tocca il 10,5%, stabile sul mese precedente.Gli occupati diminuiscono di 48.000 unità in termini congiunturali e di 367.000 rispetto allo stesso mese dello scorso anno.

Il tasso di inattività tra i 15 e i 64 anni arriva al 37,8%, in calo di 0,1 punti percentuali su febbraio. Tra le donne il tasso di inattività raggiunge il 48,9%, 22,4 punti percentuali superiore al 26,5% che si registra tra gli uomini.

"Il dato sull'inattività è notevolmente più alto di quello dell'Europa: nella media 2009 l'Italia ha il 37,6 e l'Europa ha il 28,9%", ricorda l'Istat.

 

 

 

 

 

 

2010-04-21

21 Aprile 2010

FONDO MONETARIO

Italia, crescita in calo

Disoccupazione all'8,7%

Il Fondo monetario internazionale lima al ribasso le previsioni di crescita per l'Italia quest'anno e il prossimo, indicando nel World economic outlook stime poco al di sotto di quelle per l'intera zona euro. Parlando di una ripresa lenta per l'intera Europa, decisamente disomogenea, in una mappa basata sulle nuove stime l'Fmi, classifica l'Italia tra i Paesi che nel biennio 2010 e 2011 registrerà una crescita tra 1 e il 3%, accomunandola, così, a Francia, Germania, Belgio, Austria e altri Paesi balcanici e nordici.

L'Italia, con previsioni per un'espansione di 0,8% nel 2010 e di 1,2% nel 2011 (da 1% e 1,3% stime contenute nell'aggiornamento del Weo a gennaio) si discosta all'interno della zona euro, da Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda, che il Fondo pone nel gruppo dei Paesi che registrerà una crescita al di sotto dell'1% del biennio.

Per l'Italia, il Fondo stima che il debito italiano si attesterà al 118,6% del Pil quest'anno. A ottobre il Fondo stimava al 120,1% il rapporto debito/Pil italiano del 2010, mentre il governo ha indicato per fine anno un debito pari al 116,9% del prodotto interno.

Sulla disoccupazione il Fondo stima per l'Italia un tasso di disoccupazione di 8,7% quest'anno e 8,6% il prossimo con cifre in netto calo rispetto a quanto paventato ad ottobre e decisamente al di sotto delle previsioni per la zona euro che indicano un tasso di disoccupazione di 10,5% nel 2010 e nel 2011.

 

 

 

 

 

 

2010-03-31

31 Marzo 2010

ISTAT - EUROSTAT

Italia, aumenta la disoccupazione giovanile

Da Bruxelles Eurostat ha fatto sapere che il tasso di disoccupazione nella Zona euro è salito al 10% dal 9,9 del mese precedente.Vola a febbraio il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), attestandosi a quota 28,2%. La disoccupazione tra i giovani cresce di 0,8 punti percentuali rispetto a gennaio e di 4 punti percentuali rispetto a febbraio 2009. Lo rende noto l'Istat nella stima provvisoria di febbraio relativa a occupati e disoccupati. I tecnici dell'Istituto sottolineano che il tasso italiano è superiore di 7,6 punti rispetto a quello relativo alla Ue-27 (20,6%). Resta stabile invece il tasso complessivo a 8,5%, con una variazione congiunturale nulla ma in crescita di 1,2 punti percentuali rispetto a febbraio 2009. Il mese scorso sono stati persi 395 mila posti di lavoro. A perdere il lavoro sono stati soprattutto gli uomini: 294 mila a fronte di 101mila donne.

Le prime stime dell'Istat sull'occupazione mostrano che a febbraio il numero di occupati è pari a 22 milioni 806 mila unità, in calo dello 0,1% rispetto a gennaio e inferiore dell'1,7% (-395 mila unità) rispetto a febbraio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 56,8% (inferiore, rispetto a gennaio, di 0,1 punti percentuali e, rispetto a febbraio dell'anno precedente, di 1,3 punti percentuali). Il numero delle persone in cerca di occupazione risulta pari a 2 milioni 127 mila unità, in crescita dello 0,2% (+4 mila unità) rispetto al mese precedente e del 16,2% (+297 mila unità) rispetto a febbraio 2009.

Il numero dei disoccupati di età compresa tra 15 e 64 anni è pari a 14 milioni 933 mila unità, con un aumento dello 0,1% (+13 mila unità) rispetto a gennaio 2010 e dell'1,7% (+251 mila unità) rispetto a febbraio 2009. Il tasso di inattività è pari al 37,8% (invariato rispetto al mese precedente e in aumento di 0,5 punti rispetto a febbraio 2009).

 

In europa. Per quanto riguarda la zona euro, il tasso di disoccupazione a febbraio continua ad aumentare, arrivando alla soglia simbolica del 10%, un decimale in più rispetto al mese precedente. I dati, riferiti da Eurostat, rappresentano il valore più elevato dalla creazione della moneta unica, nel 1999. L'ente statistico dell'Ue ha contato 61 mila disoccupati in più nell'area euro rispetto al mese precedente, a 15 milioni 749 mila totali. Nell'intera Unione Europea la disoccupazione ha raggiunto il 9,6% a febbraio, anche in questo caso un decimale in più rispetto al mese precedente. Nell'Unione a 27 si sono contrati 131 mila disoccupati in più, a 23 milioni 19 mila totali.

 

 

 

 

2010-03-24

24 Marzo 2010

OCCUPATI

Bruciati 380mila posti

Il Sud soffre di più

Nel quarto trimestre 2009 gli occupati in Italia sono diminuiti di 428mila unità rispetto allo stesso periodo 2008. Lo rivela l'Istat sottolineando che si tratta di un calo dell'1,8% e che, nel periodo, erano al lavoro, 22,922 milioni di persone. Nella media del 2009 - sottolinea l'Istat l'occupazione si riduce su base annua del 1,6% (-380mila unità).

Alla flessione particolarmente robusta dell'occupazione maschile (-2% pari a 274 mila unità in meno rispetto alla media 2008) si associa quella meno accentuata dell'occupazione femminile (-1,1% pari a 105 mila unità).

Il calo dell'occupazione si concentra al sud (-3% pari a 194 mila unità in meno) ma è alto anche nel nord (-1,3% pari a 161mila unità in meno) mentre resta contenuto al centro (-0,5% pari a 25 mila unità in meno).

Il risultato negativo dell'occupazione totale tiene conto della riduzione molto accentuata della componente italiana (-527mila unità) controbilanciata dalla crescita, pur se con ritmi inferiori al passato, di quella straniera (+147 mila unità di cui 61 mila uomini e 86 mila donne).

Nel complesso nel 2009 lavorano 23 milioni e 025 mila per un tasso di occupazione complessivo del 57,5% (-1,2 punti percentuali sulla media 2008).

 

 

 

2010-03-17

17 Marzo 2010

PARLAMENTO UE

Draghi, nuove regole

per favorire la ripresa

Il 2010 sarà l'anno cruciale per la messa in atto di quelle che finora sono state proposte a livello politico per la regolamentazione e la stabilità dei mercati finanziari e del settore bancario. È quanto ha dichiarato il presidente dell' Fsb (Financial stability boarde) e governatore di Bankitalia Mario Draghi davanti al Parlamento europeo a Bruxelles. "Siamo in un momento cruciale", ha affermato Draghi, "dipendiamo dal vostro sostegno per l'implementazione nel 2010, per tradurre in azione quel che finora sono state proposte di discussione politica".

Nuove regole. Nel mettere a punto le nuove regole sui requisiti di capitale delle banche "bisogna avere un tempo di transizione adeguato per non danneggiare la ripresa" ha ribadito Draghi, per il quale, però, "non dobbiamo permettere che le attuali situazioni di difficoltà incidano sulla definizione dei nuovi standard".

Le "resistenze". Draghi, intervenuto al Parlamento europeo, ha parlato di "resistenze" verso le nuove regole e si è soffermato sul lavoro che sta svolgendo l'Fsb, soprattutto in riferimento al principio del too big to fail (banche troppo grandi per fallire): ""l costo del fallimento potenziale di queste banche ricadrebbe su tutti, perchè queste istituzioni sanno di essere troppo grandi per fallire e prendono più rischi, perchè sanno che i governi non le abbandoneranno. Ecco perchè i governi devono intervenire" per risolvere tale problema.

Organismo di vigilanza. Il nuovo organismo europeo di vigilanza sui rischi sistemici, l'Esrb, da istituire sul modello dell'Fsb, sarà "efficace" nella sua azione "più di quanto non appaia sulla carta". Ne è convinto il governatore della Banca d'Italia e presidente dell'Fsb. "Sarà un ente molto efficace, basato sulla sorveglianza e la pressione fra pari. Il successo del Fsb - ha proseguito - deriva dalla sua composizione che è più o meno analoga a quello dell'Esrb, fatto quindi da persone che discutono le regole e che hanno anche la responsabilità di attuarle: questo ha dato forza all'Fsb e la darà all'Esrb, la cui efficacia andrà al di là di quanto non appaia sulla carta".

 

 

 

16 Marzo 2010

CONFINDUSTRIA

Bertone agli industriali: "La crisi

generata da deficit di valori"

"La crisi non è soltanto economica, ma è stata originata da deficit di valori morali e da comportamenti pratici contrari alla legge di Dio e conseguentemente contrari all’uomo; dannosi per la giustizia e negativi per la crescita materiale e spirituale della società": lo ha detto stamane a Roma il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, invitato dalla Confindustria alla odierna riunione della Giunta, davanti a cui ha proposto una riflessione sull’Enciclica "Caritas in veritate". In apertura del suo intervento, il cardinale ha anzitutto elencato tre elementi, presenti nell’Enciclica, definiti "una "trilogia" di piste da percorrere per arginare questo deficit di valori".

Il primo è "l’emergenza educativa", più volte richiamata dal Papa; il secondo è "l’imprescindibile necessità (..) di una nuova generazione di laici cristiani impegnati nel mondo del lavoro, dell’economia, della politica"; il terzo è "l’approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione".

"Il riferimento fondamentale per l’economia", ha poi affermato, è costituito dal "progetto di Dio e, conseguentemente, la Verità della fede e la carità che ne deriva". Con questa premessa si può giungere a "spiegazione della crisi economica in corso, dalle sue origini, alle conseguenze, fino alle prospettive future".

Sviluppo economico non egoistico. "La Caritas in veritate – ha proseguito il cardinale Bertone - apprezza lo sforzo imprenditoriale volto a produrre sviluppo e progresso, perché ritiene l’impresa, che crea il benessere da distribuire a tutti, un bene in sé, corrispondente a tale vocazione dell’uomo. Tuttavia l’impresa è un mezzo e non un fine, così come anche il suo operato resta un mezzo, incluso l’opportuno profitto, ed è il senso che le dà l’imprenditore a farne uno strumento di progresso umano integrale". "I valori di riferimento per chi fa impresa", secondo il segretario di Stato, devono consistere nel "volere uno sviluppo economico non egoistico, non scoraggiante la vita umana, non falsato e non illusorio".

Sostenere la famiglia. Il cardinale ha poi riflettuto sui "valori guida dell’imprenditore", affermando che "fare impresa è una missione potenzialmente elevatissima, ma essa è uno strumento per il benessere dell’uomo, il quale non è solo materia e perciò esige grandi attenzioni anche ai suoi bisogni spirituali. Quando l’imprenditore si occuperà anche di questi, avrà acquisito un vero vantaggio competitivo".

In secondo luogo, ha aggiunto, "per assicurare lo sviluppo dell’impresa, si deve credere nella vita e sostenerla con tutti i mezzi, aiutando le famiglie a formarsi, sostenendo la nascita e la crescita dei figli, assicurando così uno sviluppo vero e sostenibile per il sistema industriale".

Terzo elemento – secondo il cardinale – è che per "favorire la creazione di ricchezza dell’impresa, lo sviluppo economico deve essere distribuito ed esteso a tutti, solo così potrà esser mantenuto".

Il calo delle nascite. Passando a riflettere sulla "conduzione dell’azione di sviluppo in un mondo che cambia", Bertone ha poi notato che "è cambiata la crescita economica a seguito di fattori diversi, a cominciare dall’introduzione di un distorto modello di crescita, dovuto al crollo delle nascite. Grazie alle azioni che hanno tentato di compensarne le conseguenze non previste, quali la spinta alla produttività esasperata, la delocalizzazione produttiva, il consumismo a debito delle famiglie…, si è creato uno sviluppo artificiale e insostenibile, il cui crollo ha prodotto distruzione di ricchezza e vulnerabilità delle imprese, delle famiglie, delle persone e degli stessi Stati".

 

2010-03-11

11 Marzo 2010

ECONOMIA

Conti Eurozona, monito Bce:

"Correzioni entro il 2011"

I paesi dell'area euro devono iniziare il processo di risanamento delle finanze pubbliche ''al piu' tardi nel 2011 e spingersi ben oltre il requisito minimo di correzione annua fissato nel patto di stabilita' e crescita allo 0,5% del Pil''. E' quanto si legge nel bollettino mensile della Bce secondo cui servono ''interventi risoluti, in particolare da parte delle economie con alti livelli di disavanzo e debito'' e che ciascun paese deve definire ''le strategie di uscita dalle misure di stimolo e le strategie di riequilibrio dei conti pubblici per il prossimo futuro''.

BCE: CRESCITA DISOCCUPAZIONE POSSIBILE MA PIU' LENTA

ROMA - La disoccupazione nell'area euro potrebbe continuare a crescere nei prossimi mesi ''seppure a un ritmo minore rispetto a quello osservato nel 2009''. E' quanto si legge nel bollettino mensile della Bce che ricorda come nel mese di gennaio il tasso di disoccupazione sia rimasto al 9,9%, come nei due mesi precedenti, dopo una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali e che ''in prospettiva gli indicatori delle indagini sono migliorati dai loro minimi''.

BCE: IN 2010 RIPRESA MODERATA PER EUROLANDIA, TASSI ADEGUATI

ROMA - Il 2010 si prospetta con un "ritmo di crescita complessivamente moderata" per l'area Euro e "destinata a procedere in modo discontinuo". E' quanto si legge nel bollettino mensile della Bce secondo cui il il contesto "é caratterizzato da perdurante incertezza" mentre "l'attuale livello dei tassi di interesse continua a essere adeguato". La Bce rileva come "incidono vari fattori straordinari fra i quali le condizioni meteorologiche avverse che hanno colpito determinate regioni dell'area del'euro nel primo trimestre 2010" che rendono volatili i dati trimestrali mentre per il futuro il Consiglio direttivo si attende una moderata crescita del Pil a causa della frenata degli investimenti e consumi moderati, a causa delle "deboli prospettive del mercato del lavoro". La stabilità dei prezzi sarà "preservata a medio termine".

BCE:RIFORMA SPESA HA RUOLO CHIAVE RISANAMENTO CONTI PUBBLICI

ROMA - Per la Bce un ruolo chiave nel processo di risanamento dei conti pubblici da parte dei paesi europei dovra' averlo ''la riforma della spesa''. E' quanto si legge nel bollettino mensile dell'istituto di Francoforte. Per la Bce infatti visto ''il brusco deterioramento del rapporto spesa pubblica/Pil, e la gia' elevata pressione fiscale, la riforma della spesa dovra' avere un ruolo di primo paino''. Si accrescera' cosi' la probabilita' di ridurre il disavanzo, si creeranno i presupposti per affrontare le pressioni previste sulla spesa derivanti dall'invecchiamento della popolazione e, nel tempo, si contribuira' a moderare l'onere fiscale e a sostenere la crescita potenziale''.

 

 

 

 

2010-03-01

1 Marzo 2010

ISTAT

Conti pubblici, debito-Pil:

rapporto schizza al 115,8%

Nel 2009 il rapporto tra il debito e il Pil italiano è salito a 115,8% da 105,8% nel 2008. È quanto emerge dal calcolo effettuato da Reuters sulla base dei dati diffusi oggi da Istat sul Pil e il 12 febbraio da Banca d'Italia sul debito delle amministrazioni pubbliche. Nel Programma di stabilità il governo aveva indicato per lo scorso anno un ratio debito/pil pari a 115,1%. Il valore del Pil 2009 in valori assoluti e prezzi correnti è stato pari a 1.520,870 miliardi. Al 31 dicembre 2009 il debito delle amministrazioni pubbliche era salito a quota 1.761,191 miliardi.

Pil 2009 a -5%. Il pil italiano nel 2009 è diminuito del 5%. Lo segnala l'Istat precisando che si tratta del dato peggiore dal 1971, dall'inizio cioè della serie storica. Nella stima provvisoria il pil aveva registrato una diminunizione del 4,9%. L'Istat ha anche rivisto al ribasso le stime 2007 e 2008: rispettivamente dello 0,1% da 1,6% a 1,5% e dello 0,3% da -1% a -1,3%.

Giornale in edicola

articoli correlati

 

 

 

2010-02-13

13 febbraio 2010

ECONOM,IA

Draghi: Italia sta uscendo da crisi

con crescita ai minimi europei

Stiamo ora uscendo dalla crisi con un tasso di crescita basso, ai minimi europei. Una crescita economica sostenuta è b ase di benessere, è presupposto della stabilità finanziaria per un paese ad alto debito pubblico come l'Italia. È futuro per i giovani, dinità per gli anziani, il nostro mezzoggiorno ne trarrebbe forza, può esserne traino". Il governatore della Banca D'Italia Mario Draghi al Forex di Napoli, spiega che la 'condizionè per la crescita sono le "riforme strutturali, la cui mancanza- sottolinea - ha segnato la perdita di competitività del Paese che dura da un quindicennio".

Draghi dice che non è un problema solo italiano, è comune agli altri pesei europei ed è all'origine delle

attuali fragilità. L'integrazione europea ha portato stabilità dei prezzi e "fino alla crisi efficace controllo

sui deficit pubblici. 10 anni fa, all'avvio della moneta unica, si levarono voci a richiedere anche un più forte governo economico dell'unione. Furono sovrastate dai cori entusiasti che celebravano la meta raggiunta insieme all'impegno a resistere a ogni ulteriore integrazione".

 

CREDITO. Cala il credito erogato dalle banche italiane alle imprese nel periodo dicembre 2008 - dicembre 2009 ma aumenta quello alle famiglie, principalmente per mutui a tasso variabile e per questo gli istituti di credito devono avvisare i contraenti "del rischio che corrono in caso di aumenti di tasso".

Per Draghi tuttavia "secondo le indagini più recenti presso le banche vi è una moderata ripresa della domanda di finanziamenti da parte delle imprese". Il governatore ha ricordato comunque come lo scorso dicembre il valore totale dei prestiti bancari era inferiore dello 0,7% rispetto a un anno prima. A dicembre i prestiti alle imprese erano scesi del 3% per via della riduzione della domanda a causa "della flessione

degli investimenti" e per la maggiore cautela delle banche. Per le famiglie invece i finanziamenti sono saliti del 3% e i prestiti per l'acquisto di abitazioni "vengono concessi prevalentemente a tasso variabile: occorre che i contraenti siano avvertiti del rischio che corrono in caso di aumenti di tasso".

 

2010-02-12

12 Febbraio 2010

ISTAT

Pil peggio del previsto: -4,9% nel 2009

L'Italia ha registrato nel 2009 un calo del Pil pari a -4,9%, laddove l'ultima stima governativa, confermata con il Programma di stabilità, indicava un calo del 4,8%. Nel quarto trimestre l'economia italiana ha visto un calo del Pil dello 0,2% congiunturale, a fronte di stime per un moderato rialzo dello 0,1%. Su anno il quarto trimestre ha visto una flessione di 2,8% contro attese per una contrazione del 2,5%. La crescita acquisita per il 2010 è pari a zero dopo i dati del quarto trimestre 2009.

La diminuzione congiunturale del Pil nel quarto trimestre "è il risultato di una diminuzione del valore aggiunto dell'industria, di una sostanziale stazionarietà del valore aggiunto dei servizi e di un aumento del valore aggiunto dell'agricoltura".

In Europa. Oggi sono usciti anche i dati sul Pil tedesco e francese del 4° trimestre, il Bel Paeee risulta l'unico dei Big 3 dell'Eurozona con crescita economica negativa. In Germania infatti il Pil è risultato pari a zero nel 4* mentre in Francia è salito dello 0,6%.

 

 

 

2010-02-11

10 Febbraio 2010

ISTAT

Produzione industriale a picco

Il peggior dato dal 1991

Si chiude con un saldo negativo del 17,4% rispetto al 2008 il 2009 della produzione industriale in Italia. Un calo record, mai registrato dall'avvio della serie storica nel 1990. Nel solo mese di dicembre, comunica l'istituto di statistica, il dato ha segnato un calo dello 0,7% su base mensile e del 2,3% (dato grezzo) su base annua, dopo che a novembre si era registrato un rimbalzo dello 0,4% rispetto a ottobre.

La riduzione tendenziale corretta per gli effetti di calendario nell'ultimo mese del 2009 è stata pari

al 5,6%. Nell'ultimo trimestre dell'anno il calo rispetto ai tre mesi precedente è pari allo 0,8% contro il +4,4% segnato tra luglio e settembre.

Gli indici destagionalizzati dei raggruppamenti principali di industrie registrano variazioni congiunturali positive per i beni di consumo (+1,7% per il totale, +2,2% per i beni non durevoli, una variazione nulla per i beni durevoli) e per i beni intermedi (+1,2%). Variazioni negative riguardano invece i beni strumentali (-1,6%) e l'energia (-0,2%).

L'indice corretto per gli effetti di calendario ha segnato, nel confronto con dicembre 2008, diminuzioni in tutti i raggruppamenti principali di industrie: -10% per i beni strumentali, -8,3% per i beni intermedi, -3,8% per l'energia e -0,3% per i beni di consumo (-9,7% i beni durevoli, +1,6% i beni non durevoli). Anche nel confronto tra la media del 2009 e quella dell'anno precedente, le variazioni sono risultate tutte negative: -24,9% per i beni intermedi, -21,2% per i beni strumentali, -8,9% per l'energia e -6,9% per i beni di consumo (-17,8% per i beni durevoli, -4,3% per i beni non durevoli).

L'analisi per settore attività economica segnala a dicembre, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, variazioni positive nei settori dei prodotti chimici (+7,8%), dell'attività estrattiva (+5,6%), delle industrie alimentari (+3,6%) e dei prodotti farmaceutici (+3,2%).

Le diminuzioni maggiori si sono registrate per la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-14,5%), per i macchinari e attrezzature n.c.a (-14,4%), per la metallurgia e prodotti in

metallo (-13,7%). Nel confronto tra la media dell'intero anno 2009 e quella del 2008, l'unica variazione positiva ha riguardato i prodotti farmaceutici (+2,8%). Le variazioni negative più marcate si sono registrate nei settori della metallurgia e prodotti in metallo (-29,1%), dei macchinari e attrezzature n.c.a (-28,7%) e delle apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (-26,8%).

 

 

CORRIERE della SERA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.corriere.it

2010-08-18

Per la zona Ue ed euro confermati i dati dell'Eurostat

Paesi Ocse, Pil +2,8% nel secondo trimestre rispetto al 2009

La Germania traina la ripresa in Europa, mentre Usa e Giappone crescono meno del previsto

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Il gran balzo del Pil tedesco: +2,2%, Eurozona +1% (13 agosto 2010)

Per la zona Ue ed euro confermati i dati dell'Eurostat

Paesi Ocse, Pil +2,8% nel secondo trimestre rispetto al 2009

La Germania traina la ripresa in Europa, mentre Usa e Giappone crescono meno del previsto

La Borsa di New York (Epa)

La Borsa di New York (Epa)

ROMA - Il prodotto interno lordo (Pil) nell'area Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è cresciuto del 2,8% rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente e dello 0,7% sul secondo trimestre del 2010. In Germania il Pil è cresciuto da aprile a giugno del 3,7% rispetto al secondo trimestre 2009. Tra i sette maggiori Paesi l'Italia registra la crescita tendenziale più bassa: +1,1% sull'anno prima, mentre rispetto al primo trimestre 2010 è confermata per l'Italia la crescita dello 0,4%, come già comunicato dall'Istat lo scorso 6 agosto e ribadito dall'Eurostat il 13 agosto.

DATI - I dati dell'Ocse riguardanti l'Ue e l'Eurozona (+1) sono identici a quelli di cinque giorni fa dell'Eurostat, che già mostravano il forte traino dovuto alla crescita della Germania (+2,2% del secondo trimetre sul primo 2010), "la più alta dalla riunificazione", ricorda a sua volta l'Ocse nel comunicato. Bene anche il Pil nel Regno Unito dove è cresciuto dell'1,1%. In Francia nel secondo trimestre 2010, rispetto a gennaio-marzo di quest'anno, il Pil è salito dello 0,6%. Su base tendenziale, il Pil dell'Europa (sia per l'Unione europea che per Eurolandia) è cresciuto ad aprile-giugno di quest'anno dell'1,7%. Nel complesso dei Paesi del G7 il prodotto interno lordo nel secondo trimestre 2010 ha visto un aumento del 2,7% rispetto a aprile-giugno 2009. Basso invece l'incremento degli Stati Uniti: +0,6% del secondo trimestre sul primo e +3,2% rispetto al secondo trimestre 2009, e del Giappone (rispettivamente +0,1% e +1,9%).

Redazione online

18 agosto 2010

 

Commento favorevole di Mario Draghi a Basilea III

Draghi: "Nuove regole sul capitale, benefici in termine di stabilità"

I costi sono gestibili mentre i vantaggi a lungo termine saranno notevoli

Commento favorevole di Mario Draghi a Basilea III

Draghi: "Nuove regole sul capitale, benefici in termine di stabilità"

I costi sono gestibili mentre i vantaggi a lungo termine saranno notevoli

Mario Draghi (Ansa)

Mario Draghi (Ansa)

BASILEA - I costi immediati delle nuove regole sul capitale bancario imposte da Basilea III sono "gestibili", mentre i benefici nel lungo termine saranno "notevoli" in termini di stabilità finanziaria e crescita. A dirlo è il presidente del Financial Stability Board e governatore di Bankitalia Mario Draghi in una nota emessa dalla Banca dei regolamenti internazionali.

GLI EFETTI - Passare alle nuove regole di Basilea III, che impongono una stretta sul capitale bancario e la liquidità delle banche, sottrarrà appena lo 0,04% l'anno alla crescita del Pil per un periodo di quattro anni. La valutazione è del Financial Stability Board guidato da Mario Draghi e del Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria guidato da Nout Wellink, secondo cui i costi associati alla transizione alle nuove regole saranno "modesti" in termini di impatto sulla produzione aggregata e deriveranno principalmente dal trasferimento dei costi dalle banche all'economia reale, con impatto sugli investimenti. Se i requisiti più stringenti saranno introdotti gradualmente nel corso di oltre quattro anni - si legge in una nota emessa oggi dalla Banca dei regolamenti internazionali - la valutazione è che un aumento di un punto percentuale del rapporto fra capitale ordinario e attività commisurate al rischio avrà un impatto di "appena lo 0,04% sulla crescita annua del Pil nei quattro anni e mezzo". Un effetto che si riduce a meno della metà nel caso di un aumento del 25% degli asset liquidi. Mentre al contrario il passaggio alle nuove regole attraverso un più breve periodo di transizione (due anni e mezzo) avrebbe un impatto sul Pil "leggermente più elevato".

18 agosto 2010

 

 

 

La storia La Cina alza la posta: se volete le risorse, producete da noi

Missili, computer e auto Pechino blinda il controllo sui 17 minerali dell'hi-tech

Il rapporto dell'agenzia Usa: siamo subalterni La potenza monopolista Nella Repubblica Popolare il 97% delle risorse necessarie alla Us Army, Toyota, Nokia o Apple

La storia La Cina alza la posta: se volete le risorse, producete da noi

Missili, computer e auto Pechino blinda il controllo sui 17 minerali dell'hi-tech

Il rapporto dell'agenzia Usa: siamo subalterni La potenza monopolista Nella Repubblica Popolare il 97% delle risorse necessarie alla Us Army, Toyota, Nokia o Apple

MILANO - Se qualcuno vuole sapere dove va il mondo, può prendere nota di un indizio: i tank della Us Army sono "made in China". Non solo i carri armati, lo sono anche i missili intelligenti che inseguono il bersaglio. E con quelli anche alcuni dei radar militari più sofisticati o i motori ibridi degli incrociatori della Marina.

Ovviamente non tutto di questi armamenti prodotti da grandi gruppi Usa come Lockheed Martin, Northrop Grumman o General Dynamics è "made in China". Vengono da lì solo quelle piccole, invisibili componenti magnetiche che consentono a queste tecnologie di funzionare. Si tratta di 17 elementi della tavola periodica dai curiosi nomi come lutezio, ittrio, scandio, europio o neodimio. Sono le materie prime del futuro, quelle alla base di gran parte delle tecnologie più promettenti del ventunesimo secolo: dalle auto ibride, alle pale eoliche, agli smartphone.

 

Shanghai Stock Exchange (Ansa)

Shanghai Stock Exchange (Ansa)

Una loro qualità minerale è che esercitano un magnetismo resistente ad altissime temperature. Ma la particolarità strategica più vistosa è che il 97% della produzione globale di questi materiali viene dalla Cina. Sia per uso commerciale, che per le tecnologie militari. E Pechino mostra tutte le intenzioni di far leva sul suo potere di mercato in questo campo per obbligare il resto del mondo ad accettare le proprie condizioni: queste comportano non solo un trasferimento netto di capitali, ma anche di lavoro e soprattutto di segreti industriali dall'Occidente verso la Repubblica Popolare.

I rapporti di forza in questo campo sono tutti a favore della Cina, nota un rapporto dell'aprile scorso del Government Accountability Office (Gao) dell'amministrazione Usa. Senza questi 17 elementi rari della terra, non è possibile produrre niente di tutto ciò che oggi dà speranza all'industria più avanzata. Il neodimio per esempio è l'elemento essenziale per la produzione di batterie e motori delle auto ibride o elettriche, per l'hardware dei computer, per i cellulari e per le telecamere. In campo militare, con l'ossido neodimio sono composti i magneti che azionano le ali direzionali dei missili di precisione. Con l'europio e l'ittrio si producono invece le fibre ottiche e le lampadine "verdi", lo scandio è la materia prima dell'illuminazione da stadio, mentre il prometio serve per i macchinari medicali di ultima generazione. Da Philips a Siemens, da Toyota a Nokia, a Hewlett Packard a Apple, fino a Sony e Canon: nessuna grande multinazionale delle democrazie industriali può produrre i propri beni più preziosi senza rifornirsi in Cina di questi 17 materiali rari.

Senza, la vita sarebbe diversa. Il problema è che la Cina non vende, o vende sempre meno e a condizioni sempre più difficili: anziché esportare gli elementi, vuole che far produrre in Cina le tecnologie estere che li integrano. Secondo quanto riferisce il rapporto del Gao al Senato Usa, il monopolio di Pechino in questo campo in realtà è frutto della lungimiranza del governo più che della dotazione di materie prime. In Cina si trova il 37% delle riserve conosciute di questi 17 elementi, nell'ex Urss il 18%, negli Stati Uniti il 12%. Ma la Russia non ha i mezzi per l'estrazione e l'America negli ultimi 12 anni l'ha bloccata (a Mountain Pass, in California) in nome della tutela ambientale. I minerali rari sono infatti spesso uniti a sostanze radioattive e le miniere inquinano le acque dell'area circostante: in una democrazia nessuno le vuole avere vicino a casa propria. Servono tecnologie di tutela dei minatori, investimenti elevati, complesse autorizzazioni, tutto ciò di cui la Cina non si interessa. Anche se volesse, l'America avrebbe bisogno di altri 15 anni per rilanciare l'estrazione (e a costi ben più alti che in Cina).

 

Da qui il potere di Pechino sulle materie prime del futuro, che il governo ora usa come una leva sul resto del mondo. In primavera ha alzato i dazi all'export al 25%, a luglio ha tagliato le quote delle vendite all'estero del 72% per il 2010. L'anno prossimo esporterà solo il 60% del fabbisogno globale e, per il resto, propone alle multinazionali di venire a produrre dove si trova la materia prima. Per capire perché lo faccia, basta seguire le proteste di Siemens, Basf, General Electric: accusano il governo di Wen Jiabao di rubare metodicamente il know-how dei suoi "ospiti".

Federico Fubini

18 agosto 2010

 

2010-08-17

I dati dell'ufficio studi della Confartigianato sulla generazione che va dai 15 ai 29 anni

I novecentomila "invisibili"

senza studio né lavoro

Un giovane su sei risulta fuori da ogni attività

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Ocse: in Italia un giovane su quattro senza lavoro. Tra gli occupati la metà è precaria (7 luglio 2010)

I dati dell'ufficio studi della Confartigianato sulla generazione che va dai 15 ai 29 anni

I novecentomila "invisibili"

senza studio né lavoro

Un giovane su sei risulta fuori da ogni attività

Sabine Azema, Eric Berger e Andrè Dussollier in una scena del film "Tanguy", la storia di un bamboccione

Sabine Azema, Eric Berger e Andrè Dussollier in una scena del film "Tanguy", la storia di un bamboccione

ROMA - Pure loro sono tecnicamente "invisibili". Ancora più degli esponenti di quelle tante categorie di lavoratori autonomi che non hanno protezione sociale. Invisibili per la scuola o l'università, l'Inps, il fisco. Perfino per gli uffici di collocamento. Sono i 641 mila giovani italiani fra i 15 e i 24 anni che non studiano, non lavorano ma nemmeno lo cercano, il lavoro. Un numero impressionante, considerando che si tratta del 10,5 per cento di tutte le persone di quell'età. E il bello è che di questi "invisibili" i due terzi circa sono al Sud: 415 mila, ovvero il 16,2 per cento di tutti i giovani meridionali. Quasi tre volte rispetto al Nord. Nelle regioni settentrionali coloro che si trovano in questa condizione sono 157 mila, ovvero il 6,5% del totale. Ancora meno, il 6,3 per cento, nel Centro: dove il loro numero non raggiunge i 70 mila, un sesto nei confronti del Mezzogiorno. Per un Paese sviluppato qual è il nostro si tratta di un fenomeno decisamente rilevante. Se poi la fascia d'età "giovanile" di estende dai 24 ai 29 anni, ecco che gli "invisibili" diventano addirittura 908 mila. E il loro peso sale ancora al 18,7% dell'intera popolazione italiana compresa in quella fascia d'età. Ciò significa che fino ai 29 anni è "invisibile" un giovane su sei.

Un segnale chiaro, secondo l'ufficio studi della Confartigianato che ha elaborato questi dati: con la crisi si è ancora accentuato nel nostro Paese il fenomeno della concorrenza sleale nei confronti delle piccole imprese regolari. Segnale che troverebbe conferma in altri dati preoccupanti. Per esempio la diminuzione del tasso di attività fra gli italiani della fascia d'età 25-54 anni. Fra il primo trimestre del 2008 e lo stesso periodo di quest'anno è calato dell'1,2 per cento, passando dal 78,2 al 77 per cento. E questo mentre negli altri Paesi europei, dove il tasso di attività dei cittadini non più considerati in età scolare né ancora pensionabili è superiore a quello nostrano, si registravano aumenti pur modesti. Anche qui, se il peggioramento ha riguardato tutta Italia, è al Sud che il fenomeno si è sentito di più: nel Mezzogiorno la flessione è stata del 2,5 per cento. La Confartigianato ha stimato che durante la crisi economica ben 338 mila adulti fra i 25 e i 54 anni siano usciti dalla forza di lavoro, e di questi ben 160 mila donne: categoria che da noi ha il poco invidiabile primato europeo del minore tasso di attività (appena superiore al 46 per cento). Ben 230 mila sfortunati, pari al 68 per cento dell'intera platea, sono meridionali: 143 mila uomini e 97 mila donne.

Considerando tutto il Paese, nel primo trimestre di quest'anno i maschi "inattivi" non più in età scolare ma non ancora pensionabili erano un milione 361 mila, contro 4 milioni 628 mila donne. Totale: 5 milioni 989 mila persone, il 10 per cento dell'intera popolazione italiana. Più di un milione dei quali (esattamente un milione 69 mila) nella sola Campania. In questa regione i maschi fra 25 e 54 anni "inattivi" sono 277 mila, il 21 per cento del totale.

Per non dire poi dell'aumento del lavoro "autonomo" irregolare o "abusivo", come lo definisce l'organizzazione degli artigiani. La quale ha calcolato, sulla base dei dati dell'Istat, che tra il 2008 e il 2009 il numero degli occupati indipendenti non regolari è aumentato dal 9,2 al 9,4 per cento del totale della forza di lavoro autonoma, raggiungendo 639.900 unità. Parliamo di una cifra pari al 62 per cento di tutti gli occupati indipendenti nel settore manifatturiero. Si tratta anche di una quantità di persone pressoché identica a quella dei giovani "invisibili" fra i 15 e i 24 anni. Una semplice coincidenza, ma significativa.

Secondo la Confartigianato il flusso del lavoro irregolare viene alimentato anche da politiche del welfare profondamente distorsive. L'indagine porta l'esempio dei sussidi di disoccupazione in agricoltura che spettano a chi ha lavorato in un anno almeno 51, 101 o 151 giornate secondo i casi. E non manca di citare il Rapporto di monitoraggio delle politiche occupazionali di due anni fa nel quale il ministero del Lavoro denuncia apertamente "distorsioni e comportamenti collusivi". Nel 2007 hanno goduto delle varie indennità di disoccupazione, secondo l'Inps, ben 504.377 individui, cioè il 48,9 per cento di tutti gli operai agricoli attivi in Italia. Ma se nel Nord Ovest la quota dei beneficiati non è andata oltre il 14,4 per cento, al Sud è arrivata a uno stratosferico 65,4 per cento del totale. Dei 504.377 operai agricoli sussidiati dall'Inps, ben 422.337, ossia l'83,7 per cento, è nel Mezzogiorno.

Il top si tocca in Calabria, con 100.757 disoccupati: numero pari quasi ai tre quarti (il 74,3 per cento) di tutti gli operai agricoli calabresi. Su livelli paragonabili anche la Sicilia, dove i destinatari di trattamenti di disoccupazione sono stati nel 2007 ben 116.589, il 74,2 per cento del totale. Seguono la Puglia, con 111.049 beneficiati (il 60,3 per cento), e la Campania, con 63.982 disoccupati (65,7 per cento). All'opposto, la Lombardia, dove nel 2007 sono state corrisposte appena 5.024 indennità (l'11,1 per cento).

Ma se le cose stanno così, come meravigliarsi se proprio la Calabria è l'area della penisola dove l'illegalità nel mercato del lavoro raggiunge i livelli più elevati? Sempre nel 2007, ha stimato l'Istat, i lavoratori "irregolari" erano in quella regione il 27,3 per cento di tutti quanti gli occupati. E quel che è più grave, il loro numero risultava superiore dell'1,3 per cento rispetto a quello del 2001, anno nel quale il governo (allora presieduto da Silvio Berlusconi) aveva approvato una legge con l'obiettivo di favorire l'emersione delle attività in nero. Provvedimento che si sarebbe però rilevato un sostanziale fallimento, come dimostrano proprio questi dati.

Sergio Rizzo

17 agosto 2010

 

 

 

2010-08-14

le maggiori sofferenze a roma, lodi e milano

Italiani sempre più indebitati: nel 2009

la media è salita a 15.930 euro a famiglia

Indagine della Cgia di Mestre: dal 2002 (anno di introduzione dell'euro) al 2009 debiti cresciuti del 91,7%

le maggiori sofferenze a roma, lodi e milano

Italiani sempre più indebitati: nel 2009

la media è salita a 15.930 euro a famiglia

Indagine della Cgia di Mestre: dal 2002 (anno di introduzione dell'euro) al 2009 debiti cresciuti del 91,7%

(Ansa)

(Ansa)

MILANO - Gli italiani sono sempre più indebitati. L'indebitamento medio delle famiglie ha toccato infatti, nel dicembre del 2009, i 15.930 euro. Lo rileva un'indagine di Cgia Mestre che ha preso in considerazione i debiti derivanti dall'accensione di mutui per l'acquisto della casa, dai prestiti per l'acquisto di beni mobili, dal credito al consumo, dai finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili. Rispetto al dicembre 2008, l'indebitamento medio nazionale delle famiglie consumatrici è cresciuto in termini assoluti di 863 euro.

LA CLASSIFICA - A livello provinciale le "sofferenze" maggiori sono a carico delle famiglie di Roma (22.394 euro), seguite da quelle di Lodi (22.218 euro) e da quelle di Milano (22.083 euro). Al quarto posto troviamo Trento (21.644 euro), di seguito Prato (21.442 euro), Como (20.695 euro) e via via tutte le altre. "Le province più indebitate - spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - sono quelle che presentano anche i livelli di reddito più elevati. È chiaro che tra queste famiglie in difficoltà vi sono molti nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli. Tuttavia, la forte esposizione di queste realtà, soprattutto a fronte di significativi investimenti avvenuti negli anni scorsi nel settore immobiliare, ci deve preoccupare relativamente".

LA CRESCITA DELL'INDEBITAMENTO - "Altra cosa - prosegue Bortolussi - è quando analizziamo la variazione di crescita dell'indebitamento medio registrato tra il 2002 e il 2009. Al di sopra del dato medio nazionale troviamo molte realtà provinciali del Sud. Ciò sta a significare che questo aumento è probabilmente legato all'aggravarsi della crisi economica che ha colpito soprattutto le famiglie monoreddito con più figli che sono concentrate in particolar modo nel Mezzogiorno". A vivere con minore ansia la preoccupazione di un debito da onorare nei confronti degli istituti di credito o degli istituti finanziari sono le famiglie sarde, in particolare quelle residenti nelle provincie di Carbonia-Iglesias (7.486 euro), Medio Campidano (7.431 euro) e, infine, Ogliastra (5.784 euro). Il record della crescita del debito delle famiglie avvenuta tra il primo gennaio 2002 (data dell'introduzione dell'euro) e il 31 dicembre 2009, invece, appartiene alla provincia di Caserta, che in questi 8 anni è stato del +137,4%. Seguono Chieti, con un aumento del 132,1%, Taranto, con +131,3 %, Napoli, con +129,7% e Piacenza, con +129,5%. Chiude la classifica la provincia di Verbano-Cusio-Ossola, con un +45,2%. Sempre in questo periodo la crescita dell'indebitamento medio delle famiglie italiane è quasi raddoppiata: l'incremento è stato del +91,7%. Nello stesso arco temporale, invece, l'inflazione a livello nazionale è cresciuta del 16,6%. Cgia infine rileva che, rispetto al 31 dicembre 2008, sono solo due le province che hanno visto diminuire il livello di indebitamento delle famiglie: Parma (-137 euro rispetto all'anno prima) e Verbano-Cusio-Ossola (-461 euro).

Redazione online

14 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-13

Eurozona +1%, ma gli esperti temono che il rimbalzo possa esaurirsi

Il gran balzo del Pil tedesco: +2,2%

Nel secondo trimestre crescita record per la Germania: in 12 mesi +3,7%, il ritmo più veloce dal 1991. Italia +0,4%

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Stati Uniti, il Pil peggio del previsto. II trimestre a 2,4%, rallenta la ripresa (30 luglio 2010)

Eurozona +1%, ma gli esperti temono che il rimbalzo possa esaurirsi

Il gran balzo del Pil tedesco: +2,2%

Nel secondo trimestre crescita record per la Germania: in 12 mesi +3,7%, il ritmo più veloce dal 1991. Italia +0,4%

Shopping a Berlino

Shopping a Berlino

BERLINO - Il prodotto interno lordo della Germania ha segnato, nel secondo trimestre dell'anno un aumento del 2,2% rispetto al trimestre precedente e del +3,7% annuo. Lo scrive l'agenzia Bloomberg, citando come fonte i dati preliminari rilevati dall'ufficio statistico federale tedesco (corretti per gli effetti stagionali). La crescita di Germania e Francia (+0,6%) ha trascinato l'eurozona al +1%, la crescita maggiore in tre anni, ma gli economisti temono che il rimbalzo possa esaurirsi. In Italia nello stesso periodo il Pil è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell'1,1% rispetto allo stesso periodo del 2009.

AL TOP DA 19 ANNI - L'economia tedesca cresce in altre parole al ritmo più veloce dalla riunificazione, avviata nel 1991. Il dato del Pil è migliore delle stime degli analisti, ferme in media a una crescita dell'1,3%. "L'economia può crescere di oltre il 2% nel 2010", ha detto il ministro per l'Economia, Rainer Brüderle, dopo la pubblicazione del dato del secondo trimestre. "Con la revisione del dato del primo trimestre, la dinamica dei secondi tre mesi (+2,2%) rende possibile una crescita di oltre il 2% nell'anno in corso", ha indicato il ministro.

EUROZONA +1% - In crescita il Pil dell'eurozona nel secondo trimestre 2010. Secondo la stima di Eurostat, la crescita è stata dell'1%, contro una previsione degli economisti dello 0,7%: è il tasso di crescita più elevato degli ultimi tre anni. Il dato è lo stesso per l'Ue-27. Su base annua la crescita è stata dell'1,7%. L'economia francese è invece cresciuta dello 0,6% nel secondo trimestre, rispetto al trimestre precedente (dato rivisto al +0,2%). Lo rende noto l'Insee, l'ufficio francese di statistica. Su base annuale invece il Pil ha segnato una crescita dell'1,7%. Si tratta, anche in questo caso, di dati migliori delle stime degli analisti. Anche la Spagna, nel secondo trimestre dell'anno, ha fatto registrare una crescita del Pil dello 0,2% in confronto ai tre mesi precedenti, mentre ha fatto segnare una flessione dello 0,2% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. In Grecia si accentua la recessione: -1,5%, rispetto al -0,8% del primo trimestre.

BORSE IN CALO - Gli indici di Piazza Affari hanno tentato il recupero dopo le perdite di giovedì e soprattutto di mercoledì, procedendo di pari passo con le altre piazze europee, ma sono girati in negativo dopo tre ore di contrattazioni. A Milano il Ftse Mib cede lo 0,6%, Parigi -0,36%, Francoforte -0,43% e Londra -0,08%.

Redazione online

13 agosto 2010

 

 

 

2010-08-12

DATI ISTAT

Sale l'inflazione, picco più alto dal 2008

Confermate le stime, carovita in crescita dell'1,7%

DATI ISTAT

Sale l'inflazione, picco più alto dal 2008

Confermate le stime, carovita in crescita dell'1,7%

MILANO - L'Istat conferma le prime indiscrezioni: l'inflazione a luglio è salita all'1,7%, accelerando rispetto al +1,3% di giugno. Vengono così ribadite le stime preliminari: si tratta del rialzo più alto dal dicembre del 2008. L'istituto precisa che su base mensile i prezzi sono aumentati dello 0,4%. La ripresa dell'inflazione risulta trascinata dai prezzi dei beni energetici (+5,3% su anno, +0,8% su mese).

I BENI DI CONSUMO - Secondo l'Istat, al netto dei tabacchi, l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività, pari a 139,4, ha presentato nel mese di luglio una variazione congiunturale di più 0,4 per cento e una variazione tendenziale pari a più 1,6 per cento. In particolare, gli aumenti congiunturali più significativi sono stati rilevati nel settore trasporti (più 1,1 per cento), Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (più 0,8 per cento) e nel turismo (più 0,5 per cento); variazioni nulle si sono registrate invece per abbigliamento e calzature, servizi sanitari e spese per la salute e Istruzione; variazioni congiunturali negative si sono verificate nei capitoli prodotti alimentari e bevande analcoliche e Comunicazioni (meno 0,1 per cento per entrambi).

IN EUROPA - Raffrontando i dati italiani a quelli europei, emerge un elemento di ulteriore incremento. L’indice armonizzato (quello usato in sede Ue) - aggiunge l’istituto di statistica - ha segnato un +1,8% su base annua, accelerando fortemente rispetto al +1,5% di giugno: anche in questo caso è il valore più alto dal dicembre 2008. Rispetto al mese prima, invece, c’è stato un -0,9%, dopo il +0,1% di giugno. Secondo la Banca europea centrale, nel medio periodo l'inflazione nell'area euro dovrebbe restare "moderata", mantenendo la stabilità dei prezzi e sostenendo il potere d'acquisto delle famiglie. Per la Bce "le aspettative d'inflazione restano saldamente ancorate, in linea con l'obiettivo di mantenere i tassi d'inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine".

Redazione online

12 agosto 2010

 

 

 

la bce invita i Paesi più esposti a ridurre l'alto debito: "Necessari altri interventi"

Usa: crescono i disoccupati

Il numero di richieste di sussidi è salito di 2 mila unità a 484 mila nella settimana terminata il 7 agosto scorso

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Federale Reserve: "La ripresa Usa rallenta, tassi ancora fermi" (10 agosto 2010)

*

Borse a picco, Milano perde oltre il 3% (11 agosto 2010)

la bce invita i Paesi più esposti a ridurre l'alto debito: "Necessari altri interventi"

Usa: crescono i disoccupati

Il numero di richieste di sussidi è salito di 2 mila unità a 484 mila nella settimana terminata il 7 agosto scorso

Obama firma il manifacturing act (Infophoto)

Obama firma il manifacturing act (Infophoto)

MILANO - Sono cresciute a sorpresa le nuove richieste di sussidi di disoccupazione settimanali negli Stati Uniti, ai massimi da circa sei mesi. Lo comunica il Dipartimento del Lavoro di Washington. Il numero di nuove domande è salito di 2 mila unità a 484 mila nella settimana terminata il 7 agosto scorso. Gli analisti si aspettavano al contrario un calo di 14 mila. Nella media delle quattro settimane, le domande di nuovi sussidi sono aumentate di 14.250 a 473.500, il massimo dal 20 febbraio scorso, contro un atteso calo a 465 mila.

BORSE IN CALO - E proprio il dato Usa ha avuto pesanti riflessi sulle Borse. In Europa i listini giravano in negativo, mentre a New York in apertura Dow Jones perde l'1,05% a 10.269,85 punti, lo Standard and Poor's 500 cede l'1,17% a 1.076,71 punti, il Nasdaq perde l'1,79% a 2.169,13 punti.

BCE - E sempre la disoccupazione è al centro delle preoccupazioni della Bce. Disoccupazione e difficoltà aziendali frenano la "mini-ripresa" europea. Nel suo Bollettino mensile la Banca centrale europea appare piuttosto pessimista, proprio come lo era stata la Federal Reserve l'altro giorno, sottolineando le difficoltà dell'economia americana. L'economia dell'area euro, per la Bce, dovrebbe continuare a beneficiare della crescita globale e delle misure di sostegno al credito. "Ci si attende tuttavia che la ripresa dell'attività sia frenata dal processo di aggiustamento dei bilanci aziendali in corso in diversi settori e dalle prospettive per il mercato del lavoro".

MISURE AGGIUNTIVE - La Bce spiega anche che dopo "l'eccezionale deterioramento" degli ultimi due anni, è "urgente" risanare i conti pubblici da parte dei paesi dell'area euro. Francoforte nel suo bollettino mensile chiede a "tutti i paesi" di "precisare misure di aggiustamento credibili incentrate sul lato della spesa, restando comunque pronti ad attuare eventuali misure aggiuntive nei prossimi anni". "Per favorire il processo di risanamento delle finanze pubbliche, promuovere l'adeguato funzionamento dell'area dell'euro e rafforzare le prospettive di una maggiore crescita sostenibile è indispensabile perseguire riforme strutturali di ampia portata - si legge nel bollettino - Profonde riforme risultano particolarmente necessarie nei paesi che in passato hanno subito perdite di competitività o che al momento soffrono di disavanzi di bilancio e disavanzi esterni elevati". "Le misure - continua Francoforte - dovrebbero assicurare che il processo di contrattazione dei salari ne consenta il flessibile adeguamento alle condizioni di disoccupazione e alle perdite di competitività. Riforme tese a potenziare la crescita della produttività stimolerebbero ulteriormente il processo di aggiustamento di tali economie".

CRESCITA ECONOMICA - La Bce sottolinea inoltre che dopo una fase di brusca contrazione, l'attivitá economica nell'area dell'euro "risulta in espansione dalla metà del 2009". L'area euro dovrebbe chiudere il 2010 con una crescita economica dell'1,1%, in accelerazione all'1,4% nel 2011, all'1,6% nel 2012 e all'1,8% più a lungo termine.

Redazione online

12 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-11

Dati nella relazione del ministero dell'Economia sull'anno 2009

Acqua potabile e rifiuti,

tariffe alle stelle: +5,9% e +4,5%

Più cari anche i biglietti dei treni e dei traghetti

Dati nella relazione del ministero dell'Economia sull'anno 2009

Acqua potabile e rifiuti,

tariffe alle stelle: +5,9% e +4,5%

Più cari anche i biglietti dei treni e dei traghetti

ROMA, - Tariffe alle stelle. Nel 2009, anno nel quale gli italiani hanno tirato la cinghia riducendo i consumi e nel quale i prezzi sono aumentati meno che negli ultimi cinquant'anni, i bilanci delle famiglie italiane comunque sono stati colpiti dall'aumento delle tariffe. "In controtendenza rispetto all'evoluzione dell'inflazione complessiva, i costi dei servizi pubblici hanno fornito al sistema impulsi inflazionistici di una certa rilevanza".

RELAZIONE DEL MINISTERO - Lo evidenzia il ministero dell'Economia nella Relazione sulla situazione economica del Paese. Tra gli aumenti più consistenti quelli per le tariffe dell'acqua potabile (+5,9%) e dei rifiuti (+4,5%). Più cari anche i biglietti dei treni e dei traghetti. Se in generale "nel 2009 l'inflazione è scesa ad un valore tra i più bassi - evidenzia il ministero dell'Economia - degli ultimi cinquant'anni", le tariffe hanno viaggiato "in controtendenza". I prezzi delle voci sottoposte a regolamentazione (tariffe energetiche escluse) "hanno infatti registrato fin dall'inizio dell'anno - si legge nella Relazione di via XX Settembre - una ripresa della dinamica di crescita, con tassi saliti da poco meno del 2% al 3,5% circa di fine 2009". Il rincaro delle tariffe ha riguardato sia quelle "controllate a livello nazionale, sia quelle regolate localmente". Se l'aumento generale può risultare contenuto (+1,3%) perchè comprensivo del calo delle tariffe energetiche, spiccano gli aumenti di molte delle voci: dal +7,3% dei traghetti al +4,6% dei biglietti dei treni, dal +5,6% dei servizi postali fino al +4,4% per i biglietti di ingresso ai musei. "Tra le voci più importanti per i bilanci delle famiglie - si legge nel dossier del ministero dell'Economia - la dinamica inflazionistica si è confermata notevolmente sostenuta, oltre che in accelerazione, per gli esborsi relativi all'acqua potabile e ai costi della raccolta dei rifiuti urbani: nel caso della prima la crescita media annua è risultata appena inferiore al 6%, mentre per la seconda voce è stata del 4,5%". Nella media del 2009, la crescita dei prezzi per l'insieme delle tariffe non energetiche è stata del 2,5%, in aumento rispetto al 2,1% del 2008 e oltre un punto e mezzo più elevata - rileva il Tesoro - rispetto a quella dell'indice generale.

(Fonte Ansa)

 

11 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-07

Industria: +8,2% in un anno, +0,6% su base mensile

Istat, in Italia ripartono Pil

e produzione industriale

Prodotto interno lordo: +1,1% nel secondo trimestre

su base annua, +0,4% su base mensile

Industria: +8,2% in un anno, +0,6% su base mensile

Istat, in Italia ripartono Pil

e produzione industriale

Prodotto interno lordo: +1,1% nel secondo trimestre

su base annua, +0,4% su base mensile

ROMA - Il prodotto interno lordo dell'Italia nel secondo trimestre del 2010 è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell'1,1% rispetto allo stesso periodo del 2009. Lo comunica l'Istat nella stima preliminare. L'incremento su base annua è il valore più alto dall'inizio della crisi. Per trovare un valore superiore - secondo quanto risulta dalle tabelle dell'Istat - bisogna tornare al +1,5% segnato nel terzo trimestre del 2007.

SU INDUSTRIA E SERVIZI - La crescita congiunturale del Pil (+0,4%, dati corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzati) è il risultato di un aumento del valore aggiunto dell'industria e dei servizi e di una diminuzione per l'agricoltura. Il secondo trimestre del 2010, precisa l'istituto di statistica, ha avuto una giornata lavorativa in più sia rispetto ai tre mesi precedenti sia nel confronto con lo stesso periodo del 2009. Ad aprile-giugno, inoltre, il prodotto interno lordo è aumentato rispetto al trimestre precedente dell’1,1% nel Regno Unito e dello 0,6% negli Stati Uniti. Su base annua, invece, il Pil è cresciuto del 3,2% negli Usa e dell’1,6% in Gran Bretagna.

PRODUZIONE INDUSTRIALE - Tornando in Italia, la produzione industriale a giugno ha registrato un aumento dell'8,2% (indice corretto per gli effetti di calendario) rispetto allo stesso mese del 2009 e dello 0,6% rispetto a maggio 2010. Si tratta, comunica l'Istat, del migliore risultato tendenziale dal dicembre del 2000. L'istituto precisa che la variazione dell'indice grezzo su base annua è dell'8,1%.

AUTO - In particolare, a giugno è cresciuta del 7,5% rispetto allo stesso mese del 2009 la produzione di autoveicoli. Nel primo semestre ha messo a segno un aumento del 7,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Si tratta di dati corretti per effetti di calendario (+7,6% dato grezzo per giugno, +8,6% dato grezzo del primo semestre).

CISL - "I dati sulla produzione industriale - spiega il segretario confederale della Cisl, Luigi Sbarra - pur confermando la tendenza al consolidamento della ripresa, segnano ancora una perdita di oltre 17 punti di produzione rispetto ai livelli di due anni fa e l'assenza di ricadute positive sulla occupazione".

06 agosto 2010(ultima modifica: 07 agosto 2010)

 

 

 

i dati della crescita

Serve uno scatto

i dati della crescita

Serve uno scatto

Commentando i dati Istat sul Pil il ministro Renato Brunetta ieri ha avuto il coraggio di indicare implicitamente un target: da qui al 2011 dobbiamo crescere a un ritmo del 2%. Ha poi aggiunto che il +1,1% fatto registrare nel secondo trimestre 2010 dimostra che siamo già sulla buona strada. E proprio così? O Brunetta pecca di generosità? Francamente è presto per dirlo, perché senza voler sottovalutare (anzi) il dato del Pil e quello ancora più incoraggiante relativo alla produzione industriale di giugno (+8,2% rispetto a un anno fa), possiamo sì affermare che stiamo uscendo dalla crisi, ma non possiamo ancora sostenere di esser guariti da quella malattia che ci ha visto crescere per anni al ritmo dello "zero e qualcosa ". La velocità è dunque decisiva e la prossima settimana, quando avremo dall’Eurostat il quadro riepilogativo dei nostri partner, potremo fare le dovute comparazioni. Oggi, in base ai dati resi noti, sappiamo che stiamo uscendo dalla recessione più velocemente degli spagnoli e più lentamente di inglesi e americani. Qualcosa vorrà pur dire. Se non altro si conferma una certa attitudine del mondo anglosassone a vivere cicli di caduta e risalita più ravvicinati e intensi.

E’ giudizio pressoché unanime che il merito della ripartenza dell’economia sia innanzitutto delle imprese esportatrici, di quelle che si sono saldamente rimesse nella scia dell’industria tedesca, di quelle che hanno cominciato a vendere nei Paesi emergenti e di quelle che, approfittando del dollaro forte dei mesi scorsi, sono riuscite a portare a casa qualche buona performance negli States. Ma a dimostrazione che la via della ripresa è lastricata di contraddizioni basta ragionare sull’andamento dell’euro. Nei mesi scorsi scendendo nei confronti del dollaro ha aiutato il made in Italy, adesso però per effetto delle politiche di risanamento dei governi della Ue la moneta comune è risalita e la tendenza è stata interpretata positivamente dai commentatori, che hanno visto allontanarsi l’ombra della speculazione. Per le nostre aziende però è ridiventato difficile vendere negli Usa.

La metafora dell’euro ci porta dritto al nodo irrisolto dello sviluppo italiano. Come conciliare le sacrosante politiche del rigore con una crescita sostenuta, come quella indicata da Brunetta? Molti sono convinti che la coesione sociale — bene che va tutelato specie in vista di una forte turbolenza politica autunnale—dipenda proprio dalla combinazione di quei fattori e non a caso gli stessi guardano con una certa apprensione alle decine di crisi aziendali irrisolte, alle numerose aziende "lungodegenti". Sulla scia di queste preoccupazioni una tendenza che va prendendo piede in ambienti assai diversi tra loro chiede un mix di interventi tra politica industriale e liberalizzazioni. Il ministro Giulio Tremonti, dal canto suo, ha di fatto risposto che in fondo un ministro dello Sviluppo economico non serve, "c’è già quello della Semplificazione ". E ha subito dopo aggiunto che l’unico capitolo di spesa che riaprirebbe riguarda la ricerca. Ma quest’ultima, come del resto la politica delle infrastrutture, tra i mille pregi ha un difetto non trascurabile: i risultati arrivano dopo anni. E l’Italia ha bisogno di riprendere a correre presto, molto presto. Dopo le ferie varrà la pena discuterne, con la stessa passione oggi riservata ad altre materie.

Dario Di Vico

07 agosto 2010

2010-08-06

Industria: +8,2% in un anno, +0,6% su base mensile

Istat, in Italia ripartono Pil

e produzione industriale

Prodotto interno lordo: +1,1% nel secondo trimestre

su base annua, +0,4% su base mensile

Industria: +8,2% in un anno, +0,6% su base mensile

Istat, in Italia ripartono Pil

e produzione industriale

Prodotto interno lordo: +1,1% nel secondo trimestre

su base annua, +0,4% su base mensile

ROMA - Il prodotto interno lordo dell'Italia nel secondo trimestre del 2010 è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell'1,1% rispetto allo stesso periodo del 2009. Lo comunica l'Istat nella stima preliminare. L'incremento su base annua è il valore più alto dall'inizio della crisi. Per trovare un valore superiore - secondo quanto risulta dalle tabelle dell'Istat - bisogna tornare al +1,5% segnato nel terzo trimestre del 2007.

SU INDUSTRIA E SERVIZI - La crescita congiunturale del Pil (+0,4%, dati corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzati) è il risultato di un aumento del valore aggiunto dell'industria e dei servizi e di una diminuzione per l'agricoltura. Il secondo trimestre del 2010, precisa l'istituto di statistica, ha avuto una giornata lavorativa in più sia rispetto ai tre mesi precedenti sia nel confronto con lo stesso periodo del 2009. Ad aprile-giugno, inoltre, il prodotto interno lordo è aumentato rispetto al trimestre precedente dell’1,1% nel Regno Unito e dello 0,6% negli Stati Uniti. Su base annua, invece, il Pil è cresciuto del 3,2% negli Usa e dell’1,6% in Gran Bretagna.

PRODUZIONE INDUSTRIALE - Tornando in Italia, la produzione industriale a giugno ha registrato un aumento dell'8,2% (indice corretto per gli effetti di calendario) rispetto allo stesso mese del 2009 e dello 0,6% rispetto a maggio 2010. Si tratta, comunica l'Istat, del migliore risultato tendenziale dal dicembre del 2000. L'istituto precisa che la variazione dell'indice grezzo su base annua è dell'8,1%.

AUTO - In particolare, a giugno è cresciuta del 7,5% rispetto allo stesso mese del 2009 la produzione di autoveicoli. Nel primo semestre ha messo a segno un aumento del 7,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Si tratta di dati corretti per effetti di calendario (+7,6% dato grezzo per giugno, +8,6% dato grezzo del primo semestre).

CISL - "I dati sulla produzione industriale - spiega il segretario confederale della Cisl, Luigi Sbarra - pur confermando la tendenza al consolidamento della ripresa, segnano ancora una perdita di oltre 17 punti di produzione rispetto ai livelli di due anni fa e l'assenza di ricadute positive sulla occupazione".

06 agosto 2010

 

 

 

 

IL PATTO DI STABILITÀ mette in ginocchio le amministrazioni locali

Comuni: debiti per oltre 62 miliardi

Allarme della Corte dei Conti per la crescita

degli squilibri finanziari degli enti locali. Nelle province

è aumentato di 11,5 miliardi

IL PATTO DI STABILITÀ mette in ginocchio le amministrazioni locali

Comuni: debiti per oltre 62 miliardi

Allarme della Corte dei Conti per la crescita

degli squilibri finanziari degli enti locali. Nelle province

è aumentato di 11,5 miliardi

MILANO - Gli enti pubblici hanno risentito della politica finanziaria di rigore volta al risanamento finanziario. Cresce il debito dei Comuni e raggiunge la cifra di 62 miliardi di euro. Cresce ancor di più, rispetto all’esercizio precedente, il debito delle Province attestandosi ad 11,5 milairdi di euro. A lanciare l'allarme è la Corte dei Conti in una relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali nel biennio 2008-2009. "Il debito finanziario dei Comuni - si legge nella relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali relativa agli esercizi 2008-2009 e di recente trasmessa al Parlamento- supera i 62 milardi di euro e cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle province che raggiunge quasi 11,5 miliardi. La sostenibilità del debito, considerando sia il peso degli interessi sia quello delle quote capitale risulta nel complesso dei comuni critica, in quanto parte dell'onere è coperto con risorse di natura straordinaria". Cresce pure il numero degli enti locali in disavanzo: nel 2008 sono di numero crescente (da 63 a 82 enti) rispetto agli esercizi precedenti e l'ammontare del disavanzo complessivo aumenta di oltre il 20%. "La situazione - si legge nella nota dei giudici contabili - non appare nel complesso incoraggiante, risultando in aumento gli enti interessati e le situazioni di alcuni di essi appaiono allarmanti". L'obiettivo del patto di stabilità è stato "sostanzialmente conseguito" nel corso del 2009, ma a risentirne maggiormente è stata la spesa d'investimento. Gli enti di autonomia territoriale, osserva la Corte dei Conti, "sono stati coinvolti nella politica di rigore volta al risanamento finanziario dei conti pubblici".

OBIETTIVI RAGGIUNTI - Per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti, la principale linea direttrice è stata costituita dal rispetto del "patto di stabilità interno" che agli enti locali assegnava principalmente il compito di controllare la crescita della spesa corrente e di quella in conto capitale. L'obiettivo è stato "sostanzialmente conseguito nel complesso del comparto delle autonomie locali, anche se ne ha risentito maggiormente la spesa d'investimento". La situazione complessiva è quindi "peggiore di quella del 2008 e molti comuni delle classi di popolazione meno numerose risultano inadempienti". Si sono dispiegati solo "parzialmente" gli effetti della riforma del titolo V della Costituzione, mentre "stenta ad avviarsi il "federalismo fiscale" dal quale potrebbe derivare una maggiore responsabilità di entrata e di spesa". Per gli enti locali si evidenzia quindi "una difficile situazione complessiva, con maggiori difficoltà rispetto all'esercizio precedente anche a fronte di un apporto ridotto delle entrate correnti proprie che continuano a decrescere". Resta infine "sempre arduo lo stretto controllo della spesa corrente, ma - rileva l'indagine - l'assenza dei rinnovi dei contratti del personale contribuisce al contenimento".

Redazione Online

06 agosto 2010

 

2010-08-04

Terna, crescita record dei consumi elettrici a luglio (+5,4% )

Nei primi sette mesi del 2010 c'è stato un aumento del 2,5%. Punta massima di potenza richiesta il 16 luglio

I DATI

Terna, crescita record dei consumi elettrici a luglio (+5,4% )

Nei primi sette mesi del 2010 c'è stato un aumento del 2,5%. Punta massima di potenza richiesta il 16 luglio

(Ansa)

(Ansa)

MILANO - Crescita record per i consumi elettrici a luglio. La quantità di energia elettrica richiesta in Italia è aumentata del 5,4% a luglio rispetto allo stesso mese del 2009, toccando quota 31,5 miliardi di kWh.

LA PUNTA - Si tratta del massimo aumento segnato nel corso dell'anno dai consumi elettrici anche perché si è registrato nel mese un picco di potenza venerdì 16 quando alle 12 il consumo ha superato dell'8,8% il valore registrato alla punta del corrispondente mese dell'anno precedente. Lo comunica Terna aggiungendo che nei primi sette mesi del 2010, la domanda di energia elettrica ha avuto un incremento del 2,5% rispetto al corrispondente periodo del 2009; a parità di calendario il risultato è invariato. (fonte: Ansa)

04 agosto 2010

 

 

 

 

 

 

2010-08-03

Lavoro Negli ultimi 30 anni c'era stata una crescita media dell'1,2%

Crolla la produttività: -2,7% in due anni

I dati Istat relativi al biennio 2007-2009. Già dal 2000 un calo dello 0,5 annuo

Lavoro Negli ultimi 30 anni c'era stata una crescita media dell'1,2%

Crolla la produttività: -2,7% in due anni

I dati Istat relativi al biennio 2007-2009. Già dal 2000 un calo dello 0,5 annuo

ROMA - La produttività del lavoro italiano arranca: negli ultimi 30 anni è cresciuta ad una media annua dell'1,2% e già nell'ultimo decennio (2000/2009) il suo valore è risultato negativo dello 0,5% ogni anno. Ma nel periodo 2007-2009, pur in presenza di una sensibile caduta del monte ore lavorato, la produttività ha fatto registrare un vero e proprio crollo: -2,7 per cento in media d'anno. Lo rileva l'Istat che oggi ha reso note le serie storiche riferite a diverse misure di produttività per gli anni 1980-2009.

GLI INVESTIMENTI NON ITC - Dai dati Istat emerge inoltre il contributo rilevante alla produttività fornito dal capitale, soprattutto negli investimenti non Itc, e il fatto che tra tutti i settori produttivi, l'agricoltura sia l'unico che non ha mostrato andamenti negativi nè nell'ultimo decennio, nè nell'ultimo triennio. Negli anni 1980-2009 la produttività totale dei fattori è cresciuta dello 0,4% in media annua a fronte di un incremento dell'1,4% del valore aggiunto e dello 0,9% degli input produttivi, e cioè lavoro e capitale. A partire dal 2000 si evidenziano tre fasi in cui la dinamica presenta andamenti differenziati: un andamento negativo negli anni 2000-2003, (-1,3% in media d'anno), una dinamica moderatamente positiva negli anni 2003-2007 (0,6% la media annua) e una decisa riduzione nel periodo 2007-2009 (-3,4 per cento in media d'anno). L'analisi Istat del contributo alla dinamica della produttività del lavoro fornito dal capitale per ora lavorata e dalla produttività totale dei fattori evidenzia inoltre che tra il 1980 e il 2009 alla crescita media annua dell'1,2 per cento della produttività del lavoro, il capitale per ora lavorata ha contribuito per 0,7 punti percentuali, pari al 52% della crescita complessiva. Tale contributo può essere a sua volta scomposto nell'apporto alla crescita fornito dal capitale Information and Communication Technology , pari a 0,1 punti percentuali (12%) e in quello del capitale Non-ICT, pari a 0,6 punti percentuali (50%). L'apporto proveniente dalla produttività totale dei fattori è stato di 0,4 punti percentuali (pari al 38% della crescita della produttività del lavoro). Nella media degli anni 2000-2009, l'accumulazione di capitale per ora lavorata ha apportato un contributo positivo (0,4%) alla dinamica della produttività del lavoro che è stata, invece, influenzata in maniera determinante dall'andamento sfavorevole della produttività totale dei fattori, pari a -0,9 punti percentuali.

BENE AGRICOLTURA, MALE INDUSTRIA - Il calo della produttività del lavoro che ha caratterizzato il periodo 2000-2009 riflette tassi di crescita negativi in tutti i settori ad eccezione dell'Agricoltura, silvicoltura e pesca (+0,7% in media annua). Negli altri settori la produttività del lavoro è diminuita con tassi compresi tra -0,5 e -1,0%. Nel periodo 2007-2009, infine, la dinamica della produttività del lavoro è stata marcatamente negativa in tutti i settori ad eccezione dell'Agricoltura, silvicoltura e pesca (+1,6 per cento in media annua), con una contrazione particolarmente rilevante nel settore dell'Industria in senso stretto: -3,9% contro una crescita dell'1,3%o nel 2003-2007.

(Fonte: Ansa)

03 agosto 2010

 

 

 

CONTI PUBBLICI

Fabbisogno, cala a 43,1 miliardi

nei primi 7 mesi del 2010

A luglio avanzo di circa 2,7 miliardi, in miglioramento di circa 6,3 mld rispetto a luglio 2009

CONTI PUBBLICI

Fabbisogno, cala a 43,1 miliardi

nei primi 7 mesi del 2010

A luglio avanzo di circa 2,7 miliardi, in miglioramento di circa 6,3 mld rispetto a luglio 2009

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Eidon)

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Eidon)

MILANO - A luglio il settore statale ha fatto registrare un avanzo pari, in via provvisoria, a circa 2,7 miliardi, in miglioramento di circa 6,3 mld rispetto a luglio 2009 quando il fabbisogno fu di 3,6 mld. Il fabbisogno migliora anche facendo riferimento ai primi sette mesi dell'anno: è stato di 43,1 miliardi, inferiore di 10,5 mld rispetto allo stesso periodo del 2009 quando fu di 53,6 mld.

INTERESSI SUL DEBITO - In una nota, il Tesoro spiega che "il miglioramento del saldo del settore statale registrato nel mese di luglio 2010 rispetto a quello dello scorso anno sconta, dal lato dei pagamenti, un minore onere per interessi sul debito, un rallentamento nella dinamica dei prelievi delle Amministrazioni locali dai conti della tesoreria statale, infine la mancata erogazione a favore delle Cei, già effettuata nel mese di giugno 2010". (Fonte: Agi)

 

02 agosto 2010(ultima modifica: 03 agosto 2010)

 

 

2010-08-02

le cifre dell'associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia

Mercato dell'auto, l'allarme:

"A luglio un vero disastro: -26%"

Le stime di Federauto: "Crollo delle immatricolazioni del 26%. Italia in controtendenza rispetto agli Usa"

le cifre dell'associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia

Mercato dell'auto, l'allarme:

"A luglio un vero disastro: -26%"

Le stime di Federauto: "Crollo delle immatricolazioni del 26%. Italia in controtendenza rispetto agli Usa"

MILANO - Il mercato dell'auto a luglio si rivelerà un "vero disastro", con un crollo delle immatricolazioni del 26%. Lo afferma, alla vigilia dei dati ufficiali che verranno pubblicati lunedì, Federauto, che chiede al governo di intervenire. "Negli Usa - spiega Filippo Pavan Bernacchi, presidente della neonata associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia - Obama visita lo stabilimento Chrysler ed elogia Sergio Marchionne che riceve, nel contempo, consensi dagli operai. Obama si spinge a rivendicare di aver varato la legge sulla rottamazione: "Che ha salvato almeno 100 mila posti di lavoro, permettendo nel contempo di realizzare auto e camion che consumando meno ci porteranno verso un futuro di indipendenza energetica". In Italia è il contrario". Il numero uno dei concessionari italiani continua: "Secondo le nostre stime, oramai molto precise, luglio consuntiva un altro -26%. Un vero disastro per tutti! Questo dato si avvicina molto alla realtà perchè sembra che i principali Costruttori abbiamo finalmente tolto il piede dalle chilometri zero. Questo perchè non si può continuare all'infinito ad autoimmatricolarsi vetture per dimostrare dati di quota non veritieri. E infatti il mercato a privati, quello non inquinabile da autoimmatricolazioni, vede una flessione attorno al -30%. E si continua così oramai da qualche mese nell'indifferenza del governo".

"IL PREMIER PRENDA IN MANO LA SITUAZIONE" - Bavan Bernacchi precisa: "Servirebbe che il presidente del Consiglio prendesse in mano la situazione. Un altro: "Ghe pensi mi". Da un lato rinnovando dei bonus pluriennali per svecchiare il parco auto e incentivare le vetture a basso impatto ambientale; in primis quelle alimentate a GPL e a Metano. Dall'altro, varando una politica seria per riallineare la tassazione delle vetture aziendali agli altri paesi europei. C'è una differenza enorme a nostro sfavore e le poche aziende che potrebbero acquistare auto, veicoli commerciali e industriali, sono costrette a mantenere i propri parchi, anche obsoleti, non sicuri e inquinanti". Oramai, prosegue Federauto, "il trend post-incentivi è confermato: lo Stato introiterà circa 2 miliardi di imposte a vario titolo in meno, i concessionari devono agire sui costi del personale sopprimendo circa 15.000 posti di lavoro, cui se ne aggiungeranno almeno 30.000 dell'indotto. Un vero effetto domino di cui nessuno conosce le esatte dimensioni". Il presidente di Federauto continua: "Allo Stato italiano chiediamo che prenda subito in considerazione misure a supporto del mercato auto. Sarebbero "a costo zero", perchè si pagherebbero, sia con le imposte sulle auto aggiuntive, sia con riduzione delle spese mediche legate alla cattiva qualità dell'aria e la diminuzioni di morti e feriti per gli incidenti stradali. Inoltre ci sarebbe un minor ricorso agli ammortizzatori sociali che stanno drenando molte risorse statali. Questo si otterrebbe, come dice Obama, incentivando l'acquisto di auto che consumano e inquinano meno, e sono molto più sicure con dotazioni moderne come le scocche a deformazione progressiva, l'ABS, l'ESP e gli Airbag." C'è poi tutta la questione della Fiat e della produzione delle auto in Italia. Pavan Bernacchi: "È importante che Fiat resti a produrre in Italia. Per questo serve un atteggiamento totalmente diverso di certi sindacati. In questo momento produrre in Europa non conviene più e tutti stanno smobilitando gli stabilimenti italiani per delocalizzare. Vogliamo rendercene conto e tornare a competere sul mercato del lavoro internazionale? Continuando così avremmo dei bei contratti ma, purtroppo, pochissimi ne potranno godere perchè disoccupati. Prendiamo esempio dai lavoratori targati Usa. È il momento". (Fonte Agi)

 

01 agosto 2010(ultima modifica: 02 agosto 2010)

 

 

 

2010-07-29

L'Istat: "salari di giugno aumentati del 2,5% rispetto allo stesso mese del 2009"

Salgono retribuzioni e fiducia,

tranne quella dei commercianti

Isae: "Aspettative favorevoli sulla domanda e sulla situazione economica del paese"

L'Istat: "salari di giugno aumentati del 2,5% rispetto allo stesso mese del 2009"

Salgono retribuzioni e fiducia,

tranne quella dei commercianti

Isae: "Aspettative favorevoli sulla domanda e sulla situazione economica del paese"

MILANO - Salgono le retribuzioni e, almeno in parte, anche la fiducia delle imprese. Le retribuzioni contrattuali orarie nel mese di giugno sono aumentate del 2,5% rispetto allo stesso mese del 2009 e dello 0,1% rispetto a maggio. Lo comunica l'Istat, ricordando che l'inflazione a giugno ha segnato un +1,3%. La crescita registrata dalle retribuzioni nel periodo gennaio-giugno 2010, rispetto al corrispondente periodo del 2009, è così del 2,3%. Guardando ai diversi settori, nel mese di giugno, a fronte di una variazione tendenziale media del +2,5%, i comparti che presentano i rialzi più elevati sono "alimentari, bevande e tabacco" (+2,5%), "telecomunicazioni" (+4,5%), "energia e petroli" (+4,4%), "regioni e autonomie locali" e "Servizio sanitario nazionale" (+4% per entrambi). Gli incrementi minori si osservano, invece, per "ministeri, scuola, forze dell'ordine e militari difesa" (in tutti i casi l'aumento è stato dello 0,3%). Sulla base delle disposizioni definite dai contratti in vigore alla fine del mese di giugno 2010, l'Istat calcola che gli indici delle retribuzioni orarie contrattuali per l'intera economia, proiettato per l'anno 2010, nella media dell'anno registrerebbero un rialzo del 2,1%. Mentre con riferimento al semestre luglio-dicembre, in assenza di rinnovi, il tasso di crescita tendenziale dell'indice generale scenderebbe progressivamente dal 2,4% di luglio all'1,4% di dicembre.

CRESCE LA FIDUCIA TRANNE QUELLA DEI COMMERCIANTI - Migliora il quadro della fiducia delle imprese nel settore dei servizi, delle costruzioni e della manifattura, mentre peggiora quella dei commercianti italiani. È quanto emerge dalle consuete inchieste dell'Isae, che mostrano come a luglio la fiducia nei servizi di mercato sia salita da 95,5 a 98,9, grazie "ad aspettative favorevoli sulla domanda e al recupero delle aspettative generali sulla situazione economica del paese". Sul fronte della manifattura, l'indice sale a luglio da 96,3 a 98,3, tornando ai valori del giugno 2008, grazie "al netto recupero degli ordini e della domanda". A giugno la fiducia delle imprese di costruzione sale da 71,5 a 72,8, anche se i segnali sono contrastanti: migliorano le prospettive sull'occupazione ma calano i giudizi sul piano di costruzione. In controtendenza, la fiducia dei commercianti, che scende a luglio da 103 a 99,4, "su valori nettamente inferiori rispetto a quelli medi registrati nel corso del primo semestre". Rispetto alla precedente rilevazione, sottolinea l'Isae, "calano sia i giudizi che le aspettative sulle vendite e sono giudicate in accumulo le giacenze di magazzino".

 

29 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-07-22

Famiglie, calano il reddito e gli acquisti

La più bassa capacità di risparmio dagli anni Novanta

Continuano a diminuire anche i consumi

DATI ISTAT

Famiglie, calano il reddito e gli acquisti

La più bassa capacità di risparmio dagli anni Novanta

Continuano a diminuire anche i consumi

ROMA - Meno 2,6%. E' il calo del reddito delle famiglie italiane, registrato dall'Istat nel 2009 rispetto al 2008. Considerando anche l'andamento dei prezzi, l'istituto rileva una flessione del 2,5% del potere d'acquisto. Le cifre sono state fornite nell'ambito delle statistiche in breve sui "conti economici nazionali". Il calo del reddito - rileva ancora l'Istat - ha comportato anche un "forte contenimento" nei consumi sia in termini nominali (-1,9%) sia in termini di quantità (-1,8% dopo la riduzione di 0,8% dell'anno precedente). Le famiglie, inoltre, mettono via meno soldi: la loro capacità di risparmio - rileva l'istituto - si è assottigliata di ulteriori 0,7 punti percentuali all'11,1%, "il valore più basso dall'inizio degli anni Novanta". Anche considerando la componente accumulata nelle riserve dei fondi pensione come pure il trattamento di fine rapporto (Tfr) maturato, il risparmio risulta comunque diminuito: meno 8,4% rispetto al 2008, quando era aumentato dello 0,7 %.

PICCOLE IMPRESE - L'Istat lancia l'allarme anche sul fronte occupazione. Nelle piccole imprese (classificate nel settore delle famiglie produttrici) sono stati persi in due anni 210.000 posti di lavoro. Nel complesso il settore, indebitato pur se per importi modesti, ha chiuso il 2009 con un accreditamento di oltre 5,5 miliardi di euro (0,4% del Pil), rispetto al sostanziale pareggio registrato nel 2008. Il valore aggiunto del comparto, inoltre - cioè la ricchezza prodotta dal settore -, è calato nel 2009 dell'1,8%.

22 luglio 2010

 

 

 

 

onfindustria: "Ripresa globale frena

Ma in Italia è alla velocità di punta"

Nel secondo trimestre dell'anno si stima un aumento del Pil dello 0,6%. "Ma il ritmo del recupero rallenterà"

*

NOTIZIE CORRELATE

*

In calo il reddito delle famiglie. Giù anche risparmi e consumi (22 luglio 2010)

Le previsioni del centro studi di Confindustria

Confindustria: "Ripresa globale frena

Ma in Italia è alla velocità di punta"

Nel secondo trimestre dell'anno si stima un aumento del Pil dello 0,6%. "Ma il ritmo del recupero rallenterà"

ROMA - "In Italia la ripresa è alla velocità di punta" e per il secondo trimestre il Centro studi di Confindustria stima un aumento del Pil dello 0,6% rispetto al trimestre precedente, dopo il +0,4% di inizio anno. La produzione industriale - sottolinea ancora il Csc nella "Congiuntura flash" - sale al 2,5%, sempre nel secondo trimestre, come variazione media, dall'1,7% dei primi tre mesi. Il ritmo del recupero, però, afferma il Csc, è destinato a rallentare, restando su buoni livelli ma non altrettanto alti. "L'anticipatore Ocse è sceso in maggio (-0,3%) per il quarto mese di fila e indica rallentamento su ritmi sostenuti", rileva.

RIPRESA GLOBALE IN FRENATA - Nel complesso le prospettive economiche, per il Centro studi Confindustria, non sono comunque incoraggianti: "La ripresa globale è destinata a frenare: dopo la potente accelerazione, superiore alle attese nella prima metà 2010, i prossimi mesi si delineano di assestamento su ritmi comunque elevati, senza rischi di ricadute recessive". In Italia, però, si legge nella nota, "ha accelerato il recupero della produzione industriale: +1,1% in giugno su maggio (stima CsC), +13,0% annualizzato negli ultimi tre mesi. Sale al 2,5% la variazione media nel secondo trimestre, dall'1,7% nel primo ed è coerente con un forte aumento del PIL, dopo il +0,4% di inizio anno. Fatturato e ordinativi corrono, dall'estero a un passo triplo rispetto a quelli dall'interno". A livello globale, secondo il CsC, il rallentamento è evidente in Usa e Cina. Nei primi è l'effetto temuto della fine di incentivi (immobiliare) e della fragilità dei conti delle famiglie, ma la redditività delle imprese è alta e sosterrà gli investimenti. Nella seconda è la conseguenza voluta delle misure restrittive anti surriscaldamento.

EUROPA - Nell'area euro la decelerazione è solo negli indici anticipatori; i dati congiunturali mostrano ancora rapidità di recupero dell'attività (+3,8% gli ordini in maggio; 56,7 il Pmi composito in luglio, da 56,0), soprattutto in Germania. In Italia si accentua la velocità di incremento di produzione, fatturato, ordini ed export, specie dai mercati extra-Ue: il grande traino viene da lì. La debolezza dei consumi accomuna le economie europee e americana ed è legata all'andamento fiacco dell'occupazione che incide su fiducia e potere d'acquisto delle famiglie; ma sono indicatori ritardati. La divaricazione tra costo del lavoro e produttività, aperta dalla crisi, non è stata ancora ricomposta nell'Eurozona; in Italia è più ampia della media e ciò comprime i margini e spinge a ristrutturare. Secondo Congiuntura flash, l'inflazione resterà bassa; il pericolo maggiore è semmai la deflazione; le dinamiche dei prezzi core denunciano perdita di competitività italiana. Le quotazioni delle materie prime, sotto i picchi di aprile, riflettono il minor dinamismo globale. Gli esiti delle aste dei titoli pubblici confermano che le paure di insolvenza sui debiti sovrani sono stati arginate. Tassi a breve più tesi e cambio dell'euro più forte tolgono slancio alla ripresa.

22 luglio 2010

 

 

 

 

I motivi economici alla base della scelta forzata per la maggior parte delle persone

Metà degli italiani non andrà in vacanza

La previsione di Federalberghi: aumenta la percentuale di coloro che trascorreranno l'estate a casa propria

I motivi economici alla base della scelta forzata per la maggior parte delle persone

Metà degli italiani non andrà in vacanza

La previsione di Federalberghi: aumenta la percentuale di coloro che trascorreranno l'estate a casa propria

Molti gli ombrelloni che rischiano di rimanere chiusi: Federalberghi prevede che metà degli italiani non andrà in vacanza (Ansa)

Molti gli ombrelloni che rischiano di rimanere chiusi: Federalberghi prevede che metà degli italiani non andrà in vacanza (Ansa)

ROMA - Quasi un italiano su due quest'estate resterà a casa. È la previsione di Federalberghi che ha realizzato un'indagine sulle vacanze estive 2010. Coloro che rimarranno a casa questa estate - precisa l'organizzazione - sarà il 46,3% della popolazione, in crescita rispetto al 43,8% dell'estate 2009.

I MOTIVI DELLA SCELTA - I motivi per i quali così tanti italiani non si muoveranno di casa, sono dovuti nel 54,9% dei casi a motivi economici, mentre la mancanza di soldi vera e propria è indicata dal 46,8% dei non "viaggiatori". Un altro 18,7% dichiara motivi familiari, il 18,5% denuncia motivi di lavoro ed il 16% parla di motivi di salute.

"POVERTA' TURISTICA" - "Si accresce, purtroppo, il solco tra chi può permettersi un periodo di vacanza estiva e chi no - commenta il presidente dell'associazione, Bernabò Bocca - e seppur il giro d'affari si accresca del 20% esso è semplicemente dovuto da un lato alla fiammata inflazionistica di tutto ciò che consente la movimentazione turistica e dall'altro all'incremento (da 10 a 12) dei giorni di permanenza fuori casa". "Da gennaio a giugno l'Istat ha infatti rilevato incrementi significativi di tutto ciò che consente la movimentazione dei turisti all'interno del nostro Paese: dalle autostrade (+5,5%) alle ferrovie (+12,7%), dalle benzine (+14,8%) agli altri carburanti (+13,3%), a fronte di una diminuzione dei prezzi degli alberghi nazionali mediamente dell'1%", rileva il numero uno di Federalberghi. "Inoltre la netta divisione -prosegue Bocca- tra chi può permettersi almeno un pernottamento fuori casa per vacanza durante il periodo estivo e chi no, è caratterizzato dal fatto che ben 1 italiano su 4 non fa vacanza per mancanza di soldi, sancendo la nascita di una nuova malattia del nostro sistema economico, definibile sinteticamente come "povertá turistica"".

Redazione online

22 luglio 2010

 

 

 

 

I dati Istat

Fatturato in crescita, il più alto dal 2008

Segnali di ripresa per l'industria italiana: a maggio l'incremento è stato dell'8,9% rispetto all'anno prima

I dati Istat

Fatturato in crescita, il più alto dal 2008

Segnali di ripresa per l'industria italiana: a maggio l'incremento è stato dell'8,9% rispetto all'anno prima

ROMA - Il fatturato degli autoveicoli a maggio è aumentato del 5,4% rispetto allo stesso mese del 2009, mentre gli ordini hanno registrato un rialzo del 10,3%. Lo rende noto l'Istat precisando che si tratta di dati grezzi.

A maggio il fatturato è cresciuto su base annua del 7,6% sul mercato nazionale (+0,9% su aprile) e del 12% su quello estero (+0,5% su aprile). Nel confronto tendenziale - fa sapere sempre l'Istat - relativo al periodo gennaio-maggio 2010, un fatturato ha segnato una variazione positiva del 6,2%.

Guardando ai settori di attività economica, a maggio, il fatturato ha registrato gli aumenti più significativi per "fabbricazioni di coke e prodotti petroliferi raffinati" (+28,5%), "metallurgie e fabbricazione di prodotti in metallo" (+21,6%), e "fabbricazioni di prodotti chimici" (+19,9%). Contrazioni, invece, si sono rilevate per i comparti "fabbricazioni di mezzi di trasporto" (-7,1%), "estrazioni di minerali da cave e miniere" (-5,9%) e "industrie alimentari, bevande e tabacco" (-1,3%). Quanto ai raggruppamenti principali di industrie, il fatturato è cresciuto del 28,8% per l'energia del 14,2% per i beni intermedi, del 2,7% per i beni di consumo e del 2,3% per i beni strumentali.

Per quanto riguarda il comparto autoveicoli, il fatturato a maggio è aumentato del 5,4% rispetto allo stesso mese del 2009, mentre gli ordini hanno registrato un rialzo del 10,3%. (Fonte: Ansa)

 

20 luglio 2010(ultima modifica: 21 luglio 2010)

 

 

2010-07-20

Fatturato in crescita, il più alto dal 2008

Segnali di ripresa per l'industria italiana: a maggio l'incremento è stato dell'8,9% rispetto all'anno prima

I dati Istat

Fatturato in crescita, il più alto dal 2008

Segnali di ripresa per l'industria italiana: a maggio l'incremento è stato dell'8,9% rispetto all'anno prima

ROMA - Il fatturato degli autoveicoli a maggio è aumentato del 5,4% rispetto allo stesso mese del 2009, mentre gli ordini hanno registrato un rialzo del 10,3%. Lo rende noto l'Istat precisando che si tratta di dati grezzi.

A maggio il fatturato è cresciuto su base annua del 7,6% sul mercato nazionale (+0,9% su aprile) e del 12% su quello estero (+0,5% su aprile). Nel confronto tendenziale - fa sapere sempre l'Istat - relativo al periodo gennaio-maggio 2010, un fatturato ha segnato una variazione positiva del 6,2%.

Guardando ai settori di attività economica, a maggio, il fatturato ha registrato gli aumenti più significativi per "fabbricazioni di coke e prodotti petroliferi raffinati" (+28,5%), "metallurgie e fabbricazione di prodotti in metallo" (+21,6%), e "fabbricazioni di prodotti chimici" (+19,9%). Contrazioni, invece, si sono rilevate per i comparti "fabbricazioni di mezzi di trasporto" (-7,1%), "estrazioni di minerali da cave e miniere" (-5,9%) e "industrie alimentari, bevande e tabacco" (-1,3%). Quanto ai raggruppamenti principali di industrie, il fatturato è cresciuto del 28,8% per l'energia del 14,2% per i beni intermedi, del 2,7% per i beni di consumo e del 2,3% per i beni strumentali.

Per quanto riguarda il comparto autoveicoli, il fatturato a maggio è aumentato del 5,4% rispetto allo stesso mese del 2009, mentre gli ordini hanno registrato un rialzo del 10,3%. (Fonte: Ansa)

20 luglio 2010

 

 

 

 

 

Napolitano: il mezzogiorno può contribuire alla ripresa dell'econo

"Una famiglia su cinque non può curarsi"

Il Colle: al Sud troppe inefficienze

Rapporto Svimez: un nucleo su cinque non può pagare il riscaldamento, a rischio povertà un meridionale su tre

Napolitano: il mezzogiorno può contribuire alla ripresa dell'econo

"Una famiglia su cinque non può curarsi"

Il Colle: al Sud troppe inefficienze

Rapporto Svimez: un nucleo su cinque non può pagare il riscaldamento, a rischio povertà un meridionale su tre

(Olympia)

(Olympia)

MILANO - Una famiglia meridionale su cinque non ha i soldi per andare dal medico e sempre una su cinque non si può permettere di pagare il riscaldamento. Lo rivela il rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2010. Secondo l'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, nel 2008 al 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per i vestiti e nel 16,7% dei casi si sono pagate in ritardo le bollette. Otto famiglie su 100 hanno rinunciato ad alimentari necessari, il 21% non ha avuto soldi per il riscaldamento (27,5% in Sicilia) e il 20% per andare dal medico (in Sicilia e Campania circa il 25%). Per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha inviato un telegramma proprio in occasione della presentazione del rapporto Svimez, serve una "profonda modifica" delle politiche di sviluppo per il sud perché il Mezzogiorno può contribuire alla ripresa dell'economia italiana. "L'obiettivo di ridurre gli effetti della crisi finanziaria nel breve periodo - spiega il capo dello Stato - è divenuto prioritario; in presenza di un ineludibile vincolo di contenimento del disavanzo pubblico si è operato uno spostamento di risorse di cui hanno sofferto le politiche di sviluppo come è dimostrato dalle ricadute sul quadro strategico nazionale 2007-2013 al quale sono state sottratte ingenti dotazioni e che registra, a metà del periodo di programmazione, gravi ritardi. I risultati complessivamente insufficienti delle politiche seguite in passato e la presenza di significative inefficienze rendono necessario un ripensamento e possono anche spingere ad una profonda modifica delle modalità e dello stesso impianto strategico degli interventi di sviluppo".

UN MERIDIONALE SU TRE A RISCHIO POVERTÀ - Secondo i numeri forniti da Svimez, quasi un meridionale su tre è (6 milioni 838mila persone in valore assoluto) a rischio povertà a causa di un reddito troppo basso, un rapporto che al Centro-Nord è di uno su dieci. Secondo il rapporto, il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese. Ed è da considerare che nel 47% delle famiglie meridionali vi è un unico stipendio, fetta che passa addirittura al 54% nel caso della Sicilia.

LA CRISI HA EROSO LA RICCHEZZA - Nel rapporto, l'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno spiega, infine, che la crisi ha eroso ulteriormente la ricchezza al Sud tanto che, colpito duramente dalla recessione, il Pil di quest'area del Paese nel 2009 è tornato ai livelli di 10 anni fa. Ma non solo: l'industria, il cui valore aggiunto è crollato del 15,8%, è addirittura "a rischio di estinzione". Nel corso del biennio 2008-2009 la crisi si è dunque abbattuta come una scure sull'occupazione nel meridione: l'industria del Mezzogiorno ha perso più di centomila occupati (-12%). (Fonte Ansa)

20 luglio 2010

 

 

2010-07-15

dato è stabile rispetto al 2008 ma crescono le difficoltà degli operai, soprattutto al Sud

Istat: due milioni di famiglie povere

Peggiorano le condizioni degli operai

Nel 2009 il 10,8% delle famiglie residenti in Italia in condizioni di povertà relativa

dato è stabile rispetto al 2008 ma crescono le difficoltà degli operai, soprattutto al Sud

Istat: due milioni di famiglie povere

Peggiorano le condizioni degli operai

Nel 2009 il 10,8% delle famiglie residenti in Italia in condizioni di povertà relativa

La protesta degli operai di Termini Imerese (Ansa)

La protesta degli operai di Termini Imerese (Ansa)

MILANO - In Italia, nel 2009, le famiglie in condizioni di povertà relativa sono state 2 milioni 657 mila e hanno rappresentato il 10,8% dei nuclei residenti nel nostro Paese: si tratta di 7 milioni 810 mila individui poveri, il 13,1% dell'intera popolazione. Il dato è pressoché stabile rispetto al 2008, visto che l’effetto della crisi è stato mitigato da due ammortizzatori (Cig e famiglia), ma la situazione si aggrava comunque tra gli operai e nel Mezzogiorno. Peggiorano infatti le condizioni delle famiglie povere del Sud e cresce la povertà assoluta (che misura i più poveri tra i poveri) di quelle operaie.

3 MILIONI IN CONDIZIONI DI POVERTÀ ASSOLUTA - Secondo i numeri forniti dall'Istituto di statistica, nel 2009, 1.162 mila famiglie (il 4,7% delle famiglie residenti) sono risultate in condizione di povertà assoluta per un totale di 3 milioni e 74 mila individui (il 5,2% dell'intera popolazione). Sia la povertà relativa, che quella assoluta, sono risultate sostanzialmente stabili rispetto al 2008, sia a livello nazionale sia a livello di singole ripartizioni. La soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile per persona, che nel 2009 è risultata di 983,01 euro (-1,7% rispetto al valore della soglia nel 2008). L'incidenza della povertà assoluta viene calcolata sulla base di una soglia di povertà che corrisponde alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, sono considerati essenziali a conseguire uno standard di vita minimamente accettabile.

SUD IN DIFFICOLTÀ - Il Mezzogiorno conferma gli elevati livelli di incidenza della povertà raggiunti nel 2008 (22,7% per la relativa e 7,7% per l’assoluta) e mostra un aumento del valore dell’intensità della povertà assoluta (dal 17,3% al 18,8%) dovuto al fatto che il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto pressoché identico, ma le loro condizioni medie sono peggiorate. L’incidenza di povertà assoluta aumenta, tra il 2008 e il 2009, per le famiglie con persona di riferimento operaia (dal 5,9% al 6,9%), mentre l’incidenza di povertà relativa per queste famiglie aumenta solo nel Centro (dal 7,9% all’11,3%). L’incidenza diminuisce invece a livello nazionale tra le famiglie con a capo un lavoratore in proprio (dall’11,2% all’8,7% per la povertà relativa, dal 4,5% al 3% per l’assoluta), più concentrate al Nord rispetto al 2008.

Redazione online

15 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

LA conferma DELL'ISTAT: fermo il dato congiunturale

Inflazione, a giugno rallenta (+1,3%)

Consumatori: " 390 euro a famiglia"

Benzina e Gasolio crescono meno del mese scorso, il Gpl invece a +21,3% sul 2009. Le associazioni: bloccare prezzi

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Rallenta l'inflazione a giugno (+1,3%) (30 giugno 2010)

LA conferma DELL'ISTAT: fermo il dato congiunturale

Inflazione, a giugno rallenta (+1,3%)

Consumatori: " 390 euro a famiglia"

Benzina e Gasolio crescono meno del mese scorso, il Gpl invece a +21,3% sul 2009. Le associazioni: bloccare prezzi

MILANO - L'inflazione a giugno è scesa al +1,3% annuo, rallentando rispetto al +1,4% di maggio. Lo comunica l'Istat,confermando le stime preliminari. L'istituto precisa che su base mensile i prezzi al consumo sono rimasti invariati. L'inflazione acquisita per il 2010, ovvero quella che si registrerebbe a fine anno nell'ipotesi che l'indice mantenga i livelli segnati a giugno, è pari al +1,2%. Al netto della componente energetica e degli alimentari freschi il tasso tendenziale di crescita dei prezzi al consumo si è attestato all'1,4%, in risalita di un decimo di punto percentuale rispetto al dato di maggio. Mentre l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca), che tiene conto anche delle riduzioni temporanee di prezzo come saldi e promozioni, ha registrato un aumento dello 0,1% su base mensile e del +1,5% su base annua. Tornando all'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività, il nuovo rallentamento dell'inflazione - spiega l'Istat - risente della flessione dei prezzi dei beni -0,1% rispetto a maggio, ed in particolare di quelli dei beni energetici (-0,5% su piano congiunturale). Per contro, un effetto di sostegno alla dinamica dei prezzi deriva dall'andamento di quelli relativi ai servizi (+0,1% su mese), che risulta influenzato dagli aumenti dei prezzi dei servizi relativi al trasporto (+0,1%) e di quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,2%). Guardando ai singoli capitoli di spesa variazioni tendenziali negative si sono verificate per le comunicazioni (-1%) e prodotti alimentari e bevande analcoliche (-0,3%). Mentre gli aumenti tendenziali più elevati si sono registrati per i trasporti (+3,7%) e istruzione (+2,5%). Su base mensile si sono verificate riduzioni per il capitolo dei trasporti (-0,3%), servizi sanitari e spese per la salute (-0,2%) e comunicazioni (-0,1%). Sempre a giugno gli aumenti congiunturali più significativi hanno riguardato ricreazione, spettacoli e cultura (+0,2%) ed altri beni e servi (+0,4%).

(Foto Nizzoli)

(Foto Nizzoli)

CARRELLO DELLA SPESA - A giugno il carrello della spesa è stato meno salato: per il raggruppamento dei prodotti acquistati con maggiore frequenza (dagli alimenti ai carburanti) i prezzi hanno registrato un aumento annuo dell'1,6%, in frenata rispetto al +2,1% di maggio; si tratta, infatti, del dato più basso da circa sei mesi. E su base mensile si è verificato un calo (-0,1%).

I CARBURANTI - Il prezzo della benzina verde a giugno si è attestato al +6,9% annuo, rallentando rispetto al +15,9% segnato a maggio; mentre si è registrato un calo dell'1,9% su base mensile. Per il gasolio da autotrazione si evidenzia un incremento tendenziale del 13,3% (+17,1% a maggio), invece il congiunturale è calato al -1,1%. Il Gpl è invece aumentato del 21,3 per cento rispetto a giugno 2009 e dello 0,3 per cento rispetto a maggio.

I CONSUMATORI - "La conferma del tasso di inflazione all'1,3% rappresenta, come sottolineiamo da tempo, un dato estremamente grave per la nostra economia e per il benessere delle famiglie. Mentre i consumi si contraggono, le vacanze sono sempre più un miraggio per la maggior parte delle famiglie, l'onda lunga di cassa integrazione e licenziamenti non accenna ad arrestarsi, incidendo sempre di più sulla capacità di acquisto delle famiglie, i prezzi in crescita dell'1,3% rappresentano un fattore completamente in controtendenza rispetto all'andamento economico". Lo sottolineano Federconsumatori e Adusbef commentando i dati sull'inflazione diffusi dall'Istat. "L'inflazione a questi livelli -spiegano le associazioni dei consumatori- desta grande preoccupazione viste le ricadute di 390 euro annui che comporterà per ogni famiglia, alimentando così quel circolo vizioso che, contraendo il potere di acquisto, contribuisce sempre di più alla caduta dei consumi, con conseguenze drammatiche sulla produzione e sull'intero sistema economico". "Di fronte e tale situazione è indispensabile intervenire, anche qui, andando controtendenza" affermano i presidenti di Adusbef e Federconsumatori, Rosario Trefiletti e Elio Lannutti. "Anziché aumentare le tariffe, ad esempio quelle autostradali, bisognerebbe - continuano - bloccare prezzi e tariffe, agendo, di pari passo, per eliminare e sanzionare le speculazioni". "Non dimentichiamo, infatti, -ricordano le associazioni dei consumatori- che anche alla luce delle misure inique prospettate dalla manovra del Governo, la stangata di aumenti nel 2010, così come calcolato dall'Osservatorio Nazionale Federconsumatori, toccherá quota 886 euro annui a famiglia. Per questo è urgente intervenire con una manovra che, oltre al risanamento, punti al rilancio della domanda di mercato ed al sostegno agli investimenti nei settori trainanti dell'economia, avviando così una vera ripresa e ristabilendo, contemporaneamente, equitá, senza intaccare i redditi già duramente provati di pensionati e lavoratori".

Redazione online

14 luglio 2010

 

 

 

 

 

IN AMERICA

La Fed rivede al ribasso le stime di crescita

A +3/3,5% rispetto al +3,2/3,7% precedentemente stimato. Pessimismo anche sulla disoccupazione

IN AMERICA

La Fed rivede al ribasso le stime di crescita

A +3/3,5% rispetto al +3,2/3,7% precedentemente stimato. Pessimismo anche sulla disoccupazione

MILANO - La Fed rivede al ribasso le stime di crescita per il 2010 a +3/3,5% rispetto al +3,2/3,7% precedentemente stimato. Lo afferma la Fed nella verbali della riunione di giugno. La banca centrale Usa, che è pessimista anche sulla disoccupazione (prevista all'8,3-8,7% per fine 2011), non esclude nuovi interventi di stimolo all'economia nel caso l'outlook peggiori. La ripresa economica rallenta e la Fed discute e valuta nuove misure di sostegno nel caso in cui le prospettive peggiorassero ulteriormente e in modo significativo. Nei verbali dell'ultima riunione, la banca centrale constata che la ripresa si è "un po' indebolita". "Se le prospettive dovessero peggiorare in modo evidente, il comitato valuterà quali nuove politiche di stimolo potrebbe essere appropriate". Al momento, comunque, dato un deterioramento delle condizioni economiche "relativamente modesto" non c'è alcun bisogno di interventi.

 

14 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-07-13

dalla fine del 2009 il valore è salito di 65,8 miliardi

Debito record a maggio: 1827,1 miliardi

Tremonti: "Ha importanza relativa"

Bankitalia: è aumentato di 15 miliardi rispetto al mese di aprile. Sale il gettito fiscale

dalla fine del 2009 il valore è salito di 65,8 miliardi

Debito record a maggio: 1827,1 miliardi

Tremonti: "Ha importanza relativa"

Bankitalia: è aumentato di 15 miliardi rispetto al mese di aprile. Sale il gettito fiscale

Giulio Tremonti

Giulio Tremonti

MILANO - Il debito pubblico italiano sale a maggio e tocca i 1.827,1 miliardi di euro, aumentando di 15 miliardi rispetto al mese precedente e raggiungendo un nuovo record in valori assoluti. Dalla fine del 2009 il valore del debito italiano è salito di 65,8 miliardi, segnando un incremento del 3,7%. È quanto riporta il supplemento Finanza Pubblica al bollettino statistico della Banca d'Italia. Ad aprile il debito si era attestato a 1.812,8 miliardi segnando già un incremento rispetto ai 1.797,7 miliardi del mese precedente.

RALLENTA IL CALO DELLE ENTRATE FISCALI - Tra gennaio e maggio, sempre secondo i dati forniti da Bankitalia, rallenta il calo delle entrate fiscali. Il gettito tributario ha segnato una contrazione dell'1,3%, riducendo la flessione che nei primi 4 mesi era stata dell'1,8%. È quanto emerge dai dati pubblicati dal supplemento Finanza Pubblica del Bollettino Statistico di Palazzo Koch. A maggio - al netto dei fondi speciali per la riscossione, cioè del gettito incassato ma non contabilizzato, il gettito mostra un incremento dello 0,7%: gli incassi contabilizzati ammontano a 28.239 milioni contro i 28.035 dello stesso mese del 2009.

TREMONTI: "NOMINALE HA IMPORTANZA RELATIVA" - Sul nuovo record del debito pubblico, è intervenuto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: "La rilevanza del debito pubblico a livello nominale - ha detto il responsabile del dicastero di via XX Settembre al termine del consiglio Ecofin di Bruxelles- è di importanza fondamentale ma non esclusiva". Poi, ha aggiunto, facendo riferimento alla bocciatura del rating sovrano portoghese di ben due "notch" sancita stamane da Moody's: "Non farei cambio con Paesi che hanno un debito pubblico meno elevato ma quello privato quattro volte il nostro". Lisbona, ha detto ancora, "ha un debito pubblico inferiore alla media euro". Oltre che del livello in sé, del debito vanno infatti monitorate sostenibilità e tendenza, ricorda Tremonti. Importanti aggregati di cui tener conto sono anche - come dimostra la reazione dei mercati finanziari - "debito delle famiglie, situazione del sistema bancario, commercio estero, bilancia dei pagamenti e sistema pensionistico". Secondo Tremonti si sta progressivamente consolidando anche a livello Ue l'idea di una più approfondita valutazione del debito, che tenga dunque conto delle diverse variabili da accostare al livello numerico. La lezione portoghese insegnerebbe così quanto più pericoloso per il rischio di "contagio" è l'indebitamento del settore privato rispetto a quello pubblico. Quanto infine agli odierni numeri di Banca d'Italia, che mostrano un calo delle entrate tributarie di cassa a maggio, Tremonti parla di dati nel complesso "in linea".

Redazione online

13 luglio 2010

 

 

 

a Trieste Per la nuova sede della scuola internazionale superiore di studi avanzati

Napolitano: "Il debito va ridotto,

non può pesare sui giovani"

Sulle Foibe: "Non possiamo mai essere prigionieri del passato" Università?: "Riforma necessaria"

a Trieste Per la nuova sede della scuola internazionale superiore di studi avanzati

Napolitano: "Il debito va ridotto,

non può pesare sui giovani"

Sulle Foibe: "Non possiamo mai essere prigionieri del passato" Università?: "Riforma necessaria"

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa)

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa)

TRIESTE - "Possiamo discutere delle scelte da fare e delle misure da adottare, ma non c’è dubbio che non possiamo continuare a far pesare sulle spalle dei giovani un debito pubblico così pesante". E’ il monito che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha lanciato da Trieste dove ha visitato la nuova sede della Scuola internazionale superiore di studi avanzati.

SCELTE CONDIVISE - Sull'attuale situazione politica Napolitano ha fatto presente il suo punto di vista. "Ci sono scelte su cui ci si divide e si contendono i consensi politici, ma ci sono alcune scelte che esigono condivisione e continuità", ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, realizzata appunto con condivisione fra schieramenti politici diversi, con consensi che non sono cambiati con l'alternarsi del colore delle amministrazioni pubbliche. "Sono le scelte - ha sottolineato Napolitano - non di breve ma di lungo periodo".

FOIBE - Napolitano poi ricorda di essere stato lui a voler celebrare al Quirinale negli ultimi tre anni la giornata del ricordo, dedicata ai profughi giuliani e alle vittime delle foibe, ed esorta da Trieste a "guardare avanti" perché "non possiamo mai essere prigionieri del passato". Con Slovenia e Croazia, due democrazie che fanno parte dell'Ue, bisogna arrivare ad un "livello superiore di collaborazione, perché ve ne sono tutte le condizioni", spiega inaugurando nel capoluogo giuliano la Sissa. Martedì sera, insieme ai presidenti dei due paesi ex Jugoslavi, presenzierà al "concerto per l'amicizia",, organizzato dal maestro Riccardo Muti. Nel pomeriggio renderà omaggio a due luoghi legati alle sofferenze subite dalla città nel corso del Novecento. Una giornata la cui organizzazione "c'è costata parecchia fatica", spiega, "abbiamo dovuto superare malintesi e preoccupazioni su ambo le sponde. Penso che abbiamo trovato però il giusto equilibrio".

UNIVERSITÀ - Infine il presidente della Repubblica ha colto l'occasione per parlare anche di Università: "Nessuno, neppure gli studenti, possono negare la necessità di una riforma del sistema universitario". Riforma e finanziamento dell'università e delle ricerca, ha aggiunto, "sono due facce della stessa medaglia". Il Capo dello Stato ha ricordato l'impegno del ministro Gelmini di discutere, subito dopo l'approvazione della riforma, del rifinanziamento del Fondo per l'università e la ricerca.

Redazione online

13 luglio 2010

 

 

 

ma tra il 2000 e il 2008 si segnala una sostanziale flessione

In Italia sommerso tra 255 e i 275 miliardi

Istat: nel 2008 il peso dell'economia sommersa era compreso tra il 16,3% e il 17,5% del Pil

ma tra il 2000 e il 2008 si segnala una sostanziale flessione

In Italia sommerso tra 255 e i 275 miliardi

Istat: nel 2008 il peso dell'economia sommersa era compreso tra il 16,3% e il 17,5% del Pil

MILANO - Gran parte della ricchezza italiana sfugge alla lente del Fisco. Nel 2008 il valore aggiunto prodotto nell'area del sommerso economico è compreso tra un minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di euro. Lo rileva l'Istat, aggiungendo che il peso dell'economia sommersa è compreso tra il 16,3% e il 17,5% del Pil (nel 2000 era tra 18,2 e 19,1%).

VALORE AGGIUNTO - Tra il 2000 e il 2008 l'ammontare del valore aggiunto sommerso registra una tendenziale flessione, pur mostrando andamenti alterni: la quota del sommerso economico sul Pil raggiunge il picco più alto (19,7%) nel 2001, per poi decrescere fino al 2007 (17,2%) e mostrare segnali di ripresa nel 2008 (17,5%). La parte più rilevante del fenomeno dell'economia sommersa "è costituita dalla sottodichiarazione del fatturato e dal rigonfiamento dei costi impiegati nel processo di produzione del reddito. A livello settoriale l'evasione fiscale e contributiva è più diffusa nei settori dell'agricoltura e dei servizi, ma è rilevante anche nell'industria. Se si considera la sola economia di mercato, senza considerare, cioè, il valore aggiunto prodotto dai servizi non market forniti dalle amministrazioni pubbliche, il sommerso nel 2008 rappresenta il 20,6% del Pil, contro il 17,5% calcolato per l'intera economia.

Redazione online

13 luglio 2010

 

 

 

2010-07-08

DATI ISTAT relativi al primo trimestre dell'anno. la flessione su base annua

Il reddito delle famiglie giù del 2,6%

Potere di acquisto: -0,5% rispetto al trimestre precedente e -2,6% rispetto allo stesso periodo del 2009

DATI ISTAT relativi al primo trimestre dell'anno. la flessione su base annua

Il reddito delle famiglie giù del 2,6%

Potere di acquisto: -0,5% rispetto al trimestre precedente e -2,6% rispetto allo stesso periodo del 2009

MILANO - Il reddito delle famiglie italiane continua a scendere anche nel primo trimestre 2010: in valori correnti è diminuito del 2,6%, rispetto allo stesso periodo 2009. Lo comunica l'Istat, precisando che si tratta del reddito lordo disponibile, ovvero quello destinato al consumo e al risparmio.

POTERE D'ACQUISTO - L'Istat precisa che si tratta di dati grezzi, quindi per "agevolarne l'interpretazione e attenuare gli effetti della stagionalità, gli aggregati trimestrali sono calcolati come somme mobili di 4 trimestri consecutivi". Pertanto, il dato del primo trimestre 2010 fa riferimento al periodo aprile 2009-marzo 2010, e le variazioni tendenziali sono calcolate rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente; quelle congiunturali, invece, sono misurate rispetto al periodo gennaio 2009-dicembre 2009. Tornando al reddito delle famiglie (consumatori e micro-imprese) nei primi tre mesi di quest'anno si è registrata anche una diminuzione (-0,2%) in valori correnti rispetto al trimestre precedente. Mentre ha ripreso a crescere la spesa delle famiglie per consumi finali, cresciuta dello 0,5%. Quanto al potere di acquisto delle famiglie (cioè è il reddito disponibile in termini reali) si è registrato un calo dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% rispetto al primo trimestre dell'anno precedente. Inoltre, il tasso di investimento delle famiglie nel primo trimestre 2010 si è attestato all'8,5%, con un calo di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, mentre rispetto allo stesso periodo del 2009, gli investimenti fissi e lordi delle famiglie si sono ridotti del 10,5%, determinando una riduzione del tasso di investimento di 0,8 punti percentuali.

Redazione online

08 luglio 2010

 

 

 

 

L'Fmi alza le stime sul Pil italiano 2010

Trichet e le banche: "Intervenire se serve"

Prevista una crescita dello 0,9% quest'anno contro lo 0,8% della precedente stima

La Bce lascia i tassi fermi

L'Fmi alza le stime sul Pil italiano 2010

Trichet e le banche: "Intervenire se serve"

Prevista una crescita dello 0,9% quest'anno contro lo 0,8% della precedente stima

MILANO - Il Fondo monetario internazionale rialza le stime del Pil dell'Italia per il 2010, portandole a +0,9% dal +0,8% previsto ad aprile. Per il 2011 al contrario ribassa le stime, portandole a +1,1% da +1,2%.

STIME MONDIALI - L'Fmi rivede anche le sue stime sulla crescita del Pil mondiale per quest'anno, che passano a +4,6% dal +4,2% previsto ad aprile. Per il 2011 la stima resta invariata +4,3%. Il Pil dell'area euro del 2010 resta invariato a +1%, mentre quello del 2011 è rivisto al rialzo e passa a +2,9% dall'iniziale +2,6%. La crescita dell'economia Usa è vista al rialzo sia per quanto riguarda il 2010 che il 2011 e quest'anno è stimata a +3,3% contro +3,1%, mentre l'anno prossimo salirà del 2,9% contro il +2,6 previsto ad aprile. La revisione al rialzo più forte è quella prevista per il Brasile che nel 2010 passa da +5,5% a +7,1% e nel 2011 da +4,1% a +4,2%. Rivista al rialzo anche la crescita della Cina e dell'India per quest'anno, che passano rispettivamente a +10,5% e +9,4%. Nell'area euro, il Pil della Germania è rivisto in aumento nel 2010 da +1,2% a +1,4% e al ribasso nel 2011 da +1,7% a +1,6%. Per la Francia la previsione è di una crescita dell'1,4% nel 2010 dall'iniziale +1,3% e dell'1,6% nel 2001 dall'iniziale +1,8%.

Jean-Claude Trichet

Jean-Claude Trichet

TRICHET LASCIA I TASSI FERMI - I tassi d'interesse dell'area euro continuano ad essere "adeguati" e la ripresa è "continuata", anche se "moderata", e l'incertezza è "elevata". Con queste parole il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, ha comunicato l'intenzione di lasciare fermi i tassi d'interesse dell'Unione monetaria europea. Secondo Trichet, gli ultimi dati indicano un rafforzamento della crescita dell'area euro nel secondo trimestre rispetto al primo, che ha visto una crescita dello 0,2%. E comunque gli stress test con cui si sta verificando la tenuta delle banche europee in condizioni di difficoltà dovrebbero essere seguiti da "interventi, ove necessario", accennando così alla possibilità che alcuni istituti debbano procedere ad aumenti di capitale. Nonostante le misure tese a sostenere le banche e a fornir loro liquidità, ha sottolineato Trichet, non si vede però ancora una svolta sul fronte dei prestiti alle imprese. Il consiglio direttivo della Bce, inoltre, ha salutato "con favore" la decisione di pubblicare i risultati degli stress test sulle banche europee, tesa ad aumentare la fiducia degli investitori.

LA CRISI DEI PIGS - Riguardo L'ipotesi di un default pilotato per quanto riguarda uno Stato sovrano dell'area euro, dopo la crisi che ha interessato la Grecia, ma anche Irlanda, Spagna e Portogallo, "non è opportuna", ha detto il presidente della Bce, rispondendo alla domanda di un giornalista che si rifaceva alla proposta, emersa da mesi nel governo tedesco, di considerare una procedura d'insolvenza controllata dall'alto piuttosto che concedere aiuti nell'emergenza.

Redazione online

08 luglio 2010

 

 

 

I DATI ISTAT e inps

Disoccupazione record tra i giovani

Cassa integrazione: +71% nel semestre

Senza lavoro il 29,2% degli under 24. Nel primo trimestre 2010 il deficit all'8,7%, - 0,5 punti rispetto all'anno prima

I DATI ISTAT e inps

Disoccupazione record tra i giovani

Cassa integrazione: +71% nel semestre

Senza lavoro il 29,2% degli under 24. Nel primo trimestre 2010 il deficit all'8,7%, - 0,5 punti rispetto all'anno prima

MILANO - Quasi un giovane su tre in Italia è senza lavoro. Il tasso di disoccupazione nella fascia di età 15-24 anni continua a salire e a inanellare nuovi record: a maggio - fa sapere l'Istat - è arrivato a toccare il 29,2% (dal 29,1% di aprile). Il livello più alto da quando esistono le relative serie storiche dell'Istituto di statistica, ovvero dal 2004. Un tasso che risulta oltre tre volte maggiore della media generale, che si attesta all'8,7%, confermandosi stabile per il terzo mese consecutivo. Una indicazione, questa - secondo i tecnici dell'Istat - di "un minore deterioramento" del mercato del lavoro. Rispetto al maggio 2009, il numero di giovani tra i 15 e i 24 anni in cerca di lavoro è salito di 4,7 punti percentuali. Il dato sul tasso di disoccupazione complessivo si conferma stabile per il terzo mese consecutivo all'8,7%. Risulta però in aumento rispetto a maggio 2009 (quando era del 7,5%) di 1,2 punti percentuali. Rispetto ai mesi precedenti il dato del 29,2% relativo alla disoccupazione giovanile evidenzia un trend in aumento: ad aprile si era, come detto, al 29,1%, a marzo il tasso era stato invece del 27,6%.

OCCUPAZIONE IN CALO - In calo anche il numero di occupati che a maggio 2010 segna il -0,2% su base mensile e il -1,1% rispetto a maggio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 56,9 per cento, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

IL DEFICIT/PIL - Sempre dai dati Istat, emerge un miglioramento del deficit-Pil nel primo trimestre del 2010, seppur rimanendo su valori elevati. A gennaio-marzo l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil si è attestato all’8,7%, in calo di 0,5 punti percentuali rispetto al 9,2% dello stesso periodo dell’anno prima. Nel 2009 il disavanzo pubblico è stato del 5,2%.

SALDO PRIMARIO - In particolare, il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è stato negativo e pari a 16,886 miliardi, contro un valore di -17,902 miliardi nei primi tre mesi dell’anno scorso. C’è stata quindi una riduzione di 0,3 punti percentuali del rapporto rispetto al Pil, passato a -4,6% da -4,9%. Il saldo corrente (risparmio) - aggiunge l’istituto di statistica - è stato negativo e pari a 22,852 miliardi, mentre nel primo trimestre dell’anno scorso il valore era - 21,423 miliardi, con un’incidenza negativa sul Pil pari al 6,2% (era -5,9% a gennaio-marzo del 2009).

CASSA INTEGRAZIONE - Dall'Inps arriva poi il dato sulla cassa integrazione. A giugno calano le richieste: rispetto a maggio, quando erano state 116,8 milioni, lo scorso mese le ore autorizzate sono state 103,5 milioni, con una diminuzione dell'11,4%. Nel complesso del primo semestre dell'anno le ore autorizzate di cig sono state 636,1 milioni, contro i 371,5 milioni del corrispondente periodo 2009: l'incremento complessivo è del 71,2%. La riduzione della cassa integrazione - afferma l'Inps - "è particolarmente forte negli interventi ordinari, in cui le ore autorizzate sono diminuite del 21,5%, passando da 34,8 milioni di maggio a 27,3 milioni. Rispetto al giugno 2009, quando le ore autorizzate erano state 59,7 milioni, il calo è del 54,2%". Diverso l'andamento della cassa integrazione in deroga: a giugno sono state 34,7 milioni le ore autorizzate, con un aumento del 7,3% rispetto a maggio, quando le ore autorizzate erano state 32,4 milioni. L'aumento maggiore, pari ad oltre il 30% del totale del mese, si è registrato nel comparto commercio e artigianato (rispettivamente 11,5 e 13,2 milioni di ore).

DOMANDE DISOCCUPAZIONE - Calano anche le domande disoccupazione: a maggio 2010 - secondo l'Inps - ne sono state presentate 57mila, 16mila in meno rispetto ad aprile e oltre 11mila in meno rispetto a maggio 2009. Complessivamente nei primi cinque dell'anno le domande presentate sono state il 13,5% in meno rispetto a quelle dello stesso periodo del 2009 (400mila contro 463mila). In calo anche le richieste di mobilità: 5.800 nel mese di maggio 2010, quasi il 18% in meno rispetto allo stesso mese dello scorso anno.

Redazione online

02 luglio 2010(ultima modifica: 03 luglio 2010)

 

2010-07-02

Disoccupazione record tra i giovani

Conti pubblici, migliora deficit/Pil

Senza lavoro il 29,2% dei giovani. Nel primo trimestre 2010 il deficit all’8,7%, - 0,5 punti rispetto all'anno prima

I DATI ISTAT

Disoccupazione record tra i giovani

Conti pubblici, migliora deficit/Pil

Senza lavoro il 29,2% dei giovani. Nel primo trimestre 2010 il deficit all’8,7%, - 0,5 punti rispetto all'anno prima

(Newpress)

(Newpress)

MILANO - Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è passato a maggio al 29,2% dal 29,1% registrato ad aprile. E' il dato più elevato dal 2004, ovvero dall'inizio delle serie storiche. Rispetto al maggio 2009, il numero di giovani tra i 15 e i 24 anni in cerca di lavoro è salito di 4,7 punti percentuali. E' il quadro tracciato dall'Istat sulla base della stima provvisoria e dei dati destagionalizzati che indicano anche nell'8,7% il dato sul tasso di disoccupazione complessivo che si conferma stabile per il terzo mese consecutivo. Risulta però in aumento rispetto a maggio 2009 (quando era del 7,5%) di 1,2 punti percentuali. Rispetto ai mesi precedenti il dato del 29,2% relativo alla disoccupazione giovanile evidenzia un trend in aumento: ad aprile si era, come detto, al 29,1%, a marzo il tasso era stato invece del 27,6%.

OCCUPAZIONE IN CALO - In calo anche il numero di occupati che a maggio 2010 segna il -0,2% su base mensile e il -1,1% rispetto a maggio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 56,9 per cento, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

IL DEFICIT/PIL - Sempre dai dati Istat, emerge un miglioramento del deficit-Pil nel primo trimestre del 2010, seppur rimanendo su valori elevati. A gennaio-marzo l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil si è attestato all’8,7%, in calo di 0,5 punti percentuali rispetto al 9,2% dello stesso periodo dell’anno prima. Nel 2009 il disavanzo pubblico è stato del 5,2%.

SALDO PRIMARIO - In particolare, il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è stato negativo e pari a 16,886 miliardi, contro un valore di -17,902 miliardi nei primi tre mesi dell’anno scorso. C’è stata quindi una riduzione di 0,3 punti percentuali del rapporto rispetto al Pil, passato a -4,6% da -4,9%. Il saldo corrente (risparmio) - aggiunge l’istituto di statistica - è stato negativo e pari a 22,852 miliardi, mentre nel primo trimestre dell’anno scorso il valore era - 21,423 miliardi, con un’incidenza negativa sul Pil pari al 6,2% (era -5,9% a gennaio-marzo del 2009).

Redazione online

02 luglio 2010

 

 

 

I DATI DEL MINISTERO DELL'ECONOMIA

Migliora il fabbisogno:

a metà anno scende a 45,8 mld

Il Tesoro "segnala il buon andamento complessivo degli incassi fiscali"

I DATI DEL MINISTERO DELL'ECONOMIA

Migliora il fabbisogno:

a metà anno scende a 45,8 mld

Il Tesoro "segnala il buon andamento complessivo degli incassi fiscali"

MILANO - Migliora il fabbisogno del settore statale che nel primo semestre 2010si è attestato a 45,8 miliardi rispetto ai 50,15 miliardi dello stesso periodo del 2009. È quanto indica il ministero dell'Economia aggiungendo che a giugno ha segnato un avanzo di circa 4,3 miliardi contro un avanzo per 6,208 miliardi di giugno 2009.

Il Tesoro, nel commentare i dati di metà anno, "segnala il buon andamento complessivo degli incassi fiscali, inclusi quelli per autotassazione. A fronte - si legge in una nota - si registra il venir meno, peraltro già scontato nelle stime, delle entrate straordinarie generate l'anno scorso dall'imposta straordinaria derivante dal riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS". "Analogamente allo scorso anno - prosegue via XX Settembre - il mese di giugno del 2010 registra gli effetti dello slittamento dei termini di versamento delle imposte per i contribuenti soggetti agli studi di settore. Il saldo del mese ha inoltre beneficiato di maggiori incassi per utili e dividendi. Dal lato dei pagamenti, il risultato del mese sconta un minore onere per interessi sul debito, compensato da erogazioni che nel 2009 erano slittate al mese di luglio".

01 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

2010-07-01

DATI ISTAT

Gli investimenti crollano del 12%

È il peggior calo di sempre

Il dato è paragonabile soltanto a quello registrato nella crisi del '93. Confindustria: produzione industriale +1,1%

DATI ISTAT

Gli investimenti crollano del 12%

È il peggior calo di sempre

Il dato è paragonabile soltanto a quello registrato nella crisi del '93. Confindustria: produzione industriale +1,1%

(Ansa)

(Ansa)

MILANO - Crollano gli investimenti fissi lordi: nel 2009 hanno registrato una diminuzione del 12,1% in termini reali, accentuando la fase di contrazione iniziata nel 2008 (-4,0%). Lo fa sapere l'Istat, in uno studio. Si tratta di un livello mai raggiunto prima, almeno a partire dal 1970, inizio delle relative serie storiche, e paragonabile solo al calo registrato durante la precedente crisi del 1993, quando si raggiunse un -11,5%. La diminuzione della spesa in beni capitali nel 2008 e nel 2009 ha interessato tutti i settori dell'economia: agricoltura, industria e servizi.

PRODUZIONE - Secondo il Centro Studi di Confindustria (Csc), a giugno la produzione industriale è aumentata dell'1,1% rispetto a maggio (dati destagionalizzati), quando si era avuto un incremento dell'1,4% su aprile (+1,8% la stima preliminare, rivista sulla base dei consuntivi comunicati dalle imprese). Il Csc inoltre stima per il secondo trimestre 2010 un'accelerazione della produzione al 2,5% sul primo, dall'1,7% del periodo precedente. L'Istat fornirà il dato sulla produzione industriale di maggio il prossimo 9 luglio.

 

01 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-06-30

secondo le stime provvisorie dell'ISTAT

Rallenta l'inflazione a giugno (+1,3%)

Invece è risultata invariata rispetto al mese scorso. I prezzi alla produzione dell'industria in aumento (3,8%)

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Istat, l'inflazione a maggio rallenta (31 maggio 2010)

secondo le stime provvisorie dell'ISTAT

Rallenta l'inflazione a giugno (+1,3%)

Invece è risultata invariata rispetto al mese scorso. I prezzi alla produzione dell'industria in aumento (3,8%)

(Foto Nizzoli)

(Foto Nizzoli)

MILANO - Ancora una frenata per l’inflazione. A giugno, secondo le stime provvisorie dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) presenta una variazione nulla su base congiunturale e dell’1,3% rispetto allo stesso mese del 2009. A maggio l’incremento tendenziale era stato dell’1,4% mentre quello congiunturale era stato dello 0,1%. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo, riferisce l’Istat, ha registrato una variazione nulla rispetto al mese precedente, e una variazione dell’1,4% rispetto allo stesso mese del 2009. L’inflazione di fondo (calcolata al netto dei beni alimentari non lavorati e di quelli energetici) è pari al +1,3%. L’inflazione acquisita per il 2010, cioè nell’ipotesi in cui l’indice mantenga i livelli registrati a giugno, è pari al +1,2%.

I PREZZI ALLA PRODUZIONE - Intanto i prezzi dei prodotti venduti sul mercato interno, che pesa per 75% sul totale, hanno registrato un incremento su base mensile dello 0,5% e un aumento su base annua del 3,8%. Mentre, i prezzi dei beni venduti sul mercato estero hanno segnato un rialzo dello 0,7% in termini congiunturali e del 3,3% in termini tendenziali. A crescere di più, guardando al totale, sono soprattutto i prezzi relativi al comparto energia, aumentati dell'1,3% rispetto ad aprile e del 13,7% rispetto a maggio 2009. Sempre su base annuale, sul mercato estero i prezzi dell'energia hanno segnato un rialzo del 44,2%, mentre sul mercato interno l'incremento è stato dell'11,1%. Corrono in particolare i prezzi relativi alla fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+29,6% tendenziale sul totale).

Redazione online

30 giugno 2010

 

 

 

 

IL PAGAMENTO PER ENTRARE E USCIRE DA ROMA DA GIOVEDì PRIMO LUGLIO

"Se mettono il casello sul Gra,

prendo l'auto e sfondo tutto"

Il sindaco Alemanno boccia il pedaggio sul Grande Raccordo di Roma: è impossibile. Polverini: inaccettabile balzello. Zingaretti: "Ombra leghista sulla Capitale"

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Pedaggio sul Gra per entrare e uscire da Roma Foschi (30 giu'10)

Code sul Gra

Code sul Gra

ROMA - Pagare il pedaggio sul Grande Raccordo Anulare di Roma? Non se ne parla proprio. anzi, dice il sindaco Alemanno, "se qualcuno mette qualcosa io vado con la macchina e sfondo tutto". È la promessa del primo cittadino di Roma assolutamente contrario a far pagare il passaggio sul grande anello che gira intorno alla Capitale e che ogni giorno è frequentato (loro malgrado) da milioni di romani.

Code sul Gra all'altezza di Roma Nord

Code sul Gra all'altezza di Roma Nord

"NESSUN PEDAGGIO" - "Non c'è alcun pedaggio sul Gra - ha detto Alemanno -. È una cosa impossibile. Se qualcuno mette qualcosa sul raccordo per far pagare il pedaggio, vado io con la macchina e la sfondo". Questa, ha aggiunto "è una decisione ministeriale che non riguarda solo i caselli alle porte di Roma. Quel che è stato garantito dal Governo, però, è che non c'è pedaggio sul Gra per i cittadini che si spostano da una parte all'altra della città".

LA RISPOSTA DELLA LEGA - Arriva la replica della Lega alla battuta del sindaco con le parole del senatore Cesarino Monti: "Alemanno faccia quel che vuole, l'importante è che i danni al casello li paghi lui e che l'automobile non sia un'auto blu che paghiamo noi".

DAL PRIMO LUGLIO - Partirà infatti da giovedì primo luglio l'aumento dei pedaggi sui tratti autostradali che portano dentro e fuori Roma: fino ad un euro per le macchine, due per i camion. Ma a pagare sarà chi arriva in città da fuori Roma e chi esce dalla Capitale e percorre quei tratti autostradali che conducono al Grande Raccordo Anulare o attraverso il grande anello portano alle autostrade. Si pagherà di più quindi ai caselli di: Roma Nord e Fiano Romano sull'A1; a Roma Est, Lunghezza, Settecamini e Ponte di Nona sull'asse della Roma-L'Aquila; Roma Sud sull'A1; Roma Ovest e Maccarese-Fregene sulla Roma Fiumicino.

NON SI PAGA - Per girare sul Gra non si paga. Chi ci transita cioè senza arrivare (o senza essere diretto) dalle autostrade, ma semplicemente ci passa per raggiungere la città o le strade consolari intorno al Gra non deve pagare nulla. Come avviene già ora.

"BALZELLO" - "Il pedaggio sul Gra sarebbe un inaccettabile balzello a carico dei cittadini, un'eventualità sulla quale non possiamo che dirci contrari". Contraria, molto, e quindi sulla stessa linea di Alemanno, anche il governatore del Lazio Renata Polverini: "Ho già espresso la mia contrarietà al pedaggio sul Gra. Per i cittadini del Lazio il Raccordo è una strada da percorrere per andare al lavoro o a scuola. Non è immaginabile un pedaggio". L'aumento del pedaggio autostradale in entrata ed uscita è penalizzante per le imprese? "Questo riguarda tutto il Paese e non solo il Lazio, l'importante è evitare che tutto ciò si scarichi su Gra".

"OMBRA LEGHISTA" - "A questo punto comincio a vedere un'ombra leghista che pesa su Roma perché è evidente che anche in questo atto su 26 caselli su cui viene proposto l'aumento del pedaggio, 9 sono su Roma. Il bilancio di quello che sta facendo questo governo per Roma e la sua area metropolitana è: più tasse e meno servizi e non è una cosa accettabile". Questo il commentao anche del presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. "Stiamo facendo i conti - ha aggiunto - ma visto il volume di traffico la gran parte di questo prelievo fiscale da parte dello Stato nazionale sarà contro i romani e i pendolari, cioè contro coloro che sono costretti a prendere la macchina perché i treni non funzionano o sono stracolmi. Chi prenderà la macchina avrà un balzello in più. Le associazioni di consumatori parlano di un esborso di circa 300 euro l'anno che forse a qualche miliardario faranno ridere, ma che per una famiglia normale è un vero e proprio salasso". Zingaretti ha poi annunciato che sta "sentendo gli amministratori del territorio e spero che tutti si uniscano per ribadire l'iniquità di questi provvedimenti".

Redazione online

30 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-28

I dati dell'Istat: La spesa 2009 verso 800 miliardi, 52,5% del pil., sale Rapporto debito/pil

Italia, sale la pressione fiscale

2009 anno nero per i conti

Il peso del fisco sul Pil è stato nel 2009 del 43,2%. Marcegaglia: "Così non si va avanti"

I dati dell'Istat: La spesa 2009 verso 800 miliardi, 52,5% del pil., sale Rapporto debito/pil

Italia, sale la pressione fiscale

2009 anno nero per i conti

Il peso del fisco sul Pil è stato nel 2009 del 43,2%. Marcegaglia: "Così non si va avanti"

Il ministero dell'economia (Imagoeconomica)

Il ministero dell'economia (Imagoeconomica)

MILANO - Aumenta in Italia la pressione fiscale complessiva rispetto al Pil: secondo i dati Istat, nel 2009 è passata dal 42,9 per cento del 2008 al 43,2 per cento. Il nostro Paese si colloca così al quinto posto, insieme alla Francia, nella classifica europea (Ue-27) per pressione fiscale. Nel 2008 era al settimo posto. Per ritrovare dati simili a quelli del 2009 bisogna tornare indietro al 1997, l'anno dell'Eurotassa (ma nel 2007 la pressione del fisco era stata comunque pari al 43,1%). A pesare una diminuzione del Pil maggiore della diminuzione delle entrate.

CONFINDUSTRIA - "La pressione fiscale è un problema di cui parliamo da sempre. Oggi è ai massimi, è un problema per la crescita" ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, commentando i dati diffusi dall'Istituto di statistica. "Da tempo - ha aggiunto la leader degli industriali - stiamo chiedendo al ministro Tremonti che apra un tavolo sul fisco, come promesso. Siamo consapevoli che è un momento in cui il tema del rigore, dei deficit e dei debiti è al centro dell’attenzione internazionale, europea e italiana. Spazi nel brevissimo sono difficili, però è importante parlarne perché non è possibile andare avanti con una pressione così alta soprattutto nei confronti delle imprese e dei lavoratori".

NOI E L'EUROPA - In base alla cifre Istat, in Europa, l'Italia è dunque allo stesso livello della Francia ma a un livello inferiore rispetto al Belgio (45,3 per cento) e all'Austria (43,8 per cento), oltre che rispetto ai Paesi scandinavi, i cui più evoluti sistemi di welfare hanno storicamente richiesto un maggiore ricorso alla fiscalità generale. Danimarca e Svezia, infatti, presentano i valori più elevati della pressione fiscale (rispettivamente 49,0 per cento e 47,8 per cento), mentre quelli più bassi si riscontrano in Lettonia (26,5 per cento), Romania (28,0 per cento), Slovacchia e Irlanda (29,1 per cento), Lituania (29,3 per cento) e Bulgaria (30,9 per cento).

PESA LA RIDUZIONE DEL PIL - Tornando al nostro Paese, l'Istat segnala che il risultato del 2009 è "l'effetto di una riduzione del Pil superiore a quella complessivamente registrata dal gettito fiscale e parafiscale, la cui dinamica negativa (-2,3 per cento) è stata attenuata da quella, in forte aumento, delle imposte di carattere straordinario (imposte in c/capitale), cresciute in valore assoluto di quasi dodici miliardi di euro". Tra le imposte straordinarie sono classificati i prelievi operati in base al cosiddetto "scudo fiscale", per un importo di circa 5 miliardi di euro, e i versamenti una tantum dell'imposta sostitutiva dei tributi, che hanno interessato alcuni settori dell'economia, in particolare quello bancario. Tutte le altre componenti del prelievo fiscale sono risultate in calo: le imposte indirette del 4,2 per cento (dopo essere diminuite già del 4,9 nel 2008), le imposte dirette del 7,1 per cento e i contributi sociali effettivi dello 0,5 per cento. La flessione delle imposte dirette è dovuta essenzialmente al calo del gettito Ires (-23,1 per cento) rispetto al 2008, mentre quella delle imposte indirette ha risentito delle significative diminuzioni del gettito dell'Iva (-6,7 per cento) e dell'Irap (-13,0 per cento). L'andamento dei contributi sociali effettivi riflette la tenuta delle retribuzioni lorde, dovuta alla lieve crescita dell'importo medio pro-capite, che ha parzialmente compensato la flessione dell'occupazione.

I CONTI PUBBLICI - Dalle statistiche sui conti ed aggregati economici delle amministrazioni pubbliche diffuse oggi dall'Istat risulta che la spesa pubblica nel 2009 ha sfiorato gli 800 miliardi di euro e ha superato, in valori percentuali, oltre la metà del prodotto interno lordo, tornando ad un 'pesò che era tale solo negli anni Novanta. La spesa pubblica totale lo scorso anno è stata pari a 798,854 miliardi di euro, il 52,5% del Pil. Risulta in crescita, in rapporto al prodotto interno lordo, per il terzo anno consecutivo. Per tornare ad un peso tale sull'economia, oltre la metà della ricchezza prodotto in Italia, bisogna tornare al 1996 quando il rapporto spesa-Pil era al 52,6% (ma nel '93 era arrivata anche al 56,6%). Come in tutta Europa hanno pesato i costi degli ammortizzatori sociali. - Nel confronto con gli altri Paesi europei, la spesa complessiva dell'Italia in rapporto al Pil, al lordo delle vendite di beni e servizi e al netto degli ammortamenti, è stata più alta di 1,3 punti percentuali rispetto alla media dei sedici Paesi dell'area dell'euro e di 1,2 punti percentuali rispetto alla media complessiva dei paesi dell'Ue. Nell'ambito delle spese correnti, i redditi da lavoro dipendente (che incidono per circa un quinto sul totale delle uscite) sono saliti, in Italia, dell'1%, con un ritmo molto inferiore rispetto al 2008 (3,6%). Le spese per consumi intermedi hanno registrato un aumento del 7,5%, proseguendo la tendenza degli anni precedenti; le prestazioni sociali in natura, che includono prevalentemente le spese per assistenza sanitaria in convenzione, sono aumentate del 4% contro una variazione del 2,2% rilevata nel 2008. Di conseguenza, la spesa per consumi finali delle amministrazioni pubbliche è aumentata del 3,3%, in rallentamento rispetto alla crescita del 4,3% del 2008. "Il contributo più importante alla crescita della spesa, in Italia, come negli altri paesi Ue, proviene - sottolinea l'Istat - dalle prestazioni sociali in denaro (pensioni, sussidi, ecc.): nel 2009 queste hanno segnato un'incidenza di oltre il 36% sulle uscite e una crescita rispetto al 2008 del 5,1%, dovuta all'effetto della crisi sugli ammortizzatori sociali". Nel 2009, la diminuzione dei tassi d'interesse ha avuto "un importante ruolo di contrasto alla crescita della spesa pubblica", rileva l'istituto di statistica. In Italia, la riduzione della spesa per interessi passivi (-12,2%), con un'incidenza pari a quasi il 9% sul totale delle uscite, e dopo un biennio in aumento, ha liberato risorse per circa 10 miliardi di euro, equivalenti a oltre mezzo punto percentuale di Pil.

Redazione online

28 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-24

Confindustria: l'Italia fuori

dalla recessione, +1,6% nel 2011

Cifre ottimistiche nonostante l'impatto restrittivo (-0,4%) per effetto della manovra. In 2 anni persi 528mila posti

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Tremonti gela le Regioni "Tagli e saldi non si toccano" (23 giugno 2010)

*

Formigoni boccia la manovra: "Lo Stato prenda esempio dalla Lombardia"

*

Chiamparino: "Sì di Tremonti a rivedere il Patto"

Le stime del centro studi

Confindustria: l'Italia fuori

dalla recessione, +1,6% nel 2011

Cifre ottimistiche nonostante l'impatto restrittivo (-0,4%) per effetto della manovra. In 2 anni persi 528mila posti

La "spremuta di Tremonti" distribuita dai lavoratori del pubblico impiego in Piazza San Carlo a Roma per protestare contro la manovra (foto Salmoriago)

La "spremuta di Tremonti" distribuita dai lavoratori del pubblico impiego in Piazza San Carlo a Roma per protestare contro la manovra (foto Salmoriago)

MILANO - "L'economia italiana è fuori dalla recessione" per il Centro studi di Confindustria che giovedì prevede una ripresa "più solida rispetto alle stime rilasciate a dicembre". Nonostante un impatto restrittivo della manovra economica 2011-2012, che il CsC diretto da Luca Paolazzi, stima in un "-0,4% l'anno", gli economisti di viale dell'Astronomia hanno rivisto al rialzo le stime sulla crescita al +1,6% del Pil per il 2011 (dal +1,3%). +1,2% nel 2010 (da +1,1%). La disoccupazione è invece attesa in aumento, dopo 528mila i posti di lavoro già persi a fine 2009 in 2 anni di crisi.

DEFICIT - Per quanto riguarda invece il rapporto deficit-Pil, il Centro studi Confindustria stima che si attesterà al 5,1% nel 2010 per poi scendere al 4,1% nel 2011. In debito invece sarà pari al 118,5% del Pil nel 2010 per poi salire al 118,9% nel 2011. A supportare la crescita c'è innanzitutto "il deprezzamento del cambio dell'euro, che migliora la competitività di prezzo delle merci italiane". Confindustria ha stimato che il passaggio dall'1,50 ipotizzato nello scenario di dicembre all'1,26 indicato attualmente nel rapporto euro-dollaro nel 2010, porta ad una maggiore crescita del Pil pari allo 0,96% nel 2011 e allo 0,82% nel 2012.

FISCO PESA 51,4%, EVASIONE A 124,5 MLD - Per il Centro studi di Confindustria il solo gettito Iva evaso nel 2009 è di 35,5 miliardi (2,3% pil), e quello Irpef di 31,5 miliardi. Un fenomeno "di tali dimensioni che nell'eurozona ha eguali solo in Grecia e pesa come un macigno sulla crescita perché, a parità di obiettivi di incasso, determina aliquote molto più alte", sottolineano gli economisti di viale dell'Astronomia. Indicando che se venisse sconfitta l'evasione si potrebbero ridurre tasse e contributi, "migliorando nettamente la competitività delle imprese e il reddito delle famiglie". Un obiettivo da porsi, rileva Confindustria, anche perché "le aliquote italiane sono molto elevate nel confronto internazionale", e "la loro riduzione finanziata dal pieno recupero dell'evasione ristabilirebbe gli incentivi corretti e costituirebbe una opportunità unica nell'eurozona per rimettere il Paese su un sentiero di crescita sostenuta". L'evasione risulta in crescita: secondo i calcoli del CsC la base imponibile evasa nel 2009 è stata pari al 28,8% della base teorica, superando la quota del 25,6% raggiunta nel 2005; mentre il gettito Iva evaso è ammontato al 2,3% del Pil, "dal 2,1% registrato quattro anni prima". Al totale dell'evasione calcolato da Confindustria contribuiscono anche 8 miliardi di Ires (0,5% Pil) e 6,3 miliardi di Irap (0,4% Pil). Mentre "43,2 miliardi (2,8% Pil) è la stima del gettito evaso sui contributi sociali, sulle altre imposte e sui tributi locali". Quanto alla pressione fiscale effettiva "è crescita di 2,3 punti percentuali" rispetto al 2008. "Più di quella apparente, che è salita solo di 0,3 punti di Pil", rileva Confindustria.

Redazione online

24 giugno 2010

 

 

il monito del procuratore generale Mario Ristuccia

Corte dei Conti: "Sacrifici necessari

ma basta spreco di denaro"

Con la manovra minor crescita di 0,5%. Il maggior gettito atteso dalla lotta all'evasione è di 37 miliardi

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Confindustria: l'Italia fuori dalla recessione, +1,6% nel 2011 (24 giugno 2010)

il monito del procuratore generale Mario Ristuccia

Corte dei Conti: "Sacrifici necessari

ma basta spreco di denaro"

Con la manovra minor crescita di 0,5%. Il maggior gettito atteso dalla lotta all'evasione è di 37 miliardi

(Adnkronos)

(Adnkronos)

MILANO - I sacrifici sono "necessari" ma basta con lo spreco di denaro pubblico. È il monito del procuratore generale della Corte dei Conti, Mario Ristuccia, durante la requisitoria nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 2009. "Se è necessario chiedere sacrifici a molte categorie di cittadini, tra le quali purtroppo anche quelle più deboli, appare ancor più necessario affrontare con decisione e concretezza i problemi della cattiva amministrazione e dello spreco di pubblico denaro, come la gran parte del Paese, che conserva grandi capacità realizzative, forte impegno di lavoro, autentico spirito di solidarietà e di sacrificio e soprattutto assoluto e convinto rispetto dei principi della Costituzione e della democrazia e che quindi dispone di risorse vere per uscire dalla crisi, invoca da tempo".

CENTRI INUTILI - Inoltre la Corte dei Conti "boccia"la struttura "pletoriaca" di Regioni ed enti locali "ripartita in numerosissimi e spesso inutili centri di spesa" che "richiedono soprattutto erogazione di stipendi, gettoni ed emolumenti vari per una moltitudine di amministratori, manager pubblici, consiglieri e consulenti" e che hanno "un elenco di attività utili sovente a procurare unicamente opportunità di una comoda collocazione a soggetti collegati con gli ambienti della politica". È quanto afferma il procuratore generale Mario Ristuccia nella sua requisitoria del giudizio di parificazione sul rendiconto dello Stato per il 2009 nella quale mette in risalto la struttura decentrata divisa spesso in numeresissimi "centri, autorità, enti, agenzie, commissioni, comunità, società miste, istituti, scuole ecc.". Poi passa agli esempi: l’apparato burocratico delle Province costa 43 euro per ogni cittadino, mentre il Calabria il costo è quasi il doppio (83,5). "Tra le spese delle Province - afferma il procuratore - quella più rilevante attiene alla funzione di amministrazione generale, per cui in media il mantenimento dell’apparato burocratico delle Province costa al cittadino circa 43 euro pro-capite (nella Regione Calabria 83,5 euro)".

MANOVRA - Poi è stata la volta del presidente di Sezione della Corte dei Conti, Gian Giorgio Paleologo. Nel suo intervento, durante il giudizio di parificazione sul rendiconto dello Stato per il 2009, ha detto che con la manovra economica attualmente al vaglio del Senato è "elevato il rischio di un impatto di segno negativo sulla crescita economica". Questa minor crescita stimata in uno 0,5%, da qui al 2013, porta al "rischio di un assottigliamento degli effetti attesi sul disavanzo soprattutto per via della flessione del gettito fiscale connessa ad un più basso livello di attività economica".

LOTTA ALL'EVASIONE - Poi Paleologo stima nei cinque anni tra il 2009 e il 2013 il maggior gettito atteso dalla lotta all'evasione fiscale in circa 37 miliardi. "Si tratta di dimensioni rilevanti - dice Paleologo - che certamente non esauriscono gli ampi spazi che il fenomeno evasivo presenta nel nostro Paese".

Redazione online

24 giugno 2010

 

 

2010-06-15

il dato comunicato da bankitalia

Debito pubblico: record ad aprile

Toccati i 1812,79 miliardi di euro. Entrate fiscali in calo nei primi 4 mesi del 2010

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Lavoro, retribuzioni in aumento (14 giugno 2010)

il dato comunicato da bankitalia

Debito pubblico: record ad aprile

Toccati i 1812,79 miliardi di euro. Entrate fiscali in calo nei primi 4 mesi del 2010

MILANO - Debito pubblico ancora a livelli record: ad aprile si è attestato a 1.812,790 miliardi di euro, il livello assoluto più alto mai raggiunto. Lo comunica la Banca d'Italia.

ENTRATE FISCALI IN CALO - Secondo Bankitalia inoltre le entrate fiscali sono in calo nei primi quattro mesi del 2010. Le entrate tributarie da gennaio a aprile 2010 si sono attestate a 104,7 miliardi di euro in calo di 2 miliardi in valore assoluto e dell'1,8%. Il calo dell'1,8% delle entrate tributarie nei primi quattro mesi del 2010 è in rapporto all'analogo periodo del 2009. Nel solo mese di aprile le entrate tributarie - comunica la Banca d'Italia - si sono attestate invece a 25,122 miliardi di euro in calo del 2,5% rispetto ad aprile dell'anno precedente.

LE STIME DEL FISCO - Leggermente diversi i dati del Dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia, in base ai quali le entrate tributarie erariali hanno registrato nel periodo gennaio-aprile 2010 un calo dell'1,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, in miglioramento rispetto al risultato di marzo (-1,3%) e di febbraio (-1,4%). Per i tecnici di via XX Settembre, il gettito totale del periodo è 108.799 milioni di euro, 1.310 milioni di euro in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Redazione online

14 giugno 2010(ultima modifica: 15 giugno 2010)

 

 

 

eurostat: ad aprile in italia produzione industriale a +1%

Istat: lavoro, retribuzioni in aumento

Nel primo trimestre +3,6%, rispetto a 12 mesi fa crescono più dell'inflazione. Ocse: disoccupazione in aumento

eurostat: ad aprile in italia produzione industriale a +1%

Istat: lavoro, retribuzioni in aumento

Nel primo trimestre +3,6%, rispetto a 12 mesi fa crescono più dell'inflazione. Ocse: disoccupazione in aumento

ROMA - Le retribuzioni di fatto sono cresciute nel primo trimestre del 2010 del 3,6% sul primo trimestre del 2009 e dello 0,7% sul trimestre precedente. Lo comunica l'Istat ricordando che nel primo trimestre di quest'anno il tasso di inflazione Nic è stato pari all'1,3%.

INDICI SETTORIALI - L'Istat afferma che l'indicatore sulle retribuzioni di fatto si riferisce a unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (Ula) e al netto della Cig. E riguarda gran parte del settore privato, ad eccezione dell'agricoltura e del comparto pubblico. L'aumento su base annua delle retribuzioni di fatto è dovuto - spiega l'Istat - al +4,1% registrato nell'industria e al 3,2% segnato nei servizi. All'interno del settore industriale le retribuzioni hanno registrato un incremento tendenziale particolarmente marcato nel comparto delle estrazioni di minerali da cave e miniere (+15%) a causa, principalmente dell'erogazione di consistenti incentivi all'esodo in alcune grandi aziende. All'opposto, la variazione tendenziale negativa registrata nel settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (-2,5%) è dovuta alla riduzione, rispetto a un anno prima, della stessa componente degli incentivi all'esodo. Per quanto riguarda il terziario, la crescita su base annua più elevata si è verificata nel comparto delle attività finanziarie e assicurative (+5,8%). Inoltre, fa sapere sempre l'Istat, gli oneri sociali per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno hanno registrato un aumento tendenziale nel primo trimestre 2010 pari al 3,4%, mentre su base mensile la crescita è stata dello 0,5%. Quanto ai costi del lavoro, per Ula, il rialzo è stato del 3,6% sul primo trimestre 2009 e dello 0,7% sul trimestre precedente.

PRODUZIONE INDUSTRIALE - Intanto l'Eurostat informa che in aprile la produzione industriale è aumentata dello 0,8% nell'Eurozona e dello 0,5% nella Ue dopo +1,5% e 1,4% in marzo; rispetto ad aprile 2009 +9,5% e +7,8%. In Italia il dato migliore tra i grandi paesi, +1% dopo il +0,2% in marzo, Germania +0,8% dopo +3,1%, Francia -0,4% dopo +1,4%; Spagna -0,3% dopo +2,3%.

DISOCCUPAZIONE IN AUMENTO - La crescita della produttività non sembra però avere effetti sulla disoccupazione. Ad aprile nell'area Ocse si contavano 46,5 milioni di disoccupati, 3,3 milioni in più rispetto ad aprile 2009. Il tasso di disoccupazione nell'area Ocse ad aprile rispetto al mese precedente, è però rimasto stabile all'8,7%. Lo comunica l'organizzazione di Parigi aggiungendo che per l'Italia la disoccupazione è invece all'8,9%, in crescita rispetto dall'8,8% di marzo. I Paesi del G7 registrano complessivamente, sempre ad aprile, una disoccupazione all'8,4%, mentre più alto è il tasso di disoccupazione in Europa: 9,7% per l'Unione europea e 10,1% per Eurolandia.

Redazione online

14 giugno 2010

 

 

la quota del gruppo fiat è del 7,8%

Auto, in calo il mercato Ue a maggio -9,3%

Nei primi 5 mesi dell'anno, le immatricolazioni rispetto allo stesso periodo 2009 hanno fatto segnare un +1,9%

la quota del gruppo fiat è del 7,8%

Auto, in calo il mercato Ue a maggio -9,3%

Nei primi 5 mesi dell'anno, le immatricolazioni rispetto allo stesso periodo 2009 hanno fatto segnare un +1,9%

MILANO - Prosegue a maggio la flessione del mercato dell'auto nell'Unione europea che il mese scorso ha chiuso con un -9,3% segnando un totale di 1.129.508 di nuove vetture immatricolate, contro le 1.245.656 unità registrate a maggio del 2009. Lo comunica l'Associazione dei costruttori europei (Acea). Ad aprile il mercato europeo aveva segnato il primo calo dell'anno (-7,4% a 1.134.701 unità). In Italia le vetture consegnate il mese scorso sono state 163.700 unità, in calo del 13,8% rispetto a maggio 2009. Nei primi 5 mesi dell'anno, le immatricolazioni nell'ambito dell'Ue hanno fatto segnare un +1,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, attestandosi a quota 5.943.096 unità.

GRUPPO FIAT - Fiat Group Automobiles ha venduto in maggio circa 90.500 auto, per una quota del 7,8%. Nel confrontare questi dati con quelli ottenuti nello stesso mese del 2009, vanno considerati due fattori. Il primo - spiegano a Mirafiori - è che l'anno scorso in maggio il gruppo Fiat aveva ottenuto volumi e quote molto positivi in quanto, a differenza di altri concorrenti, era stata in grado di offrire immediatamente ai clienti una gamma articolata e nuova di vetture a basso impatto ambientale, che usufruivano degli eco-incentivi. Il secondo fattore è la mancata produzione quest'anno di circa 8 mila vetture (500 e Panda) nello stabilimento polacco di Tychy a causa dei danni provocati dalle forti inondazioni lungo il fiume Vistola che hanno interessato gli impianti di alcuni fornitori. In ogni caso, i risultati di maggio sono in linea con quelli ottenuti nei primi quattro mesi del 2010. Nel progressivo annuo Fiat Group Automobiles ha immatricolato quasi 507 mila vetture e la quota è stata dell'8,3%. La contrazione delle vendite di Fiat in Europa è causata principalmente dal calo registrato in Germania, dove nel 2009 - grazie alla gamma di prodotti ecologici che usufruivano degli incentivi alla rottamazione - la presenza di Fiat Group Automobiles era particolarmente forte. Sono invece decisamente positivi i risultati ottenuti nel Regno Unito (+19% dei volumi in maggio e +36,1% nel progressivo annuo) e soprattutto in Spagna, dove le vendite di Fiat Group Automobiles sono cresciute in maggio del 96,3% (per una quota al 3,6%, 0,9 punti percentuali in più rispetto allo stesso mese del 2009) e nel progressivo annuo del 73,9%, per una quota del 3,1% (era il 2,6 un anno fa). Il marchio Fiat ha immatricolato in maggio poco meno di 73 mila vetture e ha ottenuto una quota del 6,3% (era il 7,4% a maggio 2009 e il 6,1 ad aprile 2010), mentre nel progressivo annuo il brand ha venduto 409 mila vetture, per una quota del 6,7 %. Va segnalato che Fiat è uno dei marchi che l'anno scorso aveva maggiormente usufruito degli incentivi. Ottimi risultati sono stati ottenuti nel Regno Unito (+28,4% in maggio e +42,7% nel progressivo annuo) e soprattutto in Spagna, dove continua l'exploit di vendite: +143,9% in maggio e +108,2% nel progressivo annuo. Sono state quasi 9 mila le Lancia immatricolate in maggio, per una quota stabile allo 0,8%. Nel progressivo annuo le vetture vendute dal marchio sono state quasi 52 mila, il 4,5% in più rispetto allo scorso anno. Anche in questo caso la quota è stabile allo 0,8%. Alfa Romeo ha immatricolato in maggio 8 mila vetture, per una quota dello 0,7%. Identica quota nel progressivo annuo, con 42.500 auto vendute. Positivo infine l'avvio della commercializzazione della Giulietta: gli ordini finora raccolti sono oltre 13 mila.

Redazione online

15 giugno 2010

 

 

 

 

Tremonti: "L'accordo è la rivincita dei riformisti"

Pomigliano, referendum il 22 giugno

Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento del Lingotto. La Fiom conferma il suo no: "Testo irricevibile"

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Pomigliano, Fiom: "Firma impossibile". Cgil: a rischio leggi e Costituzione (14 giugno 2010)

*

L'accordo possibile per lo stabilimento è un messaggio per gli investitori esteri di P. Ichino

*

Le barriere alla crescita di Francesco Giavazzi

Tremonti: "L'accordo è la rivincita dei riformisti"

Pomigliano, referendum il 22 giugno

Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento del Lingotto. La Fiom conferma il suo no: "Testo irricevibile"

I sindacati riuniti per la firma dell'accordo su Pomigliano (Lapresse)

I sindacati riuniti per la firma dell'accordo su Pomigliano (Lapresse)

POMIGLIANO D'ARCO - Accordo separato sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il documento, integrato, presentato dal Lingotto (LEGGI). La Fiom ha confermato il suo no. Al documento la Fiat ha stato aggiunto un sedicesimo punto, relativo all'istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come richiesto dalle organizzazioni sindacali che venerdì avevano già dato un primo via libera al testo. È stata inoltre stabilita la data del referendum tra i lavoratori: martedì 22 giugno. "Mi auguro che la Fiom e la Cgil non vogliano ostacolare questo percorso" ha detto il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Per il collega dell'Economia Tremonti "l'accordo su Pomigliano è la rivincita dei riformisti su tutti gli altri".

LA FIOM - "È un testo irricevibile, che va oltre le questioni relative allo stabilimento, che pone problemi seri di contrasto alla Carta costituzionale per quanto riguarda il diritto di sciopero e deroga alle leggi e al contratto nazionale - spiega il responsabile del settore auto della Fiom, Enzo Masini -. I lavoratori sono messi in condizione di ricatto. E anche un referendum non è possibile sotto la minaccia di chiusura di uno stabilimento. Questo è un referendum anomalo, nel senso che viene fatto: "Vuoi lavorare o vuoi essere licenziato?"". Al momento della firma Masini si è alzato ed ha lasciato il tavolo. Del referendum "discuteremo mercoledì - ha aggiunto -, abbiamo convocato l'assemblea degli iscritti della Fiom a Pomigliano". I punti del testo, ha inoltre sottolineato, "non sono assolutamente cambiati. Il testo è lo stesso e la minaccia di licenziare i singoli lavoratori non è cambiata, c'è tutta. È stata solo istituita una commissione paritetica". Per Masini, il negoziato non è stato "paritario".

REAZIONI - Con la Fiom si schiera l'Italia dei Valori, secondo cui è stata firmata "un'intesa che riduce drasticamente i diritti individuali e collettivi previsti dalla Costituzione e dalle leggi e mettono sotto ricatto i lavoratori di Pomigliano". Secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani "si poteva arrivare, con la buona volontà di tutti, a un accordo sull'assenteismo e sulla flessibilità senza sfiorare delicate questioni giuridiche. A questo punto bisogna valutare l'esito del referendum tra i lavoratori e bisogna fare in modo, e lo dico in particolare al governo, che questa vicenda eccezionale non prenda il carattere di esemplarità". Il sindaco di Pomigliano d'Arco, Lello Russo, pensa al 22 giugno: "Dai risultati del referendum emergerà la stragrande maggioranza della classe operaia è sana, non è fatta di scioperanti a oltranza, di assenteisti, di fannulloni, ma di persone serie, lavoratori che vogliono dimostrare ai colleghi del nord che qui da noi ci sono eccellenza e produttività".

Redazione online

15 giugno 2010

 

 

E IL LINGOTTO CONVOCA I SINDACATI DEI METALMECCANICI MARTEDì ALLE 14

Pomigliano, Fiom: "Firma impossibile"

Cgil: a rischio leggi e Costituzione

Il sindacato: "Profili di illegittimità nella proposta Fiat, ma l'impianto. La parola ai lavoratori"

*

NOTIZIE CORRELATE

*

L’accordo possibile per lo stabilimento è un messaggio per gli investitori esteri di P. Ichino

*

Le barriere alla crescita di Francesco Giavazzi

E IL LINGOTTO CONVOCA I SINDACATI DEI METALMECCANICI MARTEDì ALLE 14

Pomigliano, Fiom: "Firma impossibile"

Cgil: a rischio leggi e Costituzione

Il sindacato: "Profili di illegittimità nella proposta Fiat, ma l'impianto. La parola ai lavoratori"

Maurizio Landini, leader Fiom (Ansa)

Maurizio Landini, leader Fiom (Ansa)

MILANO - Ore decisive per il futuro dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. La Fiat ha convocato infatti per martedì alle 14 a Roma i sindacati dei metalmeccanici sulla questione dell'impianto nel Napoletano., ma La Fiom-Cgil ritiene però che "non sia possibile che quel testo venga firmato". Lo ha detto il segretario generale, Maurizio Landini, riferendosi all'accordo già siglato da altri sindacati su Pomigliano d'Arco. La Fiom ritiene infatti impossibile firmarlo perché "contiene profili di illegittimità". Su una convocazione del referendum, Landini dice che per la Fiom "è impossibile sottoporre al voto" accordi che violano i contratti e la Costituzione. Se la Fiat dovesse proseguire sulla propria strada confermando l'ipotesi di accordo presentata ai sindacati con le deroghe al contratto nazionale, la Fiom indirà otto ore di sciopero per il settore metalmeccanico il 25 giugno.

INCOSTITUZIONALE - Secondo la Fiom, la clausola sui provvedimenti disciplinari e i licenziamenti "è la più spregiudicata di tutto il documento Fiat", viene spiegato in un volantino consegnato ai rappresentanti del comitato centrale. "Il diritto individuale di aderire a uno sciopero, sancito dall'articolo 40 della Costituzione, diviene oggetto di provvedimento disciplinare fino al licenziamento", osserva la Fiom. Il riferimento è a quella parte del documento Fiat denominate "clausole integrative del contratto individuale di lavoro". Nella proposta di accordo la Fiat prevede che "la violazione, da parte del singolo lavoratore, di una delle condizioni contenute nell'accordo costituisce infrazione disciplinare da sanzionare, secondo gradualità, in base agli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari e ai licenziamenti per mancanze". Anche sulla clausola di responsabilità, che nella proposta Fiat libera l'azienda da obblighi contrattuali in caso di mancato rispetto degli impegni assunti con l'accordo, secondo la Fiom "alla Fiat viene data totale discrezionalità per valutare se una qualsiasi iniziativa - dalla protesta allo sciopero - in contrasto con uno dei qualsiasi punti dell'accordo (carichi di lavoro, straordinari, gestione della forza lavoro) costituisce violazione dell'accordo stesso". Secondo la Fiom, per raggiungere gli obiettivi del piano di rilancio di Pomigliano alla Fiat basterebbe applicare il contratto nazionale senza deroghe. Lo afferma all’unanimità il comitato centrale della Fiom-Cgil, proponendo al Lingotto di "applicare il contratto di lavoro che permette all’azienda di produrre le 280 mila auto all’anno e le 1.045 al giorno che sono gli obiettivi del piano che Marchionne vuole fare". Se l’azienda applicherà semplicemente il contratto nazionale, ha detto Landini, "la Fiom non metterà in campo nessuna opposizione".

FINI ALLA FIOM: "NON SI TOCCANO VOSTRI DIRITTI" - Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, si è rivolto alla Cgil e alla Fiom affinché firmino l’accordo: "Se fosse stato detto "rinunciate ai propri diritti", io avrei detto no. Ma non è stato così: i diritti acquisiti non vengono toccati".

NORME - L’incontro di martedì, spiegano fonti sindacali, dovrebbe servire per fare il punto sul tema della Commissione paritetica contenuto nella "clausola di raffreddamento" prevista nell’accordo separato condiviso venerdì scorso tra l’azienda e Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl. Nel frattempo la segreteria della Cgil fa sapere che "il lavoro e l'occupazione sono il primo punto di responsabilità" per un giudizio sul futuro di Pomigliano. Per questo il sindacato conferma il "sì alla difesa dell'occupazione e alla necessità di rendere pienamente produttivo il futuro investimento", sottolineando tuttavia il rischio che "la proposta di accordo possa violare leggi e Costituzione". "Le norme proposte dall'azienda aprono profili di illegittimità in materia di malattia e diritto di sciopero. La Cgil chiede alla Fiat di riflettere come una proposta di accordo possa violare leggi e Costituzione" si legge in una nota. Per la Cgil, comunque, "tocca alla categoria dei metalmeccanici promuovere la discussione, innanzitutto coinvolgendo gli iscritti".

SCONTRO - "Pomigliano non ha alternative. Napoli non ha alternative sul suo territorio", aveva detto domenica Guglielmo Epifani. La soluzione scelta per Pomigliano è "la via giusta", aveva invece assicurato dal canto suo il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il "no" della Fiom su un'intesa per Pomigliano "non è accettabile, spero che cambi idea", aveva detto la presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, intervenendo all'assemblea dell'Assolombarda. "Auspichiamo che la Fiom rifletta sulla sua decisione e cambi idea: come si fa a bloccare un investimento da 750 milioni perché si vogliono tutelare gli assenteisti e i falsi ammalati? Bisogna guardare avanti, c'è un'azienda che prende gli investimenti dall'estero e li sposta in Italia, non è accettabile che si dica di no che ci si nasconda e non si guardi la situazione. Auspico prevalga un senso di responsabilità e si dia speranza al Paese", aveva concluso la leader degli industriali. "Vedo un atteggiamento responsabile da parte di Epifani", aveva aggiunto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ribadendo di essere "ottimista" su un'adesione anche da parte dei metalmeccanici della Cgil all'intesa con Fiat. Accordo che comunque, ha precisato il ministro, dopo il sì delle altre sigle sindacali, "è già passato".

Redazione online

14 giugno 2010

 

 

 

 

 

2010-06-10

calano i consumi nazionali (-0,1%), crescono le esportazioni (+5,3%)

Pil: +0,5% nel primo trimestre 2010

L'Istat rivede al ribasso le stime preliminari: la crescita rispetto al trimestre precedente è allo 0,4%

calano i consumi nazionali (-0,1%), crescono le esportazioni (+5,3%)

Pil: +0,5% nel primo trimestre 2010

L'Istat rivede al ribasso le stime preliminari: la crescita rispetto al trimestre precedente è allo 0,4%

MILANO - Il Pil italiano nel primo trimestre di quest'anno è cresciuto dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% rispetto al primo trimestre 2009. Lo comunica l'Istat, che ha rivisto al ribasso la stima preliminare (+0,5% congiunturale e +0,6% tendenziale).

ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI - La crescita acquisita per il 2010, comunica l'Istat, è pari a 0,5%. Il primo trimestre del 2010, precisa l'istituto, ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso del primo trimestre 2009. In termini congiunturali le importazioni di beni e servizi sono cresciute del 3,3%, tanto che il totale delle risorse (pil e importazioni di beni e servizi) è aumentato dello 0,9%. Dal lato della domanda, le esportazioni sono aumentate del 5,3% e gli investimenti fissi lordi dello 0,6%, mentre i consumi finali nazionali sono diminuiti dello 0,1%. Nell'ambito di questi ultimi, la spesa delle famiglie residenti è rimasta stazionaria mentre quella delle istituzioni sociali private è diminuita dello 0,5%. L'aumento degli investimenti è stato determinato da una crescita del 2,2% degli investimenti in macchine, attrezzature ed altri prodotti, mentre gli acquisti di mezzi di trasporto sono diminuiti dello 0,5% e gli investimenti in costruzioni dello 0,3%. In termini tendenziali le esportazioni sono aumentate del 5%, le importazioni del 4,5%. La spesa delle famiglie residenti è aumentata dello 0,7%. Sempre su base annua, gli investimenti fissi lordi sono calati dell'1,2%. Guardando all'analisi settoriale, nel primo trimestre si rilevano andamenti congiunturali positivi del valore aggiunto dell'agricoltura (+3,8%), dell'industria in senso stretto (+1,7%), del settore che raggruppa attività del commercio, alberghi e pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni (+0,7%) e del settore del credito, assicurazioni, attività immobiliari e servizi professionali (+0,2%). Si rilevano invece andamenti congiunturali negativi per le costruzioni (-0,3%) e per gli altri servizi (-0,4%). Su base annua, il valore aggiunto dell'industria in senso stretto è cresciuto del 2,5%, quello dell'agricoltura dello 0,5%, quello dei servizi dello 0,2%. Il valore aggiunto delle costruzioni è invece calato del 3,6%.

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

l'OK IN CDM. LO HA RIFERITO IL MINSITRO RONCHI

Agenzie di rating, vigilerà la Consob

Via libera al Dpr che recepisce un regolamento europeo

l'OK IN CDM. LO HA RIFERITO IL MINSITRO RONCHI

Agenzie di rating, vigilerà la Consob

Via libera al Dpr che recepisce un regolamento europeo

MILANO - Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al Dpr sul regolamento che prevede la vigilanza sulle agenzie di rating da parta della Consob. Lo ha riferito il ministro per le Politiche Ue Andrea Ronchi lasciando la riunione a Palazzo Chigi.

IL DECRETO - Il decreto presidenziale recepisce un regolamento europeo relativo alle agenzie di rating del credito: Il provvedimento, composto da un solo articolo, stabilisce che dalla sua attuazione "non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica". La misura è stata adottata ai sensi dell'articolo 22 del regolamento europeo approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 16 settembre 2009 che prevedeva che ciascun stato membro individuasse l'autorità competente della vigilanza entro il 7 giugno del 2010.

Redazione online

10 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-04

Mercati finanziari in forte calo: piazza affari cede il 2,5% a metà seduta

L'euro scivola ai minimi dal 2006

Sotto quota 1,21 contro dollaro, il livello più basso da quattro anni a questa parte

Mercati finanziari in forte calo: piazza affari cede il 2,5% a metà seduta

L'euro scivola ai minimi dal 2006

Sotto quota 1,21 contro dollaro, il livello più basso da quattro anni a questa parte

MILANO - L'euro scende sotto la soglia 1,21 dollari e aggiorna i minimi da quattro anni. La moneta unica europea ha toccato un minimo di seduta di 1,2051 dollari, il livello più basso da aprile 2006. Lo scivolone della moneta unica è avvenuto in coincidenza con il peggioramento di tutte le piazze azionarie europee. Il massimo giornaliero è stato 1,2216 dollari.

BORSE IN FORTE CALO - Borse europee in calo (Dj Stoxx 600 -0,6%) a metà seduta con i bancari scivolati in flessione (sottoindice dj stoxx banche 1,3%) in scia alle vendite su Société Générale -4,3%) su cui pesano, spiegano dalle sale operative, "rumors sull'esposizione ai derivati". Maglia nera è Milano (Ftse Mib -2,5%, Ftse All Share -2,3%) che affonda con Unicredit (-5,3%), Ubi (-4,4%), Intesa (-4,3%). Male anche Madrid (-2,31%). Parigi cede l'1,16%, Londra lo 0,48%.

04 giugno 2010

 

 

 

A trainare la timida crescita sono esportazioni E IMPORTAZIONI

Primo trimestre, bene il Pil italiano

Crescita dello 0,5% dopo il -0,1% dell'ultimo trimestre

del 2009. In Eurolandia il dato resta stabile a +0,2%

A trainare la timida crescita sono esportazioni E IMPORTAZIONI

Primo trimestre, bene il Pil italiano

Crescita dello 0,5% dopo il -0,1% dell'ultimo trimestre

del 2009. In Eurolandia il dato resta stabile a +0,2%

MILANO - Resta stabile il Pil di Eurolandia nel primo trimestre 2010: secondo Eurostat la crescita è stata dello 0,2%, come negli ultimi tre mesi dello scorso anno. Stesso risultato per la Ue-27. L'Italia ha fatto registrare un balzo dello 0,5%, dopo il -0,1% dell'ultimo trimestre 2009: meglio di Francia (+0,1%), Germania (+0,2%) e Regno Unito (+0,3%). Torna il segno più anche davanti al Pil della Spagna (+0,1%). Come prevedibile, la Grecia resta in recessione (-0,8%).

IMPORT-EXPORT - A trainare la timida crescita della zona euro nei primi tre mesi dell'anno sono state soprattutto le esportazioni (+2,5%) e le importazioni (+4%). La spesa per i consumi delle famiglie è invece diminuita dello 0,1%. In calo anche quella per investimenti (-1,1%). Su base annua, nel primo trimestre 2010 il Pil dell'Eurozona torna positivo dopo mesi di segno meno, aumentando dello 0,6% rispetto al -2,3% degli ultimi tre mesi del 2009. Il secondo e terzo trimestre 2009 avevano fatto segnare un vero e proprio crollo del Pil (-4,3% e -5,1%).

Redazione online

04 giugno 2010

 

 

 

2010-06-01

vedi i : Dati Istat

Ad aprile persi 307mila posti di lavoro

Tasso di disoccupazione all'8,9%, livello più alto mai raggiunto dal 2001. Tra i giovani è al 29,5%

NOTIZIE CORRELATE

DOCUMENTO: Il testo integrale della ricerca

Istat: in Italia due milioni di giovani non lavorano e non studiano

(26 maggio 2010)

Dati Istat

Ad aprile persi 307mila posti di lavoro

Tasso di disoccupazione all'8,9%, livello più alto mai raggiunto dal 2001. Tra i giovani è al 29,5%

(Ansa)

(Ansa)

MILANO - I dati dell'Istat lanciano l'ennesimo allarme sul fronte del lavoro: la disoccupazione continua a salire e il tasso raggiunto nell'aprile è all'8,9%, livello più alto mai raggiunto dal 2001. Nello stesso mese, secondo l'Istat, sono stati 370mila i posti di lavori persi.

Il numero di occupati ad aprile 2010 è pari a 22 milioni 831 mila unità (dati destagionalizzati), in aumento dello 0,2 per cento (+56 mila unità) rispetto a marzo e inferiore dell'1,3 per cento (-307 mila unità) rispetto ad aprile 2009. Secondo i dati Istat il tasso di occupazione è pari al 56,9 per cento, in aumento, rispetto a marzo, di 0,1 punti percentuali, ma ancora inferiore di 0,9 punti percentuali rispetto ad aprile dell'anno precedente. Il numero di inattivi di età compresa tra i 15 e i 64 anni - spiega sempre l'Istat - è pari a 14 milioni 810 mila unità, con una riduzione dello 0,5% (-76 mila unità) rispetto a marzo 2010 e un leggero aumento dello 0,1% (+9 mila unità) rispetto ad aprile 2009. Il tasso di inattività è, quindi, pari al 37,5% (-0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile 2009).

OLTRE DUE MILIONI IN CERCA DI LAVORO - Il numero delle persone in cerca di occupazione risulta pari a 2 milioni 220 mila unità, in crescita dell'1 per cento (+21 mila unità) rispetto al mese precedente e del 20,1 per cento (+372 mila unità) rispetto ad aprile 2009. Il tasso di disoccupazione si posiziona all'8,9 per cento, più elevato di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009.

GIOVANI: "DISOCCUPAZIONE AL 29,5%" - La nuova ricerca sull'andamento del mercato del lavoro conferma anche che non si arresta la crescita del tasso di disoccupazione giovanile e che è anzi in questo settore che registrano i dati più allarmanti: ad aprile è pari al 29,5%, con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009. L'Istat sottolinea che si tratta del dato più elevato da quando esistono le serie storiche mensili, ovvero dal 2004.

01 giugno 2010

 

 

 

 

Disoccupazione

I giovani "vittime della crisi"

e quel gap nei mestieri artigiani

Il mercato del lavoro è da cambiare. Ma anche la formazione

Disoccupazione

I giovani "vittime della crisi"

e quel gap nei mestieri artigiani

Il mercato del lavoro è da cambiare. Ma anche la formazione

La frase ("I giovani sono le vere vittime di questa crisi") non era prevista nella relazione stampata e distribuita ai partecipanti. Ma il governatore ha voluto inserirla e scandirla, guardando la platea, per dare maggiore forza a un passaggio importante delle sue Considerazioni finali e a un tema che aveva toccato anche negli anni scorsi. Il punto di partenza dell’analisi di Bankitalia è che la recessione "ha acuito il disagio dei giovani nel mercato del lavoro". Infatti nella fascia di età tra i 20 e i 34 anni la disoccupazione ha raggiunto il 13% nella media del 2009. La riduzione rispetto all’anno precedente della quota di occupati tra i giovani è stata sette volte quella osservata tra i più anziani.

Le cause sono chiare: la maggiore diffusione dei contratti di lavoro a termine (i primi a saltare) e la contrazione delle nuove assunzioni, stimata nel 20%. In più i salari di ingresso ristagnano in termini reali da quindici anni e a fronte di una ripresa lenta la tendenza sarà ad avere retribuzioni successive permanentemente più basse.

Le differenze tra insider e outsider, che pur partivano da una base già larga, si stanno dunque progressivamente ampliando e rischiano di rendere strutturale quella che Pietro Ichino chiama "apartheid". A rendere ancora più evidente il doppio standard è il deficit di rappresentanza che affligge il mondo dei giovani, le loro istanze restano senza voce. Sindacati e partiti sono saldamente in mano agli insider. Anche tutte le riflessioni avviate in questi anni su una sorta di patto generazionale tra padri e figli che riequilibri tutele e potere negoziale sono rimasti finora lettera morta. Caso mai si è andati nella direzione opposta, rafforzando il welfare dei capi-famiglia.

dei capi-famiglia. Va dunque "completata la riforma del mercato del lavoro ", come ha sostenuto Draghi, ma forse è maturo il tempo per aprire una riflessione su quello che per amor di semplicità potremmo definire "rivalutazione del lavoro manuale". C’è un evidente disallineamento tra i percorsi formativi che seguono i nostri studenti e le occasioni che fornisce il mondo del lavoro. Nel primo caso siamo davanti a una licealizzazione spinta, dall’altra a una richiesta da parte dell’industria e dell’artigianato di tecnici. Nei mesi scorsi l’Unione Industriali di Treviso era ricorsa addirittura alla pubblicità sui bus per stimolare le iscrizioni agli istituti tecnici e anche in provincia di Varese si era manifestata la richiesta (non corrisposta) di centinaia e centinaia di tecnici. Successivamente le associazioni che si occupano di mestieri d'arte avevano denunciato la difficoltà a trovare sostituti per i maestri in età da pensione.

Che fare? Innanzitutto andrebbe trovata una via d’uscita veloce per quei liceali (numerosi) che hanno capito di aver sbagliato corsia, un’uscita che eviti un proseguimento forzoso del ciclo di studi con il successivo approdo a una "laurea debole", presupposto per un impiego da "qualcosista". Ma insieme alla revisione del percorso formativo è necessaria una battaglia culturale che sradichi l’idea, presente in molte famiglie, che un lavoro manuale sia in ogni caso da evitare. I dati che vengono dal Veneto ci dicono che in queste settimane si cominciano a iscrivere ai corsi da badante e infermiere non più solo immigrati ma anche italiani. Evidentemente la recessione sta cambiando vecchie mentalità, ma si tratta di un processo che andrebbe agevolato e guidato evitando che quello che per i padri è buon senso alle orecchie dei figli suoni come inutile retorica.

Dario Di Vico

01 giugno 2010

 

 

2010-05-27

nuovo rapporto istat PRESENTATO ALLA cAMERA

In Italia due milioni di giovani

non lavorano e non studiano

Il 15% delle famiglie in crisi economica: una su due non può permettersi una settimana di ferie lontano da casa.

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Il sito dell'Istat

nuovo rapporto istat PRESENTATO ALLA cAMERA

In Italia due milioni di giovani

non lavorano e non studiano

Il 15% delle famiglie in crisi economica: una su due non può permettersi una settimana di ferie lontano da casa.

(Insidephoto)

(Insidephoto)

ROMA - Nullafacenti, loro malgrado. Tirano sera con poche speranze: l'Italia ha il più alto numero, tra i paesi europei, di giovani che non lavorano e non studiano. Vivere a casa con i genitori non è più una scelta: è l'unico modo per sbarcare il lunario. Il quadro dell'Italia disegnato nel rapporto annuale dell'Istat, presentato alla Camera, è quello di un paese in parte ripiegato su sè stesso, che accusa drammaticamente la crisi economica nella vita di tutti i giorni. Famiglie non più in grado di affrontare qualsiasi imprevisto, disoccupazione o sottoccupazione, in particolare nella fascia femminile. Il potere d'acquisto pro capite italiano è scivolato sotto il livello del 2000 mentre la pressione fiscale è salita al 43,2% nel 2009, aumentando di tre decimi di punto rispetto all'anno precedente (42,9% nel 2008) e ampliando lo stacco di oltre tre punti percentuali con la media Ue che l'anno scorso si è attestata al 39,5% (dal 40,3% del 2008). "Caso unico" tra le grandi economie, sottolinea l'Istituto nazionale di statistica. Insomma un quadro nell'insieme a tinte fosche, anche se qualche spiraglio di luce filtra: la ripresa si avvia verso una fase di "progressivo consolidamento" nei prossimi mesi in tutti i settori "ad eccezione delle costruzioni" che restano a picco, in Italia così come in altri Paesi europei quali Francia e Spagna. La crisi, ricorda infine il rapporto, pesa comunque di più sui lavoratori stranieri che su quelli italiani. Il tasso di occupazione dei primi è infatti calata nel 2009 a ritmi doppi rispetto ai secondi.

Bamboccioni al cinema e a teatro Bamboccioni al cinema e a teatro Bamboccioni al cinema e a teatro Bamboccioni al cinema e a teatro Bamboccioni al cinema e a teatro Bamboccioni al cinema e a teatro Bamboccioni al cinema e a teatro Bamboccioni al cinema e a teatro

GIOVANI ALLO SBANDO - Non sono gli unici, ma quelli che pagano di più questo stato di cose sono i giovani. Quelli che non fanno nulla. Si chiamano Neet (Non in education, employment or training) e nel nostro paese sono oltre 2 milioni. Per questo, il nostro paese, ha il primato europeo. Hanno un'età fra i 15 e 29 anni (il 21,2% di questa fascia di età), per lo più maschi, e sono a rischio esclusione. A casa con mamma e papà ma non più per scelta nè per piacere. I "bamboccioni" lasciano il posto ai conviventi forzati con i genitori, costretti dai problemi economici. Nonostante le aspirazioni, i 30-34enni che rimangono in famiglia sono quasi triplicati dal 1983 (dall'11,8% al 28,9% del 2009). Lo denuncia l'Istat nel rapporto annuale presentato alla Camera. Questi giovani sono coinvolti nell'area dell'inattività (65,8%). Il numero dei giovani Neet è molto cresciuto nel 2009, a causa della crisi economica: 126 mila in più, concentrati al nord (+85 mila) e al centro (+27 mila). Tuttavia il maggior numero, oltre un milione, si trova nel Mezzogiorno. Fra i Neet si trovano anche laureati (21% della classe di età) e diplomati (20,2%). È un fenomeno in crescita; nel 2007 (dati Ocse), l'Italia già registrava il 10,2% di Neet contro il 5,8% dell'Ue). Chi sono i giovani Neet? Sono coloro che perdono il lavoro e quanto più dura questo stato di inattività tanto più hanno difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro. Tra il primo trimestre del 2008 e lo stesso periodo del 2009 la probabilità di rimanere nella condizione di Neet è stata del 73,3% (l'anno precedente era il 68,6%), con valori più elevati per i maschi residenti al nord. Alla più elevata permanenza nello stato di Neet si accompagna anche un incremento del flusso in entrata di questa condizione degli studenti non occupati (dal 19,9% al 21,4%) ed una diminuzione delle uscite verso l'occupazione.

15% DELLE FAMIGLIE IN CONDIZIONI DI DISAGIO ECONOMICO - Oltre il 15% delle famiglie vive in condizioni di disagio economico, con una percentuale che supera il 25% nel Mezzogiorno; una su tre non riesce a sostenere spese impreviste, quasi una su due non può permettersi una settimana di ferie lontano da casa, mentre ci si indebita sempre più. La crisi, tuttavia - viene evidenziato nel rapporto - ha colpito le famiglie che già stavano peggio, tanto che la maggior parte (il 60%) di quelle in condizioni di disagio economico lo era già nel 2008. Da un lato, infatti, la percentuale delle cosiddette famiglie "deprivate" risulta essere nel 2009 pari al 15,3%, un valore sintetico sostanzialmente stabile rispetto all'anno precedente. Ma scorrendo le singoli voci di disagio, tra il 2008 e il 2009 si nota come sia cresciuto il numero delle famiglie indifese nel far fronte a spese impreviste (passate dal 32% al 33,4% nella media nazionale), quelle in arretrato col pagamento di debiti diversi dal mutuo (dal 10,5% al 13,6% di quelle che hanno debiti) e quelle che si sono indebitate (salite dal 14,8% al 16,4%). Allo stesso modo sale al 40,6% (dal 39,4% del 2008) la quota di famiglie per cui una settimana di ferie in un anno lontano da casa è solo un miraggio. Ma non manca neppure chi, allo stremo, dichiara di non aver avuto avuto almeno una volta nel corso dell'anno soldi per acquistare cibo: la media risulta pari al 5,7% (dal 5,8% del 2008) ma al nord si sale dal 4,4% al 5,3%. E ancora: cala leggermente la quota di famiglie che non può permettersi di riscaldare adeguatamente l'abitazione (10,7% dall'11,2% del 2008), benchè - viene rilevato - i prezzi al consumo del gas e dei combustibili liquidi siano diminuiti rispettivamente dell'1,5% e del 20%. Si riduce anche la percentuale di famiglie che riferisce di essere in arretrato con il pagamento del mutuo (dal 7,6% al 6,4%) e con il pagamento dell'affitto (dal 14% al 12,5% del totale in affitto).

FONTI RINNOVABILI CRESCIUTE DEL 20% - Nel rapporto, a ben cercare, qualche dato positivo c'è: a cominciare dagli impieghi di fonti rinnovabili che sono cresciuti del 20,5 per cento nel 2009, soprattutto per il maggiore utilizzo di legna e biodiesel. Tuttavia, secondo lo studio, l'Italia si colloca nel 2007 sotto la media europea (15,6 per cento) per quanto riguarda l'apporto delle rinnovabili alla generazione di energia elettrica. Tra le eco-energie cresce l'apporto dell'idroelettrico (+3,4 per cento nel 2009). Del resto, rileva l'Istat, la domanda di elettricità, pari nel 2009 a 317,6 miliardi di Kwh, è diminuita del 6,5 per cento rispetto all'anno precedente; "una riduzione - evidenzia l'indagine - senza precedenti dal 1949, quando si registrò una diminuzione dell'8,2 per cento. La produzione nazionale copre l'86 per cento del fabbisogno elettrico complessivo, le importazioni nette il restante 14 per cento (in crescita dell'11 per cento rispetto al 2008).

AUTO ED ECOINCENTIVI - In Italia, seconda in Europa per tasso di motorizzazione delle automobili (600 autovetture ogni mille abitanti nel 2006), si registra una crescente diffusione di autovetture a emissioni più contenute, grazie soprattutto alle politiche di incentivazione della domanda di vetture nuove. Lo rileva l'Istat nel suo rapporto annuale, nel sottolineare che nel 2008 il tasso di motorizzazione delle autovetture Euro 4, pari a 173 per mille abitanti, è più che quadruplicato rispetto al 2006, mentre si è ridotto del 25% quello delle auto più inquinanti (Euro 0,1 e 2).

GAS SERRA IN CALO PER EFFETTO DELLA CRISI - Le emissioni di gas serra dell'Italia continuano a diminuire, soprattutto per effetto della crisi economica (-2 per cento nel 2008, e -9 per cento nel 2009). Lo afferma il Rapporto Istat, secondo il quale tuttavia "è ancora lontano il conseguimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto (-6,5% per cento rispetto ai valori del 1990 entro il 2012) e della strategia europea integrata su energia e cambiamenti climatici (-30 per cento e -85 per cento rispettivamente al 2020 e al 2050)". In Italia che è al secondo posto in Europa per tasso di motorizzazione delle automobili, con circa 600 autovetture ogni mille abitanti, si registra, osserva il Rapporto, una crescente diffusione di automobili a emissioni più contenute, grazie soprattutto alle politiche di incentivazione della domanda di vetture nuove.

AUMENTA LA PRESSIONE FISCALE - La pressione fiscale in Italia è salita al 43,2% nel 2009, aumentando di tre decimi di punto rispetto all'anno precedente (42,9% nel 2008) e ampliando lo stacco di oltre tre punti percentuali con la media Ue che l'anno scorso si è attestata al 39,5% (dal 40,3% del 2008). È quanto si evince dal Rapporto annuale dell'Istat. "Caso unico" tra le grandi economie, sottolinea l'Istituto nazionale di statistica, nel Paese risultano in forte crescita le imposte in conto capitale (per quasi 12 miliardi di euro), sospinte da circa 5 miliardi di euro per il cosiddetto 'scudo fiscalè e dal versamento una tantum per l'imposta sostitutiva di alcuni tributi. È invece calato del 4,2% il gettito delle imposte indirette (già diminuito del 4,9% nel 2008), del 7,1% quello delle imposte dirette e dello 0,5% quello dei contributi sociali effettivi.

26 maggio 2010

 

 

i posti di lavoro diminuiscono costantemente. lo stato deve ridurre deficit di bilancio

Ocse: Italia, la crescita resta debole, occupazione in calo, manovra necessaria

Previsioni: Pil 2010 +1,1%, nel 2011 +1,5. L'export migliora, ma a "un ritmo più lento" di molti Paesi

i posti di lavoro diminuiscono costantemente. lo stato deve ridurre deficit di bilancio

Ocse: Italia, la crescita resta debole, occupazione in calo, manovra necessaria

Previsioni: Pil 2010 +1,1%, nel 2011 +1,5. L'export migliora, ma a "un ritmo più lento" di molti Paesi

MILANO - L'Ocse conferma le previsioni di crescita per il 2010 (+1,1%) e il 2011 (+1,5%) del Pil, ma avverte: l'economia italiana è ancora in difficoltà. Nonostante il tasso del 2% annualizzato segnato nel primo trimestre, per un riflesso in parte tecnico dovuto alla ricostituzione degli stock, la ripresa dovrebbe procedere "con un ritmo moderato" nel 2010 nel suo insieme e "rafforzarsi un po'" nel 2011, prevede l'Ocse. L'export migliora, ma a "un ritmo più lento" di molti Paesi. La crescita prevista è del 2,5% nel 2010 e del 3,6% nel 2011, a fronte di un aumento dell'import del 2,7% e del 3% rispettivamente. La recessione dunque in Italia è finita "a metà del 2009" ma la ripresa sarà lenta. In particolare, stima l'organizzazione di Parigi, il nostro Pil salirà come detto dell'1,1% nel 2010 e dell'1,5% nel 2011. Insomma, un rimbalzo "limitato", destinato a rafforzarsi "di poco" l'anno prossimo. Una ripresa "debole, in linea con le performance registrate nel decennio precedente" la crisi. A risentirne sarà la disoccupazione che, calcola l'Ocse, si attesterà all'8,7% nel 2010 e salira all'8,8% nel 2011. Promosso però il governo la cui politica, si legge nel documento, ha consentito di mantenere sotto controllo l'andamento del deficit pubblico e quello del mercato del lavoro.

LA SITUAZIONE - Dopo avere perso competitività nei prezzi e nei costi negli ultimi dieci anni - scrivono gli esperti dell'Ocse - gli incrementi del costo unitario del lavoro segnati lo scorso anno hanno aumentato le difficoltà dell'Italia, aggravate dalla specializzazione in settori quali il lusso e i beni di consumo e dall'ancora scarsa penetrazione nei mercati non-Ocse a più rapida crescita. Così, anche se ripresa mondiale e calo dell'euro saranno di aiuto, è prevedibile la perdita di altre quote di mercato per il Made in Italy. Anche sul fronte del lavoro, l'Outlook non porta buone nuove: "l'occupazione sta cadendo costantemente, senza chiari segnali di rallentamento per ora", con le perdite di posti concentrati tra autonomi e precari, anche se le misure di cassa integrazione anti-crisi hanno evitato la perdita di 300 mila posti. Il calo del reddito disponibile si riflette nella fiducia dei consumatori, diminuita nel primo trimestre e si proietta nei consumi privati, attesi in progresso solo dello 0,8% quest'anno e dell'1,1% il prossimo. Migliora invece la fiducia delle imprese: la redditività è calata, ma le condizioni di credito dovrebbero migliorare quest'anno e favorire la ripresa degli investimenti. In conclusione, "una ripresa sembra assicurata, ma non la sua forza": potrebbe prendere slancio se il Made in Italy riuscisse a conquistare nuovi mercati, ma se tra famiglie e imprese tornasse a prevalere il pessimismo, anche la scenario di ripresa debole potrebbe sembrare ottimistico.

DEFICIT - L’Ocse sprona poi l’Italia a approvare la manovra correttiva dei conti pubblici, in assenza della quale non si riuscirà a ridurre consistentemente il deficit di bilancio, che resterebbe al 5% del Pil il prossimo anno. Sul 2009 l’Italia è riuscita a contenere l’aumento del deficit ai livelli prefissati, garantendosi così fiducia dei mercati e limitando l’impatto della crisi della Grecia sui rendimenti dei sui titoli di Stato, rileva l’ente parigino. Ma ora "E' necessario perseguire una sostanziale stretta di bilancio sul 2011, come annunciato dal governo, che richiederà un forte livello di riduzione delle spese. Bisognerebbe evitare misure una tantum e prestare attenzione al miglioramento dell’efficienza". Sui conti pubblici italiani, l’Ocse stima un deficit di bilancio che dal 5,2% del Pil nel 2009, a politiche invariate resterà allo stesso livello quest’anno e calerà solo lievemente, al 5% nel 2011. Stime, precisa l’Ocse, che appunto non prendono in considerazione le misure supplementari sul 2011, che devono essere ancora approvate a livello parlamentare. A politiche invariate l’aumento delle spese dovrebbe essere contenuto, ma anche le entrate fiscali saranno deboli.

Redazione online

26 maggio 2010

2010-05-23

I petrolieri: effetto del dollaro forte e del peso delle tasse

Il prezzo del petrolio giù del 25%

ma la benzina scende solo dell’1

Da aprile il costo del pieno è calato al rallentatore

I petrolieri: effetto del dollaro forte e del peso delle tasse

Il prezzo del petrolio giù del 25%

ma la benzina scende solo dell’1

Da aprile il costo del pieno è calato al rallentatore

MILANO—Quotazioni del petrolio in caduta libera, ma prezzi della benzina sostanzialmente stabili. O con ribassi limitati ai minimi termini. È passato un mese esatto dalla definizione del famoso "protocollo" contro il caro- carburanti, al tavolo del ministero dello Sviluppo economico, condiviso da petrolieri, associazioni dei distributori e dei consumatori. Adesso, però si riaccende la contesa. E al centro delle polemiche l’eterna (e finora irrisolta) questione: la doppia velocità dei prezzi alla pompa. In un balletto di numeri, raffronti e percentuali, dove ogni contendente è pronto a difendere all’infinto la propria posizione, alla fine, all’automobilista, non resta che mettere mano al portafogli e pagare sempre più caro il pieno di benzina: almeno 176 euro in più all’anno, tra costi diretti e indiretti, secondo l’ultimo calcolo di Adusbef e Federconsumatori.

Da metà aprile a oggi, il barile di greggio è sceso oltre il 25%, la benzina dell’1,13%. Pur tenuto conto del deprezzamento del 14%, accusato nello stesso periodo dall’euro sul dollaro (valuta di riferimento negli scambi petroliferi internazionali), il divario appare notevole. "Ma come si fa a sostenere che a ogni calo del prezzo del greggio debba corrispondere un’analoga riduzione dei prezzi alla pompa, quando circa il 60% del prezzo finale è rappresentato da tasse?", replicano all’Unione petrolifera, secondo cui "l’ottusità di alcune associazioni dei consumatori è ormai senza limiti, impermeabile a qualsiasi evidenza numerica".

In effetti, per i carburanti l’andamento dei prezzi è determinato dall’indice Platts (un’agenzia specializzata indipendente) che tiene conto delle condizioni della domanda e dell’offerta dei prodotti raffinati sui mercati internazionali. Un andamento su cui spesso influisce anche la produzione delle raffinerie. Un esempio: se viene sospesa l’attività, anche in un solo grande impianto americano magari per la manutenzione periodica, comportando quindi un improvviso squilibrio nell’offerta, le quotazioni di benzina e di gasolio ne risentiranno non solo negli Stai Uniti, ma anche nel mondo intero. Non resta quindi che aspettare gli effetti, che però richiederanno tempi non brevi, del "protocollo di lavoro" definito al ministero dello Sviluppo economico, che prevede, tanto per cominciare, l’adozione del prezzo settimanale per ogni eventuale rincaro dei carburanti, e il raddoppio in un anno dei distributori self service. Tutto fermo, invece, per quanto riguarda l’ipotesi di sterilizzare l’Iva, imposta che per inciso va a gravare, oltre che sul costo della materia prima, anche sull’accisa dello Stato. In pratica, la tassa sulla tassa. E su questo fronte, l’ ultima parola spetta al Tesoro.

Gabriele Dossena

23 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-14

secondo l'Istat aumento dovuto in particolare ai beni energetici e ai servizi

Vola l'inflazione ad aprile: +1,5%

E' il dato più alto da febbraio 2009. La crescita dei prezzi al consumo rispetto a marzo è dello 0,4%

secondo l'Istat aumento dovuto in particolare ai beni energetici e ai servizi

Vola l'inflazione ad aprile: +1,5%

E' il dato più alto da febbraio 2009. La crescita dei prezzi al consumo rispetto a marzo è dello 0,4%

MILANO - Ad aprile vola l’inflazione. I prezzi al consumo sono cresciuti dell’1,5% rispetto allo stesso mese del 2009, attestandosi ai livelli massimi da febbraio di un anno fa (+1,6%), dopo l’1,4% registrato a marzo. Lo rileva l’Istat, confermando le stime preliminari.

I PREZZI AL CONSUMO - Rispetto al mese precedente l’indice nazionale dei prezzi al consumo è aumentato dello 0,4%. L’inflazione acquisita per il 2010 è pari a +1,2%. L’andamento dell’inflazione ad aprile, spiega l’Istat, riflette gli effetti sia degli aumenti congiunturali dei prezzi dei beni, in particolare di quelli energetici, che delle tensioni al rialzo nel comparto dei servizi. Al netto della componente energetica e degli alimentari freschi, il tasso tendenziale di crescita dei prezzi al consumo è pari all’1,5%, un decimo di punto percentuale al di sopra del dato di marzo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca), calcolato tenendo conto delle riduzioni temporanee di prezzo, ha registrato un aumento dello 0,9% rispetto al mese precedente ed è risultato dell’1,6% più elevato rispetto ad aprile 2009.

Redazione online

14 maggio 2010

 

2010-05-12

DATI Istat

Il Pil italiano cresce: 0,6% nel trimestre

Confindustria: la strada è ancora lunga

Segnali di ripresa dall'economia. Rispetto a un anno fa +0,6%, rispetto al trimestre precedente +0,5%

DATI Istat

Il Pil italiano cresce: 0,6% nel trimestre

Confindustria: la strada è ancora lunga

Segnali di ripresa dall'economia. Rispetto a un anno fa +0,6%, rispetto al trimestre precedente +0,5%

Emma Marcegaglia (Eidon)

Emma Marcegaglia (Eidon)

MILANO - Segnali di ripresa dall'economia italiana: nel primo trimestre, il Pil è salito dello 0,5% congiunturale, ossia rispetto al quarto trimestre 2009, e dello 0,6% annuo (ossia rispetto al primo trimestre 2009). Lo rende noto l'Istat, spiegando inoltre che la crescita acquisita per il 2010 è pari allo 0,6%. L'Istat ricorda che il primo trimestre ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del primo trimestre 2009. L’aumento congiunturale del prodotto interno lordo, sottolinea l'Istat, è il risultato dell'aumento del valore aggiunto dell’agricoltura, dell’industria e dei servizi.

CONFINDUSTRIA: PIL 2010 ALL'1% - L'Italia ha "agganciato la ripresa"; pur lontana dai massimi pre-crisi, la produzione industriale sta accelerando; ciò, assieme ai nuovi dati Istat, innalza le probabilità di un aumento del Pil superiore all'1% nel 2010. È questa la stima fornita dal Centro studi di Confindustria: "Più forte - spiega il Csc - la ripresa del Pil italiano nel primo trimestre: +0,5% sul quarto del 2009, rivisto al rialzo dall'Istat (-0,1% da -0,3%). La crescita acquisita per il 2010 è dello 0,6%. Il secondo trimestre sarà ancora positivo, trainato dalla produzione industriale (+4,0%, stima IsaE); ciò aumenta molto le probabilità di incremento del Pil sopra l'1% nel 2010". Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, al termine del direttivo di viale dell'Astronomia ha detto che il dato sul Pil nel primo trimestre "lo commentiamo in modo positivo perché è un po' più alto delle aspettative e rende abbastanza probabile la possibilità di crescere oltre l'1% nel 2010" sottolineando tuttavia che "la strada da fare è ancora lunga".

CONFRONTO - Negli Usa, l'aumento del Pil (congiunturale) è stato nel primo trimestre dello 0,8% (dopo una crescita dell’1,4% nel quarto trimestre 2009. Su base annuale, rispetto al primo trimestre 2009, il Pil degli Usa è aumentato del 2,5%, dopo un aumento dello 0,1% nel trimestre precedente). Nel Regno Unito l'aumento del Pil congiunturale è stato dello 0,2%. La tendenza che si rileva è: aumento del Pil del 2,5% negli Stati Uniti e discesa dello 0,3% nel Regno Unito.

EUROPA - Secondo le prime stime flash di Eurostat, l’Ufficio statistico del’Ue, il prodotto interno lordo sia dell’Eurozona che dell’Ue a 27 è aumentato dello 0,2% nel primo trimestre 2010, rispetto al trimestre precedente, quando c’era stata una crescita dello 0,1% appena nell’Ue, mentre il dato dell’Eurozona era rimasto stabile (0,0%). Su base annuale, rispetto al primo trimestre del 2009, Eurostat stima che vi sia stato un aumento del Pil nel primo trimestre del 2010 pari allo 0,5% nell’Eurozona e allo 0,3% nell’Ue a 27. Il dato annuale del quarto trimestre 2009 era stato negativo per entrambe le aree: rispettivamente -2,2 e -2,3 per cento.

Redazione Online

12 maggio 2010

 

 

 

2010-05-06

i dati del tesoro contenuti nella Relazione Unificata di economia e finanza pubblica

Pil, lieve revisione al ribasso. Deficit al 5%

Nel 2010 crescita all'1%, 0,1 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni dell’aggiornamento del Patto

i dati del tesoro contenuti nella Relazione Unificata di economia e finanza pubblica

Pil, lieve revisione al ribasso. Deficit al 5%

Nel 2010 crescita all'1%, 0,1 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni dell’aggiornamento del Patto

MILANO - Lieve revisione al ribasso per la stima di crescita del Pil italiano nel 2010. Quest’anno, secondo la relazione previsionale e programmatica del Tesoro, dovrebbe attestarsi all’1%, 0,1 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni dell’aggiornamento del Patto di stabilità. Corretta al ribasso anche la stima di crescita per il 2011 (+1,5% contro il +2% inizialmente previsto), mentre per il 2012 è confermato il 2% di aumento. Il Pil nel 2010 crescerà dunque dell'1% mentre l'indebitamento netto si attesterà al 5% del Pil. Nella Relazione Unificata di economia e finanza pubblica, il Tesoro conferma tutti gli obiettivi del rapporto deficit/Pil da qui al 2012, quando l'Italia tornerà sotto la soglia del 3%: quest'anno il rapporto scenderà al 5% senza il bisogno di una manovra bis, nel 2011 al 3,9% e nel 2012 al 2,7%. Per raggiungere questi obiettivi servirà una correzione di 0,8 punti percentuali di Pil il prossimo anno e di 1,6 cumulati nel 2012.

DEBITO PUBBLICO E PRESSIONE FISCALE - Nel corso dell'anno il debito pubblico toccherà nel nostro Paese il 118,4% del Pil, rispetto alla precedente stima del 116,9%. In aumento anche per gli anni successivi: nel 2011 si attesterà al 118,7% (la vecchia stima era pari a 116,5%) e nel 2012 al 117,2% (rispetto a 114,6%). Scende invece la pressione del fisco: si attesterà - secondo le nuove stime contenute nella Ruef pubblicata dal Tesoro - al 42,8%, "riportandosi a un livello inferiore a quello del 2008".

MANOVRA CORRETTIVA - Il mantenimento degli obiettivi di finanza pubblica comporta, secondo quanto sottolinea il Tesoro nella sua Relazione, "una manovra correttiva sul saldo primario pari in termini cumulati a circa l'1,6% del pil nel biennio 2011-2012". In termini assoluti l'ammontare delle manovre è pari a 24,8 miliardi calcolando che il Pil 2010 è pari a 1.554,3 miliardi di euro.

RIPRESA - Quanto alla ripresa, il Tesoro sottolinea nel suo documento che quella dell’economia italiana appare "più solida e sostenibile" rispetto agli altri paesi europei per "la mancanza di sbilanci strutturali di rilievo nel settore immobiliare, in quello finanziario, nei confronti dell’estero e nella situazione finanziaria delle famiglie e delle imprese rispetto ad altri Paesi sviluppati". Si specifica però che la ripresa sarà "ancora graduale". Anche a livello internazionale, spiega il il ministero, "dall’inizio di quest’anno i segnali si stanno rafforzando" e la ripresa dell’economia mondiale "sembra più solida e dinamica anche per effetto degli eccezionali programmi di stimolo fiscale e monetario a livello internazionale".

Redazione online

06 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

Bankitalia: "IL NOSTRO Sistema robusto"

L'Europa e il rischio contagio

Tremonti: "Nessuno è immune"

Allarme di Moody's sull'Italia e sugli altri principali Paesi europei. Fitch: le banche italiane hanno reagito bene

Bankitalia: "IL NOSTRO Sistema robusto"

L'Europa e il rischio contagio

Tremonti: "Nessuno è immune"

Allarme di Moody's sull'Italia e sugli altri principali Paesi europei. Fitch: le banche italiane hanno reagito bene

(Ansa)

(Ansa)

MILANO - I timori che la crisi greca contagi il sistema bancario si diffondono in Europa, trascinando in profondo rosso le Borse del Vecchio Continente. Ad alimentare le paure c'è la presa di posizione di Moody's: il pericolo che la crisi di Atene coinvolga altri Paesi europei esiste e riguarda soprattutto "Portogallo, Spagna, Irlanda, Italia e Gran Bretagna". Un allarme che chiama in causa anche il nostro Paese, ma che altre agenzie di rating comunque ridimensionano. Per Fitch, per esempio, l'Italia non rischia dal momento che gli istituti di credito del nostro Paese "hanno reagito bene" al terremoto economico che ha travolto la Grecia. Rassicurazioni che arrivano anche dalla Banca d'Italia: "Il nostro sistema bancario è robusto, il deficit di parte corrente è basso, il risparmio è alto, il debito complessivo di famiglie, imprese e Stato è basso rispetto ad altri Paesi, il debito netto nei confronti dell'estero è basso. Tutto ciò rende il caso dell'Italia diverso da quello di altri Paesi" hanno sottolineato fonti di Via Nazionale. Cauto il ministro Giulio Tremonti: "Nessuno è immune dai rischi perché passeggero con biglietto di prima classe" ha voluto sottolineare il titolare dell'Economia. "L'estensione della crisi - ha aggiunto - è sistemica e la soluzione può essere solo comune e politica".

DUELLO TRA LE AGENZIE DI RATING - Esaminando i dati relativi al sistema Italia, Fitch ha mantenuto un giudizio inalterato giudicando positivamente l'operato degli istituti bancari. "Il rating della nostra agenzia sul debito sovrano italiano - spiega all'Adnkronos Christian Scarafia, senior director nel gruppo financial institutions di Fitch Italia - è di "AA-", con un andamento stabile per il prossimo futuro". Il giudizio dell'agenzia sembra dunque distanziarsi da quello di Moody's che, in un rapporto diffuso in mattinata e dedicato all'impatto del rischio sovrano sul sistema bancario europeo, ha sottolineato come l'Italia (assieme a Portogallo, Spagna, Gran Bretagna e Irlanda) pur avendo "un sistema bancario finora piuttosto solido" presenta comunque la possibilità di rischi di contagio "nel caso dovessero aumentare le pressioni dei mercati sul debito sovrano". Secondo Fitch invece "le banche italiane hanno saputo reagire bene, grazie soprattutto ad un modello di business tradizionale basato principalmente sulla raccolta tra la clientela". Sicuramente "il 2010 - conclude Scarafia- non sarà facile, la ripresa sarà lenta e le banche avranno altre importanti sfide da affrontare". Stabile l'outlook per l'Italia della terza agenzia di rating, la Standard & Poor's. Un portavoce ha spiegato infatti che S&P non ha nulla da aggiungere al rapporto ufficiale pubblicato lo scorso 8 aprile. In quella data, S&P aveva spiegato che "la prevista attuazione, a partire dal 2010, del programma di consolidamento attraverso la riduzione della spesa pubblica potrebbe essere un importante fattore di supporto per i rating sovrani dell'Italia".

 

PASSERA - Il sistema bancario italiano "può affrontare in condizioni migliori di altri la situazione" ha commentato invece l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera.

BCE: TASSI FERMI ALL'1% - La Banca centrale europea, nel frattempo, ha lasciato invariato all'1% il tasso di riferimento principale in Eurolandia, come ampiamente previsto dal mercato.

IL RAPPORTO - La posizione di Moody's Investors Service è contenuta in un commento speciale intitolato "Sovereign Contagion Risk", in cui si fa riferimento all'impatto sulle banche dell'Europa meridionale, dell'Irlanda e della Gran Bretagna. L'agenzia di rating riconosce che le banche di questi Paesi hanno di fronte diverse sfide di diverso livello ma avverte che "il rischio di contagio potrebbe diluire queste differenze e rappresentare una minaccia molto reale e comune a tutti". " L'Italia - scrive ancora Moody's - è un altro di quei Paesi dove il sistema bancario è stato sino ad ora relativamente robusto", ma dove vi è comunque un rischio di contagio "qualora le pressioni di mercati sui rating sovrani dovesse aumentare". L'agenzia di rating osserva infatti come il nostro sistema bancario non abbia risentito come altri dello scoppio della bolla sull'immobiliare e di quella sui derivati.

FRANCIA E GERMANIA - Intanto in una lettera inviata oggi al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e al presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso di cui il quotidiano Le Monde pubblicherà un estratto venerdì, il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel dichiarano di voler rafforzare la sorveglianza sui conti pubblici della zona euro e dotare i sedici membri di un "robusto quadro" di gestione della crisi. "Non dobbiamo dimenticare - scrivono Merkel e Sarkozy - le lezioni delle passate turbolenze nel settore bancario. Gli Stati non dovrebbero essere costretti a soccorrere le banche. Bisogna che le banche possano fallire senza scatenare dei rischi sistemici per l'intero settore finanziario".

Redazione online

06 maggio 2010

 

 

 

Mediobanca ha ceduto l'8%, Intesa Sanpaolo il 7,7%, Unicredit il 7,4%

Moody's spaventa le Borse

Milano -4,27%, crollano i bancari

Euro a 1,27 sul dollaro, raggiunto il livello più basso

degli ultimi 14 mesi nei confronti del biglietto verde

*

NOTIZIE CORRELATE

*

L'Europa e il rischio contagio. Tremonti: "Nessuno è immune" (6 maggio 2010)

Mediobanca ha ceduto l'8%, Intesa Sanpaolo il 7,7%, Unicredit il 7,4%

Moody's spaventa le Borse

Milano -4,27%, crollano i bancari

Euro a 1,27 sul dollaro, raggiunto il livello più basso

degli ultimi 14 mesi nei confronti del biglietto verde

Una manifestazione di dipendenti pubblici ad Atene di fronte a una filiale della Banca Nazionale di Grecia (Ansa)

Una manifestazione di dipendenti pubblici ad Atene di fronte a una filiale della Banca Nazionale di Grecia (Ansa)

MILANO - Piazza Affari sotto attacco colpita dalle perdite verticali degli istituti bancari. Il rischio contagio per il sistema bancario europeo espresso da Moody's hanno innescato le vendite diventate molto consistenti nel pomeriggio. Il Ftse Mib, arrivato a perdere oltre il 6%, ha chiuso a -4,27%. Mediobanca ha ceduto l'8%, Intesa Sanpaolo il 7,7%, Unicredit il 7,4%.

EUROPA NEGATIVA - Anche le altre borse europee terminano in netto calo per la terza seduta consecutiva, andando a toccare i minimi di chiusura di oltre due mesi, con i mercati scossi dai timori di contagio della crisi di debito della Grecia. A mettere sotto pressione l'azionario del vecchio continente hanno contribuito le parole del presidente della Bce Jean-Claude-Trichet, che ha detto che la banca centrale non ha discusso l'opzione di acquistare bond governativi della zona euro durante il meeting odierno, in cui sono stati confermati all'1% i tassi di interesse. L'indice pan-europeo FTSEurofirst 300 archivia la giornata con un ribasso dell'1,4% a 1.008,93 punti, il livello di chiusura più basso dal 26 febbraio. In una seduta molto volatile il paniere è salito fino a un massimo di 1.031,52. Il settore bancario è il più colpito con un calo di oltre il 4%: Barclays cede il 6,5%, Societe Generale circa il 7%, Banco Santander il 4,6% e BBVA il 4,8%. Sui singoli mercati il Ftse 100 britannico perde l'1,5, il Dax tedesco lo 0,84% e il Cac 40 francese il 2,2%. In Spagna l'indice Ibex35 arretra del 2,93% e in Portogallo il paniere PSI20 del 2,37%.

CAMBI - Euro ancora in flessione nei confronti del dollaro. La moneta unica è scesa ai nuovi minimi da 14 mesi a oggi nei confronti del biglietto verde, dopo che la Bce ha annunciato di aver lasciato invariato all'1% il tasso di riferimento. I mercati attendono le mosse della Bce per prevenire il rischio di contagio della crisi greca. L'euro è sceso fino a 1,2714 dollari per poi risalire a 1,2745 (1,2865 mercoledì in chiusura) e fino a 118,83 yen per poi risalire a 119,63 (121,36 di mercoledì). Nuovo minimo storico dell'euro invece contro il franco svizzero. La moneta unica vale 1,4141 franchi, scontando anche in questo caso la debolezza legata alla Grecia e al possibile effetto contagio.

Redazione online

06 maggio 2010

 

 

 

 

 

2010-05-05

deficit/pil al 5% nel 2011, debito pubblico al 118,9%. Rivisto al rialzo il Pil dell'Eurozona

Ue: "Conti fragili per l'Italia,

ma politica del governo è accorta"

"Ripresa lenta": il Pil crescerà dello 0,8% quest'anno e dell'1,4% il prossimo. Scudo fiscale: effetto positivo

deficit/pil al 5% nel 2011, debito pubblico al 118,9%. Rivisto al rialzo il Pil dell'Eurozona

Ue: "Conti fragili per l'Italia,

ma politica del governo è accorta"

"Ripresa lenta": il Pil crescerà dello 0,8% quest'anno e dell'1,4% il prossimo. Scudo fiscale: effetto positivo

MILANO - L'Unione europea rivede al rialzo le stime sul Pil dell'Eurozona (per il 2010 allo 0,9% contro lo 0,7% previsto lo scorso febbraio) e leggermente al ribasso. le stime di crescita sull'Italia per il biennio 2010-2011. In Italia, sostenuta soprattutto dai consumi privati e dall'export, "la ripresa va rafforzandosi lentamente", con un Pil che si attesterà allo 0,8% nel 2010 e, a politiche invariate, all'1,4% nel 2011. Valori che comunque sono "ampiamente in linea con la media della zona euro". Queste le previsioni di primavera della Commissione Ue, che, come detto, ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita economica del governo italiano, che nel Programma di stabilità aggiornato indicava un Pil all'1,1% quest'anno e al 2% il prossimo.

DEFICIT E DEBITO - Il deficit pubblico italiano si manterrà stabile al 5,3% nel 2010 e scenderà appena nel 2011 al 5% del Pil. Il debito pubblico è invece destinato a crescere ulteriormente: pari al 115,8% del Pil nel 2009, salirà al 118,2% nel 2010 e al 118,9% nel 2011.

PIL EUROZONA - Per la Commissione Ue, come detto, il Pil dell'Eurozona salirà allo 0,9% contro lo 0,7% previsto lo scorso febbraio. Nel 2011 si stima un Pil all'1,5%. "La ripresa dell'economia nella Ue è graduale ma procede", spiega Bruxelles, anche se "una domanda interna debole continua a darle un carattere contenuto". Inoltre, "la velocità della ripresa varia da Paese a Paese". A trainare sono la Francia (+1,3% nel 2010) e la Germania (+1,2%). Restano in recessione, invece, la Grecia (-0,9%) e la Spagna (-0,4%). Per l'Italia nel 2010 è previsto un Pil allo 0,8%.

RISCHI PERSISTENTI, MA POLITICA ACCORTA - "Attraverso la crisi, in un contesto di rischi persistenti sui mercati dei titoli di Stato, il governo italiano ha perseguito una politica di bilancio accorta tenendo conto delle fragili finanze pubbliche dell'Italia, soprattutto il suo elevatissimo debito pubblico": scrive la Commissione Ue. Nel testo si sottolineano in particolare gli effetti sul deficit di quest'anno (previsto al 5,3%) dovuti a una crescita della spesa primaria intorno al 5% nel 2009 ("considerevolmente più veloce di quanto previsto dal governo") e a "una caduta delle entrate", sempre lo scorso anno, dovuta a un restringimento della base imponibile e all'aver posticipato al 2010 parte dei pagamenti dovuti dalle pmi nel 2009.

SCUDO FISCALE POSITIVO - Un effetto positivo si è invece avuto da alcune misure, come "la tassa straordinaria sul rimpatrio dei capitali detenuti illegalmente all'estero", lo scudo fiscale. Sul fronte del debito pubblico, che per Bruxelles crescerà più del previsto, la Commissione Ue sottolinea come questo "si sia arrampicato di dieci punti nel 2009" e come "il grosso dell'aumento sia stato dovuto alla caduta del Pil, all'enorme peso degli interessi e ad un avanzo primario negativo dovuto all'attivazione degli stabilizzatori automatici". "Limitate iniezioni di capitale nel settore bancario - aggiunge Bruxelles - a ulteriori accumulazioni di liquidità detenuta dal Tesoro con la Banca d'Italia si sono aggiunte al debito".

Redazione online

05 maggio 2010

 

 

ue: sostegno ad atene anche dopo il 2012. l'euro scende sotto quota 1,29 sul dollaro

Grecia, Borse europee in altalena

In calo i principali indici del Vecchio Continente, poi recuperano per perdere nuovamente terreno

ue: sostegno ad atene anche dopo il 2012. l'euro scende sotto quota 1,29 sul dollaro

Grecia, Borse europee in altalena

In calo i principali indici del Vecchio Continente, poi recuperano per perdere nuovamente terreno

(Infophoto)

(Infophoto)

MILANO - Ancora una giornata difficile quella odierna per le Borse europee. Dopo aver aperto tutte in rialzo le piazze finanziarie del Vecchio Continente volgevano al ribasso sull'onda delle preoccupazioni di contagio della crisi greca e del discorso del cancelliere tedesco Angela Merkel al Bundestag che invocava una revisione del Patto di stabilità. Ma il dato positivo della previsione del Pil Ue stimato dalla Commissione europea a +0,9% nel 2010, ridava slancio ai mercati che però poi proseguivano in altalena. Alla fine le borse europee hanno chiuso in calo ma con un recupero dai minimi di seduta grazie alla tenuta di Wall Street. A pesare i timori che la crisi greca possa estendersi ad altri Paesi, alimentati anche dalla decisione di Moody's di mettere sotto osservazione il rating del Portogallo in vista di un possibile downgrade. La tensione sui mercati è cresciuta dopo gli scontri di piazza scoppiati ad Atene - durante lo sciopero generale contro il piano di austerity - che hanno causato la morte di tre persone. L'Ftse 100 di Londra ha ceduto l'1,28% a 5.341,93 punti, il Cac 40 di Parigi ha lasciato sul terreno l'1,44% a quota 3.636,03 e il Dax 30 di Francoforte ha registrato una flessione dello 0,81% a 5.958,45 punti. In calo l'Ftse Mib a Milano che ha segnato un - 1,27% a 20.351,95 punti. Atene ha chiuso in calo del 3,9%, Madrid ha messo a segno una perdita del 2,77% e Lisbona dell'1,52%.

ASIA - L'effetto Grecia, dopo il tonfo di Wall Street, si fa sentire anche sulle Piazze azionarie di Asia e Pacifico. Il timore che il pacchetto da 110 miliardi a favore di Atene non basti e ci sia il rischio di un contagio a Portogallo e Spagna si fa sentire sull'Asia. Chiuse Tokyo, Seul e Bangkok tra le Borse finisce sotto pressione Hong Kong che chiude in flessione dell'1,49%.

BOND - È invece in rialzo il rendimento dei titoli di Stato di Spagna e Portogallo: il bond decennale spagnolo è salito al 4,15% e quello portoghese al 5,59%. Per il Portogallo cresce la percezione de rischio debito: i credit default swaps segnano un aumento di 39 punti base a 383 punti, in base ai dati Cma DataVision riportati dall'agenzia Bloomberg. Il rendimento dei titoli di stato portoghesi a dieci anni poi sale al 5,63% e lo spread con i corrispondenti bund tedeschi schizza al record storico di 280 punti base. Sotto pressione ancora una volta anche i titoli di stato greci: il rendimento del bond a due anni è salito di 34 punti base al 15,13%. Il titolo decennale avanza di 30 punti base al 9,67% e lo spread rispetto al corrispondente bund tedesco si attesta a quota 676 punti.

PORTOGALLO - Intanto l'agenzia internazionale Moody's ha posto il rating sovrano del Portogallo che è classificato "AA2" sotto osservazione per un possibile declassamento. L'agenzia ha invece confermato la valutazione "P-1" per il debito a breve. Moody's in una nota fa sapere che il rating a lungo termine del Portogallo potrebbe essere tagliato di "una o due note". La revisione del rating verrà effettuata in tre mesi.

COMMISSIONE UE - In queste ore comunque si delineano anche i contorni di ciò che succederà al termine del piano di 110 miliardi di euro di aiuti da parte di Ue e Fmi in favore della Grecia. Il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Olli Rehn ritiene infatti "possibile" un sostegno dell'Unione europea alla Grecia "anche dopo il 2012". "Il piano Ue-Fmi è triennale, ed è stato pensato per coprire tutte le necessita di finanziamento della Grecia fino al 2012" ha detto Rehn. Il commissario ha però aggiunto che "anche nel 2013 copriremo tali necessità se ce ne sarà bisogno".

EURO - Chiusura in deciso ribasso ma lontano dai minimi di giornata per l'euro al termine di una seduta che ha visto la moneta unica risentire pesantemente della crisi greca e della decisione di Moody's di mettere sotto osservazione il rating del Portogallo. Un euro vale ora 1,2665 dollari contro gli 1,2978 dell'apertura e gli 1,3031 della chiusura di martedì. Si tratta del livello più basso dal marzo 2009. L'euro è arrivato anche a toccare intraday quota 1,28 per poi riprendere lievemente quota.

SCIOPERO GENERALE IN GRECIA - Intanto la Grecia è nuovamente paralizzata da uno sciopero generale, il terzo da febbraio. La protesta è organizzata dai sindacati proprio contro le nuove misure di austerità varate dal Governo in cambio degli aiuti di Ue e Fmi. Dalla mezzanotte sono fermi i trasporti aerei e marittimi e interrotti i collegamenti ferroviari. Chiusi scuole e uffici pubblici, mentre banche e grandi imprese pubbliche funzionano a rilento. Sciopero anche nell'informazione: non vanno in onda i notiziari radio e tv e domani non usciranno i giornali.

Redazione online

05 maggio 2010

 

 

 

la proposta

Nella fanta-Europa di "The Economist"

il Sud è un "Bordello" e sta con la Grecia

Il settimanale inglese ridisegna i confini in base alle reali affinità delle nazioni e alla loro situazione economica

La fanta-cartina di "The Economist"

La fanta-cartina di "The Economist"

*

NOTIZIE CORRELATE

*

La pagina del giornale

*

Commenta nel forum

NAPOLI - I vicini sono un po' come i parenti, non te li scegli, capitano. Quelli di casa, ma anche i Paesi, ovvero le nazioni confinanti, ereditate da una divisione storico-politica cristallizzata. A partire da questo assunto "The Economist" riflette sull'Europa contemporanea che, così com'è, non rispecchierebbe la reale vicinanza, fatta di affinità di modelli e specularità di situazione economica. Per ovviare a questo dogma immutabile, il periodico economico propone una fanta-cartina del nostro continente, ridisegnandone i confini in base al new deal delle nazioni. E, sorpresa, il Sud Italia finisce con la Grecia e viene ribattezzato "Bordello".

LA PROPOSTA - "The Economist" scrive: "Se le persone trovano i loro vicini noiosi, per loro è possibile trasferirsi in un altro quartiere, mentre i Paesi non possono. Ma supponiamo che questo sia praticabile. Di certo una riorganizzazione della carta d'Europa renderebbe la vita degli Stati più logica e più "amichevole"". Nella fanta-cartina la prima ad essere spostata sarebbe la Gran Bretagna che ora si trova ad affrontare la terribile situazione delle finanze pubbliche. Per questa grave piaga, starebbe a suo agio con i Paesi sud-europei "che si trovano in una condizione analoga. Potrebbe, insomma, essere rimorchiata in una nuova posizione nei pressi delle Azzorre". E così via.

UNA CONFEDERAZIONE DEL NORD GUIDATA DA UN DOGE - Va meglio alla Germania e alla Francia che per il settimanale potrebbero rimanere dove sono. "Ma l'Austria dovrebbe spostarsi verso ovest, in posizione della Svizzera". Per l'Italia settentrionale, poi, "The Economist" si fa leghista e immagina "una nuova alleanza regionale". E aggiunge che l'ideale sarebbe che questa confederazione fosse guidata "da un Doge di Venezia".

IL SUD? UNIONE MONETARIA CON LA GRECIA - Il trattamento peggiore, però, spetta al Mezzogiorno. "Il resto d'Italia, da Roma in giù - scrive il settimanale economico - sarebbe separato dalla penisola e andrebbe riunito alla Sicilia, così da formare un nuovo Paese, chiamato ufficialmente il Regno delle Due Sicilie (ma soprannominato Bordello)". Bordello? Sì, proprio così. Non solo. La fanta-cartina immagina una sorta di ricreazione della grande Grecia classica, con tanto di Magna Grecia nell'Italia meridionale. Solo che a essere prese in considerazione non sono le nobili e salde radici culturali della terra di Pitagora e Parmenide, ma le analogie economiche tra il nostro Sud e la Grecia contemporanea, sprofondata nella crisi delle Borse. Così alla derisione onomastica si aggiunge un'analisi che è ancora più grave della beffa linguistica. L'Italia meridionale, infatti, "potrebbe formare una unione monetaria solo con la Grecia". Con buona pace di Archimede che a questo calcolo proprio non aveva pensato.

Natascia Festa

05 maggio 2010

 

 

 

2010-05-04

Rispetto ad aprile 2009, invece, le ore autorizzate di cig sono aumentate del 52,9%

In calo le richieste di cassa integrazione

Rispetto a marzo quella straordinaria è diminuita del 5,7%, quella ordinaria del -22,5%

Rispetto ad aprile 2009, invece, le ore autorizzate di cig sono aumentate del 52,9%

In calo le richieste di cassa integrazione

Rispetto a marzo quella straordinaria è diminuita del 5,7%, quella ordinaria del -22,5%

Operai escono da una fabbrica (Ap)

Operai escono da una fabbrica (Ap)

ROMA - Frenata congiunturale per le richieste di cassa integrazione straordinaria nel mese di aprile: rispetto a marzo - fa sapere l'Inps - si è registrato un calo del 5,7%, passando dai 122,6 milioni di ore autorizzate a 115,6 milioni del mese scorso.

QUELLA ORDINARIA DIMINUITA DEL 22,5% - Più significativa la diminuzione per le autorizzazioni di cassa integrazione ordinaria (cigo): -22,5% rispetto a marzo. Rispetto ad aprile 2009, invece, le ore autorizzate di cig sono complessivamente aumentate del 52,9% (erano state 75,6 milioni), in gran parte attribuibili alla cassa integrazione in deroga (cigd), che come tutti gli ammortizzatori in deroga fu varata proprio nell'aprile 2009. "È la prima volta nel corso del 2010 che le ore autorizzate di cig diminuiscono, mese su mese", commenta il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua.

04 maggio 2010

 

 

 

 

Secondo le ultime rilevazioni a muovere i listini sono Api/IP, Erg e Tamoil

Nuovi rialzi per la benzina

Il diesel sfiora 1,29 euro al litro

Prosegue il giro di rincari. La verde di Api/Ip supera quota 1,44 euro al litro

Secondo le ultime rilevazioni a muovere i listini sono Api/IP, Erg e Tamoil

Nuovi rialzi per la benzina

Il diesel sfiora 1,29 euro al litro

Prosegue il giro di rincari. La verde di Api/Ip supera quota 1,44 euro al litro

(Ansa)

(Ansa)

ROMA - Non si ferma la corsa dei prezzi della benzina. Prosegue infatti il giro di rialzi avviato venerdì da Agip, e martedì anche la verde di Api/Ip supera quota 1,44 euro al litro, mentre il gasolio sfiora gli 1,29 euro al litro. Secondo la rilevazione della Staffetta Quotidiana, a muovere i listini sono Api/IP, Erg e Tamoil.

TRE RIALZI IN UNA SETTIMANA - La compagnia della famiglia Brachetti Peretti, con il terzo rialzo nel giro di una settimana, aumenta di 0,3 centesimi il prezzo della benzina portandolo a 1,441 euro/litro, mentre per il gasolio l'aumento è di 0,8 centesimi, a 1,289 euro/litro. Erg si attesta appena al di sopra di Agip: +0,5 centesimi su entrambi i prodotti rispettivamente a 1,438 e 1,284 euro/litro. Infine, ritocco all'insù sul gasolio anche per Tamoil: +0,5 centesimi a 1,284 euro/litro.

04 maggio 2010

 

 

 

Cassa integrazione, +52,9% in un anno

"Ma cala per la prima volta sul mese"

L'Inps comunica il dato di aprile: ore autorizzate in discesa del 5,7% rispetto a marzo, mentre le autorizzazioni di quella ordinaria scendono del 22,5%. E' il primo rallentamento del 2010

Cassa integrazione, +52,9% in un anno "Ma cala per la prima volta sul mese"

ROMA - Nel mese di aprile, per la prima volta nel 2010, si registra una frenata congiunturale per le richieste di cassa integrazione. Lo comunica l'Inps, spiegando che, rispetto a marzo, nell'ultimo mese si è registrato un calo delle ore autorizzate del 5,7%, passando da 122,6 milioni a 115,6 milioni. Più significativa la diminuzione per le autorizzazioni di cassa integrazione ordinaria (cigo): -22,5% rispetto a marzo, con flessione significativa soprattutto nel comparto industria, -27,3%. .

Rispetto all'aprile 2009, invece, le ore autorizzate di cig sono complessivamente aumentate del 52,9% (erano state 75,6 milioni), in gran parte attribuibili alla cassa integrazione in deroga (cigd), che come tutti gli ammortizzatori in deroga fu varata proprio nell'aprile 2009. Nel solo mese di aprile 2010 sono state 25,6 milioni le ore di cigd autorizzate, che valgono quasi il 25% del totale del mese (in leggero calo rispetto a marzo: -5,9%).

"E' la prima volta nel corso del 2010 che le ore autorizzate di cig diminuiscono, mese su mese - commenta il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua - e si nota un comportamento differenziato nelle regioni e nei comparti. Nell'industria ad esempio, quindi nelle regioni del Nord più industrializzate, il ricorso alla cigo è più basso dello scorso anno".

Cresce invece il ricorso alla cassa integrazione straordinaria (cigs): in aprile autorizzate 56,8 milioni di ore, con un incremento dell'8% rispetto a marzo (+192% rispetto ad aprile 2009). Nel complesso dei primi quattro mesi 2010, le ore autorizzate di cig (ordinaria, straordinaria e in deroga) sono state 415,7 milioni contro 204,8 milioni del primo quadrimestre 2009 (con un incremento che sul periodo è stato del 103%). Incremento sensibile, ma con forti segni di decelerazione: nel 2009 le ore autorizzate di cig, rispetto al 2008 erano cresciute del 302%.

(04 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

2010-04-21

ripresa più consistente negli stati uniti e nei paesi emergenti

Fmi: il Pil italiano crescerà meno del previsto, nel 2010 +0,8%, +1,2% nel 2011

Riviste al ribasso le stime di gennaio. Allarme disoccupazione in Europa

ripresa più consistente negli stati uniti e nei paesi emergenti

Fmi: il Pil italiano crescerà meno del previsto, nel 2010 +0,8%, +1,2% nel 2011

Riviste al ribasso le stime di gennaio. Allarme disoccupazione in Europa

MILANO - Il Fondo monetario internazionale (Fmi) rivede le stime di crescita per l'Italia. Secondo il Fondo monetario il pil nel 2010 salirà dello 0,8% mentre nel 2011 la ripresa accelererà al +1,2%. In ambedue i casi si tratta di una revisione al ribasso delle stime precedenti: rispetto alle previsioni di gennaio 2010, il pil 2010 dell'Italia è stato ridotto di 0,2 punti percentuali, mentre quello 2011 di 0,1 punti percentuali.

RIPRESA A INTENSITA' VARIABILE - Secondo l'Fmi la ripresa economica mondiale procede "meglio delle attese", sebbene a intensità variabile nelle diverse regioni del Globo. A trainare il recupero sono i Paesi emergenti, mentre nelle economie avanzate "la forza del rimbalzo resta moderata" e messa a rischio dai crescenti debiti pubblici e dalla difficile situazione del mercato del lavoro. E soprattutto l'Europa resta relegata nelle retrovie. In particolare, il Pil mondiale crescerà del 4,2% quest'anno e del 4,3% il prossimo, un punto in più rispetto alle previsioni d'autunno. Nel complesso il prodotto dei Paesi industrializzati salirà rispettivamente del 2,3 e del 2,4%, mentre in quelli emergenti il balzo sarà del 6,3% nel 2010 e del 6,5% nel 2011. L'analisi del Fondo promuove gli Usa, il cui Pil aumenterà "sorprendentemente" del 3,1% quest'anno e del 2,6% il prossimo. Bocciata invece Eurolandia, ancorata a un modesto incremento dell'1% nel 2010 e dell'1,5% nel 2011. A pesare, sostengono gli economisti di Washington, sono gli squilibri di bilancio e delle partite correnti in molti Paesi della zona. Oltre alle preoccupazioni accese dalla crisi greca "che potrebbe contagiare altri Paesi vulnerabili dell'area" e minacciano "la normalizzazione delle condizioni sui mercati finanziari".

DISOCCUPAZIONE -L'Fmi lancia nel suo rapporto di primavera anche un'allarme disoccupazione: "L'alta disoccupazione pone grandi problemi sociali" sotolinea il Fondo monetario internazionale secondo cui nelle economie avanzate il numero dei senza lavoro "è destinato a rimanere vicino al 9% fino al 2011 per poi declinare solo lentamente". Per questo, affermano i tecnici dell'istituzione di Washington, "le politiche macroeconomiche devono continuare a sostenere in modo appropriato la ripresa" e, "allo stesso tempo", devono "favorire la flessibilità salariale e dare aiuto adeguato ai disoccupati". I numeri sono terribili. Il tasso di disoccupazione si attesterà negli Stati Uniti al 9,4% quest'anno per poi scendere all'8,3%. Nella zona dell'euro i disoccupati resteranno invece al 10,5% sia nel 2010 che nel 2011. In questo quadro si difende l'Italia dove i senza lavoro sono previsti pari rispettivamente all'8,7% e all'8,6% nei due anni. A picco la Spagna, dove le stime arrivano al 19,4% nel 2010 e al 18,7% nel 2011.

Redazione online

21 aprile 2010

 

 

 

2010-04-15

"Necessari flessibilità dei salari e incentivi all'occupazione". Cgil contro il governo

La Bce: la disoccupazione può aumentare

Bankitalia: in Italia ristagno dei consumi

L'istituto centrale europeo: una crescita debole nell'area euro terrà sotto pressione i consumi e lo sviluppo

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Bce, tassi d'interesse fermi all'1% (8 aprile 2010)

"Necessari flessibilità dei salari e incentivi all'occupazione". Cgil contro il governo

La Bce: la disoccupazione può aumentare

Bankitalia: in Italia ristagno dei consumi

L'istituto centrale europeo: una crescita debole nell'area euro terrà sotto pressione i consumi e lo sviluppo

La sede della Bce a Francoforte (Afp)

La sede della Bce a Francoforte (Afp)

ROMA - La Banca centrale europea (Bce) lancia l'allarme per probabili aumenti della disoccupazione nei prossimi mesi nelle nazioni aderenti all'euro e indica una ricetta: più incentivi all'occupazione e maggiore flessibilità dei salari. Le indicazioni sono contenute nel bollettino mensile della Bce. Il livello dei tassi d'interesse nell'area euro "continua a essere adeguato e ci si aspetta che l'inflazione resti moderata" nonostante a marzo sia accelerata all'1,5% superando le attese. "Nel mercato del lavoro - si legge -, una sufficiente flessibilità dei salari e il potenziamento degli incentivi all'occupazione sono necessari per prevenire una disoccupazione strutturale più elevata nei prossimi anni" e sostenere il mercato del lavoro nell'area euro, le cui prospettive "deboli" terranno sotto pressione i consumi e la crescita economica.

RIDURRE SQUILIBRI DI BILANCIO - I Paesi dell'area euro, secondo l'Eurotower, devono quindi "ridurre gli squilibri di bilancio" e adottare le eventuali misure correttive entro e non oltre il 2011,ì. "Occorre spingersi ben oltre il requisito minimo di aggiustamento strutturale annuo, fissato nel Patto di stabilità e crescita allo 0,5% del Pil - prosegue la Bce -, e provvedere alla ridefinizione dettagliata e all'attuazione di strategie credibili di riequilibrio dei conti. Ciò richiede un impegno risoluto, in particolare da parte di Paesi in cui l'incidenza del disavanzo e del debito sul Pil è elevata, anche in vista dei crescenti oneri di bilancio che si prospettano a seguito dell'invecchiamento demografico".

"RISTAGNO DEI CONSUMI" - Per quanto riguarda l'Italia, il bollettino dell'istituto centrale evidenzia che "rispetto al picco raggiunto nell'aprile del 2008, il numero delle persone occupate è diminuito di oltre 700 mila unità (-3,1%)". Bankitalia rileva la situazione occupazionale che vede proseguire il calo dell'occupazione anche nei primi mesi del 2010: in gennaio e febbraio "la flessione è stata pari in media allo 0,4% sull'ultimo trimestre 2009", afferma via Nazionale, ricordando come tra ottobre e dicembre scorso l'occupazione abbia registrato, "per il sesto trimestre consecutivo", un ulteriore calo dello 0,2 sul trimestre precedente. L'istituto centrale rileva anche che "in Italia la ripresa economica è ancora debole" e che l'attivitá "è in ripresa" ma "ristagnano gli investimenti produttivi" in quanto "sulle prospettive di crescita pesano la debolezza della domanda interna e la lenta ripresa dell'export". Il reddito disponibile delle famiglie "è calato di oltre due punti percentuali in termini reali nella media dello scorso anno". Tuttavia "uno stimolo temporaneo ai consumi" dovrebbe arrivare, a partire da aprile, grazie agli incentivi decisi dal governo.

I CONTI PUBBLICI - Tuttavia, per Bankitalia, il deterioramento dei conti pubblici lo scorso anno "è risultato più contenuto in Italia che negli altri principali paesi avanzati, in alcuni dei quali hanno pesato i costi di importanti salvataggi bancari". Il rapporto tra debito pubblico e Pil - rileva l’Istituto - è tuttavia salito di 9,7 punti percentuali, al 115,8 per cento, riflettendo, oltre all'elevato fabbisogno, la caduta del Pil nominale. L'aumento del disavanzo "è riconducibile alla marcata crescita della spesa primaria e alla flessione delle entrate, anche se quest`ultima è stata meno pronunciata di quella del Pil nominale. La politica di bilancio ha risposto alla crisi soprattutto reindirizzando risorse verso spese più atte ad alleviare i costi sociali della recessione e a sostenere la domanda aggregata", rileva Palazzo Koch.

IL GOVERNO - "Sia da parte della Bce, sia ieri dall'Fmi mi sembra ci sia apprezzamento per il modo in cui l'Italia ha governato la crisi sociale". Lo ha detto il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi a margine di un convegno della Cisl sulla formazione continua. Per Sacconi l'azione portata avanti dal governo "si traduce infatti in un tasso di disoccupazione inferiore alla media europea". Il ministro ricorda tuttavia il monito del Fondo "a non far diventare cronica l'assistenza al reddito degli ammortizzatori sociali e questo - aggiunge - è il tema al tavolo tra governo, regioni e parti sociali sulla formazione che avvierò un minuto dopo la costituzione delle Giunte regionali".

LA CGIL - "Solo in Italia impera un ingiustificato ottimismo" commenta ì Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil parlando del nuovo allarme della Bce sulla disoccupazione. "Il governo del nostro paese - sostiene il dirigente sindacale - tiene conto solamente della percentuale del tasso di disoccupazione, che significa in ogni caso oltre due milioni di disoccupati, ma non tiene conto delle persone in cassa integrazione, del tasso di inattività e di scoraggiamento, del lavoro nero, che l'Istat stima in tre milioni nel 2009 e che col perdurare della crisi è destinato a crescere ulteriormente". "Proprio ieri - aggiunge ancora Fammoni - il Fondo monetario internazionale ha rilevato che in Italia la crescita percentuale della disoccupazione è leggermente inferiore rispetto a quella di altri paesi perchè centinaia di migliaia di persone sono in cassa integrazione. E il governo italiano cosa fa? Dice no al prolungamento della cassa, che visti i dati Inps non servirebbe solo per l'ordinaria ma anche per la straordinaria". "In questo modo - conclude il segretario della Cgil - si programma un aumento della disoccupazione, ma d'altronde cosa attendersi da un governo che, tramite qualche suo ministro, parla del lavoro nero come forma di ammortizzatore sociale?"

GRECIA - La Bce "accoglie con favore la dichiarazione sulla Grecia del 25 marzo dai capi di Stato e di governo dei Paesi dell'area dell'euro e sostiene appieno l'intento di rafforzare la sorveglianza sui rischi economici e di bilancio nonché i relativi strumenti di prevenzione, fra cui la procedura per i disavanzi eccessivi".

 

15 aprile 2010

 

 

 

 

Commercio estero

A febbraio riparte l'export: +7,3%

Record dal 2008. Le importazioni crescono a un passo ancora superiore: più 12,9%

Commercio estero

A febbraio riparte l'export: +7,3%

Record dal 2008. Le importazioni crescono a un passo ancora superiore: più 12,9%

ROMA - A febbraio le esportazioni italiane sono aumentate del 7,3% rispetto a febbraio 2009 e le importazioni del 12,9%, sempre su base tendenziale. Lo comunica l'Istat precisando che si tratta dei rialzi più ampi da settembre 2008. Rispetto a gennaio, l'export è cresciuto del 2,5% e l'import del 3,6%. Complessivamente, il saldo commerciale a febbraio risulta negativo per 2.332 milioni, in peggioramento dal deficit di 895 milioni del febbraio 2009. L'Istat precisa che nei primi due mesi del 2010 i tassi tendenziali potrebbero essere affetti da una limitata sovrastima e che i dati saranno rivisti.

EXPORT BENE IN UE - L'aumento tendenziale delle esportazioni è stato particolarmente brillante per i Paesi Ue (+11%), mentre i paesi extra Ue l'export è cresciuto del 2,3%. L'incremento delle importazioni deriva anch'esso da una crescita maggiore dei flussi dai paesi Ue (+14,9%) a fronte di un +10,4% di quelli dai paesi non comunitari. Su base mensile le esportazioni sono cresciute del 2,5% per i paesi Ue e del 2,6% per gli extra-Ue e le importazioni hanno segnato un +2,7% per i paesi Ue e 4,7% per quelli extra Ue. Negli ultimi tre mesi, rispetto ai tre mesi precedenti, le esportazioni sono cresciute del 5,4% e le importazioni del 7,6%, con andamenti più dinamici da e verso i paesi non comunitari; nel primo bimestre del 2010, rispetto ai primi due mesi del 2009, invece, le esportazioni hanno segnato +4,5% e l'import +6,6%. Sia per le esportazioni che per le importazioni si è avuto un andamento tendenziale positivo per tutti i raggruppamenti principali per tipologia di beni, con aumenti superiori alla media, nelle esportazioni, per l'energia (+34,6%) e per le importazioni per i prodotti intermedi (+19%). Al netto dell'energia le esportazioni aumentano del 6,4%, mentre le importazioni del 12,6%.

MALE L'ABBIGLIAMENTO - Considerando i settori più rilevanti all'esportazione, si registrano andamenti tendenziali positivi per coke e prodotti petroliferi raffinati (+33,5%), sostanze e prodotti chimici (+26,3%), articoli farmaceutici (+23,8%); in flessione invece gli articoli di abbigliamento (-9,6%) e i mobili (-1,7%). Per le importazioni invece i maggiori incrementi si registrano per petrolio greggio (+56,5%), coke e prodotti petroliferi raffinati (+39,6%) e mezzi di trasporto (+31,5%, con un 32,5% per gli autoveicoli); tra le flessioni maggiori spicca il gas naturale (-14,3%). Per quanto riguarda i minerali energetici, nei primi due mesi del 2010 le importazioni di petrolio greggio rappresentano il 9,1% del totale dei flussi in entrata (in aumento dal 6% nello stesso periodo del 2009), mentre le importazioni di gas naturale pesano il 6,5% (in calo dal 9,9% del gennaio-febbraio 2009). Nello stesso periodo il salto della bilancia commerciale, al netto di petrolio greggio e gas naturale, risulta positivo per 2,1 miliardi di euro, in calo rispetto ai 3 miliardi dello stesso periodo del 2009 (fonte Ansa).

15 aprile 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-04-13

entrate tributarie in calo del 2,5% nel primo bimestre dell'anno rispetto al 2009

Il debito pubblico sale a 1795 miliardi

Bankitalia: a febbraio l'indebitamento dello Stato cresce di quasi 7 miliardi rispetto al mese di gennaio

entrate tributarie in calo del 2,5% nel primo bimestre dell'anno rispetto al 2009

Il debito pubblico sale a 1795 miliardi

Bankitalia: a febbraio l'indebitamento dello Stato cresce di quasi 7 miliardi rispetto al mese di gennaio

MILANO - Sale ancora il debito pubblico italiano: a febbraio si è attestato a quota 1.795,066 miliardi di euro, conto i 1,788,134 di gennaio. Lo scrive Bankitalia nel Supplemento al Bollettino statistico dedicato alla finanza pubblica.

ENTRATE - Ma se l'indebitamento cresce, le entrate tributarie sono invece in calo nel primo bimestre dell'anno del 2,5%. Secondo Bankitalia a gennaio-febbraio di quest'anno si sono attestate a quota 53,479 miliardi di euro, in calo rispetto ai 54,892 miliardi del primo bimestre del 2009.

Redazione online

13 aprile 2010

 

 

 

2010-04-07

la ripresa fragile deve "rendere cauti nel rimuovere le misure di sostegno all'economia"

Ocse: rallenta la ripresa, il Pil italiano aumenterà dello 0,5% nel 2° trimestre

Fino a marzo ipotizzata invece una crescita dell'1,2%. Francia e Germania crescono più velocemente

la ripresa fragile deve "rendere cauti nel rimuovere le misure di sostegno all'economia"

Ocse: rallenta la ripresa, il Pil italiano aumenterà dello 0,5% nel 2° trimestre

Fino a marzo ipotizzata invece una crescita dell'1,2%. Francia e Germania crescono più velocemente

Operaio al lavoro (Emblema)

Operaio al lavoro (Emblema)

MILANO - La ripresa sarà più lenta del previsto. Almeno per l'Ocse, che stima ora una crescita del Pil italiano dell'1,2% nel primo trimestre 2010 (dato annualizzato, rispetto al trimestre precedente), e dello 0,5% nel secondo trimestre dell'anno. Nella sua ultima previsione, che risale al novembre del 2009, l'istituto parigino prevedeva per l'Italia una crescita di 1,1% nel 2010 e di 1,5% nel 2011.

CRESCITA RALLENTATA - La dinamica di crescita delineata per l'Italia si discosta dalla media delle prime tre economie dell'area euro (oltre al nostro Paese anche Germania e Francia) influenzata quest'ultima dalle attese per la Germania dove invece, secondo l'Ocse, la crescita resterà ancora negativa nel primo quarto dell'anno (-0,4% annualizzato) per poi balzare al 2,8% nei successivi tre mesi. Per la cronaca per l'Ocse la media dei primi tre paesi dell'euro sarà di 0,9% per gennaio-marzo e di 1,9% per aprile-giugno. La crescita attesa in Francia ha un andamento simile a quello italiano, con una prevista decelerazione nel secondo trimestre, ma viaggia su ritmi più robusti con un 2,3% annualizzato nel primo trimestre e un 1,7% nel secondo. Il Pil Usa invece crescerà più in fretta di quello delle prime tre economie dell'area euro: +2,4% nel primo trimestre e +2,3% nel secondo. In Giappone sarà di +1,1% e +2,3%. Per il complesso dei paesi G7 le stime trimestrali annualizzate sono di 1,9% e 2,3%, rispettivamente, per i primi due trimestri dell'anno.

LIQUIDITA' - L'Ocse vede quindi una ripresa per l'economia mondiale ma prevede un rallentamento della crescita nelle prima metà del 2010. Secondo l'Ocse la ripresa fragile e la debolezza del mercato del lavoro devono "rendere cauti nel rimuovere le misure di sostegno all'economia". Le banche centrali hanno già iniziato a mettere le briglie all'eccezionale stimolo di liquidità iniettato durante la recessione, nota l'Ocse, indicando che "ulteriori iniziative in questo ambito dovranno essere guidate dalle condizioni finanziarie". Quanto alla politica dei tassi di interesse, la "normalizzazione dovrebbe essere effettuata a un ritmo che dipenderà dalla forza della ripresa nei singoli Paesi e dalle prospettive di inflazione oltre l'orizzonte delle proiezioni di medio termine". Sul fronte della politica fiscale l'Organizzazione annota che il forte aumento del debito pubblico nell'area Ocse durante la recessione richiede "ambiziosi e ben comunicati programmi di risanamento nel medio termine in molti Paesi", ma il consolidamento dovrebbe iniziare nel 2011, salvo eccezioni, "per non ostacolare la ripresa".

Redazione online

07 aprile 2010

 

 

 

 

 

2010-04-02

il tesoro: sostanziale tenuta del gettito tributario e contributivo

Conti pubblici, fabbisogno a 18 miliardi

Il dato di marzo superiore di 3,5 miliardi rispetto allo stesso mese di un anno fa. Migliora il calcolo trimestrale

il tesoro: sostanziale tenuta del gettito tributario e contributivo

Conti pubblici, fabbisogno a 18 miliardi

Il dato di marzo superiore di 3,5 miliardi rispetto allo stesso mese di un anno fa. Migliora il calcolo trimestrale

MILANO - Diciotto miliardi e cento milioni. A tanto ammonta il fabbisogno del settore statale a marzo, con un aumento di 3 miliardi e mezzo rispetto allo stesso mese di un anno fa (14 miliardi e 617 milioni). Lo comunica il Tesoro. Nel primo trimestre del 2010 si è registrato un fabbisogno complessivo di circa 26 miliardi e 900 milioni: di conseguenza si conserva un margine positivo di circa 3 miliardi e 200 milioni al fabbisogno dell'analogo periodo 2009, pari a 30 miliardi e 147 milioni.

LE CAUSE - Il dato mensile sul fabbisogno dunque peggiora, mentre migliora quello cumulato dei primi tre mesi. Se infatti su marzo 2009 c'è un aggravio di 3,5 miliardi di euro il dato del primo trimestre vede un miglioramento di poco inferiore (3,2 miliardi di euro). Si tratta comunque di un valore più che triplicato rispetto a quello segnato a febbraio, quando il cumulato mostrava un fabbisogno di 8,8 miliardi. Tra le cause di peggioramento del dato mensile il Tesoro spiega che è stata presente una "maggiore dinamica dei prelievi delle amministrazioni locali dai conti della tesoreria statale". Si continua poi a pagare il prezzo dell'elevatissimo debito pubblico in termini di maggiori interessi. Nota positiva è, invece, quella delle entrate tributarie e contributive che - secondo via XX Settembre - mostrano una sostanziale tenuta di gettito. (Ansa)

01 aprile 2010(ultima modifica: 02 aprile 2010)

 

 

 

 

 

 

Solo relativamente al quarto trimestre, l'indebitamento si è attestato al 4,5%

Deficit/Pil del 2009 al 5,2%

Mai così male dal 1996

Cresce il rapporto Rispetto al 2,7% del 2008. Le entrate totali dello scorso anno giù del 2 per cento

Solo relativamente al quarto trimestre, l'indebitamento si è attestato al 4,5%

Deficit/Pil del 2009 al 5,2%

Mai così male dal 1996

Cresce il rapporto Rispetto al 2,7% del 2008. Le entrate totali dello scorso anno giù del 2 per cento

MILANO - Nel 2009 il rapporto deficit/Pil si è attestato al 5,2% (2,7% nel 2008), il dato peggiore dal 1996. Lo comunica l'Istat sottolineando che il dato è al netto delle operazioni di swap che, se considerate, attestano il deficit/Pil al 5,3%, come previsto dal governo. L'avanzo primario rispetto al Pil è pari a -0,6% (+2,5% nel 2008), negativo per la prima volta dal 1991. Nel quarto trimestre il rapporto deficit/Pil si è attestato al 4,5% (2,4% nello stesso periodo 2008).

LE ENTRATE - Quanto alle entrate totali queste sono diminuite lo scorso anno del 2% (+0,9% nel 2008), mentre le uscite sono aumentate del 3% (+3,5% nel 2008). Nel quarto trimestre le entrate totali hanno registrato un calo dell'1,2% (stessa variazione dello stesso periodo del 2008) e le uscite sono aumentate del 2,5% (-1,4% nel quarto trimestre 2008).

Redazione online

02 aprile 2010

 

 

 

Per far scendere i prezzi alla pompa il sottosegretario Saglia rilancia le liberalizzazioni

Carburanti, maxi-stangata di Pasqua

Governo pronto alla riforma

Le associazioni dei consumatori contro l'Unione petrolifera:"Speculano". Per un pieno 10,25 euro in più

Per far scendere i prezzi alla pompa il sottosegretario Saglia rilancia le liberalizzazioni

Carburanti, maxi-stangata di Pasqua

Governo pronto alla riforma

Le associazioni dei consumatori contro l'Unione petrolifera:"Speculano". Per un pieno 10,25 euro in più

MILANO - I prezzi dei carburanti continuano a salire. Proprio in prossimità del fine settimana di Pasqua, la verde è arrivata a 1,422 euro al litro, mentre il gasolio è ormai a 1,25 euro. Livelli su cui si scatena la polemica tra consumatori e petrolieri e che spingono anche il governo ad intervenire, rassicurando sul pieno impegno del ministero dello Sviluppo economico, ormai pronto a varare l'attesa riforma del settore. Lo scorso anno, in occasione delle vacanze di Pasqua, la benzina costava mediamente 1,214 euro/litro e il diesel 1,074 euro/litro. Un pieno costa quindi circa 10,25 euro in più.

SAGLIA - "Il confronto con tutte le categorie interessate alla riforma dei carburanti sta giungendo a proposte condivise", sottolinea il sottosegretario allo Sviluppo, Stefano Saglia, spiegando che l'obiettivo dell'esecutivo è quello di "azzerare entro la fine della legislatura lo stacco speculativo sul prezzo industriale della benzina esistente tra l'Italia e la media dei paesi dell'Unione europea". La riforma, precisa il sottosegretario, intende armonizzare gli interessi delle imprese e dei consumatori rilanciando le liberalizzazioni e puntando in particolare su self e iperself. Per far scendere i prezzi alla pompa Saglia ne suggerisce un incremento fino all'80%.

I CONSUMATORI - Le categorie del settore, come ha ricordato il ministro dei rapporti con il Parlamento, Elio Vito, sono impegnate da quasi due anni al tavolo sul mercato petrolifero istituito presso il ministero "per trovare, attraverso il confronto, soluzioni in grado di incidere sulla struttura organizzativa del settore". Tra due degli attori si è però scatenata mercoledì un'accesa polemica che ha visto contrapposti Adusbef e Federconsumatori da una parte e Unione petrolifera dall'altra. Di fronte agli ennesimi rincari (praticati in dettaglio dalla Shell) le due associazioni dei consumatori hanno denunciato per l'ennesima volta "la speculazione" che grava sul settore carburanti e che costa, in base ai loro calcoli, 210 euro l'anno. "La doppia velocità non si smentisce mai", affermano, giudicando del tutto "inspiegabile" come oggi "il prezzo dei carburanti sia superiore di circa 10 centesimi al prezzo di gennaio 2010 (attestato dal Ministero dello Sviluppo Economico), periodo in cui il costo del petrolio era allo stesso livello di quello odierno". Immediata la replica dell'Up: "le ripetitive accuse di Adusbef e Federconsumatori su presunte speculazioni sui prezzi dei carburanti - sottolineano i petrolieri - sono palesemente infondate e finalizzate esclusivamente ad un facile consenso della pubblica opinione soprattutto nell'imminenza di periodi festivi". Con i consumatori si schiera però la Lega Nord: "L'Up ha perso l'occasione per starsene in silenzio. Sappiamo benissimo - afferma il presidente della Commissione straordinaria per il controllo dei prezzi e delle tariffe del Senato, Sergio Divina - che la benzina e il gasolio, in Italia, sono tra i più cari d'Europa". (Fonte: Ansa)

 

01 aprile 2010(ultima modifica: 02 aprile 2010)

 

 

 

dall’Etiopia ai contratti le voci che lo Stato ha messo sul conto

Il mistero (poco) buffo degli aumenti

Il pieno? Corre più veloce del petrolio

Il viaggio del greggio dai giacimenti alla stazione di servizio. Il Fisco pesa per il 60% sul costo finale

dall’Etiopia ai contratti le voci che lo Stato ha messo sul conto

Il mistero (poco) buffo degli aumenti

Il pieno? Corre più veloce del petrolio

Il viaggio del greggio dai giacimenti alla stazione di servizio. Il Fisco pesa per il 60% sul costo finale

MILANO — Letto da un blog: "Se volete fare salire il prezzo della benzina mandatemi in vacanza...". Visto in questi termini il problema potrebbe essere facilmente risolto. Niente fantasiosi scenari con opulenti sceicchi mediorientali, petrolieri speculatori, gabellieri di Stato o avidi gestori per spiegare le oscillazioni sospette dei listini che avvengono nelle piazzole dei distributori tra Ferragosto, Natale, Pasqua e Pasquetta: con l’abolizione delle feste comandate la stabilità sarebbe assicurata. Ma la verve ironica dei consumatori, quando non si tramuta in rabbia impotente, non aiuta a dar conto di quanto effettivamente accade con il prezzo della benzina.

Un mistero (laico) anche questo? In parte sì, condito con il dubbio ricorrente che all’opera ci sia la "solita" speculazione. È vero che la trasparenza non è il tratto distintivo della distribuzione petrolifera: per un lungo periodo dopo il 2002, come ricordava tempo fa Gustavo Ghidini, sulle autostrade nazionali non si sono più visti i totem che consentivano di leggere il prezzo prima di entrare nella stazione di servizio o quelli che segnalavano dove trovare il valore più basso. La "nobilissima" ragione della scomparsa era che avrebbero distratto i guidatori e messo a repentaglio la loro sicurezza. Non le tasche dell’intera catena, comunque, Stato compreso.

I petrolieri non lo ammetteranno mai, ma la cosiddetta "doppia velocità" di adeguamento dei listini sembra proprio essere una pratica diffusa. Difficilmente dimostrabile e magari più facilmente smentibile se, come spesso accade, consumatori e produttori parlano lingue diverse: chi si riferisce ai prezzi del petrolio greggio e chi a quelli del prodotto già raffinato (e ai cosiddetti prezzi Platts). Ma malgrado gli studi econometrici provino a mostrare il contrario, si tratterebbe di un’attitudine che chi ha lavorato nel settore non riesce a negare: "Non sono cose che si fanno per politica precisa — dice un raffinatore privato che opta per la riservatezza— ma i petrolieri sono tendenzialmente più solleciti a intervenire quando il barile sale piuttosto che quando scende. A volte anticipano addirittura gli aumenti, e invece aspettano uno o due giorni quando il petrolio va giù".

Con altrettanta schiettezza, però, aggiunge: "L’idea che aspettino scientemente che la gente si muova in massa con l’auto per alzare i prezzi non è realistica. Se non altro perché sanno che in quei periodi si è molto più controllati, e che ci si trova nell’occhio del ciclone". Bisogna ammettere, in effetti, che sfiorando gli 84 dollari al barile, proprio ieri il brent del mare del Nord ha toccato il suo livello più alto dall’ottobre del 2008. Una (sfortunata) coincidenza per le tasche degli automobilisti, dunque. Ma non ci si può fermare lì. La "materia prima", cioè la quotazione della benzina una volta uscita dalla raffineria, pesa per poco più del 30% sul cosiddetto prezzo alla pompa. E sulla materia prima si scaricano non solo gli andamenti del greggio, ma anche il cambio tra l’euro e il dollaro (il petrolio si scambia in dollari) che ha visto la moneta europea perdere un po’ meno del 10% dall’inizio dell’anno. Un’altra sfortuna? Si direbbe di sì se non fosse che, in realtà, è il Fisco a incamerare un buon 60% del prezzo di un litro di carburante. Intanto con le "accise ", le imposte fisse (più del 40%) che incorporano addizionali a dir poco curiose, e ancora in legittimo vigore.

Nella loro sequenza storica vanno dal prelievo per il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935, la crisi di Suez del ’56, il Vajont (’63), l’alluvione di Firenze (’66), il Belice (’68), il Friuli (’76), l’Irpinia (’80), la guerra in Libano (’83), la missione in Bosnia (’96) e, da ultimo, il contratto dei ferrofilotramvieri del 2004. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse di mezzo anche l’Iva, con il suo 20%, che grava a sua volta anche sull’accisa, producendo l’effetto della "tassa sulle tasse" che fa sì che a ogni incremento del litro di verde (o di gasolio) lo Stato si sdoppi. Da una parte fa la voce grossa promettendo di vigilare. Ma dall’altra incassa, e non poco. Spesso si parla di "sterilizzazione" dell’Iva ed è accaduto anche in questi giorni, a conferma che il dibattito è ormai un po’ trito. Pare difficile, infatti, che di questi tempi l’Erario rinunci anche solo a una piccola fetta dei 30 miliardi di euro tra accise e Iva incamerati nel 2009, in cambio del ruolo di "stabilizzatore" del prezzo di benzina e gasolio. Infine ci sono loro, i gestori, che pesano però per una parte minima di tutta la catena.

Sono solo una frazione di quel 9-10% che rimane da spartire del prezzo alla pompa e che deve remunerare tutta la filiera: stoccaggio, distribuzione, commercializzazione e relativi oneri relativi. Il margine del gestore, insomma, si aggirerebbe sui 5 centesimi al litro. Non si può escludere che, come parte più debole del sistema, qualcuno interpreti in modo un po’ più "fantasioso" il suo ruolo e ci marci. Ma per loro il futuro non è radioso. Solo per il fatto che in Italia ci sono 24mila punti vendita (contro i 15 mila della Germania e i 12mila della Francia) e nel giro di pochi anni 5-6.000 potrebbero chiudere.

Stefano Agnoli

02 aprile 2010

 

 

2010-03-31

I dati istat

Inflazione, a marzo sale dell'1,4%

L'incremento dei prezzi su base tendenziale

è il più alto dal febbraio 2009

I dati istat

Inflazione, a marzo sale dell'1,4%

L'incremento dei prezzi su base tendenziale

è il più alto dal febbraio 2009

ROMA - Sale all'1,4% a marzo l'inflazione su base tendenziale. È quanto rileva l'Istat nella sua stima provvisoria. Sulla base dei dati pervenuti, l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), relativo al mese di marzo 2010, presenta una variazione di più 0,3 per cento rispetto al mese di febbraio e di più 1,4 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.

RECORD DAL 2009 - L'incremento pari all'1,4% dei prezzi al consumo registrato a marzo rispetto allo stesso mese dell'anno precedente rappresenta il valore più alto da febbraio 2009, quando l'inflazione si attestò a +1,6%. È quanto si evince dalle serie storiche dell'Istat.

I SETTORI - Sulla base dei dati finora pervenuti gli aumenti congiunturali più significativi si sono verificati per i capitoli Trasporti (più 1,1 per cento), Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (più 0,4 per cento) e Servizi ricettivi e di ristorazione (più 0,3 per cento). Variazioni nulle si sono registrate nei capitoli Bevande alcoliche e tabacchi e Istruzione. Variazioni negative si sono verificate nei capitoli Servizi sanitari e spese per la salute (meno 0,3 per cento) e Comunicazioni (meno 0,1 per cento). Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli Trasporti (più 5,1 per cento), Altri beni e servizi (più 2,9 per cento) e Istruzione (più 2,5 per cento). Una variazione nulla si è registrata nel capitolo Servizi sanitari e spese per la salute. Variazioni tendenziali negative si sono verificate nei capitoli Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (meno 0,9 per cento) e Comunicazioni (meno 0,3 per cento).

31 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-25

IN CALO ANCHE prodotti farmaceutici e delle dotazioni per l'informatica

Alimentari, crollo degli acquisti

I dati Istat: le vendite al dettaglio diminuite a gennaio dell'1% rispetto a dicembre e del 3,3% rispetto al 2009

IN CALO ANCHE prodotti farmaceutici e delle dotazioni per l'informatica

Alimentari, crollo degli acquisti

I dati Istat: le vendite al dettaglio diminuite a gennaio dell'1% rispetto a dicembre e del 3,3% rispetto al 2009

MILANO - Le vendite al dettaglio dei prodotti alimentari sono diminuite a gennaio dell'1% rispetto a dicembre e del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2009. Lo rileva l'Istat precisando che il dato congiunturale è il peggiore da aprile 2007 mentre quello tendenziale è il peggiore dal marzo 2009, quando segnò il -5,2%. Alimentari a parte, l'Istituo di statistica comunica che le vendite al dettaglio a gennaio sono diminuite dello 0,5% rispetto a dicembre e del 2,6% rispetto a gennaio 2009. Il dato congiunturale è il peggiore da dicembre 2008 (allora segnò -0,7%).

PC, SCARPE, FARMACI E VESTITI - L'Istat segnala che il calo delle vendite su dicembre (-0,5%) è la sintesi tra il -1% delle vendite alimentari (il dato peggiore da aprile 2007) e dello 0,3% dei prodotti non alimentari. Rispetto a gennaio 2009 le vendite alimentari sono diminuite del 3,3% (il calo più consistente da marzo 2009) mentre quelle dei prodotti non alimentari sono diminuite del 2,3%. Gli indicatori precisa l'Istat si riferiscono al valore corrente delle vendite e incorporano quindi sia la dinamica della quantità sia dei prezzo. Il calo tendenziale è stato forte soprattutto nelle imprese della grande distribuzione (-3,1%) mentre le imprese operanti su piccole superfici hanno segnato un -2,2% su gennaio. Nell'alimentare le imprese della grande distribuzione hanno segnato un calo delle vendite del 3,5% mentre le imprese operanti su piccole superfici hanno registrato un calo delle vendite del 3,1%. Nel comparto non alimentare le aziende della grande distribuzione hanno segnato un calo delle vendite del 2,9% a fronte del calo del 2% dei piccoli negozi. Nell'alimentare gli ipermercati e i supermercati hanno perso il 3% del fatturato al livello tendenziale mentre i discount alimentare hanno segnato un -2,9%. Sul calo complessivo del 2,6% delle vendite a gennaio spicca quello dei prodotti farmaceutici (-4,2%) e delle dotazioni per l'informatica (-4,3%). Reggono meglio la crisi l'abbigliamento e le calzature (-1,2% per entrambi i comparti) la foto ottica (-0,6%) e il settore dei giocattoli, sport e campeggio (-0,9%).

Redazione online

25 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-24

ma nel quarto trimestre dell'anno l'indice è cresciuto all'8,6%

Istat: nel 2009 crolla l'occupazione,

persi 380mila posti di lavoro

Prima flessione dal '95: il tasso di disoccupazione medio è salito al 7,8% dal 6,8% della media del 2008

ma nel quarto trimestre dell'anno l'indice è cresciuto all'8,6%

Istat: nel 2009 crolla l'occupazione,

persi 380mila posti di lavoro

Prima flessione dal '95: il tasso di disoccupazione medio è salito al 7,8% dal 6,8% della media del 2008

Un operaio al lavoro (Ansa)

Un operaio al lavoro (Ansa)

MILANO - Ora anche le statistiche confermano quello che è sotto gli occhi di tutti da oltre un anno. In Italia aumenta la disoccupazione. Gli occupati nella media 2009 sono infatti diminuiti di 380 mila unità rispetto alla media 2008. Lo comunica l'Istat, sottolineando che si tratta del primo calo annuale dal 1995. Il tasso di disoccupazione medio è salito al 7,8% dal 6,8% della media del 2008.

DISOCCUPATI - Il tasso disoccupazione nel quarto trimestre 2009 è salito all'8,6% (dato non destagionalizzato), il livello più alto dal 2001. Lo rileva l'Istat, sottolineando che i senza lavoro hanno raggiunto quota 2,145 milioni di unità, 369mila in più rispetto allo stesso periodo 2008. Nel quarto trimestre inoltre il numero di occupati cala dell'1,8%, pari a 428 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2008.

CRESCE LA DISOCCUPAZIONE ITALIANA - Nella media del 2009 - sottolinea l'Istat l'occupazione si riduce su base annua del 1,6% (-380 mila unità). Alla flessione particolarmente robusta dell'occupazione maschile (-2% pari a 274 mila unità in meno rispetto alla media 2008) si associa quella meno accentuata dell'occupazione femminile (-1,1% pari a 105 mila unità). Il calo dell'occupazione si concentra al sud (-3% pari a 194 mila unità in meno) ma è alto anche nel nord (-1,3% pari a 161 mila unità in meno) mentre resta contenuto al centro (-0,5% pari a 25 mila unità in meno). Il risultato negativo dell'occupazione totale tiene conto della riduzione molto accentuata della componente italiana (-527 mila unità) controbilanciata dalla crescita, pur se con ritmi inferiori al passato, di quella straniera (+147 mila unità di cui 61 mila uomini e 86 mila donne). Nel complesso nel 2009 lavorano 23 milioni e 025 mila per un tasso di occupazione complessivo del 57,5% (-1,2 punti percentuali sulla media 2008).

TREMONTIE SACCONI - "Non ho ancora visto gli ultimi dati sull'occupazione diffusi oggi dall'Istat ma confermo quello che ho già detto nei giorni scorsi, e cioè che i dati medi del nostro Paese sono sostanzialmente dati di tenuta migliore degli altri Paesi e che sull'occupazione il dato italiano è migliore della media europea". Così il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha risposto a chi gli ha chiesto di commentare gli ultimi dati in materia di occupazione. "L'ultimo dato che ci riguarda - ha aggiunto Tremonti - sulla disoccupazione ci attestava all'8,6% mentre la media europea supera il 10%. Non nego che c'è la crisi, l'ho detto per primo in tempi non sospetti che sarebbe arrivata, ma la disoccupazione in altri paesi arriva anche al 20%. Ribadisco - ha concluso il ministro dell'Economia - sono dati che preferiremmo fossero diversi ma sono migliori rispetto ad altri".

"Il dato medio della disoccupazione del 7,8% - gli fa eco il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi - si confronta con una media Eurozona del 9,4% secondo un differenziale che si conferma anche nel dato congiunturale di gennaio. Peggiori dei dati italiani sono stati quelli di molti Paesi tra i quali Francia, Svezia, Spagna che addirittura supera il 18% e gli stessi Stati Uniti nel 2009 hanno registrato una disoccupazione al 9,3%. Nonostante l'Italia sia un'economia fortemente esportatrice il riverbero della crisi sulla cessazione di rapporti di lavoro è stato contenuto dalla decisione di utilizzare strumenti come i contratti di solidarietà e la cassa integrazione sotto varie forme".

DAMIANO - Di tutt'altro parere Cesare Damiano, capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera: "Gli ultimi dati Istat confermano la gravità della caduta dell'occupazione. Tra il 2008 e il 2009 sono stati persi quasi 400 mila posti di lavoro. Non vorremmo sentire nuovamente le rassicurazioni del ministro Sacconi che tutte le volte ci spiega che il nostro tasso di disoccupazione è al di sotto della media europea". "Quello che il ministro Sacconi dimentica sempre di dirci - prosegue Damiano - è che il dato più rilevante è costituito dal tasso di attività che si attesta al 57,5% con un calo dell'1,2% ed è tra i più bassi dell'Ue. Sottovalutare ancora i problemi occupazionali sarebbe colpevole". Per Damiano "il governo anziché tingere artificialmente di rosa la situazione, a puro scopo elettorale, farebbe bene a dire la verità e a mettere in cantiere misure idonee per uscire dalla crisi: una politica industriale che guardi all'innovazione e individui i settori strategici; l'adozione di ammortizzatori sociali universali; il potenziamento del reddito delle famiglie per stimolare i consumi interni, come da tempo chiede il Pd con le sue proposte".

Redazione online

24 marzo 2010

 

 

 

2010-03-17

L'INTERVENTO al Parlamento europeo il qualità di presidente del Financial Stability Board

Draghi: "La ripresa è fragile"

"È disomogenea, debole in Europa" ha detto il governatore della Banca d'Italia

L'INTERVENTO al Parlamento europeo il qualità di presidente del Financial Stability Board

Draghi: "La ripresa è fragile"

"È disomogenea, debole in Europa" ha detto il governatore della Banca d'Italia

Mario Draghi (Ansa)

Mario Draghi (Ansa)

MILANO - "La ripresa è disomogenea, debole in Europa, ancora fragile ovunque": lo ha detto il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, intervenendo al Parlamento europeo in qualità di presidente del Financial Stability Board. "Quasi tutte le banche sono sulla via di risolvere i problemi di finanziamento - ha aggiunto Draghi -, ma i loro bilanci sono ancora esposti a elementi di fragilità legate soprattutto allo stato della ripresa economica".

NUOVE REGOLE - Draghi ha ribadito che nel mettere a punto le nuove regole sui requisiti di capitale delle banche "bisogna avere un tempo di transizione adeguato per non danneggiare la ripresa". Secondo il governatore di Bankitalia e presidente del Financial stability board però "non dobbiamo permettere che le attuali situazioni di difficoltà incidano sulla definizione dei nuovi standard". Draghi, intervenuto al Parlamento europeo, ha parlato di "resistenze" verso le nuove regole e si è soffermato sul lavoro che sta svolgendo l'Fsb, soprattutto in riferimento al principio del '"too big to fail" (banche "troppo grandi per fallire"): "Il costo del fallimento potenziale di queste banche ricadrebbe su tutti, perchè queste istituzioni sanno di essere troppo grandi per fallire e prendono più rischi, perchè sanno che i governi non le abbandoneranno. Ecco perché i governi devono intervenire" per risolvere tale problema.

Redazione online

17 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-11

Il provvedimento per il sostegno dei settori in crisi

Dl incentivi, un fondo da 300 milioni

La quota maggiore destinata a interventi per "motocicli, elettrodomestici e cucine componibili, abitazioni ad alta efficienza energetica e motori per nautica da diporto"

Il provvedimento per il sostegno dei settori in crisi

Dl incentivi, un fondo da 300 milioni

La quota maggiore destinata a interventi per "motocicli, elettrodomestici e cucine componibili, abitazioni ad alta efficienza energetica e motori per nautica da diporto"

ROMA - Il fondo per gli incentivi urgenti che mirano a sostenere i settori industriali in crisi e a rilanciare l'economia, previsto dal decreto legge del governo, è di 300 milioni. È quanto risulta da una prima 'bozza' del provvedimento anticipata dall'Ansa. Di questi 300 milioni, la quota maggiore (216 milioni) è destinata agli interventi per "motocicli anche elettrici o ibridi, elettrodomestici e cucine componibili, abitazioni ad alta efficienza energetica, inverter e motori per nautica da diporto".

BANDA LARGA - Via libera poi agli 800 milioni di euro per la banda larga, ma con quelle risorse verranno finanziate non solo le reti di comunicazione elettronica ma una serie di altre misure. Oltre al potenziamento delle infrastrutture per la banda larga, gli 800 milioni del Fondo per le aree sottoutilizzate serviranno anche per "la realizzazione di una unità navale per il soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali", "per il sostegno del made in Italy" e per la prosecuzione di interventi per promuovere l'alta tecnologia.

11 marzo 2010

 

 

 

 

l'intervento DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AL MINISTERO DEL TESORO

"Dopo la crisi, stiamo iniziando la risalita"

Berlusconi: "Dobbiamo cavalcare l'ottimismo". E presenta la Banca del Sud: "Non è carrozzone pubblico"

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Bce: "Correzione dei conti entro il 2011"

l'intervento DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AL MINISTERO DEL TESORO

"Dopo la crisi, stiamo iniziando la risalita"

Berlusconi: "Dobbiamo cavalcare l'ottimismo". E presenta la Banca del Sud: "Non è carrozzone pubblico"

Silvio Berlusconi (Milestone Media)

Silvio Berlusconi (Milestone Media)

MILANO - "Stiamo iniziando la risalita". Silvio Berlusconi presenta al ministero del Tesoro la Banca del Sud assieme a Giulio Tremonti e torna, con cautela, sui temi economici. Il Cavaliere, senza citarli esplicitamente, prende a riferimento le scelte della Fiat circa gli incentivi per dimostrare che "le cose migliorano e che sta passando il momento di paura". "Dopo essere usciti da una forte crisi, stiamo iniziando la risalita, non è veloce, non ha forti numeri ma è certamente risalita" spiega il presidente del Consiglio. "Il governo, quando ha cercato di diffondere ottimismo, non aveva gli occhi chiusi sulla crisi ma ha dato importanza al fattore psicologico. Dobbiamo cavalcare questo ottimismo". Quanto alla Banca del Sud, il premier ha spiegato che "il ruolo dello Stato è quello del promotore. Non è un carrozzone pubblico ma sono presenti anche privati". E lo Stato "avrà una quota minoritaria che verrà dismessa entro cinque anni". Lo stesso Berlusconi si è impegnato a depositare, da privato cittadino, nella nuova Banca. "Mi impegno ad essere il secondo depositante dopo il ministro", ha detto il premier riferendosi a Tremonti.

"GOVERNO INERTE" - Le dichiarazioni del premier sulla crisi non convincono però l'opposizione. "Sono convinto che l'Italia ce la farà, che gli italiani ce la faranno, ma non con un governo che sta con le mani in mano" ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, commentando su Repubblica Tv le affermazioni di Berlusconi. "Lo scorso anno - ha ricordato il segretario dei democratici - il Pil è sceso di 5,1 punti, un record di caduta. Per recuperare dobbiamo correre". "Non basta interrogare la sfera di cristallo come fa il governo e dire "ce la faremo". Così non va. Quelli del governo si dovrebbe guadagnare lo stipendio con misure concrete". Anche il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, boccia l'ottimismo del premier: "I segnali importanti ci sono solo per le società offshore e gli affari del presidente del Consiglio, dei suoi amici e degli speculatori che si sono messi attorno a lui" ha detto l'ex pm. "Paura passata? Lo vada a dire ai lavoratori che perdono il posto di lavoro, alle famiglie che non arrivano alla fine del mese o ai giovani senza futuro occupazionale" ha affermato Pino Sgobio, dell'ufficio politico del PdCI - Federazione della sinistra. "Anche sulla crisi - ha aggiunto - Berlusconi fa propaganda sulla pelle degli italiani. Con questo governo c'è poco da essere ottimisti e da stare allegri".

"UN FILM CHE VOLEVAMO GIRARE" - Anche la Banca del Sud suscita negli esponenti dell'opposizione più di una perplessità. Berlusconi assicura che l'istituto "è un film che volevamo girare e oggi parte" . "Ho voluto essere qui - ha detto il premier - per il primo colpo di manovella della Banca del Sud, che risale come nostra progettazione ai primi anni del nostro governo". Anche secondo il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, la nascita della Banca del Sud è "una cosa straordinariamente positiva. Il cammino è stato lungo, abbiamo avuto delle difficoltà ma adesso è partito". Tremonti ha ricordato "le tantissime richieste di partecipare al comitato" e ha fatto una battuta: "Il primo sportello che vedo con il logo della Banca del Mezzogiorno, ci vado e faccio un deposito perché frutterà". Il ministro ha poi ricordato l'aliquota di vantaggio al 5 per cento, che "è la più bassa d'Europa", e con la quale "dovremo stimolare gli operatori perchè ancora non ha suscitato tanto interesse". Il Pd però è critico: "Abbiamo appena appreso dal presidente del Consiglio che non è un carrozzone. Quindi ora sappiamo che cosa non è la Banca del Sud. Ma il problema è che Berlusconi non ci abbia ancora detto cosa sia la Banca del Sud, a cosa serva, quale funzione dovrà svolgere per lo sviluppo del Mezzogiorno" ha detto Franco Laratta, deputato del Pd. "Noi temiamo - ha aggiunto il democratico - che questa Banca non sia altro che il solito specchietto per le allodole, da tirare fuori alla vigilia di ogni elezione. Berlusconi e il suo governo tirino semmai fuori l'annunciato Piano per il Sud che sembra un po' l'Araba Fenice. Mentre il Sud soffre una crisi gravissima e sta perdendo decine di migliaia di giovani, costretti ad emigrare per trovare un lavoro. Nell'indifferenza totale del governo".

COMITATO PROMOTORE - Già istituito il comitato promotore della Banca del Mezzogiorno. Come previsto dalla legge Finanziaria 2010, il comitato è composto da 15 membri nominati dal presidente del consiglio dei Ministri su proposta del ministro dell'Economia e delle Finanze. Alla presidenza è stato designato Vito Lorenzo Augusto Dell'Erba, presidente dell'Associazione delle Banche di Credito Cooperativo (BCC) di Puglia e Basilicata e come segretario del comitato è stato nominato Roberto Di Salvo, vice direttore generale Federcasse.

DL INCENTIVI - A margine della presentazione della Banca del Sud, Berlusconi conferma che mercoledì è stato trovato un accordo per il decreto sugli incentivi. Avete trovato un accordo? "Sì", si limita a rispondere il premier lasciando la sede del Tesoro.

Redazione online

11 marzo 2010

 

 

 

l'intervento DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AL MINISTERO DEL TESORO

"Dopo la crisi, stiamo iniziando la risalita"

Berlusconi: "Dobbiamo cavalcare l'ottimismo". E presenta la Banca del Sud: "Non è carrozzone pubblico"

*

NOTIZIE CORRELATE

*

Bce: "Correzione dei conti entro il 2011"

l'intervento DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AL MINISTERO DEL TESORO

"Dopo la crisi, stiamo iniziando la risalita"

Berlusconi: "Dobbiamo cavalcare l'ottimismo". E presenta la Banca del Sud: "Non è carrozzone pubblico"

Silvio Berlusconi (Milestone Media)

Silvio Berlusconi (Milestone Media)

MILANO - "Stiamo iniziando la risalita". Silvio Berlusconi presenta al ministero del Tesoro la Banca del Sud assieme a Giulio Tremonti e torna, con cautela, sui temi economici. Il Cavaliere, senza citarli esplicitamente, prende a riferimento le scelte della Fiat circa gli incentivi per dimostrare che "le cose migliorano e che sta passando il momento di paura". "Dopo essere usciti da una forte crisi, stiamo iniziando la risalita, non è veloce, non ha forti numeri ma è certamente risalita" spiega il presidente del Consiglio. "Il governo, quando ha cercato di diffondere ottimismo, non aveva gli occhi chiusi sulla crisi ma ha dato importanza al fattore psicologico. Dobbiamo cavalcare questo ottimismo". Quanto alla Banca del Sud, il premier ha spiegato che "il ruolo dello Stato è quello del promotore. Non è un carrozzone pubblico ma sono presenti anche privati". E lo Stato "avrà una quota minoritaria che verrà dismessa entro cinque anni". Lo stesso Berlusconi si è impegnato a depositare, da privato cittadino, nella nuova Banca. "Mi impegno ad essere il secondo depositante dopo il ministro", ha detto il premier riferendosi a Tremonti.

"GOVERNO INERTE" - Le dichiarazioni del premier sulla crisi non convincono però l'opposizione. "Sono convinto che l'Italia ce la farà, che gli italiani ce la faranno, ma non con un governo che sta con le mani in mano" ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, commentando su Repubblica Tv le affermazioni di Berlusconi. "Lo scorso anno - ha ricordato il segretario dei democratici - il Pil è sceso di 5,1 punti, un record di caduta. Per recuperare dobbiamo correre". "Non basta interrogare la sfera di cristallo come fa il governo e dire "ce la faremo". Così non va. Quelli del governo si dovrebbe guadagnare lo stipendio con misure concrete". Anche il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, boccia l'ottimismo del premier: "I segnali importanti ci sono solo per le società offshore e gli affari del presidente del Consiglio, dei suoi amici e degli speculatori che si sono messi attorno a lui" ha detto l'ex pm. "Paura passata? Lo vada a dire ai lavoratori che perdono il posto di lavoro, alle famiglie che non arrivano alla fine del mese o ai giovani senza futuro occupazionale" ha affermato Pino Sgobio, dell'ufficio politico del PdCI - Federazione della sinistra. "Anche sulla crisi - ha aggiunto - Berlusconi fa propaganda sulla pelle degli italiani. Con questo governo c'è poco da essere ottimisti e da stare allegri".

"UN FILM CHE VOLEVAMO GIRARE" - Anche la Banca del Sud suscita negli esponenti dell'opposizione più di una perplessità. Berlusconi assicura che l'istituto "è un film che volevamo girare e oggi parte" . "Ho voluto essere qui - ha detto il premier - per il primo colpo di manovella della Banca del Sud, che risale come nostra progettazione ai primi anni del nostro governo". Anche secondo il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, la nascita della Banca del Sud è "una cosa straordinariamente positiva. Il cammino è stato lungo, abbiamo avuto delle difficoltà ma adesso è partito". Tremonti ha ricordato "le tantissime richieste di partecipare al comitato" e ha fatto una battuta: "Il primo sportello che vedo con il logo della Banca del Mezzogiorno, ci vado e faccio un deposito perché frutterà". Il ministro ha poi ricordato l'aliquota di vantaggio al 5 per cento, che "è la più bassa d'Europa", e con la quale "dovremo stimolare gli operatori perchè ancora non ha suscitato tanto interesse". Il Pd però è critico: "Abbiamo appena appreso dal presidente del Consiglio che non è un carrozzone. Quindi ora sappiamo che cosa non è la Banca del Sud. Ma il problema è che Berlusconi non ci abbia ancora detto cosa sia la Banca del Sud, a cosa serva, quale funzione dovrà svolgere per lo sviluppo del Mezzogiorno" ha detto Franco Laratta, deputato del Pd. "Noi temiamo - ha aggiunto il democratico - che questa Banca non sia altro che il solito specchietto per le allodole, da tirare fuori alla vigilia di ogni elezione. Berlusconi e il suo governo tirino semmai fuori l'annunciato Piano per il Sud che sembra un po' l'Araba Fenice. Mentre il Sud soffre una crisi gravissima e sta perdendo decine di migliaia di giovani, costretti ad emigrare per trovare un lavoro. Nell'indifferenza totale del governo".

COMITATO PROMOTORE - Già istituito il comitato promotore della Banca del Mezzogiorno. Come previsto dalla legge Finanziaria 2010, il comitato è composto da 15 membri nominati dal presidente del consiglio dei Ministri su proposta del ministro dell'Economia e delle Finanze. Alla presidenza è stato designato Vito Lorenzo Augusto Dell'Erba, presidente dell'Associazione delle Banche di Credito Cooperativo (BCC) di Puglia e Basilicata e come segretario del comitato è stato nominato Roberto Di Salvo, vice direttore generale Federcasse.

DL INCENTIVI - A margine della presentazione della Banca del Sud, Berlusconi conferma che mercoledì è stato trovato un accordo per il decreto sugli incentivi. Avete trovato un accordo? "Sì", si limita a rispondere il premier lasciando la sede del Tesoro.

Redazione online

11 marzo 2010

 

 

 

 

produzione industriale: a gennaio +2,6% rispetto a dicembre

Istat: rivisto al ribasso il Pil 2009, -5,1%

Si tratta del dato peggiore dal 1971, dall’inizio cioè della serie storica.

produzione industriale: a gennaio +2,6% rispetto a dicembre

Istat: rivisto al ribasso il Pil 2009, -5,1%

Si tratta del dato peggiore dal 1971, dall’inizio cioè della serie storica.

MILANO - Crolla del 5,1% nel 2009 il Pil in Italia: si tratta del dato peggiore dal 1971, dall’inizio cioè della serie storica. L’anno scorso il prodotto interno lordo corretto per gli effetti di calendario è diminuito infatti del 5,1%. Lo rende noto l’Istat, nei "Conti economici trimestrali", spiegando che il 2009 ha avuto un giorno lavorativo in più rispetto al 2008 e rivedendo così al ribasso la stima provvisoria comunicata a febbraio che indicava un calo del Pil del 4,9% lo scorso anno. Il Pil non corretto per gli effetti di calendario, come comunicato dall’Istat il primo marzo, è diminuito del 5%.

CRESCITA ACQUISITA - La crescita acquisita per il 2010 è pari inoltre a -0,1%. Lo comunica l’Istat spiegando che, se avessimo nel 2010 quattro trimestri su base congiunturale di crescita zero, il Pil quest’anno calerebbe dello 0,1%.

PRODUZIONE INDUSTRIALE - A gennaio invece, sempre secondo l'Istat, la produzione industriale ha segnato un aumento del 2,6% rispetto a dicembre 2009. La media degli ultimi tre mesi è risultata invariata rispetto a quella dei tre mesi immediatamente precedenti. L'indice della produzione corretto per gli effetti di calendario ha registrato a gennaio un aumento tendenziale dello 0,1% (i giorni lavorativi sono stati 19 contro i 20 di gennaio 2009). L'indice grezzo della produzione industriale ha registrato una diminuzione del 3,3% rispetto a gennaio 2009. La media degli ultimi tre mesi è risultata invariata rispetto a quella dei tre mesi precedenti. L'Istat ha inoltre rivisto i dati di dicembre, portando il calo congiunturale destagionalizzato da -0,7% a -0,2%. Per quanto riguarda i principali raggruppamenti industriali, su base congiunturale si registrano tutte variazioni positive: +3,3% per i beni strumentali, +2,3% per l'energia, +2,1% per i beni intermedi e +1% per i beni di consumo totale (+3,3% per i beni durevoli, -0,1% per i beni non durevoli).

Redazione online

10 marzo 2010

 

2010-03-01

In cerca di occupazione 2.144.000 persone

Disoccupazione: 8,6%, record dal 2004

Pil -5%, mai così male dal 1971

Sono 307 mila gli occupati in meno rispetto al gennaio di un anno fa. Ribassate le stime per il prodotto interno lordo

In cerca di occupazione 2.144.000 persone

Disoccupazione: 8,6%, record dal 2004

Pil -5%, mai così male dal 1971

Sono 307 mila gli occupati in meno rispetto al gennaio di un anno fa. Ribassate le stime per il prodotto interno lordo

Gli operai della Antonio Merloni di Fabriano (Ansa)

Gli operai della Antonio Merloni di Fabriano (Ansa)

ROMA - Il tasso di disoccupazione continua a salire toccando il record dal 2004 mentre il prodotto interno lordo nel 2009 è crollato del 5%, mai così male da quasi 40 anni.

DISOCCUPAZIONE - A gennaio è la disoccupazione è giunta all'8,6%, in crescita dall'8,5% dello scorso dicembre. Il numero delle persone in cerca di occupazione a gennaio è risultata pari a 2.144.000. Lo comunica l'Istat sulla base dei dati provvisori e destagionalizzati, sottolineando che è il dato peggiore da gennaio 2004, inizio delle serie storiche, quando era stato rilevato all'8,3%. A gennaio 2010 la variazione congiunturale è sostanzialmente nulla, ma il dato complessivo è in aumento dell'1,3% rispetto allo stesso mese del 2009. Sono pari a 307 mila le unità lavorative perse rispetto a un anno fa. Il numero delle persone in cerca di occupazione a gennaio risulta in crescita dello 0,2% (+5 mila) rispetto al mese precedente e del 18,5% (+334 mila) rispetto a gennaio 2009. Si tratta dell'ottavo incremento su base mensile consecutivo. La disoccupazione giovanile si colloca al 26,8%. Il tasso di disoccupazione giovanile cresce di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,6 punti percentuali su base annua.

PIL -5% - Il prodotto interno lordo (Pil) italiano nel 2009 è diminuito del 5%. Lo segnala l'Istat precisando che si tratta del dato peggiore dal 1971, dall'inizio cioè della serie storica. Nella stima provvisoria il Pil aveva registrato una diminunizione del 4,9%. L'Istat ha anche rivisto al ribasso le stime 2007 e 2008: rispettivamente da +1,6% a +1,5% e da -1% a -1,3%.

INDEBITAMENTO P.A. - L'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari al 5,3%, superiore a quello registrato nell'anno precedente, che fu pari al 2,7%. In valore assoluto l'indebitamento netto è aumentato di circa 38,2 miliardi di euro, attestandosi a 80,8 miliardi di euro. Lo comunica l'Istat.

Redazione online

01 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

2010-02-25

Sulle Previsioni della Commissione pesano ancora "grandi incertezze"

Le stime Ue: ripresa "timida" in Italia

Nel 2010 crescita europea al traino di Germania e Francia, entrambe +1,2%. In Italia +0,7%

Sulle Previsioni della Commissione pesano ancora "grandi incertezze"

Le stime Ue: ripresa "timida" in Italia

Nel 2010 crescita europea al traino di Germania e Francia, entrambe +1,2%. In Italia +0,7%

MILANO - La zona euro nel 2010 crescerà dello 0,7%, così come l'intera Ue. Questa l'ultima stima della Commissione Ue, che conferma le sue previsioni dello scorso autunno parlando di "fragile ripresa". A trainare sono Germania e Francia (entrambe +1,2%), seguite da Olanda (+0,9%), Italia (+0,7%) Regno Unito (+0,6%). Ancora recessione per la Spagna, che chiuderà l'anno con un 0,6%. "L'economia europea - spiega la Commissione Ue - si sta progressivamente riprendendo, nonostante stia ancora affrontando venti contrari. Il Pil ha ripreso di nuovo a crescere nel terzo trimestre del 2009, mettendo fine alla più lunga e più profonda recessione nella storia della Ue. Le eccezionali misure anti-crisi messe in campo - prosegue l'esecutivo europeo - hanno giocato un ruolo fondamentale nel provocare un'inversione di tendenza".

CRESCITA RALLENTATA NELL'ULTIMO TRIMESTRE 2009 - Ma - sottolineano i servizi della Commissione Ue - "la crescita è rallentata nell'ultimo trimestre 2009" e per questo le previsioni sul Pil 2010 restano invariate allo 0,7% sia per la zona euro che per l'intera Ue. Previsioni su cui comunque continuano a pesare "grandi incertezze". In particolare "nonostante gli indicatori sulla produzione industriale e sulle vendite al dettaglio sono incoraggianti, restano deboli gli investimenti ed incerte le condizioni dei mercati finanziari".

ITALIA - Nel capitolo dedicato all’Italia, la Commissione europea spiega come "il Pil reale abbia registrato un drastico calo, dovuto alle esportazioni in diminuzione e e al netto declino degli investimenti, soprattutto nella prima metà dell’anno, mentre i consumi delle famiglie sono scesi in modo più moderato". "Tuttavia, dopo una contrazione semestrale del 2,7% e dello 0,5% nei primi due trimestri, il Pil ha avuto un rimbalzo dello 0,6% nel terzo trimestre. Il quarto trimestre ha registrato una nuova contrazione, dello 0,2%, ma gli indicatori sulla fiducia delle imprese e dei consumatori indicano un’attività economica più forte per il trimestre in corso. Il pil reale dovrebbe espandersi nuovamente nel primo trimestre del 2010". I consumi, secondo Bruxelles, dovrebbero "beneficiare di un minore risparmio precauzionale delle famiglie, dovuto al miglioramento delle condizioni sui mercati finanziari, oltre a delle prospettive di inflazione moderata. Le esportazioni dovrebbero ricevere un impulso positivo dal rafforzamento della domanda globale. La bassa capacità di utilizzo dell’industria, dall’altra parte, dovrebbe mantenere i piani di investimento delle imprese limitati".

Redazione online

25 febbraio 2010(ultima modifica: 26 febbraio 2010)

 

2010-02-13

"Finchè la flessione dell'occupazione non s'inverte resta rischio di ripercussioni sul Pil"

Draghi: "Fuori dalla crisi con un tasso di crescita basso e disoccupati in aumento"

Il governatore: "Stiamo ora uscendo dalla crisi con un tasso di crescita basso, ai minimi europei"

"Finchè la flessione dell'occupazione non s'inverte resta rischio di ripercussioni sul Pil"

Draghi: "Fuori dalla crisi con un tasso di crescita basso e disoccupati in aumento"

Il governatore: "Stiamo ora uscendo dalla crisi con un tasso di crescita basso, ai minimi europei"

MarioDraghi (Eidon)

MarioDraghi (Eidon)

MILANO - "Alla fine dello scorso anno vi erano in Italia oltre 600 mila occupati in meno rispetto al massimo del luglio 2008. La quota di popolazione potenzialmente attiva che è al momento forzatamente inoperosa è elevata e crescente. Finchè la flessione dell'occupazione non s'inverte permane il rischio di ripercussioni sui consumi, quindi sul Pil". Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi al Forex leggendo la sua relazione.

CRESCITA - "Stiamo ora uscendo dalla crisi con un tasso di crescita basso, ai minimi europei" ha aggiunto Draghi, mettendo in evidenza come "una crescita economica sostenuta sia base di benessere" e come per questa "ne siano condizione le riforme strutturali, la cui mancanza ha segnato la perdita di competitività del Paese che dura da un quindicennio".

EURO - "L'euro è saldo" sottolinea il governatore della Banca d'Italia mettendo in evidenza come "occorre che nell'Unione europea di formi la volontà comune di estendere alle strutture economiche e alle riforme di cui necessitano, la stessa attenta verifica, lo stesso energico impulso che sono stati esercitati negli ultimi anni sui bilanci pubblici". "Dieci anni fa - afferma Draghi - all'avvio della moneta unica si levarono voci a richiedere anche un governo economico dell'Unione; furono sovrastate dai cori entusiasti che celebravano la meta raggiunta insieme all'impegno a resistere a ogni ulteriore integrazione".

SCUDO FISCALE - "Le operazioni di rimpatrio dei capitali in regime di "scudo fiscale" devono essere attentamente esaminate dagli intermediari, al fine di individuare e segnalare operazioni sospettabili di riciclaggio" ha spiegato ancora Draghi aggiungendo che "le banche devono impegnarsi di più a uno scrutinio attento delle operazioni di rimpatrio". Finora - ha aggiunto il governatore - "sono giunte poco più di 50 segnalazioni di possibili reati connessi con operazioni di emersione di disponibilità all'estero. È un numero esiguo, spiegato solo in parte dal fatto che la legge esclude l'obbligo di segnalazione per diverse fattispecie di reato".

SUPERBONUS BANCARI - Poi Draghi si è soffermato sul tema dei superbonus bancari sottolinenando come le prossime assemblee dei soci delle banche dovranno fornire "informazioni esaurienti e dati puntuali" sull'adeguamento delle regole su bonus e stipendi ai nuovi standard internazionali. Il governatore della Banca d'Italia ha chiesto anche ai sei maggiori gruppi di verificare la coerenza dei loro sistemi di incentivazione e remunerazione anche con le linee guida dell'Fsb di cui lo stesso Draghi è presidente.

REDDITIVITA' DELLE BANCHE - La redditività delle banche italiane è nettamente peggiorata "di pari passo con il deterioramento della qualità dei loro prestiti" ha spiegato ancora Draghi. Nei primi nove mesi del 2009 gli utili si sono dimezzati rispetto allo stesso periodo del 2008 per i maggiori accantonamenti e rettifiche sui crediti. Il rendimento del capitale e delle riserve si è ridotto in ragione d'anno, nota Draghi, dal 9% al 4,2%. Il flusso di nuove sofferenze, inoltre, nel terzo trimestre ha superato il 3%, valore più elevato degli ultimi dieci anni. "Secondo prime elaborazioni - aggiunge Draghi - il peggioramento della qualità del credito sarebbe proseguito anche nell'ultima parte dell'anno con probabili effetti sui risultati del quarto trimestre". L'aumento degli incagli e di rate non pagate prefigura ulteriore peggioramento nei mesi a venire.

Redazione online

13 febbraio 2010

 

 

 

 

2010-02-12

I dati dell'ISTAT

Italia, il Pil del 2009 chiude a -4,9%

Nel quarto trimestre cala l'industria

Nel quarto trimestre del 2009 il Pil ha segnato un calo dello 0,2% sul terzo trimestre

I dati dell'ISTAT

Italia, il Pil del 2009 chiude a -4,9%

Nel quarto trimestre cala l'industria

Nel quarto trimestre del 2009 il Pil ha segnato un calo dello 0,2% sul terzo trimestre

Un'immagine d'archivio che mostra un edile al lavoro in un cantiere del centro di Milano. (Ansa)

Un'immagine d'archivio che mostra un edile al lavoro in un cantiere del centro di Milano. (Ansa)

MILANO - L'Italia chiude il 2009 con un Pil in calo del 4,9% sul 2008. Si tratta del calo peggiore dal 1971, Data di inizio della serie storica. I dati, diffusi in via preliminare venerdì dall'Istat, sono destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi. L'ultima stima governativa, confermata con il Programma di stabilità, indicava un Pil in calo del 4,8%.

GLI ALTRI DATI - Nel quarto trimestre del 2009 il Pil ha segnato un calo dello 0,2% sul terzo trimestre, quando era salito dello 0,6%. Su base annua il Pil ha mostrato un calo del 2,8%, dal tendenziale di -4,6% del terzo trimestre. I dati sugli ultimi tre mesi del 2009 sono peggiori rispetto alle previsioni degli analisti interpellati da Reuters. La mediana indicava per il quarto trimestre un +0,1% sul trimestre precedente e un -2,5% su base annua. La diminuzione congiunturale del Pil - spiega l'Istat - è il risultato di una diminuzione del valore aggiunto dell'industria, di una sostanziale stazionarietà del valore aggiunto dei servizi e di un aumento del valore aggiunto dell'agricoltura. Il quarto trimestre del 2009 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al quarto trimestre del 2008. Nel quarto trimestre, il Pil è aumentato in termini congiunturali dell'1,4% negli Usa, dello 0,1% nel Regno Unito, dello 0,6% in Francia ed è rimasto fermo in Germania. In termini tendenziali, è aumentato dello 0,1% negli Stati Uniti, è diminuito del 3,2% nel Regno Unito, del 2,2% in Francia e del 2,4% in Germania. Il primo marzo saranno diffuse le nuove stime annuali (non corrette per gli effetti di calendario) dei Conti economici nazionali per il periodo 2007-2009. Il 10 marzo saranno rese note le stime trimestrali coerenti con i nuovi dati annuali.

Redazione online

12 febbraio 2010

 

REPUBBLICA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.repubblica.it

2010-08-19

LO STUDIO

Imprese schiacciate dal peso della burocrazia

i ritardi costano 16,6 miliardi di euro l'anno

Una ricerca di Confartigianato sulle difficoltà che incontrano le aziende nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Nella classifica delle Province "amiche", in testa ci sono Ravenna, Reggio Emilia e Prato; in fondo Catanzaro, Roma e Campobasso. L'Italia agli ultimi posti nel mondo / LA CLASSIFICA 1

Imprese schiacciate dal peso della burocrazia i ritardi costano 16,6 miliardi di euro l'anno

ROMA - I ritardi e gli ostacoli della burocrazia costano alle imprese italiane 16,6 miliardi di euro ogni anno. Il cattivo funzionamento degli apparati amministrativi dello Stato, inoltre, pesa soprattutto sulle aziende che operano al Centro-Sud, mentre nelle province del Centro-Nord - in particolare di Emilia e Toscana che occupano le prime dieci posizioni - le amministrazioni risultano più attente e funzionali rispetto alle esigenze delle piccole e medie imprese. Il ritratto di un'Italia divisa in due anche su questo fronte emrege da una ricerca dell'Ufficio studi della Confartigianato.

Nella graduatoria delle migliori amministrazioni, stilata dall'organizzazione degli artigiani, ai primi tre posti ci sono Ravenna, Reggio Emilia e Prato, mentre agli ultimi tre posti ci sono Catanzaro, Roma e Campobasso. Per ogni territorio provinciale, Confartigianato ha misurato la qualità di alcuni servizi pubblici (dalla possibilità di effettuare pagamenti online ai tempi di pagamento della P.A. verso le aziende private) necessari per avviare e gestire al meglio un'attività imprenditoriale. Il risultato è che le aree con il contesto più adatto alle attività produttive risultano tutte al Nord, mentre le provincie con il maggior peso di burocrazia a carico delle aziende sono invece al Centro-Sud.

Nonostante gli esempi virtuosi, Confartigianato ha calcolato che i "disservizi" della burocrazia costano ogni anno alle aziende 16,629 miliardi di euro, circa un punto di Pil, con un peso medio di 12,334 euro per singola azienda. Oltretutto, la quota maggiore di questi oneri (circa il 76%) è a carico delle piccole imprese, con meno di dieci dipendenti. Tutto ciò, afferma Confartigianato, mette l'Italia al penultimo posto tra le 30 economie avanzate per la facilità di fare impresa, davanti solo alla Grecia, e al 78/mo posto nella classifica mondiale.

"E' impensabile che un'impresa sia favorita se si trova in provincia di Ravenna e sfavorita se è in provincia di Catanzaro; la concorrenza non è leale perché non dipende dalle capacità ma dalla sorte", accusa il presidente di Confartigianato, Giorgio Guerrini che, per eliminare le eliminare le disuguaglianze, chiede al governo di "dare attuazione concreta al provvedimento contenuto in Finanziaria sulla 'Segnalazione certificata di inizio di attività (Scia), per cui un imprenditore apre un'impresa e poi vengono vengono fatti i controlli".

A livello mondiale, le peggiori performance dell'Italia vanno dai tempi della soluzione giudiziale delle controversie commerciali (156/mo posto) ai tempi di pagamento di imposte e contributi (136/mo), dall'assunzione personale (99/mo) al trasferimento di una proprietà immobiliare (98/mo) fino all'accesso al credito (87/mo) ed alla concessione di licenze edilizie (85/mo). Se si considerano i tempi di avvio di una nuova impresa, l'Italia si colloca al 75/mo posto, ma nell'ambito delle economie avanzate è appena 21/ma tra le 27 economie Ocse.

Proprio a questo proposito, Confartigianato confida nella Segnalazione certificata di inizio attività, che dovrebbe migliorare i risultati ottenuti dalla Comunicazione Unica (dal primo aprile sostituisce le precedenti 4 procedure), ma fa notare che resta "ancora elevato" il numero di pratiche da gestire in fase di avvio e "ancora insufficiente" l'utilizzo delle tecnologie on line da parte delle pubbliche amministrazioni. Nei settori della gelateria artigianale, dell'acconciatura e dell'edilizia, ad esempio, 14 delle 16 pratiche necessarie per avviare un'impresa sono ancora escluse dai benefici della Comunicazione unica.

(19 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-18

Ocse, ripresa in Italia all'1,1%

in coda tra i maggiori Paesi Ue

Nel secondo trimestre il Pil nell'area è cresciuto del 0,7%. Mette il turbo l'economia tedesca. Bene la Gb, rallentano Usa e Giappone. In Italia la crescita tendenziale più bassa

ROMA - Il prodotto interno lordo nell'area Ocse è cresciuto dello 0,7% nel secondo trimestre del 2010, come nel precedente trimestre, mentre su base annuale il Pil mostra un progresso del 2,8%. "La Germania e il Regno Unito guidano la maggior crescita nell'Unione Europea mentre la ripresa rallenta nel Giappone e negli Stati Uniti" comunica l'Ocse. Crescita contenuta per l'economia italiana che nello stesso periodo mostra un +0,4%, stessa performance dei primi tre mesi dell'anno. Su base annua, informa il rapporto, dopo la Germania la crescita più elevata è stata realizzata dagli Usa (+3,2%), dal Giappone (+1,9%)e dalla Francia (+1,7%). Chiudono Gran Bretagna (+1,6%) e Italia (+1,1%).

L'organizzazione economica sottolinea che nell'area euro il Pil è aumentato dell'1% trainato dall'espansione del 2,2% dell'economia della Germania, il tasso di crescita trimestrale più elevato dalla riunificazione. Decisa accelerazione del Pil anche in Gran Bretagna con un +1,1% rispetto al +0,3% del trimestre precedente. In Francia nel secondo trimestre 2010, rispetto a gennaio-marzo di quest'anno, il Pil è salito dello 0,6% (era cresciuto dello 0,2%, sempre su base congiunturale, nel primo trimestre).

Su base tendenziale, il Pil dell'Europa (sia per l'Unione europea che per Eurolandia) è cresciuto ad aprile-giugno di quest'anno dell'1,7%. Nel complesso dei Paesi del G7 il prodotto interno lordo nel secondo trimestre 2010 ha visto un aumento del 2,7% rispetto a aprile-giugno 2009.

Rallentano l'economia americana e quella giapponese. Per gli Stati Uniti nel secondo trimestre la crescita si attesta a un +0,6% dallo 0,9% del trimestre precedente e dall'1,2% dell'ultimo trimestre 2009. Dopo due trimestri brillanti l'economia nipponica registra una variazione quasi nulla (+0,1%) nel secondo trimestre dell'anno portando il tendenziale a un +1,9% rispetto al balzo del 4,4% del primo trimestre.

(18 agosto 2010)

 

 

CRISI

Lavoro, la discriminazione femminile

meno posti e stipendi più bassi del 21,4%

I dati di Bankitalia e dell'Istat fotografano una realtà che mette l'Italia in fondo alle classifiche europee. Nel tasso di occupazione solo Malta fa peggio. In busta paga 1.221 euro di media contro i 1.553 dei colleghi uomini

Lavoro, la discriminazione femminile meno posti e stipendi più bassi del 21,4%

ROMA - Meno opportunità di occupazione e stipendi più bassi. E' la realtà femminile nel mondo del lavoro come l'ha fotografata un rapporto della Banca d'Italia che ha preso in esame i dati relativi al 2008. Le donne si trovano in condizione di disparità rispetto agli uomini, non solo perché ancora maggiormente pressate dagli impegni familiari, ma anche perché sono spesso relegate in posizioni lavorative di basso livello, di retribuzione inferiore e incontrano più ostacoli di carriera pur essendo più preparate.

Secondo le cifre di Bankitalia, la busta paga media delle donne è del 21,4% più bassa rispetto a quella degli uomini, con 1.221 euro al mese contro 1.553 (nel 1998 la differenza era del 19,1%) e in due anni la retribuzione femminile è scesa del 4,6%, al di sotto della media che oltretutto colloca l'Italia al terzultimo posto nella classifica dei paesi occidentali più industrializzati. Le donne dunque pagano di più la crisi e sono più esposte a marginalità e povertà come evidenziano anche i dati Istat secondo i quali, in Italia ''il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni è sceso nel 2009 al 46,4%''. In Europa solo Malta fa peggio.

Il Mezzogiorno, inoltre, dove già il tasso di occupazione femminile era molto basso, ha assorbito quasi metà del calo nazionale delle occupate (-105mila donne) causato dalla crisi. Nel 2009 in Italia soltanto il 28,7% delle donne con licenza media aveva un'occupazione, contro il 37,7% medio dell'Ue. Nel nostro paese solo le laureate "storiche" riescono a raggiungere i livelli europei, mentre le neolaureate continuano a trovare enormi difficoltà a entrare nel mercato del lavoro.

La situazione è ancora peggiore per le donne sposate e con figli: ''Considerando le 25-54enni e assumendo come base le donne senza figli - spiega l'Istat -, la distanza nei tassi di occupazione è di quattro punti percentuali per quelle con un figlio, di 10 per quelle con due figli e di 22 punti per quelle di tre o più figli". Inoltre, il peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro ha rallentato l'inserimento delle donne nelle professioni più qualificate e riavviato un fenomeno di "marginalizzazione" verso occupazioni già relativamente molto "femminilizzate".

(18 agosto 2010)

 

 

Draghi: "Stabilità finanziaria e più crescita

con le nuove regole di Basilea 3 sui capitali"

Secondo il governatore di Bankitalia, gli standard fissati assicureranno benefici di lungo termine e migliori condizioni per la ripresa economica

Draghi: "Stabilità finanziaria e più crescita con le nuove regole di Basilea 3 sui capitali" Mario Draghi, governatore di Bankitalia e presidente del Financial Stability Board

ROMA - I nuovi standard di capitale previsti dalle regole di Basilea 3 forniranno "sostanziali benefici di lungo termine alla stabilità finanziaria" e aiuteranno a raggiungere "una più stabile crescita economica". E' il giudizio del governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, secondo cui le analisi condotte dal Financial Stability Board, di cui è presidente, e dal Comitato di Basilea testimoniano che "i costi macroeconomici che deriveranno dall'introduzione di standard" di capitale "più elevati sono gestibili, soprattutto se accompagnati da appropriati accordi di transizione".

(18 agosto 2010) © Riproduzione riservata

 

 

 

2010-08-17

TESORO

Pensioni, nel 2009 spesa +4,3%

Un assegno su due sotto i 1000 euro

I dati emergono dalla "Relazione Generale sulla situazione economica del Paese". L'aumento dovuto all'adeguamento degli assegni ai prezzi e alla rivalutazione dei trattamenti minimi

Pensioni, nel 2009 spesa +4,3% Un assegno su due sotto i 1000 euro Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

ROMA - Accelera la spesa pensionistica: nel 2009 si è attestata a quota 234,025 miliardi di euro, crescendo del 4,3% rispetto all'anno precedente e aumentando di circa un punto percentuale in rapporto al Pil (15,4%). L'incremento fra il 2007 e il 2008 era stato del 3,9%. Il dato emerge dalla "Relazione Generale sulla situazione economica del Paese", pubblicata dal ministero dell'Economia.

Nella documento si spiega che la crescita della spesa nel 2009 è legata soprattutto all'adeguamento degli assegni ai prezzi e alla rivalutazione nella misura del 100% per le fasce di importo dei trattamenti compresi tra 3 e 5 volte il trattamento minimo. L'aumento della spesa si è registrato dunque nonostante "l'inasprimento dei requisiti di accesso al pensionamento" che ha cominciato ad avere applicazione proprio dal 2009.

Nonostante gli aumenti, un assegno pensionistico su due non raggiunge l'importo di 1.000 euro. Al contrario, sono pochissime le pensioni con importo superiore ai 2.000 euro: costituiscono il 13,7%. Le donne ricevono complessivamente meno degli uomini e il 27,1% delle pensionate incassa ogni mese meno di 500 euro.

Nella suddivisione dei tipi di pensione, il gruppo più numeroso (11,4 milioni) è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia. I meno numerosi quelli che invece percepiscono un assegno sociale (334.000) e i pensionati di guerra (293.000).

La spesa per trattamenti assistenziali - aggiunge il ministero dell'Economia - è cresciuta nel 2009 in linea con la dinamica registrata nel 2008 (+4,3% rispetto al +4,4%), "a seguito di una diminuzione degli esborsi per le pensioni di guerra e di aumenti per le prestazioni agli invalidi civili, ai non udenti e non vedenti".

(17 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-16

Cina-Giappone, la guerra dei Pil

Pechino verso il sorpasso storico

Tokyo diffonde i dati del primo semestre: ancora in testa dietro gli Usa con 2.578 miliardi di dollari. Ma i cinesi crescono più in fretta: primato nel periodo aprile-giugno con 1339 mld. E i giapponesi annunciano la stabilizzazione: Pil cresciuto solo dello 0,4%. Wall Street Journal: "Sarà un evento senza precedenti per un'economia emergente"

Cina-Giappone, la guerra dei Pil Pechino verso il sorpasso storico

TOKYO - Il Giappone mantiene (almeno per il momento) la posizione di seconda economia al mondo nei primi sei mesi del 2010 alle spalle degli Stati Uniti, anche se la Cina ha messo a segno il sorpasso nel periodo aprile-giugno. Diffondendo oggi i suoi dati Tokyo ha così frenato le voci dell'avvenuto sorpasso che comunque è nei fatti inevitabile e solo questione di tempo.

Il Pil nipponico semestrale è stato pari a 2.578 miliardi di dollari, contro i 2.532 miliardi di Pechino. Nel secondo trimestre, la Cina, considerando i valori ufficiali, ha ottenuto con 1.339 miliardi, contro i 1.288 miliardi del Giappone, la seconda migliore performance al mondo dopo gli Usa . L'economia del Sol Levante, ha reso noto l'Ufficio di gabinetto, potrebbe essere vicina al punto di stabilizzazione visto che il Pil è cresciuto solo dello 0,4% annualizzato e dell'0,1% su base trimestrale. "L'economia si può dire sia già entrata nella fase di stabilizzazione", ha detto in conferenza stampa Keisuke Tsumura, segretario parlamentare dell'Ufficio di gabinetto. Ragione per cui il sorpasso della Cina sul Giappone è più che probabile considerando l'intero 2010.

Il sorpasso annuale, ha scritto il Wall Street Journal, sarebbe un fatto storico per un'economia emergente, in quanto mai nessuna aveva raggiunto un tale livello. Il sorpasso nel secondo trimestre indica che ci sono buone chance per la Cina di battere il Sol Levante anche su base annuale. "Si tratterebbe di un risultato storico, una pietra miliare: è impressionante il fatto che la Cina sia riuscita a mantenere elevati tassi di crescita anche quando molti paesi si trovavano ad affrontare tempi duri", osserva Bruce Kasman, capo economista di JPMorgan Chase. Una volta che i dati definitivi per il 2010 saranno diffusi, "molti economisti si attendono che la Cina sorpassi il Giappone come seconda economia al mondo. Il gap fra i 5.000 miliardi di dollari dell'economia cinese e i quasi 15.000 miliardi di dollari di quella americana resta ampio, e anche mantenendo gli attuali tassi di crescita - spiega il Wall Street Journal - ci vorranno almeno dieci anni o più per Pechino per raggiungere gli Stati Uniti".

Circa 10 anni fa la Cina era la settima economia al mondo: poi ha superato la Germania e nel 2007 Pechino ha conquistato il terzo posto. Per il 2010 gli analisti si attendono per la Germania il quarto posto, il quinto per la Francia, il sesto per il Regno Unito. Al settimo posto l'Italia seguita all'ottavo dal Brasile.

(16 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-14

Mille euro in più in un anno

i debiti delle famiglie italiane

In media 16mila euro a testa per i prestiti accesi per acuisto o ristrutturazioni di case, ma anche di beni mobili e per il credito al consumo. Una parte per i redditi alti, ma è la cirsi che si fa sentire

Mille euro in più in un anno i debiti delle famiglie italiane

Quasi mille euro in più dell'anno precedente, per la precisione 863. E' questo il salto del livello dei debiti che le famiglie italie hanno per il denaro chiesto per i mutui per l'acquisto della casa, di beni mobili, per il credito al consumo, o i finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili. In media, nel 2009, l'indebitamento medio ha raggiunto i 15.930 euro a famiglia. A livello provinciale le "sofferenze" maggiori sono a carico delle famiglie di Roma (22.394 euro), seguite da quelle di Lodi (22.218 euro) e da quelle di Milano (22.083 euro). Al quarto posto troviamo Trento (21.644 euro), di seguito Prato (21.442 euro), Como (20.695

euro) e via via tutte le altre.

"Le province più indebitate - spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - sono quelle che presentano anche i livelli di reddito più elevati. E' chiaro che tra queste famiglie in difficoltà vi sono molti nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli. Tuttavia, la forte esposizione di queste realtà, soprattutto a fronte di significativi investimenti avvenuti negli anni scorsi nel settore immobiliare, ci deve preoccupare relativamente. Altra cosa è quando analizziamo la variazione di crescita dell'indebitamento medio registrato tra il 2002 e il 2009. Al di sopra del dato medio nazionale troviamo molte realtà provinciali del Sud. Ciò sta a significare che questo aumento è probabilmente legato all'aggravarsi della crisi economica che ha colpito soprattutto le famiglie monoreddito con più figli che sono concentrate in particolar modo nel Mezzogiorno".

A vivere con minore ansia la preoccupazione di un debito da onorare nei confronti degli istituti di credito o degli istituti finanziari sono le famiglie sarde, in particolare quelle residenti nelle provincie di Carbonia-Iglesias (7.486 euro), Medio Campidano (7.431 euro) e, infine, Ogliastra (5.784 euro). Il record della crescita del debito delle famiglie avvenuta tra il 1 gennaio 2002 (data dell'introduzione dell'euro) e il 31 dicembre 2009, invece, appartiene alla provincia di Caserta, che in questi 8 anni è stato del +137,4%. Seguono Chieti, con un aumento del 132,1%, Taranto, con +131,3 %, Napoli, con +129,7% e Piacenza, con +129,5%. Chiude la classifica la provincia di Verbano-Cusio-Ossola, con un +45,2%. Sempre in questo periodo la crescita dell'indebitamento medio delle famiglie italiane è quasi raddoppiata: l'incremento è stato del +91,7%. Nello stesso arco temporale, invece, l'inflazione a livello nazionale è cresciuta del 16,6%.

Cgia infine rileva che, rispetto al 31 dicembre 2008, sono solo due le province che hanno visto diminuire il livello di indebitamento delle famiglie: Parma (-137 euro rispetto all'anno prima) e Verbano-Cusio-Ossola (-461 euro).

(14 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-13

EUROPA

Pil di Eurolandia oltre le attese

E la Germania prende il volo

Nel secondo trimestre il Pil aumenta dell'1%, più 1,7% sull'anno. La previsione era dello 0,7%. Berlino in crescita del 2,2%

Pil di Eurolandia oltre le attese E la Germania prende il volo

BRUXELLES - In crescita il Pil nell'Eurozona nel II trimestre 2010: secondo la stima flash dell'Eurostat la crescita si è attestata all'1%, contro la previsione degli economisti allo 0,7%. Su base annua la crescita è stata dell'1,7%. In Italia è stabile a +0,4%.

La locomotiva tedesca archivia un secondo trimestre d'oro. Il pil è cresciuto del 2,2% rispetto al trimestre precedente. Si tratta del maggiore balzo dalla riunificazione del paese. Su base annuale la crescita è pari al 3,7%. Rivisto al rialzo anche il pil del primo trimestre: la variazione congiunturale sale da +0,2% a +0,5%, quella annuale da +1,6% a +2,0%.

Crescita record. La performance economica del secondo trimestre è stata determinata dagli impulsi positivi sia del mercato interno sia di quello estero, spiega l'ufficio statistico federale. "Non c'è mai stata una crescita così forte nella Germania riunificata" sottolinea l'ufficio federale. In particolare, a favorire la crescita sono state la spesa per investimenti e le esportazioni nette. Un contributo positivo è giunto anche dai consumi privati e dalla spesa pubblica. Dopo i numeri della Germania è probabile che il pil del secondo trimestre dell'eurozona, che sarà diffuso oggi, possa risultare superiore all'intervallo di 0,5%/0,8%.

(13 agosto 2010)

 

 

 

FINANZE

Bankitalia: in calo il debito pubblico

A giugno flessione dello 0,28%

ROMA - Cala il debito pubblico italiano. A giugno si è attestato a 1.821,982 miliardi di euro contro i 1.827,105 miliardi di maggio, quando era stato toccato il record. Lo rileva Bankitalia nel Supplemento al Bollettino Statistico dedicato alla Finanza pubblica.

Il debito pubblico italiano, considerato in valore assoluto, scende dunque in un mese dello 0,28% ma si colloca a valori ancora molto sostenuti. A giugno lo stock di debito risulta infatti cresciuto del 3,4% rispetto alla fine del 2009 e del 3,9% rispetto a giugno dello scorso anno. E' da ricordare che il dato diffuso oggi dalla Banca d'Italia riguarda il debito in valore assoluto, e non in percentuale sul prodotto interno lordo; è quest'ultimo il dato valido ai fini del Patto di stabilità europeo.

(13 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-12

Usa, boom sussidi di disoccupazione

male Wall street, in rosso le europee

I dati forniti dal dipartimento del lavoro Usa smentiscono l'ottimismo degli analisti. Aumentano di 2mila unità le istanze per i sussidi ordinari, mentre esplode la richiesta dei sussidi straordinari: la legge amplia gli aventi diritto e da 61mila passano a un milione in una settimana

TOKYO - I timori sulla salute dell'economia americana continuano a tenere sotto pressione le borse mondiali. A maggior ragione dopo i dati sulla disoccupazione Usa, peggiori del previsto. Riporta il Dipartimento del lavoro che nella settimana terminata il 7 agosto, negli Stati Uniti le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione sono salite a 484 mila, con un incremento di 2 mila unità. Gli analisti avevano invece calcolato un calo delle richieste a 465 mila dalle precendenti 479 mila. Da segnalare, poi, il clamoroso boom delle richieste dei sussidi di disoccupazione d'emergenza, saliti in una settimana da circa 61 mila a 1 milione. Un balzo favorito dalla nuova legge che ha ampliato la platea di soggetti idonei a ricevere il sostegno finanziario.

Notizie che avranno i loro evidenti riflessi sull'andamento delle borse, in una giornata apertasi con nuove vendite sulle piazze asiatiche dopo i crolli di ieri in Europa e a Wall Street. Tokyo ha chiuso in calo dello 0,86%, Hong Kong dell'1,44%, Seul del 2,07% mentre Sydney cede l'1,23% e Shanghai l'1,16%. L'indice Msci, principale indicatore per l'area dell'Asia-Pacifico, perde oltre l'1%, facendo lievitare a circa il 4% il calo accumulato nelle ultime quattro sedute.

La Borsa di New York ha aperto in netto calo, alle prima battute il Dow Jones cede 101,41 Punti, pari al meno 0,98 per cento, il Nasdaq cala di 41,23 punti, meno 1,87 per cento e lo Standard & Poor's 500 cede 12,67 punti, meno 1,16 per cento. Dopo una mattinata di incertezza, anche i mercati europei hanno girato verso il rosso. Parigi cede l'1,01% a 3.591,13, Milano lo 0,93% a 20.388,67, Amsterdam lo 0,86% a 322,17, Francoforte lo 0,66% a 6.113,5, Lisbona lo 0,56% a 7.256,73 e Londra lo 0,45% a 5.221,63.

(12 agosto 2010)

 

 

 

La Bce avverte: "Ripresa già rallenta"

Istat, inflazione record dal 2008

Bollettino della Banca Centrale: la crescita resta moderata e discontinua. Pesano l'aggiustamento dei bilanci e le prospettive per il mercato del lavoro. Balzo del costo della vita: a luglio sale all'1,7%

La Bce avverte: "Ripresa già rallenta" Istat, inflazione record dal 2008

FRANCOFORTE - La crescita dell'Eurozona resta moderata e discontinua. Una ripresa frenata dal processo di aggiustamento dei bilanci, in corso in diversi settori, e dalle "prospettive per il mercato del lavoro". Lo scrive la Bce nel suo bollettino mensile, pubblicato a una settimana dalle valutazioni offerte del presidente Jean Claude Trichet 1al termine dell'ultima riunione del direttorio. Non mancano alcune note postive: nel secondo trimestre si è assistito a un "rafforzamento" dell'attività" e "per il terzo si delinea un quadro migliore delle aspettative". Ma l'orientamento generale resta quello della prudenza. Una preoccupazione che ricalca quella della Fed di qualche giorno fa. 2

In Italia balzo record dell'inflazione. Il costo della vita nel mese di luglio sale all'1,7%. Lo comunica l'Istat comunicando che si tratta del rialzo più alto dal dicembre del 2008. I prezzi su base mensile sono aumentati dello 0,4%. Un aumento trascinato dai prezzi dei beni energetici.

Frenata nel lungo periodo. I dati e gli indicatori sull'attività economica, scrive la Bce, "suggeriscono un rafforzamento nel secondo trimestre del 2010" e "per il terzo si delinea un quadro migliore delle aspettative". Sul più lungo periodo la crescita dovrebbe restare però "moderata e ancora discontinuo, a fronte di incertezza".

Le previsioni della crescita del Pil puntano verso il basso, in particolare per il 2012. I rischi sarebbero connessi con l'adozione di piani di risanamento dei conti pubblici e con "le prospettive per il mercato del lavoro". Pesa anche il calo dei consumi privati e degli investimenti pubblici, così come le accresciute tensioni finanziarie, in particolare l'inasprimento dei criteri di erogazione del credito.

Il consiglio direttivo della Bce resta "fermamente impegnato alla stabilità dei prezzi nel medio-lungo termine" e ricorda che tutto l'insieme di misure non convezionali adottate contro la crisi finanziaria e la recessione globale "è pienamente coerente con il mandato del consiglio direttivo e, per come è strutturato, di natura temporanea".

Le previsioni sul Pil. La crescita del pil dell'eurozona in termini reali, secondo le previsioni della Bce, è confermata all'1,1% per il 2010, mentre per il 2011 è stata rivista lievemente al ribasso all'1,4%, dall'1,5% della precedente indagine. Per il 2012 si prevede che il pil cresca dell'1,6% nell'eurozona.

Inflazione confermata. Restano confermate le stime sull'inflazione. La Bce si attende un costo della vita dell'1,4% nel 2010, dell'1,5% nel 2011 e dell'1,7% nel 2012, tutti dati invariati rispetto alla precedente inchiesta relativa al secondo trimestre 2010.

Disoccupazione. Sul mercato del lavoro i previsori dell'eurotower hanno riveduto al ribasso, di 0,2 punti percentuali per il 2010 e di 0,1 punti percentuali per il 2011, le aspettative sul tasso di disoccupazione nell'eurozona, portandole rispettivamente al 10,1% e al 10,2%. Per il 2012 il dato si situa al 9,8%.

Banche. Le banche "devono dimostrarsi capaci di incrementare la disponibilità di credito al settore non finanziario quando aumenterà la domanda". E' quello che scrive la Bce, osservando che "dopo l'espansione registrata per qualche mese nella prima parte dell'anno, le dimensioni dei bilanci bancari complessivi non si sono ulteriormente accresciute". Ove necessario, raccomanda la Bce, per raccogliere la sfida futura del finanziamento alle imprese, le banche "dovrebbero trattenere gli utili, ricorrere al mercato per rafforzare ulteriormente la propria componente patrimoniale o sfruttare appieno le misure di sostegno pubblico a favore della ricapitalizzazione".

Conti pubblici. A causa dell'eccezionale deterioramento dei conti pubblici registrato dall'eurozona negli ultimi due anni, "vi è urgente necessità di attuare strategie credibili di riequilibrio nel medio termine, tese a ristabilire la sostenibilità delle finanze pubbliche e a creare margini di manovra nei bilanci". E' il monito della Bce. "Il perseguimento di traguardi ambiziosi", aggiunge la Banca Centrale, "che una serie di paesi dell'area ha già fissato, si potrebbe rendere necessario laddove i piani correnti non bastino a conseguire l'obiettivo principale di arrestare e invertire l'incremento del rapporto debito/pil".

Istat, inflazione all'1,7%. In Italia l'inflazione a luglio è salita all'1,7%, accelerando rispetto al +1,3% di giugno. Lo comunica l'Istat confermando le stime preliminari e sottolineando che si tratta del rialzo più alto dal dicembre del 2008. L'istituto precisa che su base mensile i prezzi sono aumentati dello 0,4%. La ripresa dell'inflazione risulta trascinata dai prezzi dei beni energetici (+5,3% su anno, +0,8% su mese).

Il prezzo della benzina verde a luglio è salito del 8,9% annuo, accelerando rispetto al +6,9% segnato a giugno; mentre si è registrato un incremento dello 0,8% su base mensile. Quanto al gasolio per auto si evidenzia un rialzo tendenziale del 13,2% (+13,3% a giugno), invece il congiunturale è calato dello 0,3%. Sono questi i dati definitivi sul tasso di inflazione a luglio.

(12 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-06

Rallenta l'occupazione Usa

le Borse europee affondano

I dati sul lavoro in calo portano a un'ondata di vendite a Wall Street e anche le piazze europee chiudono in rosso. L'oro ai massimi dal 16 luglio, mentre il dollaro scivola a 1,33 contro l'euro

di LUCA PAGNI

Rallenta l'occupazione Usa le Borse europee affondano

MILANO - Chiusura di fine settimana all'insegna dei ribassi per le Borse europee. Un calo che si è concretizzato nel pomeriggio, dopo la diffusione dei nuovi dati sulla disoccupazione negli Stati Uniti. Con un calo che si è accentuato nel finale, quando Wall Street è stata bersagliata dalle vendite ed ha subito un crollo fino a perdere oltre un punto percentuale. A convincere gli operatori alla speculazione al ribasso sono stati i numeri del mercato del lavoro: gli occupati a luglio sono diminuiti di 131.000 unità dopo il calo di 221.000 del mese precedente, superando ampiamente la flessione di 65.000 unità prevista dagli economisti. Un dato che ha alimentato le preoccupazioni di chi è scettico sulla consistenza della ripresa economica negli Stati Uniti.

In realtà, è opinione prevalente che il mercato, dopo la corsa al rialzo dei listini iniziato ai primi di luglio, sia entrato in una fase incerta. Anche perché è giunta al termine la stagione estiva dedicata alle trimestrali, facendo così mancare una spinta speculativa. La conferma non si potrà che avere nel corso della prossima settimana. Intanto, come ulteriore conseguenza ai timori l'oro ha toccato i massimi dal 16 luglio scorso a 1.206,35 dollari l'oncia sulla piazza di Londra. Non solo: il dollaro è scivolato a 1,33 contro l'euro e i tassi pagati dai titoli di stato americani a due anni per la prima volta sono scesi sotto lo 0,50%.

Sui listini europei la seduta si è conclusa in profondo rosso. A Londra l'indice Ftse ha ceduto lo 0,62% a 5.332,39 punti. A Milano il Ftse Mib è sceso dell'1,03%, a Francoforte il Dax ha perso l'1,17% a 6.259,63 punti e a Parigi il Cac 40 è calato dell'1,28% a 3.716,05 punti.

A Piazza Affari, il titolo del giorno è stato Fonsai,. Per il gruppo assicurativo controllato dalla famiglia Ligresti, c'è stato un netto rimbalzo (+4,67% a 8,52 euro) all'indomani della presentazione dei conti che hanno presentato un "rosso" inferiore alle attese. Tra le poche blue chip a essersi salvata dal naufragio anche Unipol (+0,96% a 0,67 euro), Mediolanum (+0,38% a 3,3 euro) e, soprattutto, Telecom Italia (+1,59% a 1,021 euro) dopo il calo della vigilia.

Le vendite si sono accanite in particolare su Tenaris (-3,46% a 14,5 euro) dopo i conti. Prese di beneficio su Geox (-3,39% a 4,27 euro), mentre tra i bancari soffrono Intesa SanPaolo (-2,14% a 2,5 euro), Bpm (-1,93% a 4,05 euro) e Ubi (-1,87% a 8,1 euro).

Male Luxottica che ha ceduto oltre il 2%, mentre Parmalat (-1,77%) paga la seduta negativa dell'alimentare in cui Unilever arretra del 2,7% colpita dal taglio a "neutral" arrivato da Ubs dopo i conti. Fuori dal listino principale, boom di Olidata (+12,9% a 0,47 euro) e di Diasorin (+6,16% a 31,8 euro): entrambe hanno comunque smentito le indiscrezioni di stampa relative a due possibili Opa da parte, rispettivamente, del fondo Kkr e di Acer Europe.

(06 agosto 2010)

 

 

 

 

 

ENTI LOCALI

L'allarme della Corte dei Conti

"Debiti dei Comuni alle stelle"

L'indebitamento, stando ai dati resi noti dai magistrati contabili, supera i 62 miliardi. Cresce il numero delle amministrazioni locali con squilibri economico finanziari. Il debito pro-capite per i cittadini è di 1.300 euro

L'allarme della Corte dei Conti "Debiti dei Comuni alle stelle"

ROMA - Allarme della Corte dei Conti per l'indebitamento degli enti locali. "Il ricorso dell'indebitamento è in forte crescita, specie nei Comuni" avverte la magistratura contabile precisando che il debito finanziario dei Comuni supera i 62 miliardi. Aumenta inoltre il numero di amministrazioni locali che presentano "squilibri economico finanziari", dice ancora la Corte dei Conti, precisando che il debito finanziario "cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle Province che raggiunge quasi 11,5 miliardi". Gli enti in disavanzo nel 2008 sono di numero crescente (da 63 a 82 enti) rispetto agli esercizi precedenti e "l'ammontare del disavanzo complessivo aumenta di oltre il 20% - si legge nella relazione -. La situazione non appare nel complesso incoraggiante, risultando in aumento gli enti interessati e le situazioni di alcuni di essi appaiono allarmanti".

Il debito per i cittadini. Ammonta a 1.300 euro a testa il debito che grava sulla testa dei cittadini per gli impegni contratti da Comuni e Province. Dai dati della Corte dei Conti emerge che il debito finanziario dei Comuni, che nel 2008 viene stimato in 62,202 miliardi (+0,55% sul 2007), "grava sulla popolazione residente per quasi 1.100 euro pro-capite ed incide sul Pil per il 3,97%" dice la magistratura contabile precisando che il debito finanziario delle Province pesa invece per 200 euro a testa e rappresenta lo 0,75% del Pil. "Considerate, in termini a-tecnici, le entrate correnti quali una sorta di prodotto interno lordo dell'ente, l'incidenza media del debito per i Comuni è di oltre il 120% e per le Province del 113,57%" si legge ancora nella relazione.

Rallenta aumento di spesa. "Le spese complessive (al netto di una operazione contabile tra Stato e Regioni) sono cresciute nell'anno dello 0,8% (contro il 7% dell'esercizio 2008) - spiegano i magistrati contabili -. Le spese correnti permangono in crescita (+2,6%), ma con una dinamica più contenuta rispetto al biennio precedente. Nell'ambito della spesa corrente la maggior crescita si registra nella spesa per consumi intermedi (+4,7), mentre diminuisce la spesa per interessi. Diminuisce la spesa in conto capitale, con una flessione di poco meno del 10% per il venir meno di alcune poste straordinarie. Le entrate regionali (anch'esse al netto della regolazione contabile Stato-Regioni) aumentano del 2,3%, ma il risultato è in gran parte riconducibile al significativo aumento dei trasferimenti, poiché le altre voci di entrata sono, invece, in decremento rispetto al 2008". Sono 12, infine, stando ai dati della Corte dei Conti, le Regioni a statuto ordinario che hanno rispettato i limiti del patto di stabilità: "Una sola Regione, la Puglia, non ha rispettato il patto nei due saldi, 2 regioni, la Campania e il Molise non hanno rispettato i limiti del saldo di cassa. Tutte le Regioni a Statuto speciale hanno rispettato i limiti del patto di stabilità, tranne la Sicilia con riguardo al saldo di cassa".

Sanità pubblica voce che incide di più. "La sanità pubblica è il settore che incide maggiormente sulla finanza regionale assorbendo circa il 73% delle risorse. La dinamica di crescita della spesa corrente per il Servizio Sanitario Nazionale che nel periodo 2000-2005 è risultata molto spinta, subisce un rallentamento nel 2009 (+0,4%) - proseguono i magistrati contabili -. Il patto per la salute prevede misure di contenimento della spesa per il personale e per l'assistenza ospedaliera, anche attraverso il ridimensionamento della rete ospedaliera. Nel 2009 il rapporto tra i costi complessivi del SSN e il Pil si è attestato al 7,2%, mantenendo il trend di crescita degli ultimi quattro anni. Gli incrementi dei costi sono superiori a quelli dei ricavi, per cui continuano a registrarsi disavanzi che si concentrano nell'area Centro Sud".

In 20 anni 442 enti in dissesto finanziario. Tra il 1989 e il 1 aprile 2010 sono 442 gli enti locali che hanno dichiarato il dissesto finanziario. La magistratura contabile evidenzia tuttavia che il maggior numero di dichiarazioni di dissesto è avvenuto proprio a ridosso degli anni dell'entrata in vigore della relativa legge (1989) mentre dal 1998 non si sono mai avuti più di 5 dissesti l'anno. Negli oltre 20 anni presi in considerazioni il numero nettamente preponderante di dissesti finanziari si è avuto un Calabria e Campania, con un totale di 127 e 113 dissesti in 22 anni. Nella Campania sono inclusi i dissesti di una provincia e di alcuni comuni. Nel 2010, fino ad aprile, erano 2 gli enti in dissesto nel Lazio, uno in Molise uno in Campania.

Al primo aprile 2010 sono 24 gli enti in dissesto per i quali non è stato ancora presentato un piano di estinzione delle passività.

(06 agosto 2010)

 

 

 

Pil, +0,4% nel secondo trimestre

Su anno aumento dell'1,1%

I dati preliminari mostrano il valore migliore dal 2007, quando l'aumento era stato dell'1,5%. La crescita acquisita per il 2010 è dello 0,8%

Pil, +0,4% nel secondo trimestre Su anno aumento dell'1,1%

ROMA - Pil in forte aumento nel secondo trimestre dell'anno, con una crescita record dal 2007. Nel periodo aprile-giugno, comunica l'Istat, il prodotto interno lordo è aumentato dell'1,1% rispetto agli stessi tre mesi dell'anno scorso, un incremento che non si raggiungeva dal terzo trimestre del 2007 (+1,5%). Nel confronto con gennaio-marzo, invece, la crescita è stata dello 0,4%, come nel primo trimestre dell'anno.

"L'aumento congiunturale del Pil è il risultato di un aumento del valore aggiunto dell'industria e dei servizi e di una diminuzione del valore aggiunto dell'agricoltura", spiega l'Istat. Il secondo trimestre del 2010 ha avuto una giornata lavorativa in più sia rispetto al trimestre precedente sia rispetto al secondo trimestre 2009. La crescita acquisita per il 2010 è pari a 0,8%.

Nel secondo trimestre, ricorda l'Istat, il Pil è aumentato in termini congiunturali dell'1,1% nel Regno Unito e dello 0,6% negli Stati Uniti. In termini tendenziali, il Pil è aumentato del 3,2% negli Stati Uniti e dell'1,6% nel Regno Unito.

(06 agosto 2010)

 

 

INCHIESTA ITALIANA

Quando il risparmio fa crac

venti miliardi andati in fumo

Tanto hanno perso i "bot-people", dall'Argentina alla Parmalat. Un milione gli investitori traditi, il muro delle banche. Solo il 26% è stato rimborsato

di ETTORE LIVINI

Quando il risparmio fa crac venti miliardi andati in fumo Un gruppo di risparmiatori davanti al tribunale del processo Parmalat

* ''Io, truffata dai Tango Bond''

video

IL VIDEO

Un milione di italiani coinvolti. E 20 miliardi di risparmi (a volte tutti quelli messi da parte in una vita di lavoro) andati in fumo. La contabilità dei danni patiti dagli ex-Bot-people per gli scandali e i crac finanziari di inizio millennio è un numero, purtroppo, in continua evoluzione. L'Argentina ha quasi chiuso la scorsa settimana le sue pendenze con l'ultimo drappello dei 440mila investitori tricolori travolti dal default dei Tango Bond di Buenos Aires restituendo loro il 35% di quanto avevano investito. Decine di migliaia di ex azionisti Giacomelli, Finmatica e Parmalat conservano ancora nei loro conti in banca titoli diventati carta straccia. Normale amministrazione in un paese dove l'educazione finanziaria è vicina allo zero, i debiti non li onora nemmeno lo Stato (vedi i bond Alitalia rimborsati al 70,9%) e dove gli ex-obbligazionisti della Finmek - per sperare di rivedere qualche centesimo dei 150 milioni versati nelle casse del gruppo - dovranno aspettare l'esito delle cause con le banche: prima udienza fissata nel 2017.... Il bilancio di questo Monòpoli a perdere è nei numeri: i risparmiatori italiani, orfani delle super-cedole dell'era della lira, hanno perso l'orientamento. Traditi dal miraggio di rendimenti da sogno, da truffatori di professione e da consulenti interessati hanno puntato dal 2000 ad oggi 27 miliardi su aziende e Stati finiti poi ko. E ad oggi sono riusciti a rientrare solo del 26% circa del capitale che avevano investito. C'è la speranza di recuperare ancora qualcosa? Qual è stato il ruolo, nel bene e nel male, delle banche e dei consulenti? E la durissima lezione degli ultimi dieci anni, almeno, è servita a qualcosa?

LA CLASSIFICA DEI RIMBORSI

Carta canta. Argentina e Parmalat, le due Caporetto del risparmio italiano (560mila persone e 21 miliardi in ballo) sono i casi in cui, alla fine, si è perso di meno. La doppia offerta di Buenos Aires ha garantito poco più di un terzo del capitale. Chi non ha accettato, ha ora davanti un iter giudiziario ad ostacoli ancora alle prime battute. La cura di Enrico Bondi non ha potuto salvare gli azionisti Parmalat ma ha regalato ai titolari di bond di Collecchio - travolti dal buco da 14 miliardi - un rientro forse inatteso. Il rilancio industriale del gruppo ha consentito di trasformare i loro bond in azioni. Le transazioni da 2 miliardi chiude hanno fatto correre i titoli. E oggi i "sopravvissuti" ai Tanzi hanno recuperato - dividendi compresi - quasi il 40% dei loro quattrini.

Un po' più lento è stato l'iter del gruppo Cirio. I tre commissari hanno venduto attività per circa 390 milioni, di cui 325 sono già stati girati ai risparmiatori che avevano comprato bond da Sergio Cragnotti per 1,15 miliardi. Delle sette emissioni, tre sono state rimborsate con percentuali tra il 6,25% e il 50%. "E due altre restituzioni sono ormai in rettilineo d'arrivo - assicura il Commissario Luigi Farenga - in attesa dell'appello sulla sentenza che ha obbligato Capitalia, ora Unicredit a risarcirci per 300 milioni".

I GUAI DEI PICCOLI

Il discorso è diverso per i crac minori, quelli "fuori dai riflettori della pubblica opinione", come li chiama Gianluca Vidal, commissario straordinario della Finmek. Qui di polpa da vendere ne resta poca, le cause sono più difficili da seguire. E i rimborsi si misurano con il contagocce. Giacomelli, per dire, ha portato in libri in tribunale con pochissime attività da vendere visto che dei suoi negozi di articoli sportivi controllava solo i marchi. I curatori hanno recuperato 25 milioni da una transazione con Deloitte, piazzato a prezzi di realizzo qualche piccolo asset. "Ma di soldi per ora zero", si lamenta Ernesto Falcone che in tasca si trova 6mila euro di bond del gruppo. "E zero rimarranno anche secondo noi" scommette Marco Elser, socio fondatore di Advicorp, società italo-inglese che fa un po' da punto di riferimento per i valori dei cosiddetti titoli-spazzatura. "Il motivo è semplice - spiega Vidal - . Quando queste piccole aziende stanno per fallire, le prime spese che non pagano sono le tasse e il Tfr. Fisco e dipendenti sono creditori privilegiati. E così gli obbligazionisti arrivano di solito per ultimi". E restano spesso, alla fine, con un pugno di mosche in mano. Per molti un disastro umano: "Una pensionata di 89 anni mi ha scritto che non poteva più mangiare perché aveva perso tutti i suoi risparmi, 15mila euro, con i bond Finmek - continua Vidal - . Ma io non posso farci niente. Ho fatto causa alle banche e non ho il coraggio di dirle che la prima udienza è nel 2017!". "È il solito problema italiano: la giustizia è troppo lenta", conferma Antonio Passantino, alla guida del fallimento Finmatica, ex star della new economy caduta dalle stelle alle stalle per distrazioni in bilancio. Lui ai risparmiatori ha restituito il 7% ma una nuova tranche "arriverà entro qualche mese". E per Elser il recupero finale sarà tra il 15 e il 20%.

I crac di Serie B, insomma, sono figli di un Dio minore. "Noi non siamo mai stati ricevuto da un curatore fallimentare pagato profumatamente - dice Marcello Gualtieri, rappresentante degli obbligazionisti Finpart - . Non è stato emesso un comunicato per spiegarci cosa stava succedendo, nemmeno con un sito internet". Anche se, magra consolazione, lui e i suoi soci hanno già recuperato il 15% del capitale investito.

IL RUOLO DELLE BANCHE

Luisa Riffaldi Cambieri, 80 anni, una vita di lavoro alle Generali in Piazza Cordusio a Milano, ha un sorriso amaro: "Ho vissuto la guerra, ho passato anni a tirare la cinghia. Poi, alla fine, a rovinarmi la vita è stata l'ultima persona che mi aspettavo: il mio banchiere di fiducia". "Sono stata cliente dal '52 della stessa agenzia sotto casa mia, in Porta Romana - continua - . Dieci anni fa, quando io il mio povero marito abbiamo ritirato la liquidazione, siamo andati a chieder consiglio a loro su come investirla. Di chi altro dovevamo fidarci?". Con il senno di poi è facile a dirsi: di chiunque altro. "Tutti i miei risparmi, 33mila euro, sono stati investiti in bond Parmalat. I 25mila euro messi da parte da mio marito dopo una vita alla saldatrice, sono finiti in titoli Argentini. E badi bene che avevo detto di non esser golosa di rendimenti alti". Più bassi di così, in effetti, è difficile. La signora Luisa oggi ha in tasca circa 6mila euro di azioni di Collecchio ("se non avessi 80 anni andrei ad aspettare Tanzi sotto casa con il bastone...") e un bond di Buenos Aires che verrà pagato nel 2038. "Quando avrò 108 anni!".

È stata imprudente lei o è stata mal consigliata dalla banca? "La verità è che il mondo bancario ha i suoi interessi e negli ultimi anni ha piazzato titoli ad alto rischio a investitori sprovveduti", dice forte della sua esperienza Antonio Passantino, il liquidatore di Finmatica. La vecchia Popolare Lodi regalava auto di lusso agli impiegati che riuscivano a collocare più bond del gruppo. "Per un bel po' di tempo abbiamo venduto solo polizze, certificati di investimenti e altre invenzioni finanziarie con un'unica costante: realizzare commissioni al 10% per la banca", ha ammesso "Un bancario in crisi" in una lettera a Il Sole 24 Ore pochi mesi fa.

Generalizzare, naturalmente, è un errore. Ci sono banche che hanno fatto bene il loro mestiere, altre meno. Ma qualche problema c'è, se come ricorda Elio Lanutti - parlamentare Idv e presidente della commissione finanze del Senato - "sul sito di Patti chiari, il portale voluto dalle stesse banche per garantire trasparenza e informazioni ai consumatori, i bond Lehamn sono rimasti nella categoria dei titoli a basso rischio anche dopo il crac della banca Usa".

LA STRADA (IN SALITA) DELLE CAUSE

Le banche, forse con un po' di coda di paglia, hanno provato a metterci una toppa. Già dal 2005 hanno aperto tavoli di conciliazione con i propri clienti, esaminando caso per caso se erano stati venduti prodotti finanziari a rischio senza adeguate informazioni. Dati ufficiali non ce ne sono, ma le indiscrezioni parlano di circa 30mila richieste di rimborso, accolte più o meno nel 50% dei casi con la restituzione di cifre comprese in media tra il 20 e l'80% del capitale investito. Dopo Lehman e Islanda in molti hanno preferito rimborsare, spesso al 100%, sofisticate polizze index-linked e altri prodotti strutturati la cui caratteristica principale, dal punto di vista del venditore, era il margine di guadagno altissimo. "Qualche volta gli istituti sono arrivati a ribaltare le carte in tavola - accusa Lanutti - . Come su Argentina e Parmalat dove si sono inventati "task force" per aiutare le cause dei risparmiatori contro Buenos Aires e Collecchio solo per evitare quelle contro di loro".

L'Italia del resto, come testimonia la nostra ingloriosa leadership europea per numero di vittime di Argentina e Lehman, è un paese a basso tasso di consapevolezza finanziaria. Incapace non solo di prevenire i guai ma pure di affrontarli quando capitano. Alle banche, come ai medici, si crede quasi per fede. E pochissimi, non a caso, hanno scelto la strada del muro contro muro, chiedendo loro risarcimenti per vie legali dopo essere stati travolti dai crac.

"La causa individuale costa troppo", ammette Carlo Federico Grosso, rappresentante del Comitato di 32mila correntisti di Intesa SanPaolo che si sono costituiti parte civile nei processi Parmalat incassando già 75 milioni. "A me hanno chiesto 600 euro solo per aprire la pratica, si figuri", dice la signora Luisa. Lo stesso Ombudsman bancario, l'organismo incaricato di trovare una conciliazione tra banche e risparmiatori su queste questioni, ha affrontato negli ultimi anni circa 4mila casi ogni dodici mesi, una goccia nell'oceano dei truffati. Oggi poi, grazie alle firme in calce alla voluminosa (e spesso illeggibile) documentazione informativa imposta dalle nuove norme della Mifid per testimoniare l'avvenuta informazione, le banche hanno ridotto quasi a zero i rischi di contenzioso.

L'ARMA SPUNTATA DELLA CLASS ACTION

La Mifid non è l'unica eredità normativa tricolore della stagione degli scandali. L'altra, in teoria più importante, è la nuova legge sulla class action. L'arma letale con cui - da Erin Brockovich in poi - i risparmiatori Usa hanno vinto le loro epiche battaglie contro i responsabili dei crac di inizio millennio. I vantaggi della causa collettiva - che nel solo caso Enron, per dare un'idea, ha consentito di recuperare da banche d'affari e società di rating varie 7,6 miliardi di dollari - sono chiari: tutti i presunti danneggiati si uniscono in un'unica grande azione legale coordinata da figure esperte e autorizzate. Risultato: si dividono le spese e la massa d'urto per far valere le proprie ragioni è decisamente superiore. Il potenziale è enorme. Se tutti i risparmiatori europei travolti da Enron, Tyco, Lehman e Bear Stearns varie si fossero uniti alle cause Usa avrebbero recuperato 3,6 miliardi in più, calcola il Think tank inglese Goal.

Peccato che la class action all'italiana, come spesso accade da noi, sia nata zoppa. Se non altro perché non prevede la retroattività. L'azione è possibile solo per fatti avvenuti dopo il 16 agosto 2009. Salvando così i responsabili dei crac Parmalat, Cirio & C. "Senz'altro è uno strumento utile", ammette Elser anche se "ci vorrà del tempo per riuscire a capire come farlo funzionare", dice Grosso. La legge però - dicono gli esperti - lascia molte aree grigie sulla sua applicabilità per reati legati ai crac finanziari. Toccherà così ai singoli tribunali valutarne le possibilità d'applicazione. E se il buongiorno si vede dal mattino, il cammino sarà in salita: la prima class action tricolore - una causa varata da Codacons contro IntesaSanpaolo sulle commissioni di massimo scoperto - è stata bocciata come inammissibile. La via crucis dell'armata Brancaleone del risparmio tradito nel Belpaese, purtroppo, non è ancora finita.

(06 agosto 2010)

 

 

2010-08-05

LAVORO

Cig, nuovo balzo a luglio: +9,8%

I sindacati: "Il 2010 sarà un anno record"

Più 28,4% rispetto a un anno fa. L'Inps parla di "lieve" aumento, Cgil e Cisl invece considerano i dati "molto preoccupanti": "E' il boom della cig straordinaria che rischia di essere l'anticamera dell'uscita dal lavoro"

Cig, nuovo balzo a luglio: +9,8% I sindacati: "Il 2010 sarà un anno record" La protesta degli operai Eurallumina (450 in cassa integrazione) davanti alla Regione Sardegna

ROMA - A luglio torna a correre la cassa integrazione. Le richieste di cig sono aumentate del 9,8% rispetto a giugno, cancellando così i cali dei precedenti mesi. L'incremento rispetto a un anno fa è stato del 28,4% con una cifra assoluta di 113,7 milioni di ore di cassa autorizzate. Ai dati, come quasi sempre è avvenuto nell'ultimo anno, Inps e sindacati danno letture quasi opposte. Secondo l'istituto di previdenza si tratta di un rialzo "lieve", " del tutto attribuibile al boom della cassa integrazione straordinaria (+26,3%)" e in linea con la "dinamica stagionale". Per i rappresentanti dei lavoratori, invece, il 2010 finirà per essere un anno di cig record con scenari allarmanti per l'occupazione.

Passando al dettaglio, a luglio si sono registrate 27,7 milioni di ore di cig ordinaria (-48,6% su anno), 52,4 milioni per la straordinaria (+178,1%) e 33,6 milioni per quella in deroga (+113,8%). Rispetto a giugno, le domande di cig ordinaria sono cresciute di poco (+1,6%), mentre sono calate quelle per la cig in deroga (- 3,4%). In calo, infine, le domande di disoccupazione (-4,2% rispetto al luglio 2009) e quelle per mobilità (-9%).

Antonio Mastrapasqua, presidente dell'Inps, ritiene l'andamento della cig in linea con quanto accaduto l'anno scorso: "Anche per i dati tendenziali si confermano i trend ormai stabilizzati - dice - : progressiva contrazione delle richieste di cig ordinaria e aumento quasi speculare delle domande di cassa integrazione straordinaria; a conferma che l'elasticità del sistema sta garantendo una protezione efficace al mondo del lavoro".

Ben altra aria si respira nel fronte dei sindacati: "La Cig - dice Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil - cresce esponenzialmente, siamo oltre i 700 milioni di ore e il 2010 sarà, a tutti gli effetti, l'anno record per la cassa integrazione. Oltretutto, rispetto all'anno scorso c'è una caratteristica di fondo che aggrava la situazione: la Cig si sta in gran parte spostando sulla straordinaria, ovvero l'anticamera dell'uscita dal lavoro.

Questa è la realtà che non ha bisogno di falso ottimismo ma di politiche di sviluppo che evitino lo scivolare di questa enorme platea di lavoratori verso la disoccupazione. Politiche che mancano totalmente nella manovra e nelle politiche del governo".

I dati di luglio sono "molto preoccupanti" anche per Giorgio Santini della Cisl: "Anche se vanno evitate drammatizzazioni eccessive - dice il segretario confederale - è fonte di grande preoccupazione per il futuro dell'occupazione il livello molto alto dello stock di cig toccato a luglio, nonostante che l'attività produttiva abbia dato chiari segnali di ripresa. Sotto questo profilo è davvero preoccupante che siano proprio i settori produttivi, industria e artigianato, a segnare l'incremento di Cig più forte, oltre il 17%, rispetto a giugno".

(05 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-04

CRISI

Gli italiani risparmiano sull'auto

Nel 2009 spesa in calo del 2,3%

I dati dell'Aci registrano, per quella che è la terza voce di spesa per le famiglie, la prima diminuzione dal 1990. In calo anche il prelievo fiscale sui veicoli. Crescono con gli incentivi le vetture in circolazione, ma si taglia su assicurazioni e carburante

Gli italiani risparmiano sull'auto Nel 2009 spesa in calo del 2,3%

ROMA - Gli italiani spendono meno per la loro auto. Nel 2009, per la prima volta dal 1990, la spesa per l'acquisto e l'utilizzo dell'automobile è di circa 165 miliardi di euro, -2,3% rispetto al 2008. Lo evidenzia l'Aci nel suo annuario statistico 2010, nel quale sottolinea il contemporaneo aumento delle auto in circolazione che raggiungono quota 36.371.790 unità (+265mila unità rispetto al 2008). Si è anche ridotto - rileva l'Aci - il prelievo fiscale per tutti i veicoli: nel 2009 sono stati versati nelle casse del fisco 57,5 miliardi, -5,6% sul 2008.

Terza voce di spesa dopo casa e alimenti. Come fa notare l'Aci, quella per l'automobile è la terza voce di spesa per le famiglie italiane, dopo la casa e l'alimentazione. Il prelievo fiscale incide per circa un terzo. Per quanto riguarda le voci più consistenti della spesa, al primo posto c'è l'acquisto: 58 miliardi di euro (+0,4%). In calo la spesa per la RC auto, che è stata di circa 15,7 miliardi di euro (-3,4% rispetto al 2008) e soprattutto quella relativa ai carburanti: 40 miliardi di euro (-10%), su cui ha inciso un prelievo fiscale del 59%.

In merito a quest'ultima voce, rileva l'Aci, si sceglie sempre di più il 'fai da te', mentre si sfrutta al meglio la concorrenza nella RC auto cambiando compagnia anche a ogni rinnovo. "Ulteriori risparmi - sottolinea il presidente dell'Aci, Enrico Gelpi - potrebbero venire da una tassazione più equa. Il bollo deve tornare ad essere bollo di circolazione, pagato in proporzione ai chilometri percorsi e in base alle emissioni di CO2".

Se diminuisce la spesa per Rc Auto e carburanti, aumenta invece quella per l'acquisto, svettata a 58,2 miliardi di euro (+0,4%). Aumenta anche l'esborso per la manutenzione, a 25,4 miliardi (+2%), per i pneumatici (7,3 miliardi,+0,2%), per i parcheggi (8,1 miliardi,+1%) e per la tassa automobilistica (5,5 miliardi,+0,5%). L'ultimo posto della classifica per voce di spesa sostenuta è occupato dai pedaggi autostradali con 4,1 miliardi (+0,8%).

Più auto in circolazione. Cala la spesa complessiva, aumentano però le auto in circolazione: nel 2009 raggiungono quota 36.371.790 unità. Nelle città si nota, tuttavia, una diminuzione del parco veicoli. Se nel 1985, infatti, il numero delle auto circolanti negli otto comuni più grandi rappresentava il 18% del totale, nel 2009 si scende al 13,5%. Solo a Firenze e Napoli risulta una leggera crescita.

La spinta degli ecoincentivi. Gli ecoincentivi - sottolinea l'Aci - hanno funzionato, facilitando lo svecchiamento del parco auto e andrebbero riproposti per evitare la crisi del settore. Nel 2009 su circa 1,9 milioni di autovetture "radiate", poco più di un milione (il 52%) erano "Euro 0" ed "Euro 1". Ciononostante, in Italia circolano ancora 7,3 milioni di auto (il 20% del totale) "euro 0" o "euro 1". L'età media delle auto è di circa 7 anni e 11 mesi. Il 37% delle auto in circolazione ha più di 10 anni di vita, con una quota di non catalizzate (le "euro 0") pari al 13% del totale.

(04 agosto 2010)

 

 

 

ENERGIA

Elettricità, consumi record a luglio

il "botto" a mezzogiorno del 16

I dati di Terna: la domanda di energia è cresciuta del 3,6% rispetto a giugno e del 5,4% rispetto allo stesso mese del 2009. L'85% della richiesta soddisfatto con la produzione nazionale

Elettricità, consumi record a luglio il "botto" a mezzogiorno del 16 Unimpianto a energia solare. La produzione da fonti rinnovabili è in aumento anche in Italia

ROMA - Crescita record per i consumi elettrici a luglio. Secondo Terna, la quantità di energia elettrica richiesta in Italia è aumentata del 5,4% a luglio rispetto allo stesso mese del 2009, toccando quota 31,5 miliardi di kWh. Si tratta del massimo aumento segnato nel corso dell'anno dai consumi elettrici. Decisiva è stata la giornata di venerdì 16 luglio: a mezzogiorno in punto, come se tutti i condizionatori d'aria fossero entrati in funzione, il consumo di elettricità ha superato dell'8,8% il valore registrato alla punta del corrispondente mese del 2009. Terna informa, inoltre, che nei primi sette mesi del 2010, la domanda di energia elettrica ha avuto un incremento del 2,5% rispetto al corrispondente periodo del 2009; a parità di calendario il risultato è invariato.

Il calcolo, spiega Terna, è stato fatto tenendo conto degli effetti della temperatura, superiore di mezzo grado centigrado, e di una giornata lavorativa in meno (22 rispetto a 23) rispetto a luglio 2009. Fatta la tara, afferma Terna, "la variazione della domanda di luglio 2010 diventa +5,3%. A livello territoriale, la variazione tendenziale di luglio 2010 è ovunque positiva ma differenziata sul territorio nazionale: +7,7% al Nord, +5,2% al Centro, e +1,3% al Sud".

In termini congiunturali, a luglio la domanda di energia elettrica è cresciuta del 3,6% rispetto a giugno. Quanto alla fornitura, l'85% della domanda è stata soddisfatta con la produzione nazionale e per il restante 14,2% con energia scambiata con l'estero. Nel dettaglio, la produzione nazionale netta di elettricità è aumentata del 4,9% (a 27,3 miliardi di kwh) rispetto al luglio 2009. Sono in crescita le fonti di produzione termica (+11,1%), eolica (+6,3%) e fotovoltaica (+10,1%). In flessione le fonti idroelettrica (-14,6%) e geotermoelettrica (-3,5%).

(04 agosto 2010)

 

2010-08-03

BANKITALIA

Famiglie italiane, crescono i debiti

a incidere sono soprattutto i mutui

Nel 2009 si è arrivati a sfiorare i 900 miliardi di euro con un incremento

dell'1,8% rispetto all'anno precedente. Calano invece le attività

Famiglie italiane, crescono i debiti a incidere sono soprattutto i mutui Mario Draghi, il governatore della Banca d'Italia

ROMA - I debiti delle famiglie italiane sono cresciuti nel 2009, sfiorando nel complesso i 900 miliardi di euro. Il dato è contenuto nel periodico supplemento al Bollettino statistico della Banca d'Italia, diffuso oggi. Secondo Bankitalia, il debito delle famiglie (incluse le istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie) nel 2009 è aumentato dell'1,8% rispetto all'anno precedente e a incidere sul bilancio di casa sono stati soprattutto i mutui.

Nei primi tre mesi del 2010, i debiti risultano aumentati ulteriormente del 3% su base annua, passando da 773,218 a 797,611 miliardi di euro, con una crescita reale di 24,330 miliardi. Quanto al peso dei mutui, è salito nei primi mesi del 2010 del 2,6%, da 599,947 a 615,782 miliardi di euro (+15,835 miliardi).

In termini assoluti, il debito 2009 ha raggiunto gli 893,886 miliardi di euro contro gli 877,996 del 2008. Il bollettino registra invece un calo delle attività che si sono attestate l'anno scorso a 3.604.061 miliardi rispetto ai 3.527.120 miliardi dell'anno precedente.

Sulla crescita dei debiti ha inciso anche il credito al consumo. Infatti, i prestiti a breve termine, sempre su base annua, sono lievitati da 55,803 a 61,307 miliardi di euro (+5,504 miliardi), mettendo a segno un aumento del 9%. Tornando al totale, il rialzo delle passività nel primo trimestre di quest'anno è stato così superiore a quello registrato nel 2009, che aveva visto i debiti salire dell'1,8%.

(03 agosto 2010)

 

 

 

Crolla la produttività del lavoro

negli ultimi anni un calo del 2,7%

Nell'ultimo trentennio la crescita media era stata bassa, ma dal 2007 al 2009 c'è stata una drastica riduzione. Il settore che ha inciso di più in negativo è quello delle costruzioni

ROMA - La produttività del lavoro italiano è diminuita, negli ultimi anni, di quasi tre punti percentuali. Lo rileva l'Istat che oggi ha reso note le serie storiche riferite a diverse misure di produttività per il trentennio 1980-2009. Nel periodo preso in esame, la produttività è cresciuta a una media annua dell'1,2% e già nell'ultimo decennio il suo valore è passato in negativo dello 0,5%. Ma nel periodo 2007-2009, anche in presenza di una sensibile caduta del monte ore lavorato, la produttività ha fatto registrare una caduta del 2,7% medio l'anno.

Per quanto riguarda invece la produttività totale dei fattori (ptf), l'Istat spiega che negli anni 1980-2009 è cresciuta dello 0,4 per cento in media annua, a fronte di un incremento dell'1,4 per cento del valore aggiunto e dello 0,9 per cento degli input produttivi (lavoro e capitale). Con riferimento agli anni più recenti, nel periodo 2000-2009 la ptf ha registrato una flessione (-0,9 per cento in media d'anno), imputabile a un andamento negativo del valore aggiunto (-0,2 per cento) e a una evoluzione positiva degli input produttivi (crescita media annua pari a 0,8 per cento).

Anche nel caso della ptf, a partire dal 2000 si evidenziano tre fasi in cui la dinamica presenta andamenti differenziati: un andamento negativo negli anni 2000-2003 (-1,3 per cento in media d'anno), una dinamica moderatamente positiva negli anni 2003-2007 (0,6 per cento in media annua) e una decisa riduzione nel periodo 2007-2009 (-3,4 per cento in media d'anno).

Il calo della produttività nel periodo 2000-2009 riflette tassi di crescita negativi in tutti i settori ad eccezione di agricoltura, silvicoltura e pesca (+0,7% in media annua). Particolarmente marcata è risultata la diminuzione nelle costruzioni (-1,5% in media annua), mentre il settore nel quale il calo è stato più contenuto è quello del commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni (-0,2% in media annua). Negli altri settori la produttività del lavoro è diminuita con tassi compresi tra -0,5 e -1,0 per cento.

(03 agosto 2010)

 

 

 

 

L'INDAGINE

Crisi, crollo dei precari "stabilizzati"

addio al posto fisso nelle piccole aziende

Gli effetti della recessione secondo Confindustria: il numero dei contratti a termine convertiti è sceso del 14% rispetto al 2008. L'occupazione è calata soprattutto nell'industria, ha colpito più i lavoratori "internedi" dei colletti bianchi e più gli uomini che le donne

Crisi, crollo dei precari "stabilizzati" addio al posto fisso nelle piccole aziende

ROMA - Occupazione ancora in calo nelle aziende iscritte a Confindustria e meno stabilizzazioni per i lavoratori con contratto a termine. Sono alcuni dei punti rilevati dalla quinta indagine del Centro studi di Confindustria sul mercato del lavoro nel 2009. Nel periodo preso in esame l'occupazione dipendente è scesa del 2,2% e la domanda delle imprese, soprattutto nelle grandi aziende del Nord, ha continuato a contrarsi per tutti i primi mesi del 2010, specialmente per i contratti a tempo indeterminato.

I settori più colpiti L'onda lunga della crisi ha avuto effetti più evidenti sull'occupazione nell'industria (-3,1%), dove ha tenuto solo il comparto alimentare ed hanno sofferto di più tessile-abbigliamento (-5,2%) e gomma-plastica (-5%); mentre nei servizi il calo medio sì è fermato allo 0,6% ed è il commercio ad aver registrato la flessione più significativa (-3%). Nelle imprese piccole il calo dell'occupazione ha colpito soprattutto personale con contratto a tempo indeterminato, mentre in grandi e medie aziende soprattutto i contratti a tempo determinato.

Operai e colletti bianchi La crisi, rileva l'indagine, ha colpito di più il personale addetto alla produzione (-3% intermedi; -1,9% operai), mentre tra i colletti bianchi il calo è stato più marcato per i dirigenti(-1,6%) che per quadri e impiegati (-0,2%, -0,7%). Ed ha colpito più gli uomini (-2,3%) che le donne (-2%) che così salgono ad una quota del 29,9% dei dipendenti.

Meno sbocchi per i precari Sono diminuite del 2,3% (dal 39,3 al 37%) le imprese che occupano almeno un lavoratore a tempo determinato e soprattutto sono drasticamente diminuite le stabilizzazioni, passando dal 38,6% del 2008 al 24,9%. Il tasso di conversione è rimasto alto per i contratti di inserimento (42,7%, 50,4% nell'industria) che però rappresentano un percentuale minima (0,3%) sul totale degli occupati.

Più apprendisti e immigrati In tempi di crisi, il 21% delle aziende ha fatto ricorso a contratti di apprendistato, mentre un'azienda su due ha utilizzato lavoratori stranieri (nel settore costruzioni hanno rappresentato l'11,5% degli occupati).

Assenteismo L'indagine di Confindustria rileva inoltre un tasso medio di assenteismo del 7,8%, più alto nei servizi (8,7%) che nell'industria (7,2%), e in crescita con l'aumentare delle dimensioni dell'azienda. Le malattie non professionali sono state la prima causa di assenza dal lavoro per gli uomini, i congedi parentali per le donne.

Meno turnover Nel 2009 sono scesi i tassi di turnover; sono aumentate le cessazioni involontarie (13,1% dei casi di uscita dall'azienda), a cui si aggiungono prepensionamenti e incentivi all'esodo (un caso su dieci nelle grandi imprese, uno su cinque nel Centro-Sud); ed aumentano anche le uscite per scadenza di contratto (più di un terzo del totale).

(03 agosto 2010)

 

 

 

 

PREVIDENZA

Pensione di invalidità, un anno boom

mezzo milione di nuovi assegni nel 2009

Nelle regioni del Sud il tasso è superiore del 58% rispetto al Nord: 5,50 contro 3,47 ogni cento abitanti. Umbria e Liguria le eccezioni. La spesa per lo Stato è di 12,6 milioni annui per oltre 2,6 milioni di assistiti

ROMA - Mezzo milione di pensioni di invalidità in più nel giro di un anno. Il boom è certificato dalla Relazione generale sulla situazione economica del Paese - 2009, curata dal ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef). Al primo gennaio 2009 gli assegni di invalidità erano diventati 2.637.394 contro i 2.137.078 dell'anno precedente.

Secondo i dati forniti dall'Inps e citati dal Mef nella relazione, al Sud il numero di prestazioni, in rapporto alla popolazione, è superiore rispetto al Nord e al Centro. Nella ripartizione Sud e Isole infatti ci sono 5,50 pensioni di invalidità ogni 100 abitanti (l'anno prima erano 4,39), al Centro il rapporto è di 4,58 (3,73 nel 2008), mentre al Nord scende ancora a 3,47 (era 2,91 l'anno prima). Nel Mezzogiorno quindi il tasso di pensioni di invalidità è di circa il 58% maggiore rispetto al Nord. La media nazionale è di 4,39 pensioni di invalidità ogni 100 abitanti, rispetto alle 3,58 dell'anno precedente.

Per gli assegni di invalidità lo Stato ha speso nel 2009 12.666,54 milioni di euro, rispetto ai 12.490 milioni dell'anno precedente. "In rapporto alla popolazione residente - si legge nella relazione- si evidenzia un numero relativamente maggiore di prestazioni in tutte le regioni del Sud, in particolare Sardegna, Calabria, Campania e Abruzzo, rispetto alle regioni del Centro-Nord. Tuttavia tra le regioni del Centro, in Umbria si rileva, sempre in rapporto alla popolazione residente, il numero più elevato di prestazioni con 6,52 prestazioni ogni 100 abitanti a fronte di un valore medio nazionale pari a 4,39 e di un valore medio della ripartizione pari a 4,58. Analogamente nelle regioni del Nord, la Liguria presenta un valore pari a 4,83 contro il 3,47 calcolato sulla media delle regioni settentrionali".

(03 agosto 2010)

 

 

 

Si va più tardi in pensione

online il nuovo calcolatore

Con l'approvazione della manovra economica ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità previdenziali. Dall'elevazione dell'età per le donne della pubblica amministrazione al prolungamento del tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l'effettivo pagamento della prima mensilità. E da gennaio 2015 l'età minima agganciata alla speranza di vita. INTERATTIVO: CALCOLA

 

 

Per andare in pensione bisognerà aspettare sempre di più. Mentre molto poco si fa per favorire le condizioni e la permanenza degli over 45 nei posti di lavoro, aumenta l'età per le donne nella pubblica amministrazione, viene allungata l'attesa che intercorre tra il momento in cui si maturano i requisiti e quando si riceve effettivamente la prima mensilità, e da gennaio 2015 l'età minima verrà legata all'incremento della speranza di vita. Con l'approvazione alla Camera, avvenuta giovedì 27 luglio con 321 voti favorevoli, viene ultimata l'entrata in vigore di una serie di novità che incidono significativamente sul sistema previdenziale.

Da oggi le principali novità sono state inserite nel calcolatore presente nel nostro network, grazie alla collaborazione con Mefop e Epheso, che permette di conoscere - sulla base della legislazione vigente - la data di pensionamento e l’importo della pensione netta annua. Il calcolatore, inoltre, offre la possibilità anche di fare una stima dell’ultimo reddito netto annuo da lavoro e di scoprire il tasso di sostituzione netto della pensione: ovvero quanto vale la pensione netta in termini percentuali rispetto all’ultimo stipendio netto.

La variazione introdotte. I primi effetti si sentiranno già tra pochi mesi. Da gennaio 2011 verranno ridotte da quattro a una soltanto le finestre per "uscire" dal mercato del lavoro. E così i lavoratori che avranno maturato i requisiti dopo l'ultimo giorno di dicembre del 2010, sia per le pensioni di anzianità, sia per le pensioni di vecchiaia, dovranno aspettare più tempo di quanto succedeva prima. Di fatto, il giorno dopo che si sono maturati i requisiti, i dipendenti dovranno aspettare dodici mesi. Prima poteva capitare un'attesa di qualche mese. Ora sarà sempre di un anno.

Gli autonomi dovranno aspettare ancora di più. Diciotto mesi. Lo stesso tempo che dovranno aspettare anche quei dipendenti che si ritrovano ad avere versato i contributi, anche se da dipendenti, in diversi enti previdenziali. Loro, che fino ad oggi, potevano andare in pensione come dipendenti ora vengono di fatto omologati allo status di "autonomi".

Donne e pubblica amministrazione. C'è poi la norma relativa all'età delle donne impiegate nel pubblico. Dal primo gennaio del 2012, le donne che lavorano nel pubblico matureranno i requisiti all'età di 65 anni e non più a 61 anni. Il passaggio avverrà senza alcuna gradualità. Così, ad esempio, le nate nel 1950 potranno andare in pensione nel 2011, mentre coloro che sono nate nel 1951 dovranno aspettare fino al 2016.

Tra cinque anni. Con la legge 102/2009, a partire dal 2015, l’età pensionabile sarà adeguata all’incremento della speranza di vita. I regolamenti attuativi dovranno essere emanati entro il 2014. Da allora per tutti i lavoratori i requisiti di pensionamento verranno adeguati alla speranza di vita che verrà definita dai parametri Istat. I coefficienti verranno adeguati ogni tre anni. Solo la prima volta l'adeguamento verrà effettuato dopo quattro anni e non potrà superare i tre mesi.

INTERATTIVO:

CALCOLA LA TUA PENSIONE

NOVITA':

Le variazioni introdotte

INFO:

Cosa misura il calcolatore

 

 

 

2010-07-30

FEDERALISMO

L'Italia è sempre più divisa in due

ll pil del Sud è la metà di quello del Nord

Dati Istat depositati in Parlamento: la ricchezza prodotta è di 17.900 euro pro-capite nel Mezzogiorno contro i 31.000 delle regioni settentrionali. Fanalino di coda la Campania con 16.900 euro, in testa Bolzano con 34.400

L'Italia è sempre più divisa in due ll pil del Sud è la metà di quello del Nord

ROMA - Il divario economico tra Nord e Sud continua ad essere nettissimo: il prodotto interno lordo del Mezzogiorno vale praticamente la metà rispetto a quello del Settentrione. Lo si ricava da una serie di dati che l'Istat ha depositato in Parlamento nell'ambito degli approfondimenti in corso sul federalismo fiscale: se si vive in una regione meridionale si ha oltre un terzo in meno di reddito disponibile per i consumi e gli investimenti; a fronte di regioni che piazzano bene i loro prodotti fuori dai confini territoriali, ce ne sono altre con tassi di dipendenza dall'esterno di oltre il 30%.

La fotografia dell'Italia "duale", come la definisce il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, evidenzia che al Sud si produce ricchezza per 17.900 euro pro-capite contro i 31.000 del Nord. In fondo alla classifica c'è la Campania dove il pil pro-capite è pari a 16.900 euro. Penultima la Calabria con 17.000 euro. In testa, invece, Bolzano con 34.400 euro, seguita dalla Lombardia con 33.600. I dati si riferiscono al 2008, prima dunque della grande crisi che ha ridotto di qualche punto la ricchezza a livello nazionale.

La situazione non migliora se si guarda al reddito disponibile delle famiglie consumatrici: al Mezzogiorno è pari al 64,1% rispetto a quello del Centro-Nord, il che vuol dire che un abitante del Sud può spendere e investire quasi il 36% in meno rispetto a uno del Nord. In Campania la disponibilità di reddito lordo pro-capite è di 12.100 euro in un anno, in Sicilia di 12.200 euro, contro i 20.700 di Bolzano o i 20.600 euro della Lombardia.

La "vulnerabilità", come la definisce lo stesso Istituto di statistica, delle regioni meridionali emerge anche dalle tabelle riguardanti l'interscambio commerciale. La dipendenza dall'esterno, ovvero il saldo tra esportazioni e importazioni in percentuale del prodotto interno lordo, per l'Italia è dell'1,3%. Ma a fronte di un saldo positivo di quasi tutte le regioni del Nord, risulta negativo al 21,8% quello del Mezzogiorno, con punte del 30,3% e del 27,5% in Calabria e in Sicilia.

(31 luglio 2010)

 

 

2010-07-29

LAVORO

Istat, retribuzioni in aumento del 2,5%

Grandi imprese, occupazione -1,8%

L'Istituto comunica l'andamento degli stipendi a giugno rispetto allo stesso mese del 2009. L'aumento è del 2,3% confrontando i periodi gennaio-giugno 2009 e 2010. Inflazione a 1,3%. Il dato sui lavoratori occupati è relativo a maggio, al lordo della Cig

Istat, retribuzioni in aumento del 2,5% Grandi imprese, occupazione -1,8%

ROMA - Retribuzioni in aumento e occupazione in calo nelle grandi imprese. Le retribuzioni contrattuali orarie nel mese di giugno sono aumentate del 2,5% rispetto allo stesso mese del 2009 e dello 0,1% rispetto a maggio. Lo comunica l'Istat, ricordando che l'inflazione a giugno si è attestata all'1,3%. L'aumento delle retribuzioni registrato nel periodo gennaio-giugno 2010, in confronto allo stesso intervallo dell'anno precedente, è del 2,3%. A giugno i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la sola parte economica interessano il 64,3% degli occupati dipendenti rilevati per il periodo di riferimento degli indici, con una quota corrispondente del 61,1% del monte retributivo osservato.

Sempre a giugno risultano in attesa di rinnovo 39 accordi contrattuali, relativi a circa 4,7 milioni di dipendenti. La quota di dipendenti che aspettano il rinnovo è pari al 35,7%, in calo rispetto a quella di maggio 2010 (36,4%), a seguito dei rinnovi recepiti nel mese, ma più elevata rispetto a giugno 2009 (20,2%). E sono 39 anche i contratti in vigore, che regolano il trattamento economico di circa 8,4 milioni di dipendenti. A essi corrisponde un'incidenza in termini di monte retributivo pari al 61,1%.

I settori che presentano gli incrementi più elevati sono alimentari, bevande e tabacco (5,2%), telecomunicazioni (4,5%), energia e petroli (4,4%), regioni e autonomie locali e servizio sanitario nazionale (4,0% per entrambi), estrazioni minerali e commercio (per entrambi la variazione è del 3,9%). Gli incrementi minori si osservano, invece, per ministeri, scuola, forze dell'ordine e militari-difesa (in tutti i casi l'aumento è stato dello 0,3%).

Occupazione grandi imprese. L'occupazione nelle grandi imprese a maggio ha registrato un calo dell'1,8%, al lordo della Cig, e dello 0,5% al netto della cassa, rispetto a maggio 2009 (dati grezzi). Su base congiunturale la flessione è stata pari allo 0,1%, al lordo della Cig, mentre si è osservata una variazione nulla al netto della cassa (dati destagionalizzati).

Complessivamente, nei primi cinque mesi del 2010 la variazione media dell'occupazione, rispetto allo stesso periodo del 2009, è stata di -1,9% al lordo della Cig e di -1,2% al netto della cassa. Nel confronto tra la media degli ultimi tre mesi (marzo-maggio 2010) e quella dei tre mesi precedenti (dicembre 2009-febbraio 2010) si è registrato un calo dello 0,3% al lordo della Cig e una variazione nulla al netto.

A proposito della cassa integrazione, sempre in relazione al mese di maggio, il suo utilizzo nelle grandi imprese è stato pari a 29,9 ore per mille lavorate. E' quindi così diminuito di 14,2 ore per ogni mille lavorate su base annua. Nel confronto tra i primi cinque mesi del 2010 e il corrispondente periodo del 2009 il ricorso alla Cassa ha registrato un calo di 8,3 ore per ogni mille lavorate.

(29 luglio 2010)

 

 

Commessi, contabili e camerieri

i profili più richiesti del 2010

Rallenta l'emorragia di posti di lavoro. Ma quest’anno ne andranno perduti altri 178 mila. 802 mila i nuovi ingressi nelle imprese. Laureati al nord e diplomati al sud. Aumenta la richiesta di personale tecnico altamente qualificato e torna a salire la domanda di operai. Si riducono le opportunità per gli impiegati. Aumenta ancora il peso dei contratti "non standard". I risultati del rapporto Excelsior di Unioncamere. TABELLA: LA TOP 50 DEI MESTIERI. REGIONI: entrate, uscite e saldi

di FEDERICO PACE

C'è un leggero miglioramento, ma per una vera ripresa ci sarà ancora da aspettare. Il 2010, per l'occupazione, sarà meno grigio del 2009 ma, fino alla fine, non offrirà molte possibilità a chi cerca un impiego. Il mercato del lavoro continua, anche quest'anno, a risentire degli effetti della crisi anche se l'emorragia di posti proseguirà con minore intensità rispetto a quanto accaduto l'anno scorso. L’aumento delle assunzioni attese però avverrà in primo luogo con modalità contrattuali flessibili. In parziale ripresa la domanda di laureati rispetto al crollo dell’anno scorso. A mostrare maggiore dinamismo saranno soprattutto le imprese innovative o vocate all'export che cercano di accrescere la propria competitività.

Secondo i risultati del Rapporto Excelsior - l'indagine annuale realizzata da Unioncamere insieme al ministero del Lavoro e presentata oggi a Roma alla presenza del presidente Ferruccio Dardanello e del ministro Maurizio Sacconi – le imprese quest’anno perderanno 178 mila posti (-1,5 per cento). Meno dell'anno scorso quando il saldo negativo registrato era stato pari a 213 mila. Le nuove entrate in impresa saranno 802 mila con un tasso di crescita del 2,6 per cento rispetto all'anno scorso. Le uscite, tra pensionamenti, tagli e scadenze di contratti, interesseranno 981 mila persone, 14 mila in meno di quanto registrato nel 2009. Il rapporto ha analizzato il fabbisogno occupazionale di 100 mila aziende italiane.

Le motivazioni. Sarà il 18,6 per cento delle realtà imprenditoriali italiani a fare almeno un'assunzione nel 2010, mentre oltre l'81 per cento non ne prevede alcuna. La ragione principale che spinge le imprese a fare nuove assunzioni è il rimpiazzo del turnover o del personale in assenza momentanea (lo dice il 35,4 per cento). Un altro 31 per cento pianifica di assumere perché si aspetta una domanda in crescita o in ripresa rispetto all'anno scorso.

Titoli di studio. Tornerà a crescere anche il numero dei laureati richiesti dalle imprese. Nel 2009, tra le assunzioni non stagionali, la loro richiesta era crollata a 62.460 (rispetto agli 88 mila del 2008). Quest’anno arriveranno a 68.880. Il 36,3 per cento si concentrerà nelle imprese del nord ovest, mentre un altro 21 per cento delle ricerche arriverà dalle imprese del nord est. Al centro si concentreranno altre 16,4 mila assunzioni e nel Mezzogiorno ce ne saranno solo 13,2 mila (il 19 per cento del totale). Tra le posizioni non stagionali, è comunque più elevata la domanda di diplomati e pari a 243 mila. Per questo tipo di figure, nel Mezzogiorno ci saranno quasi 70 mila posti, ovvero il 28 per cento del totale in Italia.

Le lauree più dinamiche. Tra gli indirizzi di studio, quelli dove si registrerà il maggiore incremento delle assunzioni sono quelli di ingegneria (quasi 3.900 assunzioni in più rispetto al 2009). Quest'anno, con oltre 20 mila assunzioni previste (il 29,2% del totale dei laureati), ingegneria supera economia e diviene la laurea più richiesta dai direttori delle risorse umane. Ad ogni modo, anche per i laureati in economia ci saranno quest'anno 1.400 assunzioni in più. Così come un'evoluzione positiva si registra anche per i laureati nelle discipline dell’insegnamento e della formazione (1.140 in più) e per quelli in medicina e odontoiatria. Aumenti delle assunzioni anche per i laureati nelle discipline chimico-farmaceutiche (+170), statistiche (+320) e psicologiche (+180).

Professioni e evoluzioni. Complessivamente quest'anno aumenterà la richiesta di personale tecnico altamente qualificato e tornerà a salire anche la domanda di operai, indispensabili al funzionamento della macchina produttiva, mentre si ridurranno le opportunità per il personale impiegatizio. Quest'anno si registrerà, scrivono gli autori dell'indagine "una discreta ripresa delle assunzioni a carattere non stagionale (+5,4%), che però non appare generalizzata: essa riguarda infatti soprattutto le professioni high skill (+12,6%), in particolare quelle dirigenziali e quelle tecniche, ma anche le professioni low skill (+8,7%), soprattutto quelle operaie semi-qualificate. Al contrario, le professioni intermedie segnano un altro calo (-2,6%)".

I profili più richiesti. Le assunzioni stagionali, al termine dell'anno, saranno circa 250 mila mentre quelle non stagionali raggiungeranno le 552 mila unità. Tra queste, le figure più ricercate dalle imprese saranno i commessi con quasi 52 mila assunzioni di cui però solo 14,9 mila con un contratto a tempo indeterminato (ovvero poco meno del 29 per cento del totale). Al secondo e al terzo posto ci sono gli addetti non qualificati a servizi di pulizia in imprese e istituzioni e i contabili. Sopra alle ventimila unità ci sono anche muratori e camerieri. Sono i contabili, nelle prime posizioni, ad assicurarsi una proporzione maggiore di contratti a tempo indeterminato (il 52 per cento). Conduttori di mezzi pesanti, tecnici delle vendita e distribuzione, addetti di magazzino, professioni qualificate nei servizi sanitari, elettricisti e cuochi sono tra la sesta e la undicesima posizione e tutti comunque tra le diecimila e le quattordicimila assunzioni previste.

La tipologia dei contratti. I nuovi impieghi saranno sempre meno stabili. Crescerà infatti ancora la quota dei contratti a tempo determinato. Nel 2010 saranno il 42,3 per cento del totale delle assunzioni non stagionali. Erano il 33 per cento nel 2002. Allo stesso tempo diminuirà la quota dei contratti a tempo indeterminato che a fine 2010 sarà pari al 46,2 per cento. Nel 2009 era il 48,1 per cento e nel 2020 il 58 cento. I contratti "non standard", precisano gli autori dell'indagine, aumentano in ogni settore (+15,6% nell’industria, +6% nei servizi), in ogni territorio (dal +6,7% del Nord Ovest al +13% del Nord Est), nelle imprese medio-piccole (tra i 10 e i 249 dipendenti), per ogni gruppo di professioni (dal +0,1 per le professioni dei servizi e del commercio al +22,9% degli operai semi-qualificati) e per quasi tutti i titoli di studio".

Le differenze geografiche. Più della metà delle nuove entrate si concentrerà nel nord Italia. Leggermente di più nelle realtà imprenditoriali del nord est (212 mila) che in quelle del nord ovest (200 mila). Al centro si registrerà un numero di assunzioni pari a 165,5 mila unità mentre nel Mezzogiorno ci sarà spazio solo per 224 mila nuovi posti di lavoro. La quota dei nuovi impieghi nelle imprese del Sud nel 2010, rispetto al totale italiano, sarà pari al 28 per cento. Meno di quanto non sia stato l'anno scorso (il 30 per cento).

La crisi e le regioni. Seppure registra un saldo negativo maggiore rispetto all'anno scorso, è ancora la Lombardia la regione italiana con il maggior numero di chance d'impiego con quasi 121 mila nuove entrate. Dietro, quasi affiancate, l'Emilia Romagna e il Lazio con 79 mila nuove assunzioni ciascuna. Entrambe, al contrario della Lombardia, hanno registrato una riduzione del saldo negativo. Poi il Veneto, la Campania e la Toscana. Nessuna regione italiana, ad ogni modo, riesce a segnare un incremento netto di posti di lavoro (vedi la tabella).

Settori. Il maggiore apporto viene dal turismo con 179 mila impieghi. Segue l'industria con 142 mila. Sopra i 120 mila anche i servizi alle imprese, così come i servizi alla persone. Il commercio porterà 119 mila nuovi posti di lavoro mentre le costruzioni 97 mila e i servizi professionali poco meno di 15 mila.

Dimensioni, difficoltà e opportunità. Anche quest'anno le piccole imprese si confermano il cuore della realtà produttiva e occupazionale italiana. A fine 2010, il quaranta per cento dei nuovi impieghi arriverà dalle aziende con meno di dieci dipendenti: in tutto assumeranno 325 mila dipendenti. Sono sempre queste le realtà che stanno comunque più soffrendo. A fine anno i posti perduti in queste attività saranno 410 mila. Quasi 180 mila posti arriveranno dalle imprese con meno di 50 dipendenti e altri 141 saranno assunti dalle grandi imprese con più di 500 dipendenti.

TABELLA: LA TOP 50 DEI MESTIERI.

REGIONI: entrate, uscite e saldi

 

 

2010-07-25

Bankitalia, le rate non tirano più

E calano i consumi delle famiglie

L'istituto di Via Nazionale diffonde il rapporto "Economie Regionali". Il calo più rilevante riguarda le regioni meridionali. Particolarmente accentuata la stretta sugli alimentari. Italiani insoddisfatti dei servizi pubblici

Bankitalia, le rate non tirano più E calano i consumi delle famiglie La sede della Banca d'Italia

ROMA - Le famiglie italiane spendono sempre meno e ora anche le rate sembrano non tirare più. E' quanto emerge dal rapporto "Economie Regionali" della Banca d'Italia, secondo il quale la stretta è particolarmente accentuata per quanto riguarda la spesa in alimentari. E gli italiani, dice Via Nazionale, sono tra i meno soddisfatti in Europa per quanto riguarda i servizi pubblici.

Crisi delle rate, migliorano i mutui. Sul fronte dei consumi, se le domande per i mutui accennano a una ripresa, non è così per la spesa a rate, che sembra non "tirare" più. In particolare, la crisi e il peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro hanno ridotto la richiesta di prestiti per le abitazioni nel 2009, che però ha ripreso a crescere nel primo trimestre di quest'anno. La dinamica del credito al consumo, invece, risulta "particolarmente negativa" per quanto riguarda il secondo semestre dello scorso anno e si conferma debole nella prima metà del 2010. Nel 2009 il flusso di prestiti per l'acquisto di abitazioni si è ridotto in tutte le aree (-9%), e più intensamente nel Mezzogiorno (-17,2%). La quota di quelli a tasso variabile ha superato l'80% nel Nord Est, mentre è rimasta inferiore al 70% al Sud.

Consumi al palo, risparmi anche sugli alimenti. Gli italiani, sottolinea Bankitalia, spendono meno per mangiare e per la casa, e in modo più accentuato al Sud e al Centro. Nel 2009, segnala il rapporto, la spesa per alimentari è diminuita in media, a livello nazionale, del 2,9%, ma il calo più consistente si è registrato nel Mezzogiorno (-3,9%) e nel Centro (-4,1%). Mentre al Nord la riduzione della spesa alimentare è stata dell'1,9%.

In generale nel 2009 la spesa media mensile delle famiglie italiane è calata attestandosi a 2.442 euro, in calo dell'1,7% rispetto all'anno precedente. La flessione più marcata si è registrata nel Mezzogiorno (-2,7%) dove la spesa è risultata pari a 1.898 euro, rispetto ai 2.768 euro del Nord (-1,5%) e ai 2.523 euro del Centro (-1,4%).

I consumi non alimentari, che coprono oltre i quattro quinti della spesa complessiva al Centro Nord e circa i tre quarti nel Mezzogiorno, sono diminuiti dell'1,4% nel Nord, come nella media nazionale, e dello 0,8% al Centro; nel Mezzogiorno il calo è stato più pronunciato (-2.2%).

Tra le principali voci di spesa, quella per la casa è aumentata più della media nazionale al Centro (5,7%) e nel Mezzogiorno (4,1%) e meno nel Nord (0,7%); quella nei trasporti è calata in tutte le ripartizioni, soprattutto al Centro (-8,9%) e nel Mezzogiorno (-7,5%) a fronte di una diminuzione del 2,7% nel Nord.

Italiani insoddisfatti dei servizi pubblici. Gli italiani sono tra i meno soddisfatti in Europa dei servizi pubblici locali offerti nelle proprie città, dai trasporti alla pulizia alla qualità e quantità degli spazi verdi. Ancora una volta si conferma il divario tra il Nord e il Sud del Paese: Napoli e Palermo si collocano costantemente oltre la settantesima posizione nella graduatoria delle città europee, ordinate secondo livelli decrescenti di soddisfazione, ma anche i cittadini di Roma sono tra i meno soddisfatti.

La rilevazione, effettuata da Eurostat, ha coinvolto 76 città dell'Unione europea a 27, più la Turchia e la Croazia, tramite interviste telefoniche a un campione di 500 persone in ogni città. Per l'Italia hanno partecipato cittadini di Roma, Napoli, Torino, Palermo, Bologna e Verona. Il livello di gradimento espresso dai cittadini italiani intervistati è inferiore a quello medio europeo.

E all'interno del Belpaese, risultano più soddisfatti i cittadini del Nord: i torinesi, in particolare, sono quelli che esprimono maggior gradimento e si posizionano al 18esimo posto in Europa per la valutazione dei servizi sportivi, anche se le loro valutazioni su trasporti, sanità e qualità delle strade sono inferiori a quelle medie espresse nelle altre città europee. Veronesi e Bolognesi esprimono valutazioni di gradimento superiori alla media europea per i servizi sanitari e, in particolar modo, sportivi, ma per tutti gli altri servizi i giudizi si posizionano nella metà inferiore della graduatoria. I bolognesi sono in generale più soddisfatti dei veronesi: questi ultimi si lamentano dell'adeguatezza delle strade e degli spazi pubblici ma mostrano gradimento per la salubrità e la pulizia delle aree cittadine.

(24 luglio 2010)

 

 

 

 

 

2010-07-22

SOCIETA'

Famiglie italiane sempre più povere

Una su quattro taglia anche sull'essenziale

Gli ultimi dati dell'Istat: nel 2009 il potere d'acquisto è diminuito del 2,5 per cento. Confcommercio evidenzia un crollo di fiducia: le nuove parole d'ordine sono rinviare, risparmiare e rinunciare

Famiglie italiane sempre più povere Una su quattro taglia anche sull'essenziale

ROMA - Le famiglie italiane sono sempre più povere e il risparmio è ormai un miraggio. Nel 2009 i redditi sono diminuiti del 2,6 cento rispetto all'anno precedente. E il potere d'acquisto, considerando la variazione dei prezzi, ha subito una flessione del 2,5 per cento. E' quanto emerge dagli ultimi dati presentati dall'Istat sui conti economici nazionali. Variazione negativa anche per i consumi finali delle famiglie sia in termini nominali, -1,9 per cento, sia in quantità -1,8 per cento.

Nonostante il crollo dei consumi, le famiglie non sono state in grado di risparmiare: la maggiore flessione del reddito disponibile, infatti, ha determinato una riduzione della propensione al risparmio, che si è assottigliata nel 2009 di ulteriori 0,7 punti percentuali, giungendo all'11,1 per cento: il valore più basso registrato dall'inizio degli anni Novanta. Il risparmio delle famiglie italiane, calcolato considerando la componente accumulata nelle riserve dei fondi pensione come pure il trattamento di fine rapporto (Tfr) maturato, è diminuito dell'8,4 per cento rispetto al 2008, quando era aumentato dello 0,7 per cento.

A lanciare l'allarme, sugli effetti della crisi, è anche la Confcommercio che, in collaborazione con il Censis, ha pubblicato il rapporto "Clima di fiducia e aspettative delle famiglie italiane". Nel documento emergono i segnali di una ripresa debole e di nuove paure con cui confrontarsi. Vacanze più brevi, spese rinviate e una famiglia su quattro obbligata a rinunciare anche all'essenziale. Ovvero, cautela e ancora cautela prima di aprire il portafoglio o "strisciare" la carta di credito. Parole d'ordine: rinviare, risparmiare o rinunciare. In primis ad andare a cena fuori, come ha deciso di fare nell'ultimo anno ben il 60 per cento degli italiani.

I consumi restano stagnanti anche nella prima parte del 2010, dicono i dati di Confcommercio. Per l'immediato futuro non si prevede una robusta ripresa (oltre il 68 per cento manterrà stabili le spese nei prossimi mesi); prevale un clima di prudenza che spesso porta a rinviare alcune spese in programma, in particolare quelle per ristrutturare l'abitazione (per il 17,2 per cento) e quelle per l'acquisto di nuovi elettrodomestici (14 per cento); vacanze estive 1, se si fanno, all'insegna della sobrietà e con una tendenza - rispetto alla scorsa estate - a ridurre la durata del soggiorno, sia in Italia che all'estero; aumentano solo le vacanze brevi entro i confini nazionali e quasi due terzi degli italiani non farà alcuna vacanza (58 per cento).

Il contesto generale di incertezza, secondo lo studio di Confcommercio, si riflette negativamente sul clima di fiducia delle famiglie determinando "un ulteriore deterioramento" del relativo indice, che raggiunge il minimo da gennaio 2009. In particolare, tra i consumatori è possibile individuare tre gruppi: quasi un quarto delle famiglie a causa della crisi ha dovuto rinunciare all'essenziale; una buona metà invece ha razionalizzato le spese e ha eliminato il superfluo; una quota del 25 per cento non ha mutato in modo sostanziale il proprio stile di consumo, limitando gli sprechi ma concedendosi anche qualche lusso.

Il rapporto delinea dunque un quadro a tinte fosche per la prima parte del 2010: "La ripresa tarda a manifestarsi e le aspettative di un miglioramento delle condizioni personali appaiono ai minimi". Sebbene il 45,7 per cento del campione abbia indicato un aumento dei consumi nei primi sei mesi dell'anno, Confcommercio ritiene che "la crescita in quantità sia prossima allo zero".

Nel clima di incertezza diffusa e di aspettative di ripresa per ora andate deluse, "prevale la propensione a minimizzare gli sprechi e a contenere le spese, a ridurre le risorse destinate a svago e divertimento, a programmare viaggi e vacanze estive per quanto possibile poco costose". I casi di rinuncia a spese essenziali appaiono diffusi soprattutto tra le famiglie del Mezzogiorno e tra chi vive da solo, ancor più con figli a carico, tra le famiglie con persone disoccupate e con reddito contenuto. Il concetto di riduzione degli sprechi sembra comunque accomunare tutti, sia chi guadagna bene che chi guadagna poco.

"Ciò che colpisce dei dati raccolti - si legge nelle conclusioni del rapporto di Confcommercio - non è tanto l'attivazione di comportamenti virtuosi e improntati al risparmio, quanto il loro livello di diffusione, per molti aspetti estremamente ampio, che si registra in questo momento del Paese e che rischia, se prolungato nel tempo, di divenire un fattore ostativo alla crescita. Un eccessivo virtuosismo che sembra rendere il Paese privo di una spinta vitale che si possa esprimere anche attraverso stili di consumo più brillanti".

(22 luglio 2010)

 

 

 

L'INDAGINE

Il 46% degli italiani resta a casa

Così la crisi incide sulle vacanze

I dati di Federalberghi sull'estate 2010: in aumento il numero di persone che non possono permettersi le ferie estive. Nel 2009 il dato era del 43,8%

Il 46% degli italiani resta a casa Così la crisi incide sulle vacanze

ROMA - Gli italiani sono un popolo vacanziero per definizione, ma di fronte alla crisi stringere la cinghia è obbligatorio. Anche a costo di restare a casa ad agosto. Secondo i dati di Federalberghi, se da una parte resta praticamente identico all'anno scorso il numero di italiani che nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre decidono di trascorrere le ferie lontano dalle mura domestiche, dormendo almeno una notte fuori, (51,3% contro il 51,2% del 2009), dall'altro aumenta quello di chi è costretto a passare le vacanze a casa (46,3% contro il 43,8%).

In pratica, tra quelli che non hanno ancora prenotato da nessuna parte per andare in vacanza, aumenta il numero di coloro che hanno già deciso di restare a casa e diminuisce quello degli indecisi. Questi ultimi, pur essendo già alla metà di luglio, sono solo il 2,4% (rispetto al 5% del 2009), mentre quelli che sicuramente rimarranno a casa quest'estate saranno appunto il 46,3% della popolazione, un dato in forte crescita rispetto al 43,8% dell'estate 2009.

Le ragioni che spingono così tanti italiani a non muoversi di casa sono nel 54,9% dei casi i problemi economici, mentre la mancanza di soldi vera e propria è indicata dal 46,8% dei "non viaggiatori". Un altro 18,7% attribuisce la propria scelta a questioni familiari, il 18,5% a obblighi di lavoro e il 16% parla di motivi di salute.

Per quanto riguarda chi parte, invece, Federalberghi segnala che chi va in vacanza quest'anno spende il 20% in più. 1

La ricerca è stata realizzata con il supporto tecnico dell'istituto Emg ricerche ed effettuata dal 5 al 9 luglio con il sistema CATI (Interviste telefoniche) su un campione di 1.200 Italiani maggiorenni, rappresentativi di oltre 47 milioni di connazionali.

(22 luglio 2010)

 

 

CIFRE

Vacanze: si parte di meno, si spende di più

Le stime Federalberghi sulle vacanze estive 2010. Gli italiani in viaggio sono il 3% in meno rispetto al 2009, ma chi si muove investe il 20% in più. E le crociere quasi raddoppiano la quota di mercato

Clicca sulla foto per ingrandire

CIFRE

La crisi c'è ma non per tutti. I dati di Federalberghi sulle vacanze degli italiani 2010 rimarcano l'allargamento del solco tra ricchi e poveri. Da un lato un quasi 3 per cento in meno di persone che vanno in vacanza rispetto all'anno prima (51 contro 54 per cento), dall'altro, l'aumento neggo della spesa media stimata, 853 euro medi a persona tra viaggio, vitto alloggio e divertimento - per la vacanza estiva - rispetto ai 710 Euro del 2009, con un +20% rispetto all'estate scorsa. E un miniboom per le crociere.

Nel dettaglio, per la vacanza principale in Italia verranno spesi in media a persona 764 Euro rispetto ai 550 Euro del 2009, incremento che come detto non porterà alcun valore aggiunto al settore, ma sconterà la fiammata inflazionistica di alcune voci di costo dei prodotti di consumo e l'aumento delle notti fuori casa. Per la vacanza oltreconfine la spesa media pro-capite si attesterà invece sui 1.065 Euro rispetto ai 1.173 Euro del 2009 a conferma di un minor costo della vita in alcune aree turistiche straniere che vede peraltro il prezzo dei vettori aerei (mezzo di trasporto prediletto per chi viaggia all'estero) diminuito di quasi l'1% rispetto al 2009.

Tra le tipologie di soggiorno, scelte dagli italiani per trascorrere le proprie vacanze estive, l'albergo rimane il leader incontrastato, vedendo premiata, almeno in questo, l'accorta politica dei prezzi praticati in discesa.Il 34,6% lo sceglierà rispetto al 31,8% del 2009. Seguono, nell'ordine, l'appartamento in affitto con il 14,3% (12,4% nel 2009), la casa di proprietà con il 12,4% (11,6% nel 2009), la casa di parenti o amici con l'11,2% rispetto al 14,8% del 2009.In buona crescita il villaggio turistico con l'8,1% (7,2% nel 2009) ed il campeggio con il 7% (6,5% nel 2009), mentre calano i residence con il 3,6% (4,4% nel 2009), i bed&breakfast con il 2,1 (2,4% nel 2009) e l'agriturismo con l'1,3% (1,6% nel 2009).

Cresce infine il segmento crocieristico che passa dallo 0,8% della domanda nazionale del 2009 all'1,3% di quest'anno. Agosto si impone ancora e sempre quale leader assoluto col 66,3% della domanda rispetto al 64,5% del 2009.Seguono luglio col 40,3% rispetto al 37,8% del 2009, giugno col 27,8% rispetto al 28,2% del 2009, e settembre col 19,5% rispetto al 17,1% del 2009.

"Si accresce, purtroppo, il solco tra chi può permettersi una vacanza e chi no - è il commento del presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca", che poi sottolinea come l'accrescimento del giro d'affari sia dovuto "dun lato alla fiammata inflazionistica di tutto ciò che consente la movimentazione turistica e dall'altro all'incremento (da 10 a 12) dei giorni di permanenza fuori casa"

"Da gennaio a giugno l'Istat ha infatti rilevato incrementi significativi dei prezzi di tutto ciò che consente la movimentazione dei turisti all'interno del nostro Paese: dalle autostrade (+5,5%) alle ferrovie (+12,7%), dalle benzine (+14,8%) agli altri carburanti (+13,3%), a fronte di una diminuzione dei prezzi degli alberghi nazionali mediamente dell'1%", rileva.

"Inoltre la netta divisione -prosegue Bocca- tra chi può permettersi almeno un pernottamento fuori casa per vacanza durante il periodo estivo e chi no, è caratterizzato dal fatto che ben 1 italiano su 4 non fa vacanza per mancanza di soldi, sancendo la nascita di una nuova malattia del nostro sistema economico, definibile sinteticamente come 'poverta' turisticà".

"A questo punto -conclude Bocca- dopo i dati dei primi sei mesi che indicano una crescita zero nelle presenze alberghiere ed un andamento similare anche dei mesi estivi nei quali 6 turisti su 10 sono italiani, riteniamo che l'Italia non possa permettersi il lusso di non cogliere quei segnali di ripresa economica che pur a livello mondiale cominciano a registrarsi, analizzando a livello politico le ragioni che ci vedono ancora al palo, quando Paesi come la Francia e la Spagna dichiarano di avere al contrario già avviato l'inversione di tendenza"

 

 

 

 

 

 

2010-07-20

INDUSTRIA

Balzo di ordini e fatturato

A maggio +12,5 e +26,6% su base annua

Per gli ordini gli incrementi più rilevanti dell'indice grezzo hanno riguardato la fabbricazione di mezzi di trasporto (+60,9%) e quella di computer, prodotti di elettronica e apparecchi elettromedicali (+37,9%)

Balzo di ordini e fatturato A maggio +12,5 e +26,6% su base annua

ROMA - In forte aumento ordini e fatturato dell'industria. A maggio l'indice destagionalizzato degli ordini ha mostrato un incremento del 3,2% su mese dal +4,8% di aprile, rivisto da +4,7%; l'indice destagionalizzato del fatturato ha segnato una variazione pari a +0,8% rispetto a aprile, quando era salito dello 0,5%. A livello annuo gli ordinativi di maggio sono saliti del 26,6% a fronte del +20,6% di aprile, mentre il fatturato, corretto per il calendario, è cresciuto dell'8,9% dal +6,4% del mese precedente.

Il fatturato è aumentato dello 0,9% sul mercato interno e dello 0,5% su quello estero; gli ordinativi nazionali hanno registrato una diminuzione dello 0,4% e quelli esteri una crescita del 9,5%. Nel confronto degli ultimi tre mesi (marzo-maggio) con i tre mesi immediatamente precedenti (dicembre-febbraio) le variazioni congiunturali

sono state pari a +1,4% per il fatturato e a +4,6% per gli ordinativi.

L'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario ha registrato in maggio

un incremento tendenziale dell'8,9% (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 20 di maggio 2009). Nel confronto tendenziale relativo al periodo gennaio-maggio, l'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario ha segnato una variazione positiva del 6,2%. Gli indici grezzi del fatturato e degli ordinativi hanno registrato aumenti tendenziali, rispettivamente, del 12,5 e del 26,6%.

Gli indici destagionalizzati del fatturato per raggruppamenti principali di

industrie hanno segnato variazioni congiunturali positive per l'energia (più 2,9%), per i beni intermedi (+1,4%), per i beni strumentali (+0,2%) e per i beni di consumo (+0,2%, con -0,1% per quelli durevoli e +0,2% per quelli non durevoli).

L'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario in maggio è cresciuto

del 28,8% per l'energia, del 14,2% per i beni intermedi, del 2,7% per i beni di consumo (+3,8% per quelli durevoli e +2,3% per quelli non durevoli) e del 2,3% per i beni strumentali.

In maggio, nel confronto con lo stesso mese del 2009, l'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario, ha segnato le variazioni positive più significative nei settori della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+28,5%), della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+21,6%) e delle fabbricazioni di prodotti chimici (+19,9%); contrazioni si sono rilevate nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-7,1%), nell'estrazione di minerali da cave e miniere (-5,9%) e nelle industrie alimentari, bevande e tabacco (-1,3%).

Gli incrementi più rilevanti dell'indice grezzo degli ordinativi hanno riguardato

la fabbricazione di mezzi di trasporto (+60,9%), la fabbricazione di

computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali,

apparecchi di misurazione e orologi (+37,9%) e la fabbricazione di

macchinari e attrezzature (+33,3%).

(20 luglio 2010)

 

 

 

 

 

 

LA SCHEDA

Il rapporto del Cnel

molte ombre, poche luci

La disoccupazione in aumento, il gap sempre più ampio tra Nord e Sud, il ruolo fondamentale degli immigrati. E un senso generale di sfiducia e scoramento di fronte alla crisi

Il rapporto del Cnel molte ombre, poche luci

Questi i punti principali della relazione sul mercato del lavoro nel 2009, tra dati acquisiti, che evidenziano in primo luogo come i giovani siano penalizzati 1, e stime per il futuro.

A rischio fino a 420mila posti nel 2010

Sono 350 mila i posti di lavoro a rischio nel 2010 ma potrebbero arrivare fino a 420 mila. Mentre la disoccupazione potrebbe salire all'8,7 per cento (pari a circa 241 mila persone senza lavoro) ma nello scenario peggiore rischia di toccare il 9 per cento (circa 315 mila unità). La maglia nera va al Sud da cui dipende sostanzialmente la generale contrazione degli occupati. Ma paradossalmente i disoccupati crescono al Nord.

Nel 2009 l'occupazione è calata più al Sud che al Nord

Nel 2009 è cresciuto il divario occupazionale tra Nord e Sud del Paese. Benché il calo dell'occupazione non abbia risparmiato alcuna area, la sua intensità è stata particolarmente marcata nel Mezzogiorno. Mentre nel Centro-Nord il numero di occupati si è ridotto dell'uno per cento, nel Sud la riduzione è stata del 2,9 per cento.

Nel 2009 è aumentato il gap tra Nord e Sud

Cresce anche il divario di offerta di lavoro tra il Nord e il Sud del Paese. Nel corso del 2009 l'offerta nel Centro-Nord è cresciuta, seppur a tassi modesti rispetto ai ritmi tenuti nel decennio precedente.

Nel 2009 sono crollati i contratti a termine

Contratti a temine 'in fumo' nel 2009. Si è registrata una correzione dell'incidenza dell'occupazione temporanea su quella totale, scesa dal 13,3 per cento al 12,5 in un solo anno. Secondo il rapporto del Cnel, nel 2009 il numero di occupati con contratti a termine, a causa dei mancati rinnovi, si è ridotto del 7,3 per cento, e alla fine dell'anno la perdita totale rispetto al massimo (toccato a metà del 2008) è stata dell'11 per cento, pari a 269mila occupati temporanei in meno.

Nel 2009 con la crisi sono aumentati scoraggiamento e inattività

C'è la crisi e sempre più italiani sono scoraggiati, tanto da non provare neanche a cercare un lavoro. Secondo il Cnel "si è osservata una generale riduzione della propensione a partecipare al mercato del lavoro in concomitanza con una caduta dell'attività produttiva". All'aumentare delle difficoltà a trovare un'occupazione, molti rinunciano a cercare, uscendo così dal mercato del lavoro.

I disoccupati sono in maggioranza uomini

Mentre fino al 2008 le donne rappresentavano la maggioranza dei disoccupati in Italia, dal 2009 la situazione si è ribaltata: gli uomini costituiscono ora la maggioranza dei senza lavoro (51,4 per cento).

Arginata la crisi con i tagli agli orari e con la Cig

Il quadro occupazionale nei vari Paesi ha avuto risposte molto eterogenee alla crisi del 2008-2009 e per l'Europa la dimensione delle perdite dei posti lavoro è risultata per lo più di entità contenuta. In una certa misura la parziale tenuta dei livelli dell'occupazione deriva anche dalle politiche che hanno puntato sugli schemi di lavoro a orario ridotto, come la cassa integrazione per l'Italia.

Dal 2018 immigrati sempre più necessari

Nel 2018, in Italia, i lavoratori immigrati saranno necessari per far fronte al calo demografico nel nostro Paese. Sulla base delle proiezioni Istat sulla popolazione per età, gli occupati italiani fino a 64 anni risulteranno pari a 19,9 milioni nel 2018, in riduzione di quasi 1,4 milioni di persone rispetto a quanto osservato nel 2008. In assenza di immigrati, dunque, ci sarebbe un'ampia carenza di forza lavoro.

Lavoro sicuro: le figure professionali introvabili

Infermieri, fisioterapisti, farmacisti, programmatori e addetti marketing 'cercansi'. Sono alcune delle figure professionali "introvabili", quelle cioè che le aziende faticano ad assumere. Il dato è stato offerto dal sistema informativo Excelsior (Unioncamere 2010).

(20 luglio 2010)

 

 

 

Lavoro, meno incidenti nel 2009

casi mortali diminuiti del 6,3%

I dati dell'Inail: l'anno scorso sono stati 1050 i lavoratori che hanno perso la vita sul posto, 70 in meno rispetto all'anno precedente. In controtendenza il Centro, con un aumento del 7,9% delle vittime

Lavoro, meno incidenti nel 2009 casi mortali diminuiti del 6,3% Da sinistra, Maurizio Sacconi e Marco Sartori

ROMA - Sono stati 790mila gli infortuni sul lavoro nel 2009, 85mila in meno rispetto al 2008. La riduzione del 9,7% del numero di incidenti è una buona notizia e va di pari passo con una ancora migliore: la diminuzione del 6,3% dei casi mortali. Nel 2009 sono stati 1050 i lavoratori che hanno perso la vita sul posto, 70 in meno rispetto all'anno precedente. I dati provengono dal bilancio delle denunce pervenute all'Inail (Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) alla data di rilevazione ufficiale del 30 aprile 2010. Il documento è stato presentato oggi a Roma dal presidente dell'Inail, Marco Sartori, alla presenza del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi.

L'aspetto più significativo, ha sottolineato l'istituto, è la riduzione degli infortuni nello svolgimento delle attività lavorative: il numero delle denunce per incidenti si è ridotto del 10,2%, a fronte di un calo del 6,1% degli infortuni cosiddetti "in itinere", ovvero avvenuti durante il tragitto tra casa e lavoro e viceversa. La flessione è stata però molto più accentuata per gli uomini (-12,6%) che non per le donne (-2,5%).

Analoga, anche se meno impressionante, la diminuzione dei casi mortali: quelli avvenuti in occasioni di lavoro sono passati dagli 829 del 2008 ai 767 del 2009 (-7,5%), mentre le morti in itinere sono scese da 291 a 283 (-2,7%). L'indice di mortalità è calato anche per i lavoratori su strada come autotrasportatori e rappresentanti di commercio: i 338 casi del 2008 sono passati a 303 del 2009 (-10,4%).

Per quanto riguarda i settori lavorativi, la riduzione degli infortuni è stata molto più incisiva nell'industria (-18,8%) che nei servizi (-3,4%) o nell'agricoltura (-1,4%) e il calo più significativo ha riguardato il settore manifatturiero (-24,1%) e delle costruzioni (-16,2%). Sul fronte dei servizi, si sono registrate riduzioni rilevanti nei trasporti (-12,5%) e nel commercio (-9,1%). Infine, per i casi mortali, nel 2009 è stata osservata una riduzione significativa nell'industria (-7,9%) e nei servizi (-6%), e una sostanziale stabilità nel settore dell'agricoltura.

L'analisi territoriale rivela invece che la riduzione ha interessato tutte le grandi aree geografiche, e in particolar modo il nord-est (-12,8%) e il nord-ovest (-9,3%). Cali più moderati invece al centro (-8,2%) e nel mezzogiorno (-6,8%). I casi mortali sono diminuiti in particolar modo nel nord-est (62 decessi in meno, -21,9%) e nel nord-ovest (-6,2%), mentre nel mezzogiorno il calo è stato molto più contenuto (-1,7%). In controtendenza il centro, con un aumento del 7,9% delle vittime dovuto soprattutto a una crescita dei decessi nel Lazio.

"E' dal 1993, quando vi fu un calo dell'11,7% degli incidenti rispetto al 1992, che nell'andamento complessivo degli infortuni non si registrava una flessione di questo livello", ha dichiarato il presidente dell'Inail Sartori.

"Non siamo il peggior Paese al mondo sulla sicurezza sul lavoro - ha commentato il ministro Sacconi - Nel complesso il rapporto Inail ci dice che andiamo nella giusta direzione, anche se non ci accontentiamo. I dati fanno giustizia su polemiche esasperate che non hanno fondamento". Secondo il ministro, il calo degli infortuni e delle morti sul lavoro è "in parte" influenzato dal calo della produzione legato alla crisi, ma "c'è un delta positivo superiore alla stima della riduzione degli infortuni per una minore attività produttiva". Sacconi ha ricordato che sta partendo "la campagna di comunicazione" sulla sicurezza sul lavoro e il governo "ha avviato il rapporto con le regioni per la formazione: informazione e formazione sono strumenti fondamentali per prevenire gli infortuni".

(20 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Psicologia della generazione perduta

i giovani dall'età indefinita

Sempre più acute le difficoltà di consolidamento dei progetti personali e professionali dei giovani. Solo la metà possiede caratteristiche di personalità per i compiti di sviluppo. Più forti quelli che lasciano la città di origine. I risultati nell'anticipazione dell'indagine dell'università di Napoli sulle storie raccolte dalla nostra testata

di FEDERICO PACE

Psicologia della generazione perduta i giovani dall'età indefinita

NON sono più giovani. E neppure adulti. I protagonisti della "generazione perduta" anche se passano attraverso la tempesta di diverse esperienze, spesso caratterizzate dal disagio, non riescono con il tempo a trasformare se stessi in qualcosa che li porti oltre le possibilità inespresse e li faccia uscire dall'ombra di un'identità indefinita. Per colpa del lavoro che non c'è, di una società sempre più "instabile" che gli sottrae opportunità, ma anche per caratteristiche proprie. E per la responsabilità di chi non gli offre gli strumenti di supporto che sembrano sempre più necessari. E' questo uno dei risultati emersi dall'indagine realizzata dal dipartimento di scienze relazionali "G. Iacono" dell'università di Napoli "Federico II". A confessarlo, in qualche modo, sono stati proprio loro. Sì, perché per scavare nelle profondità del disagio di un arcipelago di generazioni, la professoressa Laura Aleni Sestito, docente di psicologia dello sviluppo e coordinatrice della ricerca condotta insieme a Luigia Sica e Maria Nasti, ha analizzato le testimonianze raccolte dalla nostra testata a novembre del 2009.

LEGGI TUTTE LE STORIE 1/ GUARDA LE TABELLE 2

I compiti mancati dello sviluppo. Dall'analisi che qui anticipiamo emerge che solo metà dei giovani, coinvolti nella ricerca, mostra di possedere quelle caratteristiche di personalità utili a fronteggiare i compiti di sviluppo. I giovani, seppure chiamati a operare in un contesto molto complesso, o forse proprio per questo, solo in piccola parte mostrano di "muoversi a partire da spinte profonde, di avere capacità di controllo sulla realtà interna ed esterna e di percepire se stessi come protagonisti rispetto all'esperienze di adattamento alla realtà lavorativa".

Tra realtà e aspirazioni. Le ricercatrici dell'università di Napoli hanno cercato di fornire una chiave di lettura complementare a quelle in ambito sociologico, antropologico e socio-economico. Al centro, la convinzione che l'identità sia un processo dinamico, una continua negoziazione tra realtà e aspirazioni. Contingenze e progettualità. A prevalere però, nella generazione "senza lavoro", è una frapposizione di entità non integrate. "L'identità personale e l'identità professionale, spiega Sestito, sembrano non potersi integrare l'una con l'altra anche in soggetti di un'età in cui questo deve accadere. Si persegue una senza riuscire a perseguire l'altra. Indipendentemente dal tipo di attività". Paradossalmente è valido anche per chi ha un contratto a tempo indeterminato. Nel loro caso, per una buona parte, il processo di definizione dell'identità, è compiuto sulla base di fattori esterni, di timori e preoccupazioni, più che speranze e aspirazioni personali.

Quelli che ce la fanno. "Risultano essere maggiormente risolti - racconta Sestito, da anni attenta studiosa della transizione all'età adulta - quelli che sono riusciti ad andare fuori dalla propria città. Anche se poi, denunciano pure loro disagio e stress. Ma con differenze cruciali: ripercorrendo la propria storia hanno mostrato maggiore progettualità a lungo termine e, al momento delle scelte, hanno avuto fiducia nella possibilità di influire sugli eventi. Sono stati capaci di tracciare una traiettoria e di percorrerla nonostante le difficoltà" .

La ricerca del senso. La specificità di un'indagine di questo tipo sta proprio nella decisione di analizzare le storie. "Attraverso le narrazioni - spiega la coordinatrice - attingiamo a quello che è un vissuto non cristallizzato, così come emerge mentre il soggetto lo sta ricostruendo per l'interlocutore". Il racconto svela qualcosa che altrimenti sarebbe inaccessibile anche all'autore, perché si costruisce nel momento in cui viene creato, stimolato dall'esigenza del doverlo raccontare. Ed è anche un modo di agganciarsi a una collettività e a un contesto.

La complessità e le responsabilità. La sensazione è che oggi, alle prese con una società più "instabile", ci sia bisogno di un "capitale di identità" maggiore di quanto ne fosse necessario in passato. "Oggi è più difficile diventare adulti. Il fatto di avere più chance - dice Sestito - rende tutto ancora più complicato. Dopo avere individuato una scelta, ci si deve assumere le responsabilità, in senso psicologico, dell'identificarsi con le cose che si sono scelte e di assumersele come personale traiettoria di sviluppo. Quanto più la società diventa complessa, tanto più è difficile assolvere a questi compiti".

Le scelte senza indagare se stessi. Molti nodi finiscono per venire al pettine al momento delle scelte da compiere dopo avere terminato le superiori. "Molto spesso all'università - osserva Luigia Sica - arrivano ragazzi che non hanno una percezione realistica delle aree in cui possono essere bravi. Al momento delle scelte su cosa fare, sembra quasi che si pongano il quesito 'ora quale facoltà faccio?' invece di 'cosa voglio fare e cosa sono adatto a fare?' e questo crea delle aspettative che quasi sempre vengono disilluse. Si sceglie quello che è più attraente e non il più adatto". Ma forse c'è anche qualcosa di più profondo. "L'indagine sui sé possibili, l'esplorazione delle possibilità future, si è un po' affievolita. Forse il futuro a cui si pensa è più breve. Si sceglie cosa fare l'anno prossimo e non si va oltre".

Le soluzioni possibili. Quali sono allora, in questo ambito, le strade da percorrere per non lasciare che molti giovani siano costretti ad arenarsi in un limbo identitario? Le autrici dell'indagine indicano alcuni strumenti. "I giovani dovrebbero essere aiutati prima a capire le proprie capacità e limiti. E' necessario - suggerisce la Sestito - puntare su un orientamento formativo di accompagnamento negli ultimi due anni della scuola superiore e nei primi due anni dell'università. Ma non l'orientamento di tipo informativo che si fa spesso e rischia di essere disorientante. Pensiamo piuttosto a un training complesso che preveda il riconoscimento di quelle che sono le proprie risorse e i propri vincoli e favorire nei giovani lo sviluppo della capacità di porsi obiettivi realistici appena al di sopra delle proprie possibilità".

(20 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-17

LAVORO

Finora 660mila in cassa integrazione

E per la Cigl la situazione peggiorerà

Secondo il rapporto del sindacato da gennaio decurtazioni del reddito pari a 2,4 miliardi di euro. Inserendo nel computo i lavoratori in Cig, il tasso di disoccupazione passa dal 9,1% al 12,1%

Finora 660mila in cassa integrazione E per la Cigl la situazione peggiorerà Cassintegrati Ilva protestano a Genova

ROMA - Sono oltre 660mila i lavoratori che dall'inizio dell'anno sono stati messi in cassa integrazione, con pesantissime ripercussioni sui redditi che nel primo semestre sono stati decurtati di 2,4 miliardi di euro.

Secondo il rapporto di giugno dell'Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale, la situazione produttiva italiana è drammatica ed è destinata a peggiorare. L'analisi ha anche ricalcolato il tasso di disoccupazione: se si comprendono i lavoratori "inattivi", si passa dal 9,1% certificato dall'Istat per il primo trimestre 2010 al 12,1%.

Il rapporto della Cgil parla chiaro: ad aumentare è soprattutto la cassa integrazione "in deroga" (Cigd), ovvero quella che estende gli ammortizzatori sociali ai lavoratori che finora non erano tutelati. Le ore di Cigd da maggio a giugno sono aumentate del 7,30%, e questo dato rappresenta il valore più alto degli ultimi 18 mesi. Per quanto riguarda il primo semestre 2010, invece, l'aumento tendenziale è stato del 637,51%, per un totale di 155.497.686 ore di Cigd. Quanto al tiraggio, il rapporto precisa che le ore effettive registrate nei primi quattro mesi (215.635.882) - pari a 336.931 lavoratori a zero ore - hanno già raggiunto il valore delle ore utilizzate nei primi sei mesi dello scorso anno, segnando così un peggioramento di circa il 30% sul consumo effettivo di Cig sul 2009.

L'Osservatorio della Cgil sottolinea come il ricorso alla Cig a giugno sia calato rispetto a maggio (-11,39%), con un volume di ore pari a 103.545.689, mentre il primo semestre del 2010 ha fatto registrare un +71,21% rispetto al primo dello scorso anno, attestandosi a una richiesta di 636.140.849 ore di cassa integrazione.

"Il rapporto - spiega il segretario confederale della Cgil, responsabile del settore Industria, Vincenzo Scudiere - dimostra come la crisi produttiva sia grave e la manovra economica non faccia altro che ampliare i rischi di peggioramento delle condizioni di reddito e sociale delle famiglie". Secondo Scudiere, "servono urgentemente interventi da parte del governo anche a fronte degli effetti determinati dalla manovra economica, che riducono gli spazi e le possibilità di finanziamento da parte delle Regioni".

(17 luglio 2010)

 

 

 

Regioni, dal 2001 al 2008 spesa +50%

per le nuove funzioni della Bassanini

I dati dell'ufficio studi della Cgia di Mestre. Il forte aumento percentuale è dovuto al trasferimento delle nuove competenze. A crescere è stata soprattutto la spesa corrente. In testa la Basilicata e l'Emilia Romagna (oltre il +100%)

Regioni, dal 2001 al 2008 spesa +50% per le nuove funzioni della Bassanini Il governatore dell'Emilia Romagna Vasco Errani

VENEZIA - Tra il 2001 e il 2008 la spese totali delle Regioni italiane sono aumentate del 50% circa (esattamente del 47,7%). La Basilicata (+102,3%) e l'Emilia Romagna (+100,7%) sono le due realtà territoriali che hanno registrato le variazioni più importanti. Sempre nello stesso periodo , invece, l'inflazione è cresciuta Del 17,5%. I dati emergono da un'analisi pubblicata dalla Cgia di Mestre. Tuttavia il forte aumento percentuale della spesa non è da valutare come un aumento degli sprechi: infatti nel 2001, come ricorda la stessa Cgia, sono andate a regime le disposizioni della legge Bassanini (approvata nel '97), che ha conferito nuove funzioni e nuove competenze alle Regioni e agli enti locali. Nello stesso anno si è chiuso anche il processo di trasferimento in materia sanitaria.

A livello di macroarea la crescita più sostenuta si è verificata al Centro (+69,2%), seguono il Nord (+52%) e infine il Sud (+33,7%). "I numeri ci dicono che sono state le Regioni del Centro a spendere di più - sottolinea il segretario della Cgil Giuseppe Bortolussi - Tuttavia, va sottolineato che la spesa totale va calibrata al numero di abitanti a cui si rivolge e al fatto che gli importanti aumenti di spesa avvenuti nel regioni del Centro-Nord, spesso hanno incrementato la qualità e la quantità dei servizi offerti ai cittadini".

Semmai, gli analisti della Cgia sottolineano come l'aumento della spesa abbia privilegiato le spese correnti. "Quello che ci preoccupa - dice infatti Bortolussi - è che a fronte di un aumento della spesa totale pari a 66,2 miliardi di euro (con una variazione percentuale nazionale pari al +47,7%), di questi ben 49 sono riconducibili ad aumenti delle spese correnti. Vale a dire che il 74% dell'aumento della spesa totale delle Regioni è addebitabile alle spese correnti. Ovvero, a quelle destinate alla produzione ed al funzionamento dei servizi prestati e non ad investimenti". Tra il 2001 e il 2008 la spesa corrente è cresciuta del 50,5%, con punte massime nel Lazio (+125,7%), nel Molise (+100,2%) e nell'Emilia Romagna (+69,7%). Anche in questo caso è il Centro Italia a registrare la variazione di crescita più sostenuta: +93%. Nel Nord l'aumento si attesta al 51,1% e al Sud al 27,9%.

Analizzando poi in dettaglio le quattro principali funzioni di spesa, che messe assieme costituiscono mediamente il 70% del totale di ciascuna Regione, e cioè sanità, amministrazione generale, interventi in campo economico e trasporti, è la sanità ad aver registrato l'aumento percentuale maggiore, con una crescita della spesa a livello nazionale del 55,6%. A livello regionale è stato il Molise a segnare l'incremento più deciso (+122,6%). Tra le tre macroaree è ancora una volta il Centro a marcare la variazione di crescita più sostenuta: +90,9%. Seguono il Nord con il +45,9% e il Sud con il +44,5%.

Per quanto riguarda le spese per l'amministrazione generale (stipendi, funzionamento della macchina burocratica, affitti, etc.), l'incremento medio nazionale è stato del +41,4%, con una punta massima del +129,6% in Calabria. Il Centro, con il +47,2%, mantiene la leadership nazionale anche se il Sud lo incalza con una variazione pari al + 46,3%. Chiude il Nord con il + 35,3%.

Gli interventi a sostegno delle imprese, invece, hanno registrato a livello nazionale un calo del 12%. Il picco massimo di crescita, comunque, lo si è raggiunto in Umbria (+146,5%). Se al Centro l'aumento è stato del +32,9%, al Nord c'è stato un +2,6%, mentre al Sud è sceso del 33,4%.

Infine, i trasporti. L'aumento medio è stato del +29,7%. In Calabria, la variazione della spesa ha raggiunto, addirittura, il + 246,1%. Se al Centro la variazione è stata del +61,2%, al Nord si è attestata al +52,9%. Male al Sud: la contrazione è stata del -6,2%.

(17 luglio 2010)

2010-07-15

Bankitalia rivede al rialzo le stime del Pil

ma "la disoccupazione sfiorerà il 9%"

Quest'anno la crescita dovrebbe raggiungere l'1%, come l'anno prossimo: la previsione di gennaio era di un +0,7%. Tuttavia l'occupazione continua a calare, e così i consumi delle famiglie, ancora più indebitate

Bankitalia rivede al rialzo le stime del Pil ma "la disoccupazione sfiorerà il 9%" Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi

ROMA - La Banca d'Italia rivede al rialzo le stime sulla crescita italiana. Infatti, si legge nel Bollettino economico, il Pil italiano crescerà dell'1% sia quest'anno che il prossimo, trainato dalle esportazioni. La stima di gennaio era per una crescita dello 0,7%. Una revisione, spiegano i tecnici di via Nazionale, "in larga parte riconducibile all'evoluzione più favorevole degli scambi internazionali rispetto a quanto allora ipotizzato". Per il 2011 tuttavia, "il maggior contributo della domanda estera verrebbe sostanzialmente compensato dall'effetto della manovra di correzione dei conti pubblici".

Di fatto, avverte Bankitalia, "nella seconda parte del 2010 l'esaurirsi delle misure di stimolo fiscale e nel 2011 gli effetti restrittivi del piano di risanamento dei conti pubblici disposto dal governo determinerebbero un rallentamento dell'attività produttiva rispetto al primo semestre di quest'anno".

Pertanto la maggiore crescita del Pil prevista nel 2010 non si tradurrà in una ripresa a gonfie vele. Intanto, ricorda la Banca d'Italia, "la ripresa dell'attività economica non è stata sufficiente a invertire la dinamica dell'occupazione, che nel primo trimestre ha tuttavia smesso di ridursi". Ma per i prossimi mesi il tasso di disoccupazione è atteso in crescita, fino ad arrivare "in prossimità del 9%, al netto dei fattori stagionali".

La ripresa dell'occupazione rispetto al quarto trimestre del 2009 ha interessato prevalentemente i servizi alle persone e alle famiglie e ha riguardato le sole regioni del Nord e del Centro. E' invece continuato il calo nell'industria in senso stretto, nell'agricoltura e nel Mezzogiorno. Rispetto a un anno prima, nel primo trimestre del 2010 il tasso di occupazione delle persone in età da lavoro è sceso di 0,8 punti percentuali, al 56,6 per cento. La riduzione, più significativa per gli uomini che per le donne (rispettivamente -0,9 e -0,6 punti percentuali), ha interessato in misura maggiore i giovani (-1,0 punti percentuali tra i 15 e i 24 anni).

"Le ancora incerte prospettive occupazionali e gli effetti delle misure di riequilibrio dei conti pubblici - aggiunge via Nazionale - graverebbero sui consumi delle famiglie, che aumenterebbero di circa mezzo punto percentuale l'anno, un ritmo marcatamente inferiore a quello del prodotto". E quindi l'inflazione italiana "viene contenuta dalla perdurante debolezza dei consumi delle famiglie".

Nonostante i consumi ristagnino, e in particolare quelli alimentari siano nuovamente in calo, nel primo trimestre 2010 continua ad aumentare il debito delle famiglie italiane, che si colloca intorno al 61 per cento. Tuttavia, "gli oneri sostenuti dalle famiglie italiane per il servizio del debito (pagamento di interessi e restituzione del capitale) sono rimasti sostanzialmente stabili, a poco più del 9 per cento del reddito disponibile. I tassi di interesse sui prestiti per l'acquisto di abitazioni sono lievemente diminuiti; quelli sul credito al consumo hanno registrato un aumento contenuto.

(15 luglio 2010)

 

 

 

 

 

ISTAT

Povertà stabile nel 2009

la crisi ha colpito i giovani

In totale ci sono quasi 8 milioni di persone che toccano vivono con un reddito di 983 euro mensili. Il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto identico ma le loro condizioni medie sono peggiorate. Male il sud e le famiglie operaie

Povertà stabile nel 2009 la crisi ha colpito i giovani

ROMA - Nonostante la dura recessione economica la povertà in Italia non subisce un aumento nel corso del 2009. Ma ad essere colpiti sono i giovani, il Sud e le famiglie operaie. I dati diffusi dall'Istat indicano che l'esercito dei poveri è stabile a quasi 8 milioni di persone, pari al 13,1% dell'intera popolazione ma al mezzogiorno si conferma una situazione allarmante. Vive in condizioni di povertà (la soglia di poverta è pari ai 983 euro mensili, 17 euro in meno rispetto al 2008) oltre una famiglia su 5, il 22,7% con un aumento del valore dell'intensità della povertà assoluta (dal 17,3% al 18,8%) dovuto al fatto che il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto identico ma le loro condizioni medie sono peggiorate. Peggiorano, però, le condizioni delle famiglie assolutamente povere del sud e cresce la povertà assoluta (che misura i più poveri tra i poveri) di quelle operaie.

Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a 983 euro, vengono classificate come povere. Sempre nel 2009, 1 milione 162mila famiglie (il 4,7%) risultano in condizione di povertà assoluta per un totale di 3 milioni e 74 mila individui (il 5,2% della popolazione). Ambedue i fenomeni risultano stabili rispetto al 2008.

Sono due le ragioni per le quali il numero dei poveri non è nè aumentato nè diminuito. Nel periodo considerato, l'80% del calo dell'occupazione ha colpito i giovani, mentre due ammortizzatori sociali fondamentali hanno mitigato gli effetti della crisi sulle famiglie: la famiglia, che ha protetto i giovani che avevano perso il lavoro, e la cassa integrazione che ha protetto i genitori dalla perdita dell'occupazione.

Il Sud conferma i livelli di incidenza della povertà raggiunti nel 2008 (22,7% per la relativa e 7,7% per l'assoluta) e mostra un aumento del valore dell'intensità della povertà assoluta (dal 17,3% al 18,8%) dovuto al fatto che il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto pressochè identico, ma le loro condizioni medie sono peggiorate.

L'incidenza di povertà assoluta aumenta, tra il 2008 e il 2009, per le famiglie con persona di riferimento operaia (dal 5,9% al 6,9%), mentre l'incidenza di povertà relativa per queste famiglie aumenta solo nel centro (dal 7,9% all'11,3%). L'incidenza diminuisce invece a livello nazionale tra le famiglie con a capo un lavoratore in proprio (dall'11,2% all'8,7% per la povertà relativa, dal 4,5% al 3% per l'assoluta), più concentrate al nord rispetto al 2008.

(15 luglio 2010)

 

 

 

 

Bce: "Ripresa debole, urgente risanare i conti"

Anche Draghi insiste: "Accelerare il riequilibrio"

Disoccupazione al massimo dal '98 e mercati condizionati dalla paura: una situazione ancora problematica quella descritta nel Bollettino della banca centrale. Il governatore: "Le banche siano più vicine alle piccole imprese"

Bce: "Ripresa debole, urgente risanare i conti" Anche Draghi insiste: "Accelerare il riequilibrio"

ROMA - Secondo il Consiglio direttivo della Bce "si prospetta un ritmo di incremento moderato e ancora discontinuo del Pil in termini reali nel corso del tempo e in tutte le economie e i settori di attività dell'area euro". Lo si legge nel Bollettino di luglio dell'Eurotower. La Bce si attende infatti "che la ripresa dell'attività sia frenata dal processo di aggiustamento dei bilanci in corso in diversi comparti e dalle prospettive per il mercato del lavoro".

"Spingere sul risanamento dei conti" - "Il risanamento dei conti pubblici dovrà essere notevolmente superiore all'aggiustamento strutturale dello 0,5% del Pil su base annua stabilito come requisito minimo nel Patto di stabilita e crescita", afferma la Bce, che sottolinea "l'importanza capitale di ripristinare gli equilibri di bilancio nel periodo successivo alla crisi".

Disoccupazione verso la stabilizzazione - ''In maggio il tasso di disoccupazione dell'area euro è stato pari al 10% e si attesta sul livello più elevato dall'agosto 1998. In prospettiva, gli indicatori sono migliorati dai loro minimi, suggerendo una stabilizzazione della disoccupazione nell'area nei prossimi mesi".

Paura sul mercato dei bond - "I mercati dei titoli di Stato dell'area euro hanno continuato a risentire pesantemente delle notizie sulle prospettive dei paesi dell'aerea che presentavano posizioni di bilancio problematiche. Sebbene i timori per il rischio sovrano siano sembrati attenuarsi leggermente a seguito dell'annuncio del meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria e del programma della Bce relativo ai mercati dei titoli, le preoccupazioni degli investitori hanno avuto il sopravvento", si osserva nel Bollettino.

Draghi: "Accelerare rientro da squilibri" - ''E' indispensabile un'accelerazione del rientro dagli squilibri dei conti pubblici''. Lo ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nel suo intervento all'assemblea dell'Abi. ''L'effetto sulla ripresa - ha aggiunto Draghi - sarà positivo se il risanamento contribuirà a ridurre gli spread sui titoli sovrani che spesso costituiscono il benchmark per la determinazione del costo del credito da parte delle banche. Ma se la nube di incertezza - ha aggiunto Draghi - che permane nei bilanci bancari non verrà rimossa, le difficolta di provvista continueranno''.

Per quanto riguarda nel dettaglio la situazione italiana, Draghi si è soffermato sulla manovra economica approvata dal governo e ha sottolineato come ''nonostante i costi in termini di crescita che la manovra implica nel breve periodo, era inevitabile agire al più presto''. Tuttavia, ha aggiunto il governatore, se la correzione possa effettivamente consentire il raggiungimento degli obiettivi di indebitamento netto potrà essere valutato solo nei prossimi mesi. ''La stima degli effetti del contrasto all'evasione presenta incertezze - ha aggiunto Draghi - e per contenere la dinamica della spesa è necessaria una decisa correzione di rotta rispetto alle tendenze dell'ultimo decennio. Il riordino dei conti pubblici e la crescita sono insieme - ha aggiunto - condizioni essenziali per la stabilità finanziaria e questa è a sua volta il pilastro su cui poggia una crescita durevole".

"All'obiettivo della crescita va orientata - secondo Draghi - la necessaria ricomposizione dell'intero bilancio pubblico. Muovono in questa direzione le riforme già avviate nella pubblica amministrazione e quelle che innalzeranno l'età di pensionamento. Il contenimento dell'evasione fiscale - ha concluso Draghi - può essere un'importante leva di sviluppo se correlato alla riduzione delle aliquote gravanti sui contribuenti onesti''.

Redditi stagnanti, lavoro incerto - Anche se l'economia italiana beneficia della ritrovata vivacità degli scambi internazionali, afferma Draghi, con il volume delle esportazioni che cresce del 9% quest'anno e del 5 per cento il prossimo, consumi e investimenti restano deboli, perché i redditi ristagnano e le prospettive di occupazione sono incerte.

A livello mondiale, osserca il governatore, la ripresa ''è diseguale, dalla tenuta incerta, ma prosegue''. Il Fondo monetario Internazionale ''stima una crescita del prodotto globale intorno al 4,5% quest'anno ed il prossimo: l'8-10% in alcuni grandi paesi emergenti, l'1 o poco più nell'area euro''. Ma, insiste Draghi, ''la ripresa, trainata dalla crescita del commercio internazionale rimane esposta a rischi: la perdurante debolezza della domanda interna nei nostri paesi; turbolenze nei mercati finanziari che, ancora fragili, reagiscono in maniera eccessiva all'acuita percezione dei rischi sovrani; possibili tensioni inflazionistiche nei paesi emergenti, che indurrebbero a politiche più restrittive''.

Draghi alle banche: "Soddisfare domanda di credito delle PMI". Rivolgendosi poi in particolare alle banche, il governatore della banca d'Italia ha chiesto che "gli istituti bancari siano più vicini alle piccole e medie imprese, pur erogando il credito con prudenza e lungimiranza". La domanda di credito delle imprese, fa notare il governatore, "aumenta, ma si ha l'impressione che le imprese piccole dicano che questa domanda non viene soddisfatta".

(15 luglio 2010) © Riproduzione riservata

 

 

 

 

 

Inflazione ferma a giugno

Su base annua l'aumento è dell'1,3%

Dinamica in calo rispetto all'1,4% del mese precedente. L'indice armonizzato europeo mostra una variazione lievemente superiore, dell'1,5%. Meno caro il "carrello della spesa"

Inflazione ferma a giugno Su base annua l'aumento è dell'1,3%

ROMA - Resta ferma l'inflazione a giugno: il dato mensile è rimasto invariato rispetto a maggio. L'incremento tendenziale è risultato dell'1,3% in calo dal +1,4% del mese precedente. Lo segnala l'Istat che conferma la stima preliminare. L'indice al netto dei tabacchi ha registrato un aumento congiunturale dello 0,1% e tendenziale dell'1,2%.

Il dato armonizzato Ue (IPCA) è invece salito rispettivamente dello 0,1 e dell'1,5%.

Alcune caratteristiche dell'IPCA, ed in particolare il fatto che tale indice tiene conto, diversamente dagli indici nazionali NIC e FOI, anche delle riduzioni temporanee di prezzo (saldi e promozioni), possono determinare in alcuni mesi dell'anno andamenti congiunturali significativamente diversi da quelli degli indici nazionali.

A giugno gli aumenti congiunturali più significativi sono stati rilevati per i capitoli Altri beni e servizi (più 0,4 per cento) e Ricreazione, spettacoli e cultura (più 0,2 per cento); variazioni nulle si sono registrate nei capitoli Bevande alcoliche e tabacchi e Istruzione; variazioni congiunturali negative si sono verificate nei capitoli Trasporti (meno 0,3 per cento), Servizi sanitari e spese per la salute (meno 0,2 per cento) e Comunicazioni (meno 0,1 per cento).

Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli Trasporti (più

3,7 per cento), Altri beni e servizi (più 3,3 per cento) e Istruzione (più 2,5 per

cento); variazioni tendenziali negative si sono verificate nei capitoli Comunicazioni (meno 1,0 per cento) e Prodotti alimentari e bevande analcoliche (meno 0,3 per cento).

A giugno il carrello della spesa è stato meno salato: i prezzi dei prodotti più acquistati hanno registrato un aumento annuo dell'1,6%. Le merci comprate con maggiore frequenza (dagli alimenti ai carburanti) registrano una frenata rispetto al +2,1% di maggio. Si tratta del dato più basso da circa sei mesi. Su base mensile si è verificato un calo (-0,1%).

(14 luglio 2010) © Riproduzione riservata

 

 

 

 

 

 

2010-07-13

Nuovo record a maggio per il debito

ma si riduce la flessione delle entrate

I dati del Bollettino statistico di Bankitalia: in cinque mesi un incremento del 3,7%. Nel mese aumenta dello 0,7% il gettito fiscale, portando da -1,8 a -1,3% il risultato da inizio anno

Nuovo record a maggio per il debito ma si riduce la flessione delle entrate Il ministero dell'Economia

ROMA - Debito pubblico record a maggio: tocca i 1.827,1 miliardi di euro, aumentando di 15 miliardi rispetto al mese precedente. Dalla fine del 2009 il valore del debito italiano è salito di 65,8 miliardi, segnando un incremento del 3,7%. E' quanto riporta il supplemento Finanza Pubblica al bollettino statistico della Banca d'Italia. Ad aprile il debito si era attestato a 1.812,8 miliardi segnando già un incremento rispetto ai 1.797,7 miliardi del mese precedente, mentre a maggio 2009 il era di 1.753,335 miliardi di euro.

Sempre a maggio il gettito fiscale è salito dello 0,7%. Si riduce quindi la flessione che nei primi 4 mesi era stata dell'1,8%: con quest'ultimo dato la contrazione diventa dell'1,3%. A maggio, al netto del gettito incassato ma non contabilizzato, gli incassi contabilizzati ammontano a 28.239 milioni contro i 28.035 dello stesso mese del 2009.

(13 luglio 2010)

 

 

 

 

Istat, sommerso tra i 255 e i 275 miliardi

spicca il lavoro nero e le fatture al ribasso

Nel 2009 circa 2 milioni e 966 mila lavoratori non regolari. L'economia sommersa pesa sul Pil in una percentuale tra il 16,3 e il 17,5. La maggiore incidenza nel settore dell'agricoltura

Istat, sommerso tra i 255 e i 275 miliardi spicca il lavoro nero e le fatture al ribasso

ROMA - Nel 2009 sono circa 2 milioni e 966 mila i lavoratori non regolari occupati in prevalenza come dipendenti (circa 2 milioni e 326 mila rispetto alle 640 mila unità di lavoro indipendenti), in crescita rispetto al 2008 (2 milioni e 958 mila circa). Sempre nel 2008 il valore aggiunto prodotto nell'area del sommerso economico è compreso tra un minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di euro. Lo rileva l'Istat, aggiungendo che il peso dell'economia sommersa è compreso tra il 16,3% e il 17,5% del Pil (nel 2000 era tra il 18,2% e 19,1%). Tra il 2000 e il 2008 l'ammontare del valore aggiunto sommerso registra una tendenziale flessione, pur mostrando andamenti alterni: la quota del sommerso economico sul Pil raggiunge il picco più alto (19,7%) nel 2001, per poi decrescere fino al 2007 (17,2%) e mostrare segnali di ripresa nel 2008 (17,5%).

Diversi i modi in cui si attuano i comportamenti fraudolenti degli operatori economici per evadere il sistema fiscale e contributivo. Primo tra tutti, l'utilizzo di lavoro non regolare, fenomeno, sottolinea l'Istat, "strettamente" connesso "al mancato versamento dei contributi sociali: nel 2008 erano circa 2 milioni e 958 mila le unità di lavoro non regolari (ula)". Questa componente "che rappresenta l'11,9% dell'input di lavoro complessivo nel 2008, raggiunge il 12,2% nel 2009".

Se le prestazioni lavorative sono non regolari, e quindi non direttamente osservabili, "producono un reddito che non viene dichiarato dalle unità produttive che le impiegano", continua ancora l'Istat, secondo cui "nel 2008 l'incidenza del valore aggiunto prodotto dalle unità produttive che impiegano lavoro non regolare risulta pari al 6,5% del Pil, in calo rispetto al 2000 quando ne rappresentava il 7,5%".

Ma l'impiego di lavoro non regolare rappresenta soltanto una componente dell'economia sommersa. "La parte più rilevante del fenomeno è costituita dalla sottodichiarazione del fatturato e dal rigonfiamento dei costi impiegati nel processo di produzione del reddito. Nel 2008 l'incidenza del valore aggiunto non dichiarato dovuto alle suddette componenti raggiunge il 9,8% del Pil (era il 10,6% nel 2000)".

A livello settoriale, la maggiore incidenza di unità di lavoro non regolari e con un tasso di irregolarità in aumento dal 20,9% del 2001 al 24,5% del 2009 si registra nell'agricoltura. La rilevanza del fenomeno è dovuta al carattere stagionale dell'attività agricola e al forte ricorso al lavoro a giornata, fattori che non hanno trovato nelle misure di regolarizzazione degli stranieri o di regolamentazione del lavoro atipico strumenti di contrasto sufficienti a ridurre l'impiego di manodopera non regolare.

Se si considera la sola economia di mercato, senza considerare, cioè, il valore aggiunto prodotto dai servizi non market forniti dalle amministrazioni pubbliche, "il sommerso nel 2008 rappresenta il 20,6% del Pil, contro il 17,5% calcolato per l'intera economia".

Gli irregolari. L'Istituto di statistica individua tre diverse tipologie di occupati in nero: gli irregolari residenti, gli stranieri non regolari e le attività plurime non regolari (in pratica chi svolge un secondo lavoro in nero). Dal 2001 gli irregolari residenti rappresentano la componente più rilevante delle unità di lavoro non regolari e si attestano nel 2009 intorno a 1 milione e 652 mila unità. Un'altra componente rilevante è rappresentata dalle unità di lavoro riferibili alle posizioni plurime (937 mila unità). Gli stranieri clandestini rappresentano, invece, la componente più piccola del lavoro non regolare (377 mila unità di lavoro nel 2009).

Nonostante gli interventi di sanatoria, tuttavia, è da rilevare che tra il 2001 e il 2008 il numero di lavoratori stranieri irregolari in Italia è cresciuto, subendo un'inversione di tendenza soltanto nel 2009. Tale dinamica è dovuta presumibilmente a una crescita tendenziale della domanda di lavoro da parte delle famiglie (in particolare colf e badanti), che solo nel 2009 è stata controbilanciata dalla diminuzione degli stranieri occupati nelle imprese.

"Nel periodo 2001-2008 gli interventi normativi - conclude l'Istat - hanno, quindi, agito nella direzione di un contenimento del lavoro non regolare, consentendo di trasformare lavoratori già occupati irregolarmente in posizioni lavorative regolari. La crisi economica dell'ultimo biennio, invece, ha modificato il quadro che, sebbene ancora basato su evidenze statistiche che dovranno essere consolidate, evidenzia una riduzione complessiva dell'occupazione pari a 660 mila unità, con una forte contrazione del lavoro regolare (-668 mila unità), accompagnata da una lieve crescita del lavoro non regolare (+8 mila unità). La diversa dinamica del lavoro regolare e non regolare ha determinato una modesta crescita del tasso di irregolarità, passato dall'11,9 per cento del 2008 al 12,2 per cento nel 2009".

(13 luglio 2010)

 

 

 

2010-07-08

ISTAT

Famiglie: reddito ancora in calo

meno risparmio, spese in aumento

Il potere di acquisto è sceso dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. La spesa è tornata a crescere dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti. Cala la quota di profitto delle società non finanziarie (-0,7 punti)

Famiglie: reddito ancora in calo meno risparmio, spese in aumento

ROMA - Il reddito delle famiglie italiane continua a scendere. Gli effetti della crisi economica pesano sulle tasche dei cittadini. Secondo i dati Istat nel primo trimestre dell'anno le famiglie italiane mostrano una contrazione del risparmio e del reddito. In dettaglio, il reddito disponibile delle famiglie diminuisce dello 0,2% sul trimestre precedente.

L'Istat, precisa che si tratta del reddito lordo disponibile, ovvero quello destinato al consumo e al risparmio. Nel primo trimestre del 2010 la propensione al risparmio delle famiglie (definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile) ha raggiunto il 13,4 per cento, riducendosi di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,6 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2009.

La spesa delle famiglie per consumi finali si è ridotta dello 0,7% rispetto a un anno prima ma è tornata a crescere dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti. Nello stesso periodo, il potere di acquisto delle famiglie, vale a dire il reddito disponibile in termini reali, è sceso dello 0,5% rispetto al trimestre precedente.

Il tasso di investimento delle famiglie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi, che comprendono gli acquisti di abitazioni e gli investimenti strumentali delle piccole imprese classificate nel settore, e il loro reddito disponibile lordo) nel primo trimestre 2010 si è attestato all'8,5 per cento, quindi 0,1 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente, risentendo di una riduzione degli investimenti (meno 1,1 per cento) superiore a quella del reddito disponibile (meno 0,2 per cento).

Rispetto al corrispondente periodo del 2009, gli investimenti fissi lordi delle famiglie si sono ridotti (-10,5 per cento) in misura superiore alla flessione del loro reddito disponibile, determinando una riduzione del tasso di investimento del settore di 0,8 punti percentuali.

Nel primo trimestre 2010, la quota di profitto delle società non finanziarie (data dal rapporto tra il risultato lordo di gestione e il valore aggiunto lordo a prezzi base) si è attestata al 40,6 per cento, con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente: il risultato lordo di gestione delle società non finanziarie, infatti, è cresciuto dell'1,2 per cento, in misura superiore all'aumento dello 0,4 per cento registrato dal valore aggiunto. Rispetto al corrispondente trimestre del 2009, invece, la flessione del risultato lordo di gestione si è attestata su livelli superiori a quella del valore aggiunto: pertanto la quota di profitto delle società non finanziarie ha perso 0,7 punti percentuali rispetto al primo trimestre del 2009.

(08 luglio 2010)

 

 

 

 

Crisi, l'Fmi esclude la recessione

"ma crescono le turbolenze finanziarie"

Il Fondo monetario internazionale prevede una crescita mondiale del 4,6 per cento per l'anno in corso. In Italia il Pil crescerà dello 0,9%. Resta il rischio degli Stati in difficoltà

ROMA - L'economia mondiale accelera nel 2010, grazie ai buoni risultati messi a segno nel primo semestre. Il pil mondiale si espanderà quest'anno del 4,6%, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto alle stime di aprile. Ma - avverte il Fondo Monetario Internazionale nell' aggiornamento del World Economic Outlook - i rischi al ribasso sono "molto aumentati", con il rischio paese e le banche in Europa che minacciano i progressi conseguiti nella stabilità finanziaria.

"La ripresa economica proseguirà nonostante le turbolenze finanziarie" legate soprattutto allo stato dei conti pubblici di alcuni paesi, in particolare in Europa. Proprio Eurolandia può dare un contributo chiave "nel calmare i mercati", attuando le decisioni prese, quali fra l'altro la completa attivazione del fondo da 440 miliardi di dollari approvato, e prendendo ulteriori azioni per evitare che la crisi del debito dilaghi. Invitando a metter a punto piani di risanamento dei bilanci "credibili" per il medio termine, il Fmi constata come la sfida più grande che i governi si trovano ad affrontare è quella di ripristinare la fiducia senza mettere a repentaglio la ripresa economica.

L'economia mondiale crescerà quest'anno del 4,6% e il prossimo del 4,3% (stima invariata rispetto alle stime di aprile), con le economie emergenti a fare la parte del leone spinte dalla Cina, il cui pil si espanderà quest'anno del 10,5% e nel 2011 del 9,6%. Gli Stati Uniti correranno più veloci di Eurolandia, crescendo del 3,3% nel 2010 e del 2,9% nel 2011. L'area euro, sulla quale grave la crisi del debito in alcuni paesi, si espanderà quest'anno dell'1,0% (stima invariata rispetto ad aprile) e il prossimo dell'1,3% (-0,2 punti percentuali), con l'economia spagnola che si contrarrà dello 0,4% nel 2010, per poi crescere nel 2011 dello 0,6%. Per l'Italia il Fmi rivede al rialzo la stima di quest'anno (+0,9%, ovvero +0,1 punti percentuali rispetto ad aprile) e lima quelle per il 2011 (+1,1%, -0,1 punti percentuali). Il Fmi prevede un'inflazione moderata nelle economie avanzate e ritiene che date le deboli pression i sui prezzi "la politica monetaria può restare altamente accomodante nel futuro prevedibile nelle economie avanzate. Questo aiuterà a mitigare gli effetti avversi sulla crescita del risanamento fiscale e - osserva il Fmi - al nervosismo dei mercati finanziari. Se rischi al ribasso dovessero materializzarsi, la politica monetaria dovrebbe essere la prima di difesa in molte economie avanzate. In questo scenario, con i tassi di interesse già vicini allo zero nelle maggiori economie, le banche centrali potrebbero dover ricorrere di nuovo a un utilizzo più forte del proprio bilancio per allentare le condizioni monetarie".

E' necessario agire per riportare fiducia senza mettere a repentaglio la ripresa e - aggiunge - affrontare "alla radice il problema del rischio paese, soprattutto nei paesi dell'area euro finiti sotto pressione". E questo anche perchè il rischio paese, "senza un'attenzione permanente, potrebbe estendersi" dall'area euro in altre regioni. Promuovendo la pubblicazione dei risultati degli stress test in Europa, l'istituto di Washington ritiene particolarmente importante per Eurolandia "coordinare bene le politiche per riportare fiducia".

"Servono urgentemente piani di risanamento di bilancio di medio termine che siano favorevoli alla crescita", osserva il Fondo, precisando che nelle economie più avanzate, comunque, "non c'è bisogno di una stretta prima del 2011, perchè farlo potrebbe mettere a rischio la crescita. L'importante però è non aggiungere ulteriori stimoli all'economia". "Nel breve termine, il tipo e l'ampiezza dell'aggiustamento fiscale dipende dalle circostanze di ogni paese, in particolare dal ritmo di ripresa e dal rischio di perdere credibilità fiscale, che può essere mitigato con l'adozione di credibili piani di risanamento di medio-termine".

(08 luglio 2010)

 

 

 

Bankitalia: occupazione stagnante fino al 2011

Non si tratta di una ‘jobless recovery’, la nuova indagine Istat sui posti vacanti delle imprese lo dimostra. Ed è sicuramente una buona notizia: le imprese pian piano stanno ricominciando a cercare lavoratori. Il grafico mostra nel primo trimestre di quest’anno lo stesso lieve movimento verso l’alto che si può vedere in quelli pubblicati pochi giorni fa sulla produzione industriale, il fatturato e gli ordinativi. Però mostra anche l’"abisso" tra il 2007 e il 2009. La curva è scesa moltissimo, dal picco dell’1,2% del 2004 (al quale ci si era avvicinati, come si può vedere dal grafico elaborato dall’Istat, anche all’inizio del 2007).

grafico

La domanda rimane allora sempre la stessa: quando si ritornerà ai livelli precrisi? Ha provato a dare una risposta uno studio della Banca d’Italia appena pubblicato, non in relazione ai posti di lavoro vacanti, ma rispetto alla questione più generale dei livelli occupazionali. Secondo l’analisi di Federico Cingano, Roberto Torrini ed Eliana Viviano le ipotesi sono due, per il biennio 2010-2011 (oltre non si va per le previsioni). "Data l’ampiezza della caduta dell’attività produttiva, i livelli correnti dell’input di lavoro sembrano superiori a quanto desiderabile per le imprese – premettono i tre studiosi – L’esperienza passata, soprattutto in Paesi come l’Italia e quelli dell’Europa occidentale, mostra come l’occupazione si adegui con ritardo agli andamenti della produzione. E’ pertanto probabile che nella prima metà del 2010 il numero degli occupati si riduca ulteriormente e che rimanga su livelli relativamente bassi nella seconda metà dell’anno e nel 2011 anche nel caso di una significativa ripresa della produzione".

In termini numerici questo significa che, se la relazione tra il Pil e l’occupazione in Italia continui a seguire gli andamenti osservati in passato, e assumento che il Pil creaca dello 0,7% nel 2010 e dell’1,4% nel 2011 come nelle previsioni della Commissione Europea, "alla fine del 2011 i livelli di output saranno del 4,8% più bassi rispetto al primo trimestre del 2008. Date queste stime, si può prevedere che l’input di lavoro si contrarrà nello stesso periodo quasi nella stessa misura, con un calo complessivo del 4,5%".

Seconda ipotesi, più ottimistica, avanzata dagli autori: se "i cambiamenti della regolamentazione del mercato del lavoro intervenuti negli ultimi quindici anni" avessero "ridotto l’inerzia nelle dinamiche dell’input di lavoro, rendendolo più reattivo alle variazioni del Pil", "la ripresa dell’occupazione potrebbe essere più veloce rispetto al passato. Nonostante ciò, "i livelli dell’input di lavoro alla fine del 2011 sarebbero comunque sostanzialmente più bassi rispetto al periodo precedente la crisi (-3,7% rispetto al primo trimestre del 2008)". Insomma, tempi bui a lungo. Anche perché ad attutire la caduta, ricordano gli studiosi di Bankitalia, c’è stata la Cassa Integrazione, che ha evitato di far finire molti lavoratori nelle fine dei disoccupati. E poi c’è l’effetto scoraggiamento: chi non cerca più lavoro non è più tecnicamente un disoccupato, le statistiche non lo considerano più tale e paradossalmente il tasso di disoccupazione scende. Ma l’occupazione non sale.

Tag:Banca d'Italia, Istat, jobless recovery, Lavoro, Occupazione, tasso disoccupazione

Scritto mercoledì, 23 giugno 2010 alle 15:10 nella categoria Istat, Lavoro. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

 

 

 

 

 

2010-07-07

OCSE

Disoccupazione top dal dopoguerra

Italiani agli ultimi posti per i salari

Senza lavoro l'8,7%: a fine 2007 il livello era al minimo da 28 anni, al 5,8%. La busta paga media a 31.462 euro contro i 37.172 della media Ocse. Nell'area 80 milioni di persone in difficoltà

Disoccupazione top dal dopoguerra Italiani agli ultimi posti per i salari

PARIGI - "Partito dal livello minimo in 28 anni del 5,8% a fine 2007, il tasso di disoccupazione nell'area Ocse è cresciuto fino al punto massimo del dopoguerra, l'8,7%, nel primo trimestre 2010, che corrisponde a 17 milioni di persone disoccupate in più". Lo afferma l'Employment outlook 2010 dell'Ocse, presentato oggi a Parigi, che sottolinea poi come questo calo del tasso di occupati sia stato di intensità differente nei vari Paesi membri, in un modo che "le differenze nella diminuzione del Pil lasciano in gran parte inspiegato".

Nel documento si ribadisce anche come i salari italiani siano agli ultimi posti tra quelli dei paesi avanzati. Nel 2008 si attestano in media a 31.462 euro (-0,1% rispetto al 2007), contro i 37.172 euro dei paesi Ocse (+0,1%) e i 37.677 dei paesi Ue (+0,5%). Dietro di noi solo Polonia (11.786 euro), Ungheria (12.462) Repubblica Ceca (13.613), Corea (20.838), Grecia (25.177) e Spagna (28.821). Nettamente meglio Stati Uniti (40.243 euro), Francia (39.241) e Germania(37.203)

"I paesi Ocse devono creare 17 milioni di nuovi posti di lavoro per tornare ai livelli precedenti la crisi, ha detto il segretario generale dell'organizzazione Angel Gurrìa. "Rudirre insieme la disoccupazione e i deficit pubblici è una sfida molto difficile, ma antrambe le cose sono necessarie. Nonostante i segni di ripresa nella maggior parte dei paesi, rimane il rischio che milioni di persone perdano contatto con il mondo del lavoro. L'alta disoccupazione non può essere accettata come una nuova normalità e bisogna adottare una strategia politica di integrazione".

Il "job gap", ha proseguito Gurrìa, varia a seconda dei paesi. Gli Stati Uniti hanno bisogno di creare 10 milioni di nuovi posti, nella piccola Irlanda ne bastano 318.000, ma è un aumento del 20%; in Spagna mancano due milioni e mezzo di posti per tornare ai livelli pre-crisi di fine 2007.

Nel complesso dell'area Ocse i disoccupati sono oggi 47 milioni. Ma aggiungendo le persone che hanno smesso di cercare lavoro o sono a part-time e vorrebbero un impiego a tempo pieno, cioè i sotto-occupati, si arriva alla stratosferica cifra di 80 milioni.

In queste condizioni, ha concluso Gurrìa, i governi devono attentamente bilanciare le politiche di consolidamento fiscale e quelle, che devono essere perseguite contemporaneamente, di aiuto alle persone in stato di necessità, che sono soprattutto i giovani e disoccupati di lungo termine. Mantenere supporti effettivi per queste categorie è "vitale" e i goversni devono resistere alla tentazione di tagliare gli aiuti e ridurre i fondi dei servizi per il reimpiego allo scopo di risparmiare nel breve termine.

E cosa succederà in Italia? L'impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano è stato fino a oggi moderato rispetto a molti altri paesi Ocse. Tuttavia, il Rapporto sull'occupazione suggerisce un peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro nell'ultimo anno. A maggio, il tasso di disoccupazione ha raggiunto l'8,7% in Italia, vale a dire un incremento di due punti percentuali dall'inizio della crisi, inferiore alla crescita media degli alti paesi nello stesso periodo (2,8 punti percentuali). Inoltre la ripresa dell'attività economica non porterà probabilmente a una creazione significativa di occupazione nel breve periodo: infatti, le proiezioni Ocse suggeriscono che la disoccupazione rimarrà pressoché costante sino alla fine del 2011.

La principale risposta del governo italiano alla crisi occupazionale è stata il sostegno ai redditi dei lavoratori non aventi diritto a un sussidio di disoccupazione ed, in particolare, il maggior ricorso alla cassa integrazione (Cig). Nella fase di ripresa economica è però essenziale creare incentivi adeguati alle imprese ad assumere lavoratori e quindi ridurre la disoccupazione. Il Rapporto suggerisce che, da un punto di vista internazionale, l'Italia è tuttora caratterizzata da un ordinamento del mercato del lavoro piuttosto rigido e da una mobilità del lavoro limitata. Per promuovere la produttività e una più ampia creazione di posti di lavoro, sarebbe necessaria una riforma dei contratti di lavoro, tale da rendere più efficace la riallocazione dei lavoratori nella fase di ripresa. Tuttavia, una tale strategia di riforma potrebbe generare una maggiore mobilità subita per alcuni lavoratori con contratti permanenti e si dovrebbe quindi coniugare con ulteriori sforzi nelle politiche del welfare volti a rafforzare il sostegno di reddito per i disoccupati, anche se condizionato alla disponibilità ad accettare offerte di lavoro, accompagnato da un efficace sostegno al re-impiego e compatibilmente con la necessità di preservare la sostenibilità dei conti pubblici.

(07 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-02

Migliorano i conti pubblici

deficit/pil scende all'8,7%

Nel primo trimestre del 2010 il miglioramento è di 0,5 percentuali rispetto allo stesso periodo del 2009. Saldo primario negativo, riduzione di 0,3 punti percentuali nel rapporto rispetto al pil

Migliorano i conti pubblici deficit/pil scende all'8,7%

ROMA - Migliorano i conti pubblici. Nel primo trimestre del 2010 il rapporto tra indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e pil si è attestato a -8,7%, con un miglioramento di 0,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2009 (-9,2%). Lo comunica l'Istat, precisando che i dati del primo trimestre del 2010 sono grezzi e confrontabili solamente con il corrispondente periodo dell'anno precedente. Sempre nei primi 3 mesi del 2010 il saldo primario è risultato negativo per 16,886 miliardi contro un valore di -17,902 miliardi nello stesso periodo del 2009: la riduzione registrata, spiega l'Istat, è pari a 0,3 punti percentuali nel rapporto rispetto al pil (rispettivamente -4,6% da -4,9%).

Nel dettaglio, aggiunge l'istat, il saldo corrente è risultato negativo e pari a 22,852 miliardi contro un valore negativo di 21,423 miliardi nel corrispondente periodo del 2009, con una incidenza negativa sul pil pari al 6,2% (-5,9% nel corrispondente periodo del 2009).

Nel primo trimestre, inoltre, le entrate totali sono aumentate in termini tendenziali dello 0,3%, con una incidenza sul pil del 39,8% e inferiore a quella registrata nel corrispondente trimestre del 2009 (40%). Le entrate correnti hanno registrato, invece, un aumento tendenziale dello 0,1% dovuto all'effetto combinato di una diminuzione delle imposte dirette (-0,6%) e dei contributi sociali (-0,7%) e di una crescita delle imposte indirette (+0,9%) e delle altre entrate correnti (+1,6%).

Le entrate in conto capitale hanno registrato una crescita in termini tendenziali del 37,7%. In particolare le imposte in conto capitale sono aumentate per effetto della contabilizzazione dei versamenti una tantum relativi ai prelievi dello scudo fiscale nel periodo considerato nella rilevazione.

Le uscite totali, continua l'istituto di statistica, sono diminuite in termini tendenziali dello 0,7% e il loro valore in rapporto al Pil si è ridotto dello 0,7 punti percentuali (48,6% contro il 49,3% dello stesso periodo del 2009). Le uscite correnti hanno segnato, invece, un aumento tendenziale dello 0,9% e tale aumento deriva da una diminuzione del 2,9% dei redditi da lavoro dipendente e degli interessi passivi (-3,8%) e da una crescita dell'1,6% dei consumi intermedi, del 2,4% delle prestazioni sociali in denaro e del 5,9% delle altre uscite correnti. Le uscite in conto capitale sono diminuite in termini tendenziali del 20,7% e in particolare gli investimenti fissi lordi sono scesi del 9,5% e le altre uscite in conto capitale sono diminuite del 37,9%.

(02 luglio 2010)

 

 

 

 

A maggio disoccupazione stabile

ma è record per quella giovanile

Per il terzo mese consecutivo il tasso è all'8,7%. Gli occupati registrano una flessione dello 0,2% rispetto ad aprile e dell'1,1% rispetto a maggio 2009. Per i giovani è il top dal gennaio 2004. Disoccupazione femminile al 10%

A maggio disoccupazione stabile ma è record per quella giovanile

ROMA - Tasso di disoccupazione stabile a maggio per il terzo mese consecutivo all'8,7%, con un aumento di 1,2 punti percentuali rispetto a maggio 2009. Ma per giovani e donne è sempre più difficile trovare lavoro. E' quanto emerge dai dati Istat sull'occupazione. In base alle stime, gli occupati a maggio registrano una flession%e dello 0,2% rispetto ad aprile (quando erano aumentato dello 0,2%) e dell'1,1% rispetto a maggio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il numero delle persone in cerca di occupazione diminuisce dello 0,1% rispetto ad aprile, segnando un aumento del 15,5% rispetto a maggio 2009.

Giovani. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a maggio è salito al 29,2% dal 29,1% di aprile (dato rivisto). Si tratta del dato più elevato dall'inizio delle serie storiche, ovvero dal 2004.

Donne in difficoltà. A maggio l'occupazione maschile risulta invariata rispetto al mese precedente e in calo dell'1,1% rispetto al corrispondente mese dell'anno precedente. L'occupazione femminile invece diminuisce dello 0,4% rispetto ad aprile e dell'1,2% nei confronti di maggio 2009. Il tasso di occupazione maschile risulta pari al 67,9%, invariato nell'ultimo mese e in calo di 0,8 punti percentuali negli ultimi dodici mesi. Il tasso di occupazione femminile a maggio è pari al 46,0%, con una riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto a maggio 2009. La disoccupazione maschile è in diminuzione dello 0,6% rispetto al mese precedente, ma in aumento del 16,8% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il numero di donne disoccupate aumenta invece dello 0,3% rispetto ad aprile e del 14% rispetto a maggio 2009. Il tasso di disoccupazione maschile è uguale al 7,7%, stabile rispetto ad aprile e in aumento rispetto a maggio 2009 (1,1 punti percentuali). Il tasso di disoccupazione femminile è pari al 10,1%, in aumento rispetto ad aprile (0,1 punti percentuali) e rispetto al mese di maggio 2009 (+1,2 punti percentuali).

Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni aumenta, a maggio 2010, dello 0,4% rispetto ad aprile e dello 0,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009. Il tasso di inattività è pari al 37,7%, con un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto sia al mese precedente sia a maggio 2009. Gli uomini inattivi sono in aumento dello 0,4% tra aprile e maggio 2010 e dello 0,7% su base annua, mentre le donne inattive presentano aumenti rispettivamente pari allo 0,5% e all'1%.

(02 luglio 2010)

 

 

 

 

 

2010-07-01

STUDIO ISTAT

Crollano gli investimenti nel 2009: -12,1%

peggio della crisi del '93

E' il peggior dato dall'inizio della serie storica nel 1970 e segue il calo del 4% già registrato nel 2008. Il dato più disastroso è quello del settore industriale con -14,9%

Crollano gli investimenti nel 2009: -12,1% peggio della crisi del '93

ROMA - Crollano gli investimenti fissi lordi: nel 2009 hanno registrato una diminuzione del 12,1% in termini reali, accentuando la fase di contrazione iniziata nel 2008 (-4,0%). Lo fa sapere l'Istat, in uno studio. Si tratta di un livello mai raggiunto prima, almeno a partire dal 1970, inizio delle relative serie storiche, e paragonabile solo al calo registrato durante la precedente crisi del 1993, quando si raggiunse un -11,5%. La diminuzione della spesa in beni capitali nel 2008 e nel 2009 ha interessato tutti i settori dell'economia: agricoltura, industria e servizi.

Gli investimenti fissi lordi del settore industriale sono diminuiti nel 2009 del 14,9 per cento rispetto all'anno precedente, dopo un calo del 4,1 per cento nel 2008 (+4,9 per cento nel 2007). Nel settore dei servizi si rileva un calo della spesa per capitale fisso pari a -10,6 per cento nel 2009 e a -4,0 per cento nel 2008 (+0,7 per cento nel 2007). Gli investimenti del settore dei servizi, valutati al netto degli investimenti in abitazioni, risultano in calo dell'11,3 per cento nel 2009 e del 5,1 nel 2008 (+0,6 per cento nel 2007). Il settore agricolo ha fatto registrare un'ulteriore flessione (-17,4 per cento), confermando la tendenza negativa registrata nei due anni precedenti (-2,7 per cento nel 2008 e -4,7 per cento nel 2007).

La composizione settoriale della spesa per investimenti evidenzia il ruolo dominante del settore dei servizi che, nel 2009, ha effettuato il 68,1 per cento degli investimenti totali (59,0 per cento al netto delle abitazioni), una quota in crescita rispetto al 67,0 per cento del 2008 (57,9 per cento al netto delle abitazioni). Corrispondentemente, il peso del settore industriale si è ridotto dal 29,3 per cento nel 2008 al 28,3 per cento nel 2009, mentre è sostanzialmente stabile quello del settore agricolo (3,6 per cento contro il 3,8 per cento nel 2008).

Nel 2009 gli investimenti fissi lordi per addetto ammontano a 9.600 euro, rafforzando la tendenza alla diminuzione manifestatasi già nel 2008 (10.600 euro, contro gli 11.000 euro nel 2007). Gli investimenti per addetto sono pari 10.200 euro nell'industria (in calo rispetto al valore di 11.300 euro del 2008 e di 11.600 euro nel 2007) e a 9.500 euro nei servizi (10.500 euro nel 2008 e 11.000 euro registrato nel 2007). Al netto degli investimenti in abitazioni, gli investimenti per addetto nel settore dei servizi sono pari a 6.600 euro (7.300 euro del 2008 e 7.700 del 2007). Nel settore agricolo gli investimenti per addetto ammontano a 6.400 euro (7.600 nel 2007 e nel 2008).

La composizione percentuale per tipologia di bene di investimento mostra, per il 2009, un peso crescente degli investimenti in costruzioni (49,5 rispetto al 47,1 del 2008) e in altri mezzi di trasporto (2,8 rispetto a 1,6 del 2008), oltre che una modesta crescita del peso del software (3,7 per cento rispetto al 3,4 del 2008) e degli altri servizi e immateriali (6,5 per cento rispetto al 6,2 per cento nel 2008). In flessione, invece, risulta la quota di investimenti in macchine e attrezzature (dal 27,3 per cento del 2008 al 24,8 del 2009) e in mezzi di trasporto su strada (dal 7,4 per cento del 2008 al 5,7 del 2009). Nel 2009 è rimasto invece stabile il peso degli investimenti in macchine per ufficio (1,9 per cento), in apparati per le comunicazioni (2,3 per cento) e in mobili (2,9 per cento).

Nel 2009 la spesa per investimenti in prodotti Ict registra una diminuzione dell'8,1 per cento in termini reali, accentuando la dinamica negativa già evidenziata nel 2008 con una variazione del -8,9. La dinamica settoriale mostra una diminuzione nella spesa in tutti i comparti dell'economia: -8,9 per cento nell'industria (-4,9 per cento nel 2008), -7,9 per cento nei servizi (-4,4 per cento nel 2008) e -13,5 nell'agricoltura (0,6 nel 2008).

Sempre nel 2009, la crescita dello stock di capitale netto in termini reali registra una brusca frenata, attestandosi allo 0,5 per cento rispetto all'1,3 del 2008 e all'1,7 del 2007. La dinamica positiva dello stock di capitale netto è dovuta esclusivamente alla crescita nel settore dei servizi (+0,9 per cento, contro +1,5 del 2008 e +1,8 del 2007). Nel settore industriale, infatti, lo stock di capitale netto registra una diminuzione dello 0,5 per cento rispetto all'anno precedente (contro una crescita dell'1,0 cento nel 2008 e dell'1,5 nel 2007). La contrazione dello stock di capitale netto è ancor più marcata nel settore agricoltura dove il calo è pari a all'1,2 per cento, rafforzando la tendenza alla diminuzione già manifestatasi nel 2008 (-0,2).

Il settore dei servizi contribuisce alla formazione dello stock di capitale per il 77,8 per cento netto, il settore industriale per il 18,4 mentre la quota relativa al settore agricolo è pari al 3,8. Lo stock di capitale netto per addetto registra, invece, una crescita, passando da 166.100 euro nel 2008 a 171.500 euro nel 2009. L'aumento è diffuso: nel settore agricolo si registra un incremento da 123.600 a 124.400 euro; nel settore dell'industria da 114.600 a 121.400 euro; in quello dei servizi (al lordo delle abitazioni) da 190.800 euro a 195.100 euro. Nel 2009 il tasso di crescita degli ammortamenti si attesta allo 0,7 per cento, in rallentamento rispetto all'anno precedente (+1,5 per cento). Tale risultato è da attribuire alla mancata crescita rilevata nel settore agricolo e nell'industria ed al rallentamento evidenziato nel settore terziario (1,1 per cento contro 1,8 per cento del 2008).

(01 luglio 2010)

 

 

 

Produttività e declino

di CARLO CLERICETTI

Sarà forse il caso di riflettere bene sui dati appena diffusi dall'Istat sul crollo degli investimenti, perché hanno implicazioni politiche di non piccolo rilievo.

Si può certo dire che, visto che siamo in mezzo alla più grave crisi mondiale dopo quella degli anni '30, e visto che una delle sue caratteristiche è stato il prosciuganento del credito alle imprese, questo crollo è, se non "normale", almeno comprensibile. Ma la riflessione non può finire qui, in un paese dove da anni si discute di produttività stagnante e di "declino".

Che la produttività in Italia non cresca da oltre un decennio è un fatto. Ma sul perché questo accada non ci sono spiegazioni semplici e nemmeno risposte univoche. Si tratta di un problema estremamente complesso, a partire dalla sua misurazione sulla cui precisione sono stati spesso avanzati dei dubbi.

E' invece semplice e univoca la risposta politica che è stata data a questo fenomeno: bisogna lavorare di più, eliminare le assenze, guadagnare di meno, i lavoratori devono rinunciare ad alcuni di quelli che finora erano considerati diritti, la massima flessibilità del lavoro e del salario sono indispensabili. Gli sforzi del governo per emarginare la parte del sindacato meno "conciliante", l'accordo separato sulla riforma della contrattazione, la detassazione degli straordinari e l'obiettivo di svuotare di significato la contrattazione nazionale sono la conseguenza di questa interpretazione.

Ma per aumentare la produttività non serve solo "lavorare di più". Se devo scavare le fondamenta di un palazzo posso organizzare turni continui di uomini robusti con pala e piccone, ma se posso disporre di una sola persona che manovra una scavatrice di certo si farà prima. E se cambio la scavatrice con una nuova e più veloce il risultato sarà ancora migliore. Insomma, bisogna che il lavoro sia messo in condizione di fruttare il massimo possibile, e questo si ottiene con l'organizzazione, la tecnologia, l'innovazione. Si ottiene, insomma, con gli investimenti.

Già sappiamo che da sempre gli investimenti in Italia sono - in rapporto al Pil - circa la metà della media europea. Ora lo studio dell'Istat ci dice che nel crollo più pesante da quando esiste la statistica l'industria è andata sotto la media (-14,9% contro - 12,1). Che gli investimenti in Ict (Information communication technology), fattore chiave in questi anni, sono scesi dell'8,1% dopo il - 8,9% del 2008, che quelli in macchine e attrezzature sono in calo dal 27,3% al 24,8, che gli investimenti per addetto sono passati nell'industria dagli 11.600 euro del 2007 agli 11.300 del 2008 ai 10.600 dell'anno scorso, nonostante il calo dell'occupazione. Un panorama sconsolante.

Pensare che si possa compensare questo deficit di investimenti e di innovazione con un utilizzo più intensivo e meno costoso della forza lavoro non è soltanto ingiusto: è semplicemente sbagliato. A sperare che questo governo si faccia carico del problema si peccherebbe probabilmente di ottimismo. Dovrebbero però rifletterci bene gli imprenditori e chi li rappresenta, visto che è nel loro interesse.

(01 luglio 2010)

 

 

2010-06-28

Italia, sale la pressione fiscale

ora è al quinto posto nell'Ue

Adesso è allo stesso livello della Francia, in Europa, per pressione fiscale. Nel 2008 era al settimo posto. E' quanto risulta dai dati sui conti pubblici nel 2009 diffusi oggi dall'Istat

Italia, sale la pressione fiscale ora è al quinto posto nell'Ue

ROMA - L'Italia scala la classifica europea (Ue-27) per la pressione fiscale: nel 2009 il peso del fisco sul prodotto interno lordo è stato del 43,2%, in aumento rispetto al 2008. L'Italia si colloca così al quinto posto, insieme alla Francia, in Europa per pressione fiscale. Nel 2008 era al settimo posto. E' quanto risulta dai dati sui conti pubblici nel 2009 diffusi oggi dall'Istat. Per tornare ad una pressione fiscale più alta in Italia, bisogna tornare indietro al 1997, l'anno dell'Eurotassa (ma nel 2007 la pressione del fisco era stata comunque pari al 43,1%). A pesare una diminuzione del Pil maggiore della diminuzione delle entrate.

"Il risultato - spiega un comunicato dell'Istat - è l'effetto di una riduzione del Pil superiore a quella complessivamente registrata dal gettito fiscale e parafiscale, la cui dinamica negativa (-2,3%) è stata attenuata da quella, in forte aumento, delle imposte di carattere straordinario (imposte in conto capitale), cresciute in valore assoluto di quasi 12 miliardi di euro''. Fra le imposte straordinarie sono classificati i prelievi operati in base al cosiddetto 'scudo fiscale', per un importo di circa 5 miliardi di euro.

Tornando alla classifica europea, nel 2009 l'Italia è insieme alla Francia, dopo Danimarca (49%), Svezia (47,8%), Belgio (45,3%), Austria (43,8%). Nel 2008, oltre a questi Paesi, ad avere una pressione fiscale più alta dell'Italia c'erano anche la Finlandia e la Francia. Nei Paesi scandinavi ''i più evoluti sistemi di welfar

 

 

 

 

2010-06-24

La Corte dei Conti: "Rischi dal federalismo

Negli enti locali società clientelari"

Il contenimento della spesa è "essenziale", ma la manovra può avere effetti recessivi. Sono ben 3.626 le società che fanno capo ad enti locali, con quasi 40.000 consiglieri. Le Province costano 43 euro pro capite. No agli alibi per l'evasione

La Corte dei Conti: "Rischi dal federalismo Negli enti locali società clientelari"

ROMA - Con la manovra economica attualmente al vaglio del Senato è "elevato il rischio di un impatto di segno negativo sulla crescita economica". Lo dice il presidente di Sezione della Corte dei Conti Gian Giorgio Paleologo nel suo intervento durante il giudizio di parificazione sul rendiconto dello Stato per il 2009. Questa minor crescita stimata in uno 0,5%, da qui al 2013, porta al "rischio di un assottigliamento degli effetti attesi sul disavanzo soprattutto per via della flessione del gettito fiscale connessa ad un più basso livello di attività economica".

Ciò nonostante, il contenimento della spesa pubblica ''è essenziale'', ha affermato il procuratore generale della Corte, Mario Ristuccia. ''La situazione delle finanze pubbliche ha subito un sensibile deterioramento'' a causa della crisi economica: nel corso dell'anno si è assistito alla continua revisione in termini peggiorativi dei saldi programmatici''. La caduta del Pil si è accentuata nel 2009 ''per effetto della riduzione degli investimenti e del calo delle esportazioni, dovuto alla crisi del commercio mondiale e alla minor competitività dei prodotti nazionali''. Ma sulla crisi degli investimenti ''nel corso del 2009 non può non aver influito la significativa restrizione dell'offerta di credito bancario e il peggioramento delle aspettative delle imprese.

Gli effetti negativi sui dati conclusivi dell'esercizio sono sintetizzati da una diminuzione delle entrate dell'1,9% (-14 miliardi) e dall'aumento della spesa complessiva del 3,1% pari al 52,5% del Pil''.

I rischi del federalismo. Occorre ''un'armonizzazione'' dei diversi apparati pubblici anche perché le troppe differenze aumentano i rischi nel cammino verso il federalismo, ha proseguito Ristuccia. "Un'armonizzazione che ponga come obiettivi di tutto il settore pubblico allargato la semplificazione delle regole, la trasparenza, la circolarità elettronica e la conoscibilità dei flussi di informazioni sia a fini di controllo e di lotta alla corruzione sia a fini di attendibile comparabilità dei costi di funzionamento e di determinazione dei cosiddetti costi standard".

D'altronde il settore degli enti locali ''mostra un panorama poco lusinghiero'' dal punto di vista dei bilanci. A fronte del ''dato sostanzialmente positivo della stabilizzazione dell'indebitamento complessivo degli enti locali e regionali'' dovuto alle modifiche del Patto di stabilità interno, un rapporto della Ragioneria generale dello Stato, ricorda Ristuccia, ''ha accertato che questo fenomeno è espressione di una linea di tendenza che riguarda essenzialmente i piccoli Comuni a causa del cattivo andamento della spesa corrente, della gestione irregolare dei residui attivi e di una situazione critica di cassa, aggravata spesso dall'utilizzo di debiti fuori bilancio''.

Gli sprechi degli enti locali. ''Ad affiancare tale fattore negativo - sottolinea Ristuccia - è poi tutta la pletorica struttura amministrativa delle Regioni e degli enti locali, ripartita in numerosissimi, e spesso inutili, centri, autorità, enti, agenzie, commissioni, comunità, società miste, istituti, scuole, etc., tutti, o quasi, autonomi centri di spesa che richiedono soprattutto erogazione di stipendi, gettoni ed emolumenti vari per una moltitudini di amministratori, manager pubblico, consiglieri e consulenti. Un sistema parcellizzato che rimane perennemente in attesa di un vero piano riformatore e che sopravvive anche grazie ai corposi trasferimenti agli enti locali'' dal capitolo di spesa del ministero dell'Interno ''che oscillano annualmente tra i 15 e i 20 miliardi''.

Il procuratore generale rileva che, ''secondo il Rapporto 2009 dell'Unioncamere al 30 giugno 2009 le società partecipate dagli enti locali risultano essere 3.626, che comportano, secondo le visure estratte dal registro delle imprese, 39.604 cariche di componenti di consiglieri di amministrazione e collegi sindacali, e riferite ad un numero di 26.331 persone, oltre a 4.000 cariche di dirigenti e tecnici''. Insomma, si tratta di un numero ''assolutamente rilevante'' di presidenti e consiglieri di società per i servizi idrici, raccolta rifiuti, produzione e distribuzione di energia e gas, trasporto, consulenza e formazione, gestione di case vacanza, di informatica e di telecomunicazioni. ''Un elenco di attività utili sovente a procurare unicamente opportunità di comoda collocazione a soggetti collegati con gli ambienti della politica''. Quanto alle Province, ''Il mantenimento del loro apparato burocratico costa al cittadino italiano circa 43 euro pro-capite (nella regione Calabria 83,5 euro)''.

Evasione fiscale e condanna degli "alibi". La lotta all'evasione fiscale dovrebbe portare 37 miliardi nelle casse dello Stato tra il 2009 e il 2013, ma ci sono ancora "ampi spazi" per recuperare risorse sottratte al fisco. Secondo le ultime stime dell'Istat l'economia sommersoa è compresa tra il 15,3% (pari a circa 227 miliardi) e il 16,9% del Pil (circa 250 miliardi). Mentre l'Eurispes arriva a valutarla fino a 270 miliardi. Non è peraltro auspicabile ''che i frutti del contrasto all'evasione debbano essere esclusivamente legati ad una crescente attività di repressione''. Sarebbe preferibile inoltre ''riportare il sistema sanzionatorio, la cui forza di dissuasione è oggi forse eccessivamente indebolita, soprattutto nei confronti delle evasioni più diffuse, ad un livello di effettiva deterrenza''. Infine la Corte ''richiama ancora una volta il persistente scarso interesse dell'amministrazione sia per una sistematica misurazione del fenomeno evasivo sia per un'attenta verifica ex post del maggior gettito effettivamente ottenuto con l'azione di contrasto''. Bene comunque la linea d'intervento della manovra, linea ''obbligata e razionale considerati i già troppo elevato livello della pressione fiscale e le ampie possibilità di recupero di materia imponibile''. ''Non si possono trascurare alibi pseudo-etici alla base di fenomeni di disobbedienza civile, che si ricollegano al peso della pressione fiscale, alla molteplicità degli adempimenti giudicati troppo vessatori, rispetto al livello della qualità dei servizi pubblici offerti al cittadino''; alibi che, secondo la Corte, vanno respinti.

(24 giugno 2010)

 

 

 

 

 

 

2010-06-23

Bankitalia: occupazione stagnante fino al 2011

Non si tratta di una ‘jobless recovery’, la nuova indagine Istat sui posti vacanti delle imprese lo dimostra. Ed è sicuramente una buona notizia. Il grafico mostra nel primo trimestre di quest’anno lo stesso lieve movimento verso l’alto che si può vedere in quelli pubblicati pochi giorni fa sulla produzione industriale, il fatturato e gli ordinativi. Però mostra anche l’"abisso" tra il 2008 e il 2008. La curva è scesa moltissimo, dal picco dell’1,2% del 2004 (al quale ci si era avvicinati, come si può vedere dal grafico elaborato dall’Istat, anche all’inizio del 2007).

grafico

La domanda rimane allora sempre la stessa: quando si ritornerà ai livelli precrisi? Ha provato a dare una risposta uno studio della Banca d’Italia appena pubblicato, non in relazione ai posti di lavoro vacanti, ma rispetto alla questione più generale dei livelli occupazionali. Secondo l’analisi di Federico Cingano, Roberto Torrini ed Eliana Viviano le ipotesi sono due, per il biennio 2010-2011 (oltre non si va per le previsioni). "Data l’ampiezza della caduta dell’attività produttiva, i livelli correnti dell’input di lavoro sembrano superiori a quanto desiderabile per le imprese – premettono i tre studiosi – L’esperienza passata, soprattutto in Paesi come l’Italia e quelli dell’Europa occidentale, mostra come l’occupazione si adegui con ritardo agli andamenti della produzione. E’ pertanto probabile che nella prima metà del 2010 il numero degli occupati si riduca ulteriormente e che rimanga su livelli relativamente bassi nella seconda metà dell’anno e nel 2011 anche nel caso di una significativa ripresa della produzione".

In termini numerici questo significa che, se la relazione tra il Pil e l’occupazione in Italia continui a seguire gli andamenti osservati in passato, e assumento che il Pil creaca dello 0,7% nel 2010 e dell’1,4% nel 2011 come nelle previsioni della Commissione Europea, "alla fine del 2011 i livelli di output saranno del 4,8% più bassi rispetto al primo trimestre del 2008. Date queste stime, si può prevedere che l’input di lavoro si contrarrà nello stesso periodo quasi nella stessa misura, con un calo complessivo del 4,5%".

Seconda ipotesi, più ottimistica, avanzata dagli autori: se "i cambiamenti della regolamentazione del mercato del lavoro intervenuti negli ultimi quindici anni" avessero "ridotto l’inerzia nelle dinamiche dell’input di lavoro, rendendolo più reattivo alle variazioni del Pil", "la ripresa dell’occupazione potrebbe essere più veloce rispetto al passato. Nonostante ciò, "i livelli dell’input di lavoro alla fine del 2011 sarebbero comunque sostanzialmente più bassi rispetto al periodo precedente la crisi (-3,7% rispetto al primo trimestre del 2008)". Insomma, tempi bui a lungo. Anche perché ad attutire la caduta, ricordano gli studiosi di Bankitalia, c’è stata la Cassa Integrazione, che ha evitato di far finire molti lavoratori nelle fine dei disoccupati. E poi c’è l’effetto scoraggiamento: chi non cerca più lavoro non è più tecnicamente un disoccupato, le statistiche non lo considerano più tale e paradossalmente il tasso di disoccupazione scende. Ma l’occupazione non sale.

Tag:Banca d'Italia, Istat, jobless recovery, Lavoro, Occupazione, tasso disoccupazione

Scritto mercoledì, 23 giugno 2010 alle 15:10 nella categoria Istat, Lavoro. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

 

 

 

 

 

 

 

Manovra, l'ammissione del Tesoro

Frena il Pil: - 0,5% nel triennio 2010-12

Il dato emerge dalla tabella integrativa della relazione unificata dell'economia e della finanza pubblica (ruef), presentata oggi dal ministero dell'Economia in Commissione bilancio al Senato

Manovra, l'ammissione del Tesoro Frena il Pil: - 0,5% nel triennio 2010-12 Il ministro Tremonti

ROMA - La manovra economica del Governo all'esame della Commissione Bilancio del Senato avrà un impatto negativo sulla crescita economica pari allo 0,5% del Pil nel triennio 2010-2012. Il dato emerge dalla tabella integrativa della relazione unificata dell'economia e della finanza pubblica (ruef), presentata oggi dal ministero dell'Economia in Commissione bilancio al Senato. E suona come un'ammissione e una conferma degli effetti recessivi 1 della manovra di cui aveva già riferito in commissione il capo della ricerca economica di Bankitalia, Salvatore Rossi. Alle stesse conclusioni erano arrivate anche Corte dei conti e Istat. L'impatto sarà negativo dello 0,1% nel 2010 e dello 0,2% nel 2011 e nel 2012.

Pil. Per effetto della manovra, quindi, il Pil nel 2010 crescerà dello 0,9% e non dell'1% come previsto dalle ultime stime del Governo contenute nella ruef. Secondo fonti tecniche, l'effetto depressivo della manovra sarà compensato nel triennio per effetto della migliore evoluzione delle variabili macroeconomiche.

Occupazione. Stando alla tabella che aggiorna i dati della ruef, l'impatto della manovra sull'occupazione, rispetto alle stime della relazione unificata presentata dal Governo qualche settimana fa, sarà nullo nel 2010 mentre determinerà una riduzione nel 2011 pari allo 0,1% e dello dello 0,2% nel 2012 e nel 2013. Situazione simile anche per i dati sulla disoccupazione: il calo, sempre nullo nel 2010, sarà pari a -0,1% nel 2011, -0,3% nel 2012 e -0,5% nel 2013. Le riduzioni percentuali per quanto riguarda i salari totali e dei redditi totali sono dello 0,5% nel 2011, dello 0,6% nel 2012 e nel 2013.

Investimenti. Quanto agli investimenti, secondo la tabella, l'impatto è pari a zero per quest'anno, a -1,1% nel 2011, a -1,3% nel 2012, a -0,5% nel 2013.

Consumi. Per quelli classificati come 'privati' si registra una riduzione dello 0,2% per il 2010, dello 0,1% nel 2011 e nel 2012, mentre sul fronte di quelli 'collettivi' si registra un miglioramento di 0,1% nel 2010. Un dato che negli anni successivi è negativo: nel 2011 la riduzione percentuale è dello 0,4, nel 2012 dello 0,2 e nel 2013 0,1%.

(23 giugno 2010)

 

 

 

 

2010-06-18

ISTAT

Industria, fatturato +6,4%, ordinativi +20,6%

Ma i livelli del 2008 sono ancora lontani

Su base annua non si registrava un aumento così consistente dal 2008 nel primo caso, e dal 2006 per gli ordini. Rispetto a marzo rilevate variazioni rispettivamente dello +0,5% e +4,7%.

Industria, fatturato +6,4%, ordinativi +20,6% Ma i livelli del 2008 sono ancora lontani

ROMA - Il fatturato dell'industria italiana ha registrato ad aprile un aumento del 6,4% rispetto allo stesso mese del 2009, e dello 0,5% su marzo: si tratta dell'aumento maggiore dal giugno del 2008. Lo comunica l'Istat, precisando che l'indice grezzo coincide con quello corretto per gli effetti di calendario. Anche per gli ordinativi si registra un record per quanto riguarda l'aumento percentuale: nel mese di aprile l'incremento è infatti del 4,7% su base mensile e del 20,6% su base annua. L'aumento su base annua è il maggiore dall'agosto del 2006. Nonostante il notevole balzo registrato nel mese di aprile sia dal fatturato che dagli ordinativi, gli indici rimangono ancora lontani dai livelli precrisi. Infatti in entrambi i casi in termini assoluti gli indici si situavano intorno a 121 nell'aprile del 2008, mentre ad aprile si sono attestati a 100,5 per quanto riguarda il fatturato, e a 100,4 per quanto riguarda gli ordinativi.

"E' un dato buono, oltretutto riguarda le esportazioni ma anche il mercato interno, dove sembra ci sia un po' di risveglio", commenta la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. "Si consolida l'impressione di un miglioramento soprattutto dal lato dell'industria manifatturiera - aggiunge Marcegaglia - che noi vediamo con piacere: ovviamente bisognerà capire quanto durerà".

Per quanto riguarda il fatturato, a crescere sono soprattutto i beni intermedi (cioè

i beni che servono a produrre altri beni) che rispetto all'aprile del 2009 registrano un aumento del 15,3%; +20,3% l'energia, +2,6% i beni di consumo. Guardando ai vari settori, gli aumenti più ampi su base annua sono stati rilevati nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+27%), fabbricazione di coke e prodotti petroliferi (+20,5%) e fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+16,3%).

Il fatturato di autoveicoli ad aprile è aumentato del 3,9% rispetto allo stesso mese del 2009, mentre gli ordinativi hanno registrato una flessione del 13,3%. Lo comunica l'Istat, precisando che si tratta di dati grezzi.

A livello tendenziale gli ordinativi hanno registrato un aumento del 15,4% sul mercato italiano e del 31,6% su quello estero, mentre su base congiunturale gli ordini nazionali hanno segnato una crescita del 4,8% e quelli esteri del 4,4%.Nel confronto degli ultimi tre mesi (febbraio-aprile) con i tre mesi immediatamente precedenti (novembre-gennaio) l'incremento è stato pari all'1,9%.

Guardando ai settori di attività economica, i rialzi più rilevanti hanno riguardato la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+48,3%), la metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+42,1%) e la fabbricazione di macchinari e attrezzature (+31,6%).

(18 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-06-16

ISTAT

L'inflazione rallenta, a maggio +1,4%

Nuovo rialzo per il prezzo della benzina

Confermati dall'Istituto di statistica i dati preliminari. Leggera flessione dei prezzi rispetto al mese di aprile, quando il dato aveva segnato +1,5%. Torna a correre il prezzo dei carburanti, la verde a 1,42 euro

L'inflazione rallenta, a maggio +1,4% Nuovo rialzo per il prezzo della benzina

ROMA - L'inflazione a maggio è scesa all'1,4% dall'1,5% di aprile. Lo comunica l'Istat confermando le stime preliminari. L'istituto precisa che su base mensile i prezzi sono aumentati dello 0,1%.

Non si ferma, invece, la corsa del carburante, alimentata dagli aumenti dei prezzi internazionali e dall'erosione dei margini delle compagnie. Con i rialzi di oggi la benzina supera quota 1,42 euro al litro e il gasolio 1,28 euro al litro. I prezzi della benzina verde a maggio sono saliti, stando ai dati dell'Istat, del 15,9% su base annua e dell'1% su base mensile, mentre per il gasolio da autotrazione si è registrato un incremento tendenziale del 17,1% invece il congiunturale si è attestato al +2,8%.

Dopo lo scatto in avanti di Agip registrato ieri, ora tocca a Api-Ip, Esso, Q8 e Total che hanno messo mano ai listini. Nel dettaglio, negli impianti Api-Ip il prezzo di riferimento della benzina è aumentato di 0,9 centesimi fino a 1,414 euro/litro, mentre quello del diesel di 0,5 centesimi fino a 1,279 euro/litro. Esso ha portato la verde a 1,415 euro/litro (+1 centesimo) e il gasolio auto a 1,274 euro/litro (+0,7 centesimi).

Ancora, Q8 è salita di 1 centesimo sul prodotto leggero, volando a 1,424 euro/litro, e di 0,7 centesimi su quello pesante, ora a 1,286 euro/litro, sorpassando Shell, sino ad ora la più alta. Infine, Total ha ritoccato all'insù di 0,5 centesimi la sola benzina fino a 1,414 euro/litro.

(16 giugno 2010)

 

 

 

 

 

La fabbrica che non spreca un minuto

Così nasce l'operaio a ciclo continuo

Il taglio delle pause consentirà di produrre 25 auto in più al giorno. Si riducono al minimo i tempi morti, tutti i pezzi sono più vicini alla postazione, il lavoratore deve solo muovere il busto. A Pomigliano arriva la metrica del lavoro alla giapponese, con tanto di computer e tabelle cronometriche da far rispettare di PAOLO GRISERI

NELLA giornata della tuta blu di Pomigliano saranno 25.200. Non uno di meno, non uno di più. 25.200 secondi per lavorare, per ripetere 350 volte la stessa operazione che dunque non può durare meno di 72 secondi. Perché così dice la metrica. Anche le fabbriche, come le orchestre, ce l'hanno. Sono le regole che danno il ritmo alla linea e che dunque stabiliscono l'intensità di lavoro dei singoli operai. Tutti devono, inevitabilmente, muoversi allo stesso ritmo. Una danza faticosa. Da un secolo le regole di quella danza sono al centro della contrattazione sindacale. Hanno nomi astrusi: Tmc1, Tmc2, Ergo-Uas. Il primo a imporle fu, nel 1911, un ingegnere della Pennsylvania, Frederick Taylor, che spezzettò il lavoro degli operai in decine di micro movimenti stabilendo per ciascuno un tempo massimo di svolgimento. Dalla nascita del taylorismo ad oggi lo schema è rimasto sostanzialmente lo stesso. Perché in nessun luogo come sulle linee di montaggio il tempo è denaro. Uno degli ostacoli nella trattativa sindacale su Pomigliano è stato, per molte settimane, la riduzione delle pause da 40 a 30 minuti giornalieri. Un'inezia? Per molti sì, non per le tute blu. Facciamo un esempio: sulla linea della futura Panda la differenza di 10 minuti equivale a 8,3 operazioni in più per turno, quante se ne fanno in 600 secondi. Che diventano 25 automobili in più nell'arco della giornata. In un anno quei piccoli dieci minuti sono diventati 6.650 automobili.

La metrica della linea cambia con il cambiare del prodotto ma anche con le modifiche all'organizzazione del lavoro. Un professore giapponese, Hajime Yamashina, ha adattato alla Fiat i dettami del World class manufacturing, il sistema di organizzazione del lavoro che riduce al minimo i tempi morti. Rino Mercurio, un manutentore di Mirafiori, spiega che "con il wcm tutti i pezzi sono più vicini alla postazione. Prima dovevi fare quattro passi per andare a prenderli, ora è sufficiente una torsione del busto". Passi in meno, secondi in più per lavorare sulla linea. Si chiama efficienza.

Gli uomini che organizzano la danza, da Taylor in poi, sanno che tutto si basa sul lavoro dei cronometristi. Per tradizione i "cronu", come li chiamavano gli operai torinesi di inizio Novecento, non sono mai stati molto amati. Sono in genere ex operai che si sistemano di fianco a chi lavora con l'orologio in mano e misurano il tempo necessario a svolgere un'operazione. Un tempo la regola non scritta diceva che quando arriva il cronometrista è meglio rallentare. Ma questo lo sapeva anche il cronometrista e dopo aver misurato, tagliava i tempi in una lotta infinita con i suoi ex compagni di lavoro: "Oggi nell'epoca dei computer dice Rino - i cronometristi li vedi poco. Lavorano più con le tabelle che con l'orologio".

La metrica di Pomigliano è già stata adottata a Mirafiori sulla linea della Mito. Si chiama Ergo-Uas e considera per la prima volta gli aspetti ergonomici, gli effetti dello sforzo fisico sui tempi di esecuzione: un'operazione più faticosa viene premiata con un maggior tempo di esecuzione. Si chiamano "fattori di maggiorazione": dall'1 per cento al 13 per cento a seconda della fatica richiesta: "Ma ormai - lamenta Ugo Bolognesi, operaio di linea - le operazioni sono quasi tutte all'1 per cento. Con il sistema precedente c'era una maggiorazione standard del 5 per cento e così, nel passaggio, ci abbiamo perso". Il sistema Ergo-Uas unito alla razionalizzazione dell'ambiente di lavoro introdotto con il wcm (quello che elimina i passi per andare a prendere i pezzi) è in grado, secondo la Fiat, di fare il miracolo: di produrre 280 mila auto all'anno con una sola linea. Quasi un'auto al minuto: "Un ritmo infernale" dicono i sindacalisti. A Melfi, dove si arriva a produrre oltre 300 mila Grande Punto all'anno, le linee sono due. Con una sola linea, tutto diventa più veloce e più vulnerabile: le richieste Fiat contro l'assenteismo e gli scioperi nascono, in sostanza, dall'esigenza di garantire quella velocità. Perché la danza delle tute blu non si interrompa.

(16 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

IL COMMENTO

L'anomalia del Lodo Marchionne

di TITO BOERI

Questo è un accordo necessario, inevitabile. Di cui non andare certo fieri perché mette a nudo i limiti del nostro sistema di relazioni industriali, dei regimi di contrattazione e la persistente arretratezza del Mezzogiorno. Renderlo un esempio, caricarlo di significati, come hanno fatto in questi giorni sia il Ministro Sacconi, sia alcune frange estreme del sindacato, equivale a giocare cinicamente con il lavoro, la principale fonte di reddito di 5.000 famiglie in una delle zone più povere del nostro paese.

L'unica vera lezione su scala nazionale da trarre da questa vertenza è che una riforma seria delle regole che governano la contrattazione e le rappresentanze sindacali non è più rinviabile. L'anomalia di questo accordo è che si deve occupare di due questioni che normalmente non dovrebbero competere alla contrattazione aziendale.

Il primo problema è quello degli impegni vincolanti che le parti possono prendere. C'è un'impresa che deve decidere dove investire 700 milioni per la produzione della nuova Panda, sapendo bene di avere potere contrattuale solo prima di avere compiuto questa scelta. Adesso che la Fiat sta decidendo se investire in Italia o in Polonia, può dettare le sue condizioni. Una volta fatto l'investimento, sarà la controparte, forte di una scelta per l'azienda irreversibile, a poter dettare le sue condizioni. Naturale che un'impresa che si trova in una situazione di questo tipo chieda delle garanzie, voglia assicurarsi che i patti sottoscritti prima di realizzare l'investimento verranno rispettati dopo, una volta che questo è stato attuato. Se anche un solo sindacato non firma, questo avrà poi mano libera nel rinegoziare un accordo che impone turni molto pesanti. Per questo motivo la Fiat impone clausole che limitino il ricorso allo sciopero degli straordinari una volta realizzato l'investimento. Il problema non si porrebbe se avessimo una legge sulle rappresentanze che vincola i lavoratori al rispetto degli impegni presi dai loro rappresentanti, liberamente eletti, che rispondono regolarmente del loro operato di fronte ai lavoratori. Se questi rappresentanti non riescono a trovare un accordo tra di loro, saranno i lavoratori a scegliere con gli strumenti della democrazia diretta, mediante un referendum che vincoli poi tutti al rispetto delle volontà della maggioranza.

Il secondo problema è quello delle misure contro l'assenteismo. Le nuove tecnologie previste per Pomigliano d'Arco sono efficienti solo con tassi di assenteismo fisiologici, come quelli che si osservano mediamente nelle imprese private italiane. Non lo sono con i picchi di assenteismo registrati in passato a Pomigliano, in occasione di partite di calcio, tornate elettorali e altri eventi, che nulla hanno a che vedere con la diffusione di malattie fra le maestranze. Questi comportamenti non sono stati sin qui sanzionati in alcun modo. Al contrario, sono stati protetti dalla camorra (e dai suoi sindacati gialli) anche quando hanno obiettivamente messo a rischio i posti di lavoro degli altri lavoratori. Non c'è stata neanche sanzione sociale contro questo assenteismo. Ora l'azienda vuole scoraggiare questi comportamenti, liberandosi dall'obbligo di retribuire i lavoratori responsabili di questi ingiustificati picchi di assenteismo.

Entrambi i problemi dovranno essere affrontati nei tempi ristretti imposti dalle strategie della Fiat e dei suoi concorrenti. Bene allora affidarsi al pragmatismo. Ad esempio, l'azienda torinese potrebbe rinunciare alla clausola di responsabilità in cambio della sottoscrizione dell'accordo da parte della Fiom, che si oppone soprattutto a questa clausola. L'azienda potrebbe anche impegnarsi una campagna di informazione sui costi collettivi dell'assenteismo e di contrasto delle infiltrazioni della camorra fra le rappresentanze dei lavoratori, in collaborazione col sindacato. Sarebbe anche un modo per la Fiat di saldare una piccola parte del debito che ha accumulato nei confronti dello Stato italiano, così generoso in tutti questi anni ne confronti dell'azienda torinese. Bene ricordare che l'accordo contempla un ulteriore intervento del contribuente mediante l'utilizzo dei fondi della Cassa Integrazione in deroga.

Il tempo residuo prima del referendum fissato per martedi prossimo può essere sfruttato per trovare un accordo su queste basi. Nel frattempo fondamentale che la politica si astenga dall'intervenire. Meglio se il Presidente del Senato ieri, invece di intervenire anche lui sulla vicenda, avesse cercato di fare spazio nell'agenda di Palazzo Madama al disegno di legge sulle rappresentanze, di cui primo firmatario è il senatore Paolo Nerozzi. E' un modo per spingere il sindacato a trovare finalmente un accordo su queste regole indispensabili. Il Ministro del Lavoro farebbe invece bene a discutere col titolare del dicastero all'economia di norme più efficaci che possano favorire un legame più stretto fra salari e produttività, tali da scoraggiare comportamenti opportunistici di aziende e dipendenti. E' dal 1997 che il contribuente paga di fatto incentivi alla contrattazione di secondo livello che si sono rivelati sin qui del tutto inefficaci. Stranamente la manovra "lacrime e sangue" li ha non solo confermati, ma addirittura ampliati. Quella stessa manovra ha svuotato la pseudo intesa del gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, che prevede la sostituzione del TIP, tasso di inflazione programmata, con l'IPCA, indice dei prezzi al consumo armonizzato. Doveva essere l'ISAE, uno degli enti aboliti dal Governo, a stimare questo parametro. Non potrà certo essere un datore di lavoro, come lo Stato che ha assorbito i dipendenti dell'Isae, a fornire questo numero da cui dipendono gli incrementi salariali per milioni di dipendenti. Bene cogliere la palla al balzo per rivedere davvero le regole della contrattazione coinvolgendo questa volta la Cgil.

(16 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

2010-06-15

Bankitalia, debito pubblico a livelli record

Grecia, Moody's porta rating a livello 'spazzatura'

Entrate calate nei primi quattro mesi del 2010: -1,8% rispetto allo stesso periodo del 2009. Dall'evasione fiscale nello stesso periodo incassi aumentati del 33,4%, corrispondenti a 395 milioni di euro

Bankitalia, debito pubblico a livelli record Grecia, Moody's porta rating a livello 'spazzatura'

ROMA - Debito pubblico a livelli record: ad aprile si è attestato a 1.812,790 miliardi di euro, il livello assoluto più alto mai raggiunto. Lo comunica la Banca d'Italia. A marzo si era attestato a 1.797,7 miliardi, mentre nell'aprile 2009 il debito pubblico ammontava a 1.749,28 miliardi di euro.

Dal supplemento al Bollettino Statitistico della Banca d'Italia emerge inoltre che le entrate sono diminuite nei primi quattro mesi del 2010. Le entrate tributarie nel primo quadrimestre si sono attestate infatti a quota 104,794 miliardi di euro, in calo dell'1,86% rispetto ai 106,787 miliardi registrati nel primo quadrimestre 2009. Nel solo mese di aprile le entrate, calcolate da via Nazionale con il metodo della cassa, sono state pari a 25,122 miliardi (25,771 miliardi ad aprile 2009).

Un calo confermato dal ministero dell'Economia anche sotto il profilo della 'competenza' (a differenza della Banca d'Italia che utilizza invece il criterio di cassa, che contabilizza entrate e uscite quando queste sono effettivamente avvenute): "Continua a rallentare il calo delle entrate tributarie erariali accertate in base al criterio della competenza giuridica: il periodo gennaio-aprile 2010 fa registrare -1,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, in miglioramento rispetto al risultato di marzo (-1,3%) e di febbraio (-1,4%)". Il gettito totale del periodo è 108.799 milioni di euro, 1.310 milioni di euro in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Nei primi quattro mesi del 2010 si registra inoltre un buon andamento dei risultati della lotta all'evasione fiscale. E' infatti positivo l'andamento degli incassi da ruoli relativi ad attività di accertamento e controllo che, nel periodo gennaio-aprile 2010, hanno fatto registrare entrate per 1.578 milioni di euro con una variazione positiva, rispetto allo stesso periodo dell'anno passato, pari a +395 milioni di euro (+33,4%), comunica il Dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia.

In Grecia. L'agenzia internazionale Moody's taglia il rating sovrano della Grecia, portandolo a livello 'spazzatura'. L'agenzia abbassa il rating a lungo termine di 4 note, da 'A3' a 'BA1' e quello a breve da 'Prime-1' a 'not-Prime'. L'outlook è stabile. Secondo Moody's il pacchetto di aiuti europei "elimina" il rischio di default a breve e incoraggia l'implementazione di un credibile, fattibile e compatibile pacchetto di riforme strutturali, che hanno la forte possibilità di stabilizzare il servizio del debito a livelli gestibili. "Tuttavia - spiega l'analista di Moody's Sarah Carloson - i rischi macroeconomici e di implementazione associati con il programma sono sostanziali e coerenti con u rating BA1".

(14 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Ocse, ad aprile disoccupazione stabile all'8,7%

In Italia è aumentata dall'8,8% all'8,9%

Il tasso resta invariato rispetto a marzo e sui livelli massimi dal Dopoguerra. Il numero dei disoccupati si attesta sui 46,5 milioni, 3,3 milioni in più rispetto allo stesso mese del 2009

Ocse, ad aprile disoccupazione stabile all'8,7% In Italia è aumentata dall'8,8% all'8,9%

PARIGI - Il tasso disoccupazione nell'area Ocse si è confermato a quota 8,7% in aprile, invariato rispetto a marzo. E quindi si mantiene sui livelli massimi dal Dopoguerra. Nel mese il numero di disoccupati si è attestato a 46,5 milioni, 3,3 milioni in più che nell'aprile 2009. Nel dettaglio, in Italia il tasso è salito all'8,9% dall'8,8%, in Germania è sceso al 7,1% dal 7,3% e in Giappone è salito al 5,1% dal 5%, mentre in Spagna si attesta al 19,7% (da 19,5%). L'Ocse segnala che il trend è quello di "una generale stabilità nei Paesi dell'area".

Quanto ai primi dati di maggio, in Canada la disoccupazione è rimasta invariata all'8,1%, mentre negli Stati Uniti è scesa di 0,2 punti al 9,7%, dopo le assunzioni temporanee per il censimento 2010.

Esaminando nel dettaglio i dati di aprile, nei sette maggiori Paesi il tasso di disoccupazione è salito di 0,1 punti all'8,4%, mentre nell'Unione Europea è rimasto invariato al 9,7% e nell'Eurozona è salito al 10,1% dal 10%. Disoccupazione in doppia cifra, oltre che in Spagna, anche nella Repubblica Slovacca (invariata al 14,1%), Portogallo (al 10,8% dal 10,6%), Irlanda (al 13,2% dal 13,1%), Ungheria (al 10,4% dal 10,8%) e Francia (invariata al 10,1%). Il tasso è sceso al 7,1% dal 7,3% in Grecia.

Su base annua, il tasso di disoccupazione è salito di 0,6 punti nell'area Ocse e nei sette maggiori Paesi, di un punto nella Ue e di 0,9 nell'Eurozona. L'Italia ha registrato un +1,5, la Spagna +2, il Portogallo +1,6, l'Irlanda +1,8 e la Francia +0,8. Il tasso è calato di 0,5 punti, invece, in Germania.

(14 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

OCCUPAZIONE

Fiat: firmato accordo separato, Fiom resta sul 'no'

Tremonti : "È la rivincita dei riformisti"

Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento presentato dal Lingotto. Referendum il 22 giugno. Il presidente del Senato commenta la difficile trattativa: "No ai veti su Pomigliano"

Fiat: firmato accordo separato, Fiom resta sul 'no' Tremonti : "È la rivincita dei riformisti"

Renato Schifani

ROMA - Accordo separato sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento, integrato, presentato dal Lingotto. La Fiom ha confermato il suo no. I sindacati dei metalmeccanici firmatari dell'accordo hanno promosso un referendum tra i lavoratori che si terrà il prossimo martedì 22 giugno. La Fiat ha sottoposto ai sindacati dei metalmeccanici un nuovo documento in cui viene aggiunto il 16mo punto relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come era stato richiesto dalle organizzazioni che venerdì scorso avevano già dato un primo ok.

''L'accordo di oggi non sblocca gli investimenti'' pari a 700 milioni di euro circa della Fiat per lo stabilimento di Pomigliano ''che sono legati all'esito del referendum tra i lavoratori''. Lo ha detto il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, al termine dell'incontro che si è concluso con un accordo separato. ''La Fiat ci ha detto - ha spiegato - che bloccherà gli investimenti quando la stragrande maggioranza dei lavoratori dirà sì all'intesa''. I lavoratori ''devono capire - ha sottolineato - che la posta in gioco è molto alta''.

Rivincita dei riformisti. "È la rivincita dei riformisti su tutti gli altri". Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha commentato la firma dell'accordo.

Brunetta: "Inaccettabile riferimento di Fiom a Costituzione". Il riferimento

alla Costituzione da parte della Fiom è ''inaccettabile'' e rappresenta ''un uso improprio'' della Carta fondamentale. È quanto sostiene il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, parlando della posizione del sindacato dei metalmeccanici sull'accordo con Fiat per lo stabilimento di Pomigliano. Brunetta, nel corso del suo intervento a un convegno organizzato dalla fondazione Magna Carta, commentando le argomentazioni della Fiom, ha affermato: ''Mi sembra si faccia un uso improprio della Costituzione, tutti hanno i loro diritti però questo mi pare eccessivo''.

Il 'no' di Fiom. "Vogliamo dirlo con chiarezza: i lavoratori di Pomigliano sono messi in una condizione di ricatto tra la chiusura dello stabilimento e l'accettazione di condizioni di lavoro in deroga alle leggi e ai contratti". Lo ha dichiarato Enzo Masini, responsabile del settore auto per la Fiom. Del referendum "discuteremo domani - ha detto Masini - abbiamo convocato l'assemblea degli iscritti della Fiom a Pomigliano", nel corso della quale "discuteremo anche sulle iniziative da prendere". I punti del testo, ha inoltre sottolineato, "non sono assolutamente cambiati. Il testo è lo stesso e la minaccia di licenziare i singoli lavoratori non è cambiata, c'è tutta. È stata solo istituita una commissione paritetica". Per Masini, il negoziato non è stato "paritario".

Sacconi: "La Fiom non è più come una volta". Nello stabilimento della Fiat di Pomigliano d'Arco "c'è un sindacato coraggioso che si mette in gioco, si compromette e accetta la sfida della competizione e c'è un sindacato paralizzato da un blocco ideologico". Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, va all'attacco della Fiom. "Purtroppo - ha detto Sacconi - la Fiom non è più quella di una volta, perché un'aristocrazia operaia non avrebbe mai commesso l'errore di allontanarsi dalla sua base".

"Pomigliano è un banco di prova per tutti. Non può e non deve prevalere la logica dei veti incrociati. Non è più il tempo del no o della fuga. Per salvare l'occupazione e la dignità del lavoro serve uno sforzo comune ed un sano realismo. Pomigliano non deve chiudere". Lo ha affermato il presidente del Senato Renato Schifani nel suo intervento presso la sala capitolare del palazzo della Minerva, in occasione del rapporto Cisf 2009 su 'Il costo dei figli'. Parole dirette alla Fiom, unico sindacato ad non essere d'accordo con l'intesa proposta della Fiat.

Schifani poi ha parlato della crisi e della manovra economica varata dal governo. Definendola "un passaggio necessario ed urgente". "Non inganniamoci e non inganniamo: serve contenere per tempo e stabilmente la spesa pubblica. Il tempo delle cicale è finito" afferma il presidente del Senato, Renato. Che invita "maggioranza ed opposizione al confronto vero, perchè serve il contributo di tutti per preservare la coesione sociale e nazionale".

E anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel corso del suo intervento alla presentazione della relazione annuale dell'Antitrust, ha puntato il dito contro alcuni "nodi strutturali che se non risolti possono spingere il Paese lungo una fase di pericoloso declino. Serve quindi un efficace strategia di crescita che affiancata a quella della stabilità possa garantire alla comunità nazionale il pieno recupero di competitività sulla scena internazionale". Una strategia di crescita che passa anche per l'intervemto pubblico. "Questo non significa partecipazioni statali, ma capacita' di verificare i comportamenti dei privati e la loro riconducibilita' a regole necessarie per garantire correttezza e trasparenza'' dice Fini.

Schifani, inoltre, ha assicurato che le due Camere taglieranno i loro costi: "Spese superflue e privilegi sono oggi un'arroganza insopportabile. Il Senato e la Camera daranno segnali chiari ed inequivocabili di sobrietà ed equità".

(15 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Il testo dell'accordo su Pomigliano

1) Orario di lavoro

La produzione della futura Panda si realizzerà con l'utilizzo degli impianti di produzione per 24 ore giornaliere e per 6 giorni la settimana, comprensivi del sabato, con uno schema di turnazione articolato a 18 turni settimanali.

L'attività lavorativa degli addetti alla produzione e collegati (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario e ferma la durata dell'orario individuale contrattuale, sarà articolata su tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno a rotazione, secondo i seguenti orari:

•primo turno dalle ore 6.00 alle ore 14.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 13.30 alle ore 14.00;

•secondo turno dalle ore 14.00 alle ore 22.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 21.30 alle ore 22.00;

•terzo turno dalle ore 22.00 alle ore 6.00 del giorno successivo, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 5.30 alle ore 6.00.

La settimana lavorativa avrà pertanto inizio alle ore 6.00 del lunedì e cesserà alle ore 6.00 della domenica successiva.

Lo schema di orario prevede il riposo individuale a scorrimento nella settimana.

L'articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 1° - 3° - 2°

Il 18° turno, cadente tra le ore 22.00 del sabato e le ore 6.00 del giorno successivo, sarà coperto con la retribuzione afferente la festività del 4 Novembre e/o con una/due festività cadenti di domenica (sulla base del calendario annuo), con i permessi per i lavoratori operanti sul terzo turno maturati secondo le modalità previste dall'accordo 27 Marzo 1993 (mezz'ora accantonata sul terzo turno per 16 turni notturni effettivamente lavorati pari a 8 ore) e con la fruizione di permessi annui retribuiti (P. A. R. contrattuali) sino a concorrenza.

Le attività di manutenzione saranno invece svolte per 24 ore giornaliere nell'arco di 7 giorni la settimana per 21 turni settimanali. L'attività lavorativa degli addetti (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario, sarà articolata su 3 turni strutturali di 8 ore ciascuno, con la mezz'ora retribuita per la refezione nell'arco del turno di lavoro a rotazione e con riposi individuali settimanali a scorrimento.

L'orario di lavoro giornaliero dei lavoratori addetti al turno centrale (quadri, impiegati e operai) va dalle ore 8.00 alle ore 17.00, con un'ora di intervallo non retribuito.

Per i quadri e gli impiegati addetti al turno centrale si conferma l'attuale sistema di flessibilità dell'orario di lavoro giornaliero (orario in entrata dalle ore 8 alle ore 9 calcolato a decorrere dal primo dodicesimo di ora utile). In alternativa, su richiesta delle Organizzazioni Sindacali nel caso in cui intendessero avvalersi della facoltà di deroga a quanto previsto dal D. Lgs. 66/2003 e successive modifiche e integrazioni in materia di riposi giornalieri e settimanali.

Lo schema di orario per lo stabilimento prevede, a livello individuale, una settimana a 6 giorni lavorativi e una a 4 giorni. L'articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 3° - 2° - 1°

Nella settimana a 4 giorni saranno fruiti 2 giorni consecutivi di riposo secondo il seguente schema:

- lunedì e martedì

ovvero

-mercoledì e giovedì

ovvero

-venerdì e sabato.

Preso atto delle richieste da parte delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori, al fine di non effettuare il 18° turno al sabato notte, lo stesso viene anticipato strutturalmente alla domenica notte precedente. Pertanto il riposo settimanale domenicale avviene dalle ore 22 del sabato alle ore 22 della domenica.

2) Lavoro straordinario

Per far fronte alle esigenze produttive di avviamenti, recuperi o punte di mercato, l'azienda potrà far ricorso a lavoro straordinario per 80 ore annue pro capite, senza preventivo accordo sindacale, da effettuare a turni interi.

Nel caso dell'organizzazione dell'orario di lavoro sulla rotazione a 18 turni, il lavoro straordinario potrà essere effettuato a turni interi nel 18° turno, già coperto da retribuzione secondo le modalità indicate al capitolo orario di lavoro, o nelle giornate di riposo.

L'Azienda comunicherà ai lavoratori, di norma con 4 giorni di anticipo, la necessità di ricorso al suddetto lavoro straordinario e terrà conto di esigenze personali entro il limite del 20% con sostituzione tramite personale volontario.

Con accordo individuale tra azienda e lavoratore, l'attività lavorativa sul 18° turno potrà essere svolta a regime ordinario, con le maggiorazioni del lavoro notturno: in tal caso non si darà corso alla copertura retributiva collettiva del 18° turno.

Il lavoro straordinario, nell'ambito delle 200 ore annue pro capite, potrà essere effettuato per esigenze produttive, tenuto conto del sistema articolato di pause collettive nell'arco del turno, durante la mezz'ora di intervallo tra la fine dell'attività lavorativa di un turno e l'inizio dell'attività lavorativa del turno successivo. In questo caso la comunicazione ai lavoratori del lavoro straordinario per esigenze produttive saranno effettuate con un preavviso minimo di 48 ore.

3) Rapporto diretti-indiretti

Con l'avvio della produzione della futura Panda e in relazione al programma formativo saranno riassegnate ai lavoratori le mansioni necessarie per assicurare un corretto equilibrio tra operai diretti e indiretti, garantendo ai lavoratori la retribuzione e l'inquadramento precedentemente acquisiti, anche sulla base di quanto previsto dall'art. 4, comma 11, Legge 223/91. Inoltre, a fronte di particolari fabbisogni organizzativi potrà essere richiesto ai lavoratori, compatibilmente con le loro competenze professionali, la successiva assegnazione ad altre postazioni di lavoro.

4) Bilanciamenti produttivi

La quantità di produzione prevista da effettuare per ogni turno, su ciascuna linea, e il corretto rapporto produzione/organico saranno assicurati mediante la gestione della mobilità interna da area ad area nella prima ora del turno in relazione agli eventuali operai mancanti o, nell'arco del turno, per fronteggiare le perdite derivanti da eventuali fermate tecniche e produttive.

5) Organizzazione del lavoro

Per riportare il sistema produttivo dello stabilimento Giambattista Vico alle migliori condizioni degli standard internazionali di competitività, si opererà, da un lato, sulle tecnologie e sul prodotto e, dall'altro lato, sul miglioramento dei livelli di prestazione lavorativa con le modalità previste dal sistema WCM e dal sistema Ergo-UAS.

Le soluzioni ergonomiche migliorative, derivanti dall'applicazione del sistema Ergo-UAS, permettono, sulle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo, un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo, nell'arco del turno di lavoro, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Sui tratti di linea meccanizzata denominati "passo - passo", in cui l'avanzamento è determinato dai lavoratori mediante il cosiddetto "pulsante di consenso", le soluzioni ergonomiche migliorative permettono un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo o individuale a scorrimento sulla base delle condizioni tecnico-organizzative, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Per tutti i restanti lavoratori diretti e collegati al ciclo produttivo le soluzioni ergonomiche migliorative permettono la conferma della pausa di 20 minuti, da fruire anche in due pause di 10 minuti ciascuna in modo collettivo o individuale a scorrimento.

Con l'avvio del nuovo regime di pause, i 10 minuti di incremento della prestazione lavorativa nell'arco del turno, per gli addetti alle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo e per gli addetti alle linee "passo-passo" a trazione meccanizzata con "pulsante di consenso", saranno monetizzati in una voce retributiva specifica denominata "indennità di prestazione collegata alla presenza".

L'importo forfetario, da corrispondere solo per le ore di effettiva prestazione lavorativa, con esclusione tra l'altro delle ore di inattività, della mezz'ora di mensa e delle assenze la cui copertura retributiva è per legge e/o contratto parificata alla prestazione lavorativa, per tutti gli aventi diritto, in misura di 0,1813 euro lordi ora. Tale importo è onnicomprensivo ed è escluso dal TFR, dal momento che, in sede di quantificazione, si è tenuto conto di ogni incidenza sugli istituti legali e/o contrattuali e pertanto il suddetto importo forfetario orario è comprensivo di tutti gli istituti legali e/o contrattuali.

6) Formazione

E' previsto un importante investimento in formazione per preparare i lavoratori e metterli in condizioni di operare nella nuova realtà produttiva. Le attività formative si svolgeranno contemporaneamente alla ristrutturazione degli impianti e saranno fortemente collegate alle logiche WCM. I corsi di formazione saranno tenuti con i lavoratori in cigs e le Parti convengono fin d'ora che la frequenza ai corsi sarà obbligatoria per i lavoratori interessati. Il rifiuto immotivato alla partecipazione nonché l'ingiustificata mancata frequenza ai corsi, oltre a dar luogo alle conseguenze di legge, costituirà a ogni effetto comportamento disciplinarmente perseguibile.

Non sarà richiesto a carico Azienda alcuna integrazione o sostegno al reddito, sotto qualsiasi forma diretta o indiretta, per i lavoratori in cigs che partecipino ai corsi di formazione.

7) Recuperi produttivi

Le perdite della produzione non effettuata per causa di forza maggiore o a seguito di interruzione delle forniture potranno essere recuperate collettivamente, a regime ordinario, entro i sei mesi successivi, oltre che nella mezz'ora di intervallo fra i turni, nel 18° turno (salvaguardando la copertura retributiva collettiva) o nei giorni di riposo individuale.

8) Assenteismo

Per contrastare forme anomale di assenteismo che si verifichino in occasione di particolari eventi non riconducibili a forme epidemiologiche, quali in via esemplificativa ma non esaustiva, astensioni collettive dal lavoro, manifestazioni esterne, messa in libertà per cause di forza maggiore o per mancanza di forniture, nel caso in cui la percentuale di assenteismo sia significativamente superiore alla media, viene individuata quale modalità efficace la non copertura retributiva a carico dell'azienda dei periodi di malattia correlati al periodo dell'evento. A tale proposito l'Azienda è disponibile a costituire una commissione paritetica, formata da un componente della RSU per ciascuna delle organizzazioni sindacali interessate e da responsabili aziendali, per esaminare i casi di particolare criticità a cui non applicare quanto sopra previsto.

Considerato l'elevato livello di assenteismo che si è in passato verificato nello stabilimento in concomitanza con le tornate elettorali politiche, amministrative e referendum, tale da compromettere la normale effettuazione dell'attività produttiva, lo stabilimento potrà essere chiuso per il tempo necessario e la copertura retributiva sarà effettuata con il ricorso a istituti retributivi collettivi (PAR residui e/o ferie) e l'eventuale recupero della produzione sarà effettuato senza oneri aggiuntivi a carico dell'azienda e secondo le modalità definite.

Il riconoscimento dei riposi/pagamenti, di cui alla normativa vigente in materia elettorale, sarà effettuato, in tale fattispecie, esclusivamente nei confronti dei presidenti, dei segretari e degli scrutatori di seggio regolarmente nominati e dietro presentazione di regolare certificazione. Saranno altresì individuate, a livello di stabilimento, le modalità per un'equilibrata gestione dei permessi retribuiti di legge e/o contratto nell'arco della settimana lavorativa.

9) Cigs

Il radicale intervento di ristrutturazione dello stabilimento Giambattista Vico per predisporre gli impianti alla produzione della futura Panda presuppone il riconoscimento, per tutto il periodo del piano di ristrutturazione, della cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione per due anni dall'avvio degli investimenti, previo esperimento delle procedure di legge.

In considerazione degli articolati interventi impiantistici e formativi previsti nonché della necessità di mantenimento dei normali livelli di efficienza nelle attività previste, non potranno essere adottati meccanismi di rotazione tra i lavoratori, non sussistendone le condizioni.

10) Abolizione voci retributive

A partire dal 1° gennaio 2011 sono abolite le seguenti voci retributive, di cui all'accordo del 4 maggio 1987 Parte III (Armonizzazione normativa e retributiva):

-paghe di posto

-indennità disagio linea

-premio mansione e premi speciali.

Le suddette voci, per i lavoratori per i quali siano considerate parte della retribuzione di riferimento nel mese di dicembre 2010, saranno accorpate nella voce "superminimo individuale non assorbibile" a far data dal 1° gennaio 2011 secondo importi forfettari.

11) Maggiorazioni lavoro straordinario, notturno e festivo

Sono confermate le attuali maggiorazioni comprensive dell'incidenza sugli istituti legali e contrattuali.

12) Polo logistico di Nola

E' confermata la missione del polo logistico della sede di Nola.

Eventuali future esigenze di organico potranno essere soddisfatte con il trasferimento di personale dalla sede di Pomigliano d'Arco.

13) Clausola di responsabilità

Tutti i punti di questo documento costituiscono un insieme integrato, sicché tutte le sue clausole sono correlate ed inscindibili tra loro, con la conseguenza che il mancato rispetto degli impegni eventualmente assunti dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU ovvero comportamenti idonei a rendere inesigibili le condizioni concordate per la realizzazione del Piano e i conseguenti diritti o l'esercizio dei poteri riconosciuti all'Azienda dal presente accordo, posti in essere dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU, anche a livello di singoli componenti, libera l'Azienda dagli obblighi derivanti dalla eventuale intesa nonché da quelli derivanti dal CCNL Metalmeccanici in materia di:

-contributi sindacali

-permessi sindacali retribuiti di 24 ore al trimestre per i componenti degli organi direttivi nazionali e provinciali delle Organizzazioni Sindacali

ed esonera l'Azienda dal riconoscimento e conseguente applicazione delle condizioni di miglior favore rispetto al CCNL Metalmeccanici contenute negli accordi aziendali in materia di:

-permessi sindacali aggiuntivi oltre le ore previste dalla legge 300/70 per i componenti della RSU

-riconoscimento della figura di esperto sindacale e relativi permessi sindacali.

Inoltre comportamenti, individuali e/o collettivi, dei lavoratori idonei a violare, in tutto o in parte e in misura significativa, le presenti clausole ovvero a rendere inesigibili i diritti o l'esercizio dei poteri riconosciuti da esso all'Azienda, facendo venir meno l'interesse aziendale alla permanenza dello scambio contrattuale ed inficiando lo spirito che lo anima, producono per l'Azienda gli stessi effetti liberatori di quanto indicato alla precedente parte del presente punto.

14) Clausole integrative del contratto individuale di lavoro

Le clausole indicate integrano la regolamentazione dei contratti individuali di lavoro al cui interno sono da considerarsi correlate ed inscindibili, sicché la violazione da parte del singolo lavoratore di una di esse costituisce infrazione disciplinare di cui agli elenchi, secondo gradualità, degli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari conservativi e ai licenziamenti per mancanze e comporta il venir meno dell'efficacia nei suoi confronti delle altre clausole.

(14 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-06-10

Pil, l'Istat riduce le stime

Produzione industriale, aprile boom

Rivisto a +0,4% dal +0,5 della stima preliminare il dato del primo trimestre; su base annua si passa da +0,6 a +0,5%. La produzione sale del 7,8% su un anno prima, risultato più alto da dicembre 2000

Pil, l'Istat riduce le stime Produzione industriale, aprile boom

ROMA - L'Istat rivede al ribasso la stima preliminare sul Pil italiano del primo trimestre, che passa da +0,5 a +0,4% sul trimestre precedente e da +0,6 a +0,5 su base annua. Il dato italiano resta superiore alla media dell'Eurozona (0,2%) per quanto riguarda l'aumento trimestrale, ma è inferiore allo 0,6% su base annua della zona euro. Forte aumento invece ad aprile per la produzione industriale, che con +7,8% su un anno prima segna il miglior risultato dal dicembre 2000.

La crescita del Pil. Nel primo trimestre del 2010 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2000, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,4 per cento rispetto al trimestre precedente e dello 0,5 per cento nei confronti del primo trimestre del 2009. La stima preliminare diffusa il 12 maggio scorso aveva rilevato un aumento congiunturale dello 0,5 per cento ed un aumento tendenziale dello 0,6 per cento.

Il primo trimestre del 2010 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del primo trimestre 2009. La crescita acquisita per il 2010 è pari a 0,5 per cento.

Nel primo trimestre il PIL è aumentato in termini congiunturali dell'1,2 per cento in Giappone, dello 0,8 per cento negli Stati Uniti, dello 0,3 per cento nel Regno Unito, dello 0,2 per cento in Germania e dello 0,1 per cento in Francia. In termini tendenziali, il PIL è aumentato del 4,2 per cento in Giappone, del 2,5 per cento negli Stati Uniti, dell'1,5 per cento in Germania, dell'1,2 per cento in Francia ed è diminuito dello 0,2 per cento nel Regno Unito. Nel complesso, il PIL dei paesi dell'area Euro è cresciuto dello 0,2 per cento in termini congiunturali e dello 0,6 per cento in termini tendenziali.

Produzione industriale. La produzione industriale ha registrato ad aprile un aumento congiunturale dell'1%, secondo l'indice destagionalizzato misurato dall'Istat. La crescita tendenziale è stata del 7,8% la più alta da dicembre 2000. In quattro mesi l'incremento è stato del 4,4%.

Sulla base degli elementi finora disponibili, l'indice della produzione industriale destagionalizzato è salito in aprile dell'1,0 per cento rispetto a marzo 2010; la variazione della media del trimestre febbraio-aprile rispetto a quella dei tre mesi precedenti è pari a più 1,4 per cento. Lo comunica L'Istat.

L'indice della produzione corretto per gli effetti di calendario ha registrato in aprile un aumento tendenziale del 7,8 per cento (i giorni lavorativi sono stati 21 come ad aprile 2009), mentre nei primi quattro mesi la variazione rispetto allo stesso periodo del 2009 è stata di più 4,3 per cento (i giorni lavorativi sono stati 83 come nel 2009). L'indice grezzo della produzione industriale ha registrato un aumento dell'8,7 per cento rispetto a aprile 2009. Nel confronto tendenziale relativo al periodo gennaio-aprile, l'indice è aumentato del 4,4 per cento.

Gli indici destagionalizzati dei raggruppamenti principali di industrie registrano variazioni congiunturali positive per i beni intermedi (più 1,8 per cento), per i beni di consumo (più 0,7 per cento il totale, più 1,1 per cento per i beni non durevoli, meno 0,7 per cento per i beni durevoli) e per i beni strumentali (più 0,4 per cento). L'unica variazione negativa (meno 0,8 per cento) si registra per l'energia.

Nel confronto tra il periodo gennaio-aprile 2010 e lo stesso periodo dell'anno precedente vi sono stati incrementi dell'8,1 per cento per i beni intermedi, del 3,3 per i beni di consumo (più 4,2 per cento i beni non durevoli, meno 1,1 per cento i beni durevoli), del 2,4 per cento per l'energia e dell'1,3 per cento per i beni strumentali, aumenti in tutti i raggruppamenti principali di industrie: più 10,7 per cento per i beni intermedi, più 5,0 per cento per i beni di consumo totale (più 6,0 per cento i beni non durevoli, più 0,6 per cento i beni durevoli), più 4,1 per cento per l'energia e più 2,8 per cento per i beni strumentali.

(10 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-06-04

Pil italiano in crescita

Nel primo trimestre +0,5%

ROMA - Il pil dell'italia, nel primo trimestre, ha mostrato un incremento dello 0,5%. Lo rende noto Eurostat, diffondendo i dati sulla crescita nell'eurozona nei primi tre mesi dell'anno.

Nel quarto trimestre dello scorso anno, il pil italiano aveva mostrato un calo dello 0,1%.

Rispetto agli altri paesi dell'Eurozona, siamo in buona posizione. Il Pil della Germania ha mostrato un incremento dello 0,2%, mentre quello della Francia è salito dello 0,1%. La Grecia ha mostrato una contrazione dello 0,8%, mentre il Portogallo ha fatto registrare un balzo in avanti dell'1%. Tra gli altri paesi europei, la Gran Bretagna ha mostrato un incremento dello 0,3%.

(04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Borse a picco sui dati Usa

Euro sotto quota 1,21 dollari

I listini europei peggiorano dopo la diffusione del dato sull'occupazione americana: a maggio creati 431 mila posti, meno delle attese. La moneta unic aai minimi da aprile 2006. Cresce l'inquietudine sulle prospettive dell'economia europea

Borse a picco sui dati Usa Euro sotto quota 1,21 dollari

ROMA - L'euro scende sotto la soglia 1,21 dollari e aggiorna i minimi da quattro anni: la moneta unica europea ha toccato un minimo di seduta di 1,2091 dollari, il livello più basso da aprile 2006. Giornata nera anche per le principali piazze europee, che dopo un'apertura in lieve rialzo hanno ripiegato in territorio negativo per poi accentuare le perdite a causa dei dati deludenti sull'occupazione negli Stati Uniti. Piazza Affari è arrivata a perdere il 4%. Parigi è scesa a Parigi a -2,92%, Francoforte a -2,32% e Madrid a -4,01%.

Negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione è sceso a maggio al 9,7% dal 9,9% del mese precedente. Il dato è migliore del 9,8% previsto dagli esperti. L'economia statunitense ha creato 431.000 posti di lavoro, meno dei 536.000 attesi dal mercato.

Euro. Crescono le inquietudini sulle prospettive dell'economia della zona euro, come dimostra anche l'aumento degli spread fra il titolo decennale tedesco, il Bund, e i corrispondenti titoli degli altri paesi dell'area.

All'origine della nuova giornata difficile della moneta unica ci sarebbero i problemi di bilancio pubblico dell'Ungheria, riconosciuti ieri dal partito di governo Fidesz, vincitore delle ultime elezioni. Secondo il vicepresidente Lajos Kosa, nel 2010 il deficit reale potrebbe essere ben al di sopra del 7 per cento del Pil, quasi il doppio del 3,8 per cento anticipato dalla precedente maggioranza.

Ad aggravare le tensioni sui mercati europei anche le voci di grandi perdite sui derivati di un importante istituto francese. In riferimento al suo presunto coinvolgimento, Société Générale si è rifiutata di commentare le notizie circolate in queste ore. Il titolo della banca, la seconda più grande di Francia, attualmente perde il 5,24 alla Borsa di Parigi.

L'euro ha anche toccato il minimo storico dalla sua creazione rispetto al franco svizzero, scendendo per la prima volta sotto la soglia di 1,40 (1,386).

(04 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-06-02

L'Fmi: "Dopo la manovra

deficit Italia sotto 3% nel 2012"

Il rapporto finale della missione annuale nel nostro paese prevedeva la necessità di un nuovo aggiustamento. Poi la puntualizzazione: "E' stato stilato prima del decreto del governo"

L'Fmi: "Dopo la manovra deficit Italia sotto 3% nel 2012"

Il direttore del Fondo Dominique Strauss-Kahn

ROMA - Se, come previsto dal Fondo monetario internazionale, la crescita dell'economia italiana dovesse rivelarsi inferiore alle stime su cui il governo ha basato gli obiettivi di correzione dei conti pubblici, Roma potrebbe adottare altre misure correttive. Lo scrivono i tecnici di Washington nel rapporto finale sulla missione annuale in Italia, pubblicato per intero ieri sera sul sito del Fondo e chiuso l'11 maggio. Salvo poi precisare che il rapporto non ha tenuto conto della manovra approvata dal governo e che quindi, dopo le misure prese, il Paese riuscirà a mantenere l'impegno di portare il deficit sotto il 3% entro il 2012. Le considerazioni contenute nel rapporto dello staff del Fondo Monetario Internazionale "sono state rese obsolete dalla misure già prese dal governo italiano", ha detto all'Ansa Arrigo Sadun, responsabile per l'Italia al Fmi, spiegando che il rapporto dello staff pubblicato oggi sul sito è stato stilato nelle settimane precedenti alla manovra del governo e quindi non nè tiene conto. "Con la manovra - spiega inoltre Sadun - il governo ha previsto aggiustamenti alla crescita, le cui stime sono ora in linea sia con quelle del Fondo sia con quelle della commissione europea".

L'Fmi ha una previsione di crescita per l'Italia pari a 0,8% quest'anno e 1,2% il prossimo. Le stime governative contenute nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblicata a inizio maggio sono invece, rispettivamente, 1% e 1,5% per quest'anno e il prossimo. Per il 2012 il governo prevede un'accelerazione della crescita al 2%.

Le autorità italiane, scrivono gli esperti dell'Fmi, sono fermamente decise a portare il disavanzo al di sotto del 3% del prodotto interno entro il 2012. "Le autorità hanno ribadito l'impegno a ridurre il deficit sotto il 3% del Pil entro il 2012 e a un ulteriore consolidamento nel più lungo termine", si legge nello staff report.

 

Nei giorni scorsi una fonte governativa ha detto alla Reuters che per il 2010 si può ipotizzare una media annua migliore dell'1% indicato dalla Ruef alla luce di indicazioni sul dato del Pil del secondo trimestre in linea a quello del primo. Tra gennaio e marzo il Pil italiano è salito dello 0,5% su base congiunturale e dello 0,6% in termini tendenziali.

Secondo l'Fmi per ridurre il disavanzo al 2,75% del Pil nel 2012 sarebbero necessari tagli annuali alla spesa primaria corrente pari al 2% in termini reali nel periodo considerato, anche ipotizzando una crescita del 2% nel 2011-2012. Per contro nell'ultimo decennio la spesa corrente al netto degli interessi è salita in media del 2% l'anno, osserva l'Fmi.

(02 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

CONTI PUBBLICI

Il fabbisogno migliora nei primi 5 mesi

ma a maggio sale per via della Grecia

Da gennaio a ora 6.100 milioni in meno rispetto all'analogo periodo del 2009. Ma il prestito di 2,9 miliardi ad Atene fa superare di 400 milioni la cifra dell'ultimo mese, che arriva a 8,1 miliardi, contro i 7,7 dell'anno scorso

Il fabbisogno migliora nei primi 5 mesi ma a maggio sale per via della Grecia

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

ROMA - Nei primi cinque mesi del 2010 si è registrato complessivamente un fabbisogno di circa 50.100 milioni, inferiore di circa 6.100 milioni a quello dell'analogo periodo 2009, pari a 56.223 milioni. Lo comunica il Tesoro. Tuttavia, se si considera invece il solo mese di maggio si è registrato un aumento, ma per via del prestito erogato di comune accordo con l'Unione Europea alla Grecia: il dato, 8,1 miliardi (superiore di circa 400 milioni rispetto a maggio 2009, quando fu di 7.695 milioni), include infatti il prestito di circa 2,9 miliardi a favore di Atene.

Al netto di tale intervento, il fabbisogno del mese ammonterebbe a circa 5,2 miliardi, inferiore di circa 2,5 miliardi rispetto allo stesso mese del 2009. Conseguentemente, il fabbisogno dei primi cinque mesi risulterebbe inferiore di circa 8 miliardi rispetto a quello dei primi cinque mesi del 2009.

"Il miglioramento è da attribuirsi alla riduzione dell'onere per interessi sul debito pubblico, connessa alla dinamica delle emissioni dei titoli di Stato, nonché alle entrate derivanti dalla regolarizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero (lo scudo fiscale, ndr), e dal rilascio della concessione per l'attività della raccolta e gestione di lotterie nazionali", spiega il Tesoro nel comunicato.

(01 giugno 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-06-01

Istat, disoccupazione record

Quasi il 30% dei giovani è senza lavoro

Secondo l'istituto di statistica il numero di persone senza lavoro è il più alto dal quarto trimestre del 2001. In aprile, 307 mila occupati in meno rispetto a un anno prima. Boom di disoccupati anche nell'Eurozona

Istat, disoccupazione record Quasi il 30% dei giovani è senza lavoro

ROMA - Disoccupazione record in Italia ad aprile: il tasso ha raggiunto l'8,9 ad aprile, ancora in crescita rispetto all'8,8% di marzo. Lo rileva l'Istat, precisando che si tratta del dato peggiore dal quarto trimestre del 2001. Particolarmente impressionante il dato sull'occupazione giovanile: quasi un ragazzo su tre non ha un lavoro.

In un anno, ovvero da aprile 2009 allo stesso mese del 2010, il numero di occupati in Italia è diminuito di 307 mila unità. L'Istat sottolinea che ad aprile 2010 il numero di occupati è pari a 22 milioni 831 mila unità (dati destagionalizzati), in aumento dello 0,2% rispetto a marzo, ma inferiore dell'1,3% rispetto ad aprile 2009. Il tasso di occupazione è quindi pari al 56,9%, in aumento rispetto a marzo di 0,1 punti percentuali, ma inferiore di 0,9 punti percentuali rispetto ad aprile dell'anno precedente.

Disoccupazione giovanile. Preoccupante il dato che riguarda i giovani. Il tasso di disoccupazione nella popolazione tra 15 e 24 anni è pari ad aprile al 29,5%, con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto a marzo e di 4,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009.

I dati per l'occupazione maschile. Ad aprile 2010 l'occupazione maschile è pari a 13 milioni 613 mila unità, invariata rispetto al mese precedente e in riduzione dell'1,9 per cento (-263 mila unità) rispetto al corrispondente mese dell'anno precedente. Il tasso di occupazione maschile risulta pari al 67,6 per cento, invariato nell'ultimo mese e in calo di 1,4 punti percentuali negli ultimi dodici mesi.

La disoccupazione femminile. L'occupazione femminile è pari a 9 milioni 218 mila unità, in aumento dello 0,7 per cento (+61 mila unità) rispetto a marzo ma in calo dello 0,5 per cento (-44 mila unità) rispetto ad aprile 2009. Il tasso di occupazione femminile ad aprile è pari a 46,1 per cento, con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a marzo ma in calo di 0,4 punti percentuali rispetto ad aprile 2009 .

 

Record negativo anche nell'Eurozona. Sempre ad aprile, il tasso di disoccupazione nell'Eurozona è stato del 10,1%, in aumento rispetto al 10% in marzo (9,2% nell'aprile 2009). E' il dato peggiore dal 1998. Nella Ue il dato rilevato segna 9,7%, stabile rispetto a marzo (8,7% nell'aprile 2009). I disoccupati in aprile sono 15,86 milioni nell'Eurozona e 23,311 milioni nella Ue. Rispetto a marzo i disoccupati sono aumentati di 25mila unità sia nell'Eurozona che nella Ue. Questi i dati relativi alle donne, agli uomini e ai giovani: tra aprile 2009 e aprile 2010 la disoccupazione tra maschi è aumentata dal 9% al 10% nell'Eurozona e dall'8,7% al 9,8% nella Ue; il tasso femminile da 9,5% a 10,2% e da 8,7% a 9,5% rispettivamente. La disoccupazione giovanile (sotto i 25 anni) era al 20% e al 20,6% (nell'aprile 2009 era al 19,3% e al 19,2%).

(01 giugno 2010)

 

 

 

2010-05-30

L'INIZIATIVA

"Persi nel labirinto della disoccupazione"

Uno su due alla ricerca da oltre un anno

Tra speranze e umiliazioni. Dalle agenzie interinali ai cacciatori di teste. Dalle folle dei concorsi alle offerte che illudono e tradiscono. La concorrenza tra generazioni e il mercato del low cost del personale. Le storie degli italiani alla ricerca di un impiego nella nostra iniziativadi FEDERICO PACE

"Persi nel labirinto della disoccupazione" Uno su due alla ricerca da oltre un anno

LE PROVANO tutte. Dalle agenzie interinali ai centri dell'impiego. Dai cacciatori di teste agli annunci sui siti di offerte di lavoro. Si ritrovano in fila all'Inps e nelle folle oceaniche dei concorsi pubblici. Con la volontà e la voglia di fare che però, pian piano, si trasformano in umiliazione e spaesamento. C'è buona parte della vita dei nostri giorni, e della nostra società, nelle storie che stanno arrivando a Repubblica.it. Donne e uomini che raccontano il destino incerto di chi sta cercando un impiego in questi mesi così difficili e si trovano a misurarsi con qualcosa di più grande di loro. Perché quando manca il lavoro, tra le cose più intime ed essenziali dell'uomo, è logico che venga a mancare il terreno.

Da Milano arriva la storia di un laureato in ingegneria: "Sto cercando lavoro nel campo IT da circa 5 mesi e pur avendo esperienza non trovo niente, neanche accettando contratti a progetto o simili. La situazione è penosa per me come per tanti altri." Stessa sorte a Bologna per una laureata in lingue e culture dell'Asia e dell'Africa a marzo 2009 che ha accettato una collaborazione occasionale in portineria per 120 euro al mese (prestazione occasionale): "I colloqui, cercati in qualsiasi maniera e sia per posizioni retribuite, di qualsiasi tipo, sia per stage, sono stati pochi e ovunque, pur avendo scritto un cv molto chiaro, cercavano sempre qualcuno con qualcosa in più".

Tra i racconti che stanno arrivano, molti, moltissimi, sono di coloro che sono alle prese con la ricerca di un impiego da più di un anno (sono il 46,7 per cento). Un altro 21 per cento le sta provando di tutte da più di sei mesi. Quasi sei su dieci passa per i siti di offerte di lavoro, un altro 11 per cento lo fa dando un'occhiata quotidiana alle "vetrine" delle job opportunities delle aziende, un altro 8 per cento chiede aiuto alle società di lavoro interinale e il 3 per cento si è rivolto ai centri per l'impiego. Quasi uno su dieci confessa di fare ricorso alle conoscenze dirette. Solo poco più del 2 per cento va in edicola per comprare i giornali o le riviste specializzate. C'è tutta l'Italia segnata sulla mappa della crisi. C'è Milano, Matera, Cuneo e Caserta. Udine, Genova, Roma e Pavia.

 

Il mercato del low cost. Dalla provincia di Firenze una storia emblematica: "Per quel che mi riguarda sono nuovamente in cerca di lavoro dallo scorso febbraio. Ad oggi ho fatto circa un colloquio a settimana. La maggior parte dei problemi sorge dal fatto di essere una trentenne, donna, per inciso. Le prospettive già esigue, sono ancora più limitate da vari pregiudizi. Ma più spesso le proposte erano per me inaccettabili nei termini e condizioni. La scusa citata più spesso è la perenne crisi che ci assale. Altre volte sono stati più diretti, specificando che semplicemente ci sono migliaia di altre persone che accetterebbero condizioni mortificanti pur di lavorare".

La concorrenza tra generazioni. Da Roma, un quarantenne alla ricerca di lavoro da più di un anno, racconta: "è capitato anche a me di avere come concorrenti pensionati con un'esperienza ovviamente di gran lunga superiore alla mia, che hanno praticamente spiazzato la mia candidatura" che poi si chiede "perché i giornali, i sindacati non evidenzino tale fenomeno, che sottrae opportunità e posti di lavoro a noi giovani, che in Italia sempre più deindustrializzata e meno meritocratica, non abbiamo alcuna opportunità di crescere professionalmente?".

L'annuncio che cambia forma. Da Treviso un laureato trentacinquenne racconta: "da quasi due anni mi sono affidato alle agenzie interinali per trovare un lavoro, più che affidato sono stato obbligato a rivolgervi ad esse dato che ormai hanno in mano il potere di darti o meno un lavoro. Mi sono scontrato con una realtà ridicola dove annunci in cui si cercano commesse quando chiami l'agenzia diventano annunci dove in realtà si cercano dirigenti di azienda. E se chiedi, giustificano l'annuncio dicendo che non possono scriverci tutto".

La giungla delle agenzie interinali. "Anno 2009, disfatta di Caporetto". Così inizia la testimonianza di un cinquantasettenne da Macerata che è senza impiego anche lui da più di un anno. "Dopo anni di lavoro come responsabile di produzione, mi sono trovato nel contenitore dei disoccupati. Un immenso mare di lacrime e dolore. Certo che mi sono attivato a cercare nuova opportunità. Nella giungla delle agenzie interinali. Ma non ho trovato nulla."

Porta a porta. Una donna di quarant'anni racconta da Roma come è giunta alla decisione di pratica di fatto una sorta di candidatura porta a porta: "il 9 dicembre 2009 vengo licenziata per contenimento dei costi ed assunta in "nero" part-time dalla stessa società, sottopagata ad € 500 al mese, in attesa che passi la crisi, in questo periodo ho cercato lavoro attraverso agenzie interinali, internet, centri per l'impiego, per conoscenze, ed infine recandomi personalmente presso le società a presentarmi e lasciare il mio curriculum".

I centri per l'impiego. Da Bologna un quarantottenne confessa di avere utilizzato, senza successo, i siti di offerte . Per lui qualcosa ha funzionato: "Il centro per l'impiego stranamente è l'unico che funziona: mi mandano a quattro o cinque colloqui, da alcuni vengo scartato perché troppo qualificato, poi mi offrono un posto a tempo determinato, alla metà di quel che prendevo prima e tornando indietro di categoria, ma accetto, pur di avere un orizzonte temporale di un anno di nuovo con un lavoro, e poi si vedrà".

I cacciatori di teste e il cv perduto. S., 46enne da Firenze, dirigente licenziato cinque mesi fa confessa: "Questi mesi mi hanno insegnato che gli annunci che si trovano sui portali e sui siti delle società di ricerca sono sostanzialmente una perdita di tempo. Dopo tanta fatica sono riuscito a contattare alcuni responsabili di headhunting che mi hanno "confessato" di aver perso il cv che avevo mandato secondo tutte le procedure previste nei loro siti."

La raccomandazione per il colloquio di lavoro. Un ingegnere civile scrive da Reggio Calabria. "in 4 anni ho inviato un migliaio di curriculum senza essere mai contattato. Pensavo sbagliassi a compilarlo, ma diversi enti di orientamento a cui mi sono rivolto mi hanno detto che è perfetto. Ho dovuto raccomandarmi per sostenere gli unici due colloqui della mia vita (ripeto: raccomandarmi per sostenere i colloqui), che non hanno avuto esito. Ho sostenuto molti concorsi pubblici, superando brillantemente le varie prove ma venendo scartato da psicologi o alle prove orali".

In coda all'Inps. Scrive da Verona invece un laureato in Graphic Design negli Stati Uniti alla ricerca di un posto da più di sei mesi. Racconta, con sincerità, di quel che gli è accaduto qualche giorno dopo avere ricevuto la lettera di licenziamento al termine della giornata lavorativa senza nessun preavviso. "Una mattina - queste le sue parole - mi sono ritrovato anche io in coda fuori dall'Inps per fare richiesta del sussidio di disoccupazione, lo ammetto, mi vergognavo, credevo vi fossero poche persone ridotte come me, mi sentivo un fallito, un pezzo difettoso, ma quando ho visto quanta gente c'era in coda, scambiato opinioni con loro durante le ore di attesa, ho scoperto quanta gente era nella stessa situazione, se non peggio, le stesse facce le avevo già viste al centro dell'impiego, dopo svariate code di attesa anche lì. Cristo, sembrava che tutta la città avesse improvvisamente perso il posto di lavoro."

Migliaia nell'inferno dei concorsi. E poi c'è il grande mare in cui navigano moltissimi senza mai riuscire ad ancorare in alcun porto. Dove la sproporzione tra i candidati e il numero di posti sempre farsi sempre più grande. Da Cosenza un giovane laureato racconta la sua esperienza: "Ho partecipato ad un concorso pubblico per 40 assistenti nella Banca di Italia. Le domande erano 170.000. Hanno prima fatto una selezione interna basata sul voto delle medie e del diploma. Risultato: possono partecipare alla prova selettiva solo 17.000 persone, cioé quelli che hanno ottenuto 5,5 come punteggio, vale a dire quelli che hanno conseguito la licenzia media con ottimo e il diploma con 60/60 o 100/100."

L'esperienza, l'età e l'equazione irrisolvibile. C'è poi la richiesta impossibile, contro cui molti si ritrovano a sbattere il muso, come studenti a cui un professore propone un problema irrisolvibile solo per tenerli occupati in qualcosa per un po' di tempo. Per distrarli da quello che sta davvero accadendo altrove. Da Palermo arriva la testimonianza di un trentasettenne che sta cercando lavoro da quasi un anno. Inizia il suo racconto con il testo di un annuncio: "'Cercasi, personale amministrativo con esperienza almeno quinquennale, laurea in economia e commercio per impiego stabile'. Bello dico io, mi candido, mi chiamano, mi dicono "sì", ma lei è troppo qualificato, e poi noi le possiamo offrire un contratto di 3° livello. Allora se dovete offrire un terzo livello non cercate un laureato esperto, ma un contabile alle prime armi!". Da Padova un lavoratore che ha superato i 55 anni trova le parole per dire, infine, ancora meglio, e con amarezza, quel che si deve dire: "Sembra essere diventati invisibili. Quando qualcuno ti trova perché sei la figura professionale che cercava, ci si accorge che sei troppo vecchio".

© Riproduzione riservata (28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

RAPPORTO ISTAT

La crisi si è abbattuta sui giovani

'Bamboccioni' ultratrentenni triplicati dall'83

La fascia che va dai 15 ai 29 anni è stata falcidiata dalla disoccupazione, avendo per lo più contratti atipici. Oltre due milioni i NEET: non lavorano, non studiano, non si formano. I padri aiutati dalla Cassa Integrazione, ma per quanto ancora?di ROSARIA AMATO

La crisi si è abbattuta sui giovani 'Bamboccioni' ultratrentenni triplicati dall'83

ROMA - Piombata da "una crescita asfittica e stentata", che nel decennio 2000-2009 ha prodotto un modestissimo aumento annuo dello 0,1 per cento, e dalla "crisi più profonda della storia economica recente", l'Italia ha già agganciato la ripresa nel primo trimestre di quest'anno, con il Pil a +0,5 per cento, ma porterà ancora a lungo i segni del disastro degli ultimi due anni. Soprattutto, li porteranno coloro che nei prossimi decenni dovrebbero reggere il peso di una società sempre più sbilanciata dalla parte degli anziani, i giovani, ricacciati nella disoccupazione, 'bamboccioni' per forza, impotenti a prescindere dal titolo di studio. Il Rapporto Annuale dell'Istat è dedicato quest'anno alla crisi, tema obbligatorio. L'analisi e i dati ripercorrono accuratamente debolezze e punti di forza del Paese, ma la categoria più penalizzata appare senza alcun dubbio quella dei giovani. Anche se emerge lo spettro di 300.000 cassintegrati (per il 58,3 per cento padri di famiglia) destinati senza troppe illusioni a finire tra le file già ampliate a dismisura dei disoccupati. E ci sono naturalmente anche le donne, penalizzate più che mai, soprattutto se madri.

Il grado di penalizzazione, anzi, cresce con il numero dei figli, e in misura più che proporzionale: "Considerando le 25-54enni e assumendo come base le donne senza figli, la distanza nei tassi di occupazione è di quattro punti percentuali per quelle con un figlio, di 10 per quelle con due figli e di 22 punti per quelle di tre o più". E tuttavia per le donne il titolo di studio costituisce in molti casi ancora un'adeguata barriera alla disoccupazione e all'esclusione sociale: "Solo le laureate riescono a raggiungere i livelli europei". Questo non vale per i giovani: "Nessun titolo di studio sembra in grado di proteggere i giovani dall'impatto della crisi". La flessione dell'occupazione per chi ha un titolo di studio non superiore alla licenza media è particolarmente critica (-11,4 per cento), ma rimane rilevante anche per i diplomati (-6,9 per cento) e per i laureati (-5,2 per cento). Tanto che il tasso di disoccupazione giovanile in Italia (25,4 per cento) è più del triplo di quello totale (7,8 per cento) e più elevato di quello europeo (19,8 per cento).

 

Questo perché con la crisi sono state falcidiate le posizioni 'precarie': i datori di lavoro si sono liberati rapidamente dei dipendenti con contratto a termine, o con contratti a progetto, o comunque atipici, i meno tutelati, e dunque i più giovani. Non è che i 'padri' non abbiano sofferto: loro sono andati in cassa integrazione, nel 2009 sono stati 300.000 in più. Una misura che ha arginato in qualche misura l'impennata della disoccupazione, considerato che "in valore assoluto il livello di occupazione è sceso di circa un milione di entità tra l'inizio del 2008 e la fine del 2009", e che "quasi il 90 per cento dell'aumento dei disoccupati nel 2009 è dovuto a persone che hanno perso il posto di lavoro e gli ex occupati rappresentano nel complesso metà dell'intera platea dei disoccupati". Una misura provvisoria, e che nei prossimi mesi potrebbe mostrarsi drammaticamente insufficiente, considerata la "bassissima propensione delle imprese ad attivare nuovi posti di lavoro". "La presenza di un ampio bacino di lavoro non utilizzato - conclude l'Istat - prolungherà dunque gli effetti negativi della caduta dell'attività sul processo di creazione di posti di lavoro".

Soffriremo dunque ancora a lungo per le ripercussioni della crisi sull'occupazione. Il problema è che non possiamo permettercelo. I giovani dovrebbero essere impiegati, e dovrebbero anche guadagnare molto, visto che su di loro graverà un peso sempre maggiore. Questo lo scenario che l'Istat definisce "verosimile" per i prossimi 40 anni: "Si prevede che il numero di figli per donna possa crescere fino a 1,58 nel 2050; la speranza di vita aumentare fino a raggiungere gli 84,5 anni per gli uomini e gli 89,5 per le donne; il numero dei giovani fino a 14 anni ridursi a 7,9 milioni (il 12,9 per cento della popolazione); la popolazione attiva contrarsi a 33,4 milioni (54,2 per cento) e quella degli over 64 salire a 20,3 milioni (da uno su cinque a uno su tre residenti nel 2050)". In sostanza, "l'indice di dipendenza degli anziani potrebbe raddoppiare".

I giovani di oggi, che saranno gli anziani di domani, però, non lavorano, non versano contributi, non vanno via di casa, non fanno nulla. La statistica ha coniato una sigla per definirli: Neet, significa not in education, employnment or training (non lavorano, non studiano, non si formano). I Neet nel 2009 erano arrivati a oltre due milioni, il 21,2 per cento dei 15-29enni. "Rimanere in casa con i genitori più a lungo che nel resto dell'Europa in Italia è sempre stato un costume diffuso", ricorda uno dei responsabili del Rapporto Istat, Linda Laura Sabbadini. Senonché nel 1983 la quota dei 18-34enni celibi nubili che viveva in famiglia era del 49 per cento, nel 2000 era arrivata al 60,2 per cento, attestandosi al 58,6 per cento del 2009. Tra i 30-34enni quasi il 30 per cento vive ancora in famiglia, una quota triplicata dal 1983. Sono cambiate le motivazioni: nel 2003 la prima risposta a un'indagine Istat era quella di "permanenza scelta", adesso la prolungata convivenza dei figli con i genitori dipende soprattutto dai problemi economici (40,2 per cento) e dalla necessità di proseguire gli studi (34 per cento); solo per il 31,4 per cento si tratta di una libera scelta. Anche perché, persino quando accoglie, il mercato del lavoro è estremamente avaro con i giovani: quasi la metà dei sottinquadrati (occupati che svolgono una professione inferiore al livello di studio) sono giovani di 15-34 anni. Ecco perché il termine 'bamboccione', coniato dall'ex ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, aggiunge solo la beffa al danno nei confronti di una generazione che non trova sbocchi di nessun tipo: "Basta banalizzazioni: la parola

'bamboccioni' andrebbe abrogata dal nostro linguaggio", protesta infatti Linda Laura Sabbadini.

Fa da argine al disastro sociale la famiglia: i giovani rimasti disoccupati, rileva l'Istat, vivono per la stragrande maggioranza all'interno di famiglie che hanno due percettori di reddito. Ma cosa accadrà quando uno, o entrambi questi percettori di reddito rimarranno senza lavoro? Quando dalla cassa integrazione i 'padri di famiglia' passeranno all'inevitabile disoccupazione, o, peggio ancora, all'inattività? La statistica definisce inattivi coloro che, nel periodo di riferimento dell'indagine, non hanno compiuto neanche un'azione di ricerca del lavoro. Sono coloro che hanno perso le speranze, o coloro, forse, che si sono definitivamente accontentati di un lavoro in nero. "Di fronte alle crescenti difficoltà di trovare un impiego, aumenta il senso di scoraggiamento degli individui, che rinunciano del tutto a cercare un lavoro - si legge nel Rapporto - In particolare aumenta la percentuale dei disoccupati di lunga durata che transitano verso l'inattività (dal 37 al 44 per cento). Nel 2009 gli inattivi sono aumentati più dei disoccupati, +329.000 unità".

La più diretta delle conseguenze del dilagare della disoccupazione è la caduta del reddito disponibile delle famiglie, che nel 2009 in Italia si è ridotto del 2,8 per cento, "mentre ha mantenuto una dinamica positiva in tutti gli altri grandi paesi europei". Siamo più poveri, ce ne siamo accorti. Sempre nel 2009, il potere d'acquisto ha subito una riduzione del 2,5 per cento. Però "l'indice di deprivazione", che misura quello di cui si privano individui e famiglie, è rimasto al 15,3 per cento tra il 2008 e il 2009: la spiegazione dell'Istat è che "il 60 per cento del totale delle famiglie che nel 2009 risultavano deprivate lo era già nel 2008". Insomma, la crisi ha colpito ancora una volta i più deboli. Ampliandone comunque la platea: tra il 2008 e il 2009 le famiglie "indifese nel far fronte a spese impreviste" sono passate dal 32 al 33,4 per cento, quelle in arretrato col pagamento di debiti diversi dal mutuo dal 10,5 al 13,6 per cento (tra quelle che hanno debiti) e quelle che si sono indebitate dal 14,8 al 16,4 per cento.

© Riproduzione riservata (26 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-05-28

Ocse: Stati si impegnano a ridurre deficit

"Non si metterà a rischio la crescita"

Il vertice per la prima volta stila un codice di regole comuni su economia e finanza basato su principi etici. Tremonti: "Imprese e sindacati d'accordo. Marx sarebbe sorpreso del risultato"

Ocse: Stati si impegnano a ridurre deficit "Non si metterà a rischio la crescita"

PARIGI - Via libera del vertice ministeriale dell'Ocse, sotto la presidenza italiana, alla dichiarazione sui 'Global legal standard', un codice di dieci regole comuni sull'economia e la finanza basato su principi dell'etica, della trasparenza e della correttezza. Ad accettare le regole sono stati i 34 Paesi aderenti all'organizzazione parigina, più due fra i paesi ospiti (Brasile e Russia). La dichiarazione entrerà nell'agenda dei prossimi G20, il vertice delle più grandi economie mondiali.

Ridurre deficit senza danneggiare la crescita. "È importante sviluppare piani di consolidamento fiscale di medio termine credibili e trasparenti. Li attueremo in modo che non mettano a rischio la crescita". Così i ministri dei 34 Paesi Ocse si sono espressi nel comunicato finale della riunione annuale. "Stiamo lavorando per evitare una 'ripresa senza occupazione' e una 'crescita senza occupazione'", sottolinea il comunicato. È stato, poi, ribadito anche l'impegno alle riforme strutturali. "Le nostre economie si riprendono, tuttavia la ripresa resta fragile, con alti livelli di disoccupazione. Restiamo consapevoli che restano rischi alla stabilità economica. In particolare le attuali tensioni sui mercati del debito sovrano illustrano l'elevata incertezza che continua a circondare le prospettive di alcuni Paesi".

Tre i documenti conclusivi del vertice: un testo che raccoglie 'le conclusioni' raggiunte dai lavori, un 'riassunto della presidenza' e una 'dichiarazione condivisa' che contiene dieci principi "per la correttezza, integrità e trasparenza" nella finanza internazionale.

Un protocollo con 10 principi.

Il protocollo, che include 10 principi, è un'iniziativa nata su impulso italiano, a partire dal cosiddetto Lecce framework stilato lo scorso anno durante la presidenza del G8 per diffondere dei 'global legal standard', ovvero un contesto comune di regole etiche e legali globali che evitino il ripetersi di crisi sistemiche. L'obiettivo, spiegano fonti Ocse, è quello di ritrovare il cammino della crescita, con regole e principi condivisi che rendano i mercati più forti, equi e solidi. L'Ocse, che finora si è sempre occupata di temi economici e finanziari, per la prima volta allarga così le sue competenze a diritto ed etica. I 10 principi riguardano sia la gestione delle aziende che dei mercati, come pure la governance. Da rilevare che la dichiarazione è stata siglata oltre che dai 34 Paesi aderenti all'Ocse, anche da Brasile e Russia, in qualità di Paesi ospiti. Il protocollo è stato stilato anche con la collaborazione di Biac (business and industry advisory committee) e Tuac (trade union advisory committee), i comitati internazionali che rappresentano rispettivamente imprenditori e sindacati presso l'Ocse.

Tremonti:" Marx sarebbe sorpreso del risultato" "Ieri Netanyahu ha citato Karl Marx, questa mattina lo abbiamo fatto anche noi. Forse, vedendo che le organizzazioni sindacali e le imprese convergono su uno stesso testo, credo che anche lui sarebbe sorpreso dal risultato raggiunto". Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti così ha commentato le conclusioni del summit e in generale dalle politiche messe in campo dalal comunità internazionale di fronte ai cambiamenti dell'economia. "Tutti i governi si sono impegnati su questo documento, questo tema entra nell'agenda del G20. Per la prima volta - ha aggiunto il ministro - ci si occupa anche di temi etici e questo è straordinario ed è un modo di mettere a posto le cose. Troppe regole sono un ostacolo, ma alcune regole sono un investimento e queste sono un buon investimento".

La Svizzera non firma protocollo mutua assistenza. La Svizzera ha deciso di non sottoscrivere il protocollo sulla mutua assistenza in materia fiscale elaborato durante il vertice interministeriale Ocse a Parigi. "Noi riteniamo che gli standard Ocse attuali siano sufficienti - ha affermato la presidente della Confederazione, Doris Leuthard - e alcuni punti della convenzione ci pongono dei problemi". La Svizzera non accetta in particolare, ha poi precisato, lo scambio automatico di informazioni, che metterebbe in pericolo in segreto bancario. "Non bisogna essere ingenui - ha concluso Doris Leuthard - la crisi del debito spingerà gli Stati a rinforzare il proprio zelo in materia fiscale". La decisione della Svizzera "è un'eccezione". "Non è che siamo noi isolati. I Paesi che hanno firmato il nuovo documento sullo scambio di informazioni in materia fiscale sono numerosi. Quindi c'è da chiedersi se non sia piuttosto chi non firma che è isolato, che rappresenta un'eccezione", ha detto il ministro dell'Economia.

Nessuna lista nera. ''Noi non abbiamo liste di nessun colore, siamo daltonici. Lista nera, lista grigia, sono cose che compaiono solo sulla stampa. Noi abbiamo solo Paesi che aderiscono allo standard Ocse e Paesi che non aderiscono''. Così il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, ha commentato il nuovo protocolli di accordi sulla mutua assistenza in materia fiscale firmato oggi a Parigi. ''Molti Paesi stanno sottoscrivendo accordi di scambio di informazioni - ha aggiunto Gurria - e la cosa positiva è che spesso lo fanno attraverso organizzazioni internazionali, come il Consiglio d'Europa, o in gruppi, come per esempio hanno fatto i Paesi nordici, che sottoscrivono accordi tutti insieme''.

Con la conclusione della riunione ministeriale odierna termina anche la presidenza italiana delle sessioni Ocse, ruolo che il governo italiano non svolgeva dal 1974.

(28 maggio 2010)

 

 

 

"Persi nel labirinto della disoccupazione"

Uno su due alla ricerca da oltre un anno

Tra speranze e umiliazioni. Dalle agenzie interinali ai cacciatori di teste. Dalle folle dei concorsi alle offerte che illudono e tradiscono. La concorrenza tra generazioni e il mercato del low cost del personale. Le storie degli italiani alla ricerca di un impiego nella nostra iniziativadi FEDERICO PACE

"Persi nel labirinto della disoccupazione" Uno su due alla ricerca da oltre un anno

LE PROVANO tutte. Dalle agenzie interinali ai centri dell'impiego. Dai cacciatori di teste agli annunci sui siti di offerte di lavoro. Si ritrovano in fila all'Inps e nelle folle oceaniche dei concorsi pubblici. Con la volontà e la voglia di fare che però, pian piano, si trasformano in umiliazione e spaesamento. C'è buona parte della vita dei nostri giorni, e della nostra società, nelle storie che stanno arrivando a Repubblica.it. Donne e uomini che raccontano il destino incerto di chi sta cercando un impiego in questi mesi così difficili e si trovano a misurarsi con qualcosa di più grande di loro. Perché quando manca il lavoro, tra le cose più intime ed essenziali dell'uomo, è logico che venga a mancare il terreno.

Da Milano arriva la storia di un laureato in ingegneria: "Sto cercando lavoro nel campo IT da circa 5 mesi e pur avendo esperienza non trovo niente, neanche accettando contratti a progetto o simili. La situazione è penosa per me come per tanti altri." Stessa sorte a Bologna per una laureata in lingue e culture dell'Asia e dell'Africa a marzo 2009 che ha accettato una collaborazione occasionale in portineria per 120 euro al mese (prestazione occasionale): "I colloqui, cercati in qualsiasi maniera e sia per posizioni retribuite, di qualsiasi tipo, sia per stage, sono stati pochi e ovunque, pur avendo scritto un cv molto chiaro, cercavano sempre qualcuno con qualcosa in più".

Tra i racconti che stanno arrivano, molti, moltissimi, sono di coloro che sono alle prese con la ricerca di un impiego da più di un anno (sono il 46,7 per cento). Un altro 21 per cento le sta provando di tutte da più di sei mesi. Quasi sei su dieci passa per i siti di offerte di lavoro, un altro 11 per cento lo fa dando un'occhiata quotidiana alle "vetrine" delle job opportunities delle aziende, un altro 8 per cento chiede aiuto alle società di lavoro interinale e il 3 per cento si è rivolto ai centri per l'impiego. Quasi uno su dieci confessa di fare ricorso alle conoscenze dirette. Solo poco più del 2 per cento va in edicola per comprare i giornali o le riviste specializzate. C'è tutta l'Italia segnata sulla mappa della crisi. C'è Milano, Matera, Cuneo e Caserta. Udine, Genova, Roma e Pavia.

 

Il mercato del low cost. Dalla provincia di Firenze una storia emblematica: "Per quel che mi riguarda sono nuovamente in cerca di lavoro dallo scorso febbraio. Ad oggi ho fatto circa un colloquio a settimana. La maggior parte dei problemi sorge dal fatto di essere una trentenne, donna, per inciso. Le prospettive già esigue, sono ancora più limitate da vari pregiudizi. Ma più spesso le proposte erano per me inaccettabili nei termini e condizioni. La scusa citata più spesso è la perenne crisi che ci assale. Altre volte sono stati più diretti, specificando che semplicemente ci sono migliaia di altre persone che accetterebbero condizioni mortificanti pur di lavorare".

La concorrenza tra generazioni. Da Roma, un quarantenne alla ricerca di lavoro da più di un anno, racconta: "è capitato anche a me di avere come concorrenti pensionati con un'esperienza ovviamente di gran lunga superiore alla mia, che hanno praticamente spiazzato la mia candidatura" che poi si chiede "perché i giornali, i sindacati non evidenzino tale fenomeno, che sottrae opportunità e posti di lavoro a noi giovani, che in Italia sempre più deindustrializzata e meno meritocratica, non abbiamo alcuna opportunità di crescere professionalmente?".

L'annuncio che cambia forma. Da Treviso un laureato trentacinquenne racconta: "da quasi due anni mi sono affidato alle agenzie interinali per trovare un lavoro, più che affidato sono stato obbligato a rivolgervi ad esse dato che ormai hanno in mano il potere di darti o meno un lavoro. Mi sono scontrato con una realtà ridicola dove annunci in cui si cercano commesse quando chiami l'agenzia diventano annunci dove in realtà si cercano dirigenti di azienda. E se chiedi, giustificano l'annuncio dicendo che non possono scriverci tutto".

La giungla delle agenzie interinali. "Anno 2009, disfatta di Caporetto". Così inizia la testimonianza di un cinquantasettenne da Macerata che è senza impiego anche lui da più di un anno. "Dopo anni di lavoro come responsabile di produzione, mi sono trovato nel contenitore dei disoccupati. Un immenso mare di lacrime e dolore. Certo che mi sono attivato a cercare nuova opportunità. Nella giungla delle agenzie interinali. Ma non ho trovato nulla."

Porta a porta. Una donna di quarant'anni racconta da Roma come è giunta alla decisione di pratica di fatto una sorta di candidatura porta a porta: "il 9 dicembre 2009 vengo licenziata per contenimento dei costi ed assunta in "nero" part-time dalla stessa società, sottopagata ad € 500 al mese, in attesa che passi la crisi, in questo periodo ho cercato lavoro attraverso agenzie interinali, internet, centri per l'impiego, per conoscenze, ed infine recandomi personalmente presso le società a presentarmi e lasciare il mio curriculum".

I centri per l'impiego. Da Bologna un quarantottenne confessa di avere utilizzato, senza successo, i siti di offerte . Per lui qualcosa ha funzionato: "Il centro per l'impiego stranamente è l'unico che funziona: mi mandano a quattro o cinque colloqui, da alcuni vengo scartato perché troppo qualificato, poi mi offrono un posto a tempo determinato, alla metà di quel che prendevo prima e tornando indietro di categoria, ma accetto, pur di avere un orizzonte temporale di un anno di nuovo con un lavoro, e poi si vedrà".

I cacciatori di teste e il cv perduto. S., 46enne da Firenze, dirigente licenziato cinque mesi fa confessa: "Questi mesi mi hanno insegnato che gli annunci che si trovano sui portali e sui siti delle società di ricerca sono sostanzialmente una perdita di tempo. Dopo tanta fatica sono riuscito a contattare alcuni responsabili di headhunting che mi hanno "confessato" di aver perso il cv che avevo mandato secondo tutte le procedure previste nei loro siti."

La raccomandazione per il colloquio di lavoro. Un ingegnere civile scrive da Reggio Calabria. "in 4 anni ho inviato un migliaio di curriculum senza essere mai contattato. Pensavo sbagliassi a compilarlo, ma diversi enti di orientamento a cui mi sono rivolto mi hanno detto che è perfetto. Ho dovuto raccomandarmi per sostenere gli unici due colloqui della mia vita (ripeto: raccomandarmi per sostenere i colloqui), che non hanno avuto esito. Ho sostenuto molti concorsi pubblici, superando brillantemente le varie prove ma venendo scartato da psicologi o alle prove orali".

In coda all'Inps. Scrive da Verona invece un laureato in Graphic Design negli Stati Uniti alla ricerca di un posto da più di sei mesi. Racconta, con sincerità, di quel che gli è accaduto qualche giorno dopo avere ricevuto la lettera di licenziamento al termine della giornata lavorativa senza nessun preavviso. "Una mattina - queste le sue parole - mi sono ritrovato anche io in coda fuori dall'Inps per fare richiesta del sussidio di disoccupazione, lo ammetto, mi vergognavo, credevo vi fossero poche persone ridotte come me, mi sentivo un fallito, un pezzo difettoso, ma quando ho visto quanta gente c'era in coda, scambiato opinioni con loro durante le ore di attesa, ho scoperto quanta gente era nella stessa situazione, se non peggio, le stesse facce le avevo già viste al centro dell'impiego, dopo svariate code di attesa anche lì. Cristo, sembrava che tutta la città avesse improvvisamente perso il posto di lavoro."

Migliaia nell'inferno dei concorsi. E poi c'è il grande mare in cui navigano moltissimi senza mai riuscire ad ancorare in alcun porto. Dove la sproporzione tra i candidati e il numero di posti sempre farsi sempre più grande. Da Cosenza un giovane laureato racconta la sua esperienza: "Ho partecipato ad un concorso pubblico per 40 assistenti nella Banca di Italia. Le domande erano 170.000. Hanno prima fatto una selezione interna basata sul voto delle medie e del diploma. Risultato: possono partecipare alla prova selettiva solo 17.000 persone, cioé quelli che hanno ottenuto 5,5 come punteggio, vale a dire quelli che hanno conseguito la licenzia media con ottimo e il diploma con 60/60 o 100/100."

L'esperienza, l'età e l'equazione irrisolvibile. C'è poi la richiesta impossibile, contro cui molti si ritrovano a sbattere il muso, come studenti a cui un professore propone un problema irrisolvibile solo per tenerli occupati in qualcosa per un po' di tempo. Per distrarli da quello che sta davvero accadendo altrove. Da Palermo arriva la testimonianza di un trentasettenne che sta cercando lavoro da quasi un anno. Inizia il suo racconto con il testo di un annuncio: "'Cercasi, personale amministrativo con esperienza almeno quinquennale, laurea in economia e commercio per impiego stabile'. Bello dico io, mi candido, mi chiamano, mi dicono "sì", ma lei è troppo qualificato, e poi noi le possiamo offrire un contratto di 3° livello. Allora se dovete offrire un terzo livello non cercate un laureato esperto, ma un contabile alle prime armi!". Da Padova un lavoratore che ha superato i 55 anni trova le parole per dire, infine, ancora meglio, e con amarezza, quel che si deve dire: "Sembra essere diventati invisibili. Quando qualcuno ti trova perché sei la figura professionale che cercava, ci si accorge che sei troppo vecchio".

© Riproduzione riservata (28 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

2010-05-27

RAPPORTO ISTAT

La crisi si è abbattuta sui giovani

'Bamboccioni' ultratrentenni triplicati dall'83

La fascia che va dai 15 ai 29 anni è stata falcidiata dalla disoccupazione, avendo per lo più contratti atipici. Oltre due milioni i NEET: non lavorano, non studiano, non si formano. I padri aiutati dalla Cassa Integrazione, ma per quanto ancora?di ROSARIA AMATO

La crisi si è abbattuta sui giovani 'Bamboccioni' ultratrentenni triplicati dall'83

ROMA - Piombata da "una crescita asfittica e stentata", che nel decennio 2000-2009 ha prodotto un modestissimo aumento annuo dello 0,1 per cento, e dalla "crisi più profonda della storia economica recente", l'Italia ha già agganciato la ripresa nel primo trimestre di quest'anno, con il Pil a +0,5 per cento, ma porterà ancora a lungo i segni del disastro degli ultimi due anni. Soprattutto, li porteranno coloro che nei prossimi decenni dovrebbero reggere il peso di una società sempre più sbilanciata dalla parte degli anziani, i giovani, ricacciati nella disoccupazione, 'bamboccioni' per forza, impotenti a prescindere dal titolo di studio. Il Rapporto Annuale dell'Istat è dedicato quest'anno alla crisi, tema obbligatorio. L'analisi e i dati ripercorrono accuratamente debolezze e punti di forza del Paese, ma la categoria più penalizzata appare senza alcun dubbio quella dei giovani. Anche se emerge lo spettro di 300.000 cassintegrati (per il 58,3 per cento padri di famiglia) destinati senza troppe illusioni a finire tra le file già ampliate a dismisura dei disoccupati. E ci sono naturalmente anche le donne, penalizzate più che mai, soprattutto se madri.

Il grado di penalizzazione, anzi, cresce con il numero dei figli, e in misura più che proporzionale: "Considerando le 25-54enni e assumendo come base le donne senza figli, la distanza nei tassi di occupazione è di quattro punti percentuali per quelle con un figlio, di 10 per quelle con due figli e di 22 punti per quelle di tre o più". E tuttavia per le donne il titolo di studio costituisce in molti casi ancora un'adeguata barriera alla disoccupazione e all'esclusione sociale: "Solo le laureate riescono a raggiungere i livelli europei". Questo non vale per i giovani: "Nessun titolo di studio sembra in grado di proteggere i giovani dall'impatto della crisi". La flessione dell'occupazione per chi ha un titolo di studio non superiore alla licenza media è particolarmente critica (-11,4 per cento), ma rimane rilevante anche per i diplomati (-6,9 per cento) e per i laureati (-5,2 per cento). Tanto che il tasso di disoccupazione giovanile in Italia (25,4 per cento) è più del triplo di quello totale (7,8 per cento) e più elevato di quello europeo (19,8 per cento).

 

Questo perché con la crisi sono state falcidiate le posizioni 'precarie': i datori di lavoro si sono liberati rapidamente dei dipendenti con contratto a termine, o con contratti a progetto, o comunque atipici, i meno tutelati, e dunque i più giovani. Non è che i 'padri' non abbiano sofferto: loro sono andati in cassa integrazione, nel 2009 sono stati 300.000 in più. Una misura che ha arginato in qualche misura l'impennata della disoccupazione, considerato che "in valore assoluto il livello di occupazione è sceso di circa un milione di entità tra l'inizio del 2008 e la fine del 2009", e che "quasi il 90 per cento dell'aumento dei disoccupati nel 2009 è dovuto a persone che hanno perso il posto di lavoro e gli ex occupati rappresentano nel complesso metà dell'intera platea dei disoccupati". Una misura provvisoria, e che nei prossimi mesi potrebbe mostrarsi drammaticamente insufficiente, considerata la "bassissima propensione delle imprese ad attivare nuovi posti di lavoro". "La presenza di un ampio bacino di lavoro non utilizzato - conclude l'Istat - prolungherà dunque gli effetti negativi della caduta dell'attività sul processo di creazione di posti di lavoro".

Soffriremo dunque ancora a lungo per le ripercussioni della crisi sull'occupazione. Il problema è che non possiamo permettercelo. I giovani dovrebbero essere impiegati, e dovrebbero anche guadagnare molto, visto che su di loro graverà un peso sempre maggiore. Questo lo scenario che l'Istat definisce "verosimile" per i prossimi 40 anni: "Si prevede che il numero di figli per donna possa crescere fino a 1,58 nel 2050; la speranza di vita aumentare fino a raggiungere gli 84,5 anni per gli uomini e gli 89,5 per le donne; il numero dei giovani fino a 14 anni ridursi a 7,9 milioni (il 12,9 per cento della popolazione); la popolazione attiva contrarsi a 33,4 milioni (54,2 per cento) e quella degli over 64 salire a 20,3 milioni (da uno su cinque a uno su tre residenti nel 2050)". In sostanza, "l'indice di dipendenza degli anziani potrebbe raddoppiare".

I giovani di oggi, che saranno gli anziani di domani, però, non lavorano, non versano contributi, non vanno via di casa, non fanno nulla. La statistica ha coniato una sigla per definirli: Neet, significa not in education, employnment or training (non lavorano, non studiano, non si formano). I Neet nel 2009 erano arrivati a oltre due milioni, il 21,2 per cento dei 15-29enni. "Rimanere in casa con i genitori più a lungo che nel resto dell'Europa in Italia è sempre stato un costume diffuso", ricorda uno dei responsabili del Rapporto Istat, Linda Laura Sabbadini. Senonché nel 1983 la quota dei 18-34enni celibi nubili che viveva in famiglia era del 49 per cento, nel 2000 era arrivata al 60,2 per cento, attestandosi al 58,6 per cento del 2009. Tra i 30-34enni quasi il 30 per cento vive ancora in famiglia, una quota triplicata dal 1983. Sono cambiate le motivazioni: nel 2003 la prima risposta a un'indagine Istat era quella di "permanenza scelta", adesso la prolungata convivenza dei figli con i genitori dipende soprattutto dai problemi economici (40,2 per cento) e dalla necessità di proseguire gli studi (34 per cento); solo per il 31,4 per cento si tratta di una libera scelta. Anche perché, persino quando accoglie, il mercato del lavoro è estremamente avaro con i giovani: quasi la metà dei sottinquadrati (occupati che svolgono una professione inferiore al livello di studio) sono giovani di 15-34 anni. Ecco perché il termine 'bamboccione', coniato dall'ex ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, aggiunge solo la beffa al danno nei confronti di una generazione che non trova sbocchi di nessun tipo: "Basta banalizzazioni: la parola

'bamboccioni' andrebbe abrogata dal nostro linguaggio", protesta infatti Linda Laura Sabbadini.

Fa da argine al disastro sociale la famiglia: i giovani rimasti disoccupati, rileva l'Istat, vivono per la stragrande maggioranza all'interno di famiglie che hanno due percettori di reddito. Ma cosa accadrà quando uno, o entrambi questi percettori di reddito rimarranno senza lavoro? Quando dalla cassa integrazione i 'padri di famiglia' passeranno all'inevitabile disoccupazione, o, peggio ancora, all'inattività? La statistica definisce inattivi coloro che, nel periodo di riferimento dell'indagine, non hanno compiuto neanche un'azione di ricerca del lavoro. Sono coloro che hanno perso le speranze, o coloro, forse, che si sono definitivamente accontentati di un lavoro in nero. "Di fronte alle crescenti difficoltà di trovare un impiego, aumenta il senso di scoraggiamento degli individui, che rinunciano del tutto a cercare un lavoro - si legge nel Rapporto - In particolare aumenta la percentuale dei disoccupati di lunga durata che transitano verso l'inattività (dal 37 al 44 per cento). Nel 2009 gli inattivi sono aumentati più dei disoccupati, +329.000 unità".

La più diretta delle conseguenze del dilagare della disoccupazione è la caduta del reddito disponibile delle famiglie, che nel 2009 in Italia si è ridotto del 2,8 per cento, "mentre ha mantenuto una dinamica positiva in tutti gli altri grandi paesi europei". Siamo più poveri, ce ne siamo accorti. Sempre nel 2009, il potere d'acquisto ha subito una riduzione del 2,5 per cento. Però "l'indice di deprivazione", che misura quello di cui si privano individui e famiglie, è rimasto al 15,3 per cento tra il 2008 e il 2009: la spiegazione dell'Istat è che "il 60 per cento del totale delle famiglie che nel 2009 risultavano deprivate lo era già nel 2008". Insomma, la crisi ha colpito ancora una volta i più deboli. Ampliandone comunque la platea: tra il 2008 e il 2009 le famiglie "indifese nel far fronte a spese impreviste" sono passate dal 32 al 33,4 per cento, quelle in arretrato col pagamento di debiti diversi dal mutuo dal 10,5 al 13,6 per cento (tra quelle che hanno debiti) e quelle che si sono indebitate dal 14,8 al 16,4 per cento.

© Riproduzione riservata (26 maggio 2010)

 

 

 

 

 

L'INCHIESTA

Cercare lavoro al tempo della crisi

"Cento candidature per un posto"

Dopo il rapporto Istat, viaggio nella nuova disoccupazione. Vista anche dalla parte delle aziendedi FEDERICO PACE

Cercare lavoro al tempo della crisi "Cento candidature per un posto"

ROMA - Costretti a contendersi le briciole rimaste sul tavolo di un banchetto consumato da altri. Cosi si sentono la gran parte di quelli che oggi cercano lavoro. Sì, perché le occasioni di impiego, quando si ha la fortuna di trovarle, sono sempre più precarie. Anche per professionisti esperti. E quasi mai lasciano intravedere un futuro da condividere con l'azienda. Il bisogno di sicurezza e l'amarezza per le delusioni patite, sono così il bagaglio che ciascuno porta con sé ad ogni colloquio di lavoro. Tanto che oggi, pure i direttori del personale confessano disagio nel non potere offrire di più. Soprattutto quando si trovano a spiegare le condizioni ai candidati che, in sempre maggior numero, bussano alle loro porte.

Partecipa alla nostra inchiesta

Il boom delle candidature. Oggi sono due milioni e duecentomila gli italiani costretti a cercarsi un impiego. Più della metà di loro hanno meno di 34 anni e uno su cinque ne ha già compiuti quarantacinque. Sono tempi difficili per i giovani, difficilissimi per chi è più avanti con gli anni. Ora, nel nostro Paese, non hanno un posto oltre duecentomila laureati. Stesso destino capita a 700 mila diplomati. In questo scenario, negli ultimi mesi, il 21,2 per cento delle imprese ha ricevuto più di cento candidature per ogni nuova posizione che si è aperta. Al dieci per cento delle imprese è capitato di riceverne più di 400 per un solo posto e in alcuni casi si è arrivati a superare anche i mille.

Il Rapporto Istat e l'occupazione

In fila per un posto. A registrare il fenomeno è l'indagine "Candidature al tempo della crisi" realizzata da Gipd, associazione dei direttori del personale, che ha coinvolto un focus group di 104 medie e grandi imprese attive in diversi settori dell'economia: dal commercio al credito, dall'energia all'industria meccanica e al chimico. I picchi si registrano soprattutto per quelle posizioni che interessano i giovani e i neolaureati. Spesso si tratta di offerte di tirocinio ma succede lo stesso per i primi contratti a termine. Il fenomeno non è solo italiano. E interessa anche l'Europa. Nel Regno Unito, ad esempio, Vodafone ha detto di avere ricevuto tremila candidature per cinquanta posti da laureato. Lo stesso accade nelle altre nazioni.

 

"C'è una maggiore spinta rispetto al passato - spiega Fulvio Ballarini, direttore globale per lo sviluppo e l'organizzazione del Gruppo M&G, produttore mondiale di resine polimeriche con 2260 dipendenti di cui 500 in Italia - i giovani e i candidati cercano in tutti i modi di avere contatti con le aziende. Eppure poi, quando si va a approfondire, attraverso il processo di selezione, le persone mostrano tutta una serie di vincoli dovuti a "eccessiva paura". E' un quadro molto nitido che descrive la dinamica di contatto nel mondo del lavoro rispetto al passato. E' tutto caratterizzato da timore. Anche chi è già impiegato ha molta paura a cambiare, e questo si traduce in maggiori pretese economiche e anche nell'esenzione del periodo di prova. Questa maggiore pretesa economica è critica per il direttore del personale perché si scontra con l'esigenza opposta del responsabile di linea che, rispetto al passato, tende a sottolineare gli aspetti richiesti fino al minimo dettaglio. E invece sul mercato queste figure non ci sono".

La mutazione del candidato. La crisi ha rimescolato molte carte. Forse troppe. E' cambiata così anche la tipologia dei candidati con cui usualmente si confrontavano le imprese. "Mentre prima per alcune figure di livelli operaio ci si orientava verso lavoratori provenienti da paesi extracomunitari - racconta Daniele Teruzzi, responsabile risorse umane di Flint Group Italia Spa, azienda del settore chimico che produce inchiostri per la stampa e il packaging con tre sedi in Italia e 440 dipendenti - con la crisi, complice anche la chiusura di diverse industrie chimiche nella nostra zona, abbiamo avuto molte candidature di giovani italiani. Candidature migliori. Tutta gente con esperienza. Anche manodopera qualificata ce n'è di più disponibile rispetto al pre-crisi".

La numerosità del commerciale. Tra le aree funzionali, quella per cui sembra esserci più competizione è soprattutto quella del commerciale (lo dice il 23 per cento). E' capitato a più di un'impresa di ricevere numerose candidature spontanee da responsabili commerciali che, in seguito alle turbolenze economiche, avevano perduto il posto e si proponevano per una posizione anche se non c'era alcuna offerta specifica. Molte domande anche per l'area della produzione (17,3 per cento) e quella dell'amministrazione (il 16,4 per cento). Seguono poi l'area del marketing e l'Information Technology.

Fare da sé. Anche le imprese in qualche modo sembrano mutare atteggiamento con la crisi. Se prima molte aziende si rivolgevano a società di selezione e passavano per la stampa, ora non è più così. La raccolta delle candidature, soprattutto per le medie e grandi imprese, sembra passare soprattutto per il sito aziendale (il 59,62 per cento). Arnaldo Ghiretti, responsabile risorse umane di Chiesi Farmaceutici, multinazionale italiana che in Italia ha 1.530 dipendenti, spiega che "negli ultimi due anni, da quando abbiamo modificato il sito, le candidature si sono moltiplicate. Anche di persone con livelli di professionalità significativi. A noi, paradossalmente, la crisi ci ha anche giovato. Dal punto di vista delle candidature sicuramente abbiamo avuto la possibilità di entrare in contatto con persone di livelli di professionalità più elevati". I motivi, per cui si punta sempre di più su questa modalità, sono anche economici. "Le medio-grandi imprese, quelle che assumono ancora - racconta Paolo Citterio, direttore di Gipd - investono molto sul proprio Intranet aziendale, un canale che è capace di attrarre le migliori candidature gratuitamente e senza ricorrere a recruiter di professione e società di middle management".

Il futuro comune che non c'è più. Qualcosa tra le aziende e candidati sembra però essersi rotto. Più difficile che le due parti riescano di nuovo a condividere un progetto comune. Sintomatica allora è la testimonianza di Francesco Picconi, direttore risorse umane per il Sud Europa e l'Africa di Areva T&D, impresa di trasmissione e distribuzione di energia elettrica: "In tutti, giovani e manager, vedo una richiesta prepotente di sicurezza di lavoro. Molte aziende si limitano a proporre, e noi non facciamo eccezione, l''impiegabilità': ovvero diciamo non posso garantirti un posto, ma posso garantirti che se ti lascio a piedi, qualcuno ti piglia". Ma in tempo di crisi tutto questo vale sempre meno. Lo sa bene anche il responsabile delle risorse umane. "Per noi aziende sarebbe importante, soprattutto in questa fase, dare un po' più di sicurezza", dice Picconi, prima di offrirci infine un'inattesa confessione, che pare svelare tutte le contraddizioni con cui è chiamato a misurarsi il nostro Paese: "Rimpiango di non avere la possibilità di potere offrire di più nel patto psicologico con i candidati. Rimpiango di non poter presentarmi con la possibilità di garantire una stabilità maggiore. Io, come manager, vorrei poter offrire di più per un patto di lungo periodo con l'azienda.

LE TABELLE SU MIOJOB

 

 

 

 

2010-05-14

PREZZI

Istat, ad aprile inflazione all'1,5%

E' il tasso più alto dal febbraio 2009

Confermate le stime. L'aumento maggiore per i trasporti: +5,5% su anno. Tra le città il rialzo maggiore per Aosta (+3,1%) seguita da Trieste, Napoli e Torino. "Carrello della spesa" +2,2%

Istat, ad aprile inflazione all'1,5% E' il tasso più alto dal febbraio 2009

ROMA - Inflazione all'1,5% ad aprile: l'Istat conferma le stime preliminari pubblicate qualche giorno fa, ricordando che si tratta del rialzo tendenziale maggiore dell'indice dei prezzi al consumo dal febbraio 2009. Rispetto a marzo gli aumenti sono stati dello 0,4%. Maggiore il rialzo registrato dall'indice armonizzato (valido per l'elaborazione dell'indice europeo da parte di Eurostat): +0,9% su mese e +1,6% su anno. E ancora più alto l'aumento del paniere della "spesa di tutti i giorni": +2,2%.

Ad aprile gli aumenti congiunturali più significativi sono stati rilevati per i capitoli Trasporti (+1,3%), Servizi ricettivi e di ristorazione (+1%) e Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+0,5%); variazioni nulle si sono registrate nei capitoli Prodotti alimentari e bevande analcoliche e Comunicazioni. Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli Trasporti (+5,5%), Altri beni e servizi (+2,8%) e Istruzione (+2,5%); una variazione nulla si è registrata nel capitolo Servizi sanitari e spese per la salute; variazioni tendenziali negative si sono verificate nei capitoli Comunicazioni (-0,7%) e Prodotti alimentari e bevande analcoliche (-0,2%).

Nell'ambito delle venti città capoluogo di regione, gli aumenti tendenziali più elevati dell'indice 'intera collettività' si sono verificati nelle città di Aosta (+3,1%), Trieste e Napoli (+2,3% per entrambe) e Torino (+2,1%); le variazioni più moderate hanno riguardato le città di Bari (+0,6%), Bologna (+0,8%), Genova e Firenze (+1,2% per entrambe).

Spesa più cara. I prezzi dei beni della spesa di tutti i giorni (alimentari, bevande, affitti, carburanti e giornali), sono aumentati del 2,2%. E' soprattutto la componente energetica a trascinare al rialzo l'inflazione, parzialmente bilanciata dal calo degli alimentari. Benzina e diesel hanno segnato rialzi a due cifre (come il gpl e il gasolio da riscaldamento), spingendo il capitolo trasporti a un +5,5% tendenziale.

(14 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

SANITA'

Cdm: niente fondi Fas a quattro Regioni

"Saremo costretti ad aumentare le tasse"

Lazio, Campania, Molise e Calabria dovranno ritoccare verso l'alto le addizionali, fino al completo ripianamento. Iorio: "E' iniquo e assurdo". Il ministro Fazio: "I fondi per le aree sottosviluppate non sono un bancomat"

Cdm: niente fondi Fas a quattro Regioni "Saremo costretti ad aumentare le tasse"

Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli

ROMA - Le regioni con il deficit sanitario più alto dovranno aumentare le tasse fino al ripianamento. E' quanto il governo ha chiesto a Lazio, Campania, Molise e Calabria, oggi nel corso del Consiglio dei Ministri, al quale hanno partecipato anche i governatori delle Regioni con la sanità in rosso. Il governatore del Molise, Michele Iorio, ha definito "assurdo, iniquo e incomprensibile" il suggerimento del governo di aumentare le addizionali regionali fino al ripianamento del deficit sanitario.

Il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, ha riferito che il Consiglio dei ministri è stato presieduto da Altero Matteoli, vista l'assenza del premier Silvio Berlusconi. Abruzzo e Sicilia non si troveranno invece nella situazione di dover alzare le addizionali regionali: "Io lo sapevo da tempo ma è una buona notizia per tutti gli abruzzesi. L'Abruzzo è chiamato fuori", ha detto Gianni Chiodi, governatore della regione. L'esclusione dai fondi Fas non riguarda neanche la Sicilia. "Abbiamo i conti a posto, come del resto aveva certificato proprio il mese scorso il tavolo tecnico ministeriale, e di conseguenza non solo non dovremo aumentare le tasse ai siciliani, che anzi contiamo di ridurre a partire dal 2011, ma ci viene data una ulteriore opportunità di poterci avvalere, nel caso di qualche criticità nei conti del bilancio nella Regione, anche dell'importante strumento finanziario rappresentato dai fondi Fas, la cui naturale destinazione è quella di servire lo sviluppo della Sicilia", ha commentato l'assessore siciliano alla Salute, Massimo Russo, al termine del Consiglio dei ministri di questa mattina.

 

Mentre le quattro Regioni escluse dai Fondi Fas contestano la direttiva del governo: "Noi siamo al massimo e questo significa che dovremo mettere i tributi al massimo del massimo", ha detto il governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti. "Si tratta del risultato della pessima gestione della cosa pubblica che abbiamo ricevuto in eredità. Siamo in difficoltà perchè riteniamo che i fondi Fas siano necessari per rilanciare l'economia della nostra regione. La Calabria ha poi un altro problema serio: ancora oggi non abbiamo la certificazione del debito. Qualcuno dice che è 2,1 miliardi, i nostri tecnici parlano di 1,1 miliardi. Non possiamo andare avanti così", ha spiegato ancora Scopelliti, ricordando che "il piano di rientro è stato approvato il 17 dicembre, ma Loiero non è riuscito a farlo in cinque anni ed è impensabile farlo in tre mesi, con le elezioni di mezzo".

Nel comunicato pubblicato al termine del Consiglio dei ministri si legge che "In considerazione del mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dai piani di rientro e dagli equilibri di finanza pubblica, il Consiglio ha concordato circa l'impossibilità di esprimere l'intesa prevista dall'art.2, comma 90, della legge finanziaria per il 2010 e di non potere pertanto consentire alle Regioni Lazio, Campania, Molise e Calabria di utilizzare le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, relative ai programmi di interesse strategico regionale, a copertura dei deficit del settore sanitario. Hanno partecipato alla discussione i presidenti delle Regioni interessate".

"Siamo in una situazione che non può consentire di utilizzare fondi Fas come un bancomat. - conferma il ministro della Salute Ferruccio Fazio - Il governo ha ritenuto di non dare il via libera alle richieste di utilizzo dei Fas per ripianare i deficit di 4 regioni: Campania, Lazio, Molise, Calabria. La motivazione è che queste regioni non hanno dato delle garanzie ai Tavoli tecnici di monitoraggio per quanto attiene la certezza di avere dei conti certi da un lato e soprattutto di aver avviato dei processi di riqualificazione di quella che è la rete assistenziale".

(13 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

PERCENTUALMENTE

(13 maggio 2010)

I due miliardi che mancano

Qual è l’entità del deficit sanitario delle cinque Regioni alle quali oggi il governo ha negato l’accesso ai fondi Fas e chiesto di aumentare le addizionali fino al completo ripianamento? Secondo l’ultima verifica del ministero dell’Economia, la situazione peggiore è quella del Lazio: la Regione per l’anno 2009 presenta infatti un risultato di gestione negativo di circa 1.400 milioni di euro, che arriva a circa 1.600 milioni sommato il trascinamento di una perdita 2008. La Calabria somma il risultato di gestione negativo del 2009 di circa 120 milioni di euro ai disavanzi cumulati dal 2006, e arriva a circa un miliardo di euro (ma il presidente della Regione ha dato incarico di verificare l’entità del debito alla Kpmg, perché la cifra in questione potrebbe anche raddoppiare). Il Molise per il 2009 presentava un risultato di gestione negativo di circa 80 milioni di euro, che arrivavano a circa 110 milioni con le perdite del 2008. Per la Campania il disavanzo per l’anno 2009 è di 770 milioni di euro, e arriva a un miliardo con le perdite 2008.

Tenuto conto del fatto che a parziale copertura di tali somme sono intervenute, in alcuni casi, misure di fiscalità aggiuntiva regionale o il ricorso al fondo transitorio, per il solo deficit della gestione 2009 sarebbe necessario reperire un miliardo per la Calabria, 500 milioni di euro per la Campania, 420 milioni per il Lazio e 67 milioni per il Molise. In sostanza, circa 2 miliardi.

Presentano un deficit sanitario, anche se sono già sulla buona strada per ripianarlo, Veneto, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Sicilia, Sardegna e Liguria. In regola solo otto Regioni. In testa la Lombardia che presenta nel 2009 un avanzo di 29,6 milioni di euro. Seguono le Marche (+17,5 milioni), la Toscana (+14,3 milioni), la provincia di Bolzano (+13,5 milioni), il Friuli Venezia Giulia ((+9,2 milioni). Anche Piemonte ed Emilia Romagna chiudono con avanzi rispettivamente di 17 e 41 milioni, ma hanno attinto a proprie risorse rispettivamente per 399 e 155 milioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-13

ISTAT

Banca d'Italia: a marzo aumenta debito pubblico

Pil, crescita italiana meglio delle attese

Il Bollettino sulla Finanza pubblica evidenzia un calo delle entrate tributarie del 1,6% nel primo trimestre 2010 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il Pil cresce dello 0,5% sul trimestre precedente e +0,6% su base annua

Banca d'Italia: a marzo aumenta debito pubblico Pil, crescita italiana meglio delle attese

ROMA - Il debito pubblico italiano a marzo è salito a 1.797,653 miliardi di euro contro i 1.794,978 di febbraio. È quanto emerge dai dati del Bollettino sulla 'Finanza pubblica' della Banca d'Italia. Nel documento, inoltre, si legge che le entrate tributarie nel primo trimestre dell'anno si sono attestate a quota 79,672 miliardi di euro, l'1,6% in meno rispetto al primo trimestre 2009.

Cresce l'economia italiana nel primo trimestre dell'anno a un tasso superiore rispetto alle stime del mercato. Nei primi tre mesi del 2010 il Pil è aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% rispetto allo stesso periodo 2009. Il dato è una stima preliminare dell'Istat.

Il primo trimestre del 2010 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del primo trimestre 2009. Il dato congiunturale è il migliore dalla fine del 2006 e il dato tendenziale è il migliore dal terzo trimestre 2007.

Nel primo trimestre il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,8% negli Stati Uniti e dello 0,2% nel Regno Unito. In termini tendenziali, il Pil è aumentato del 2,5% negli Stati Uniti ed è diminuito dello 0,3% nel Regno Unito.

Contro ogni aspettativa l'economia tedesca è riuscita a chiudere il primo trimestre con un piccola crescita del Pil, più 0,2% rispetto al trimestre precedente, confermando l'uscita dalla recessione della prima economia europea. Gli economisti attendevano invece una crescita piatta. Un'altra bella sorpresa viene dai dati sul quarto trimestre del 2009, che segnalano anch'essi una lieve crescita, 0,2%, rivista al rialzo dall'Ufficio statistico federale rispetto alla figura provvisoria che indicava una stagnazione. Perciò nel 2009 il Pil tedesco è calato del 4,9% e non del 5%.

Andamento opposto per l'economia francese, cresciuta dello 0,1% su base trimestrale nel primo trimestre 2010.

Eurostat - Secondo le prime stime rapide di Eurostat, l'ufficio statstico della Ue, il prodotto interno lordo sia dell'Eurozona che della Ue a 27 è aumentato dello 0,2% nel primo trimestre 2010, rispetto al trimestre precedente, quando c'era stata una crescita dello 0,1% appena nell'Ue, mentre il dato dell'Eurozona era rimasto stabile (0,0%).

Su base annuale, rispetto al primo trimestre del 2009, Eurostat stima che vi sia stato un aumento del Pil nel primo trimestre del 2010 pari allo 0,5% nell'Eurozona e allo 0,3% nell'Ue a 27. Il dato annuale del quarto trimestre 2009 era stato negativo per entrambe le aree: rispettivamente -2,2 e -2,3%.

Confindustria - L'italia ha "agganciato la ripresa". Anche se lontana dai massimi del periodo pre-crisi, la produzione industriale sta accelerando. Questo aumenta le probabilità di un aumento del Pil sopra l'1% nel 2010. È questa la stima fornita dal centro studi di Confindustria. Se la ripresa del Pil italiano nel primo trimestre, sottolinea l'associazione di Viale dell'Astronomia, citando le stime preliminari dell'Istat, è forte, il secondo trimestre sarà "ancora positivo", trainato dalla produzione industriale (+4%, stima Isae). Il recupero della perdita causata dalla recessione avverrà comunque "con gradualità".

(12 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Economia

IL DOSSIER

Dalle Regioni padane e dal Lazio

65 miliardi al resto del Paese

Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna danno in tasse più di quanto ricevono. Un'analisi della Cgia di Mestre. Le Regioni a statuto speciale del Nord fanno eccezionedi LUISA GRION

Dalle Regioni padane e dal Lazio 65 miliardi al resto del Paese

ROMA - A dare più di quanto ricevono sono solo cinque regioni italiane. Tutte le altre ottengono in servizi e trasferimenti più di quanto versino sotto forma di tasse e contributi dei cittadini. La virtù in bilancio arriva soprattutto dalle tre grandi regioni del Nord, ma non bisogna generalizzare: c'è un'ampia fetta del Settentrione che vive sui trasferimenti statali e un centro che dà più di quanto prende.

A fare i conti sul "residuo fiscale" - la differenza fra le tasse versate dai cittadini e le spese che le amministrazioni locali e centrali coprono su quel territorio più i trasferimenti - è uno studio della Cgia di Mestre su dati 2007 (gli ultimi disponibili).

Piemonte, Lombardia e Veneto producono un saldo positivo di oltre 50 miliardi (rispettivamente 1,2 miliardi, oltre 42 e quasi 7). Ma a garantire la "solidarietà" sono anche l'Emilia Romagna (per 5,5 miliardi) e il Lazio (per 8,7): queste cifre, messe assieme, portano il saldo totale a 65 miliardi. Sfatato quindi il mito leghista della "Roma ladrona" che succhia risorse dando poco o niente. Va in crisi anche la generalizzazione di un Nord sempre pronto ad aprire il portafoglio. E' vero che terre d'impresa come il Piemonte, il Veneto e soprattutto la Lombardia versano in tasse più di quanto ricevono in servizi e trasferimenti, ma se si guarda alle regioni a Statuto speciale la proporzione si inverte. Se un cittadino lombardo versa alle amministrazioni 4.460 euro netti, per sostenerne uno della Valle d'Aosta lo Stato va in rosso per quasi 5 mila. Un friulano costa 1.735, per il cittadino del Trentino Alto Adige si va sotto di oltre 2 mila.

 

Tutti con il segno meno i bilanci delle regioni del Meridione e di buona parte del centro: il saldo negativo più forte va alla Sicilia (in "deficit" per quasi 21 miliardi) o in Campania (meno 17 miliardi), ma anche la Toscana va in rosso, pur se per 776 milioni.

E' chiaro che vanno considerate le particolari necessità delle terre di confine e delle isole, come va tenuto conto dei luoghi dove la ricchezza è prodotta e di quelli dove invece l'impresa è marginale. Come ancora delle piccole zone dove non è praticabile l'economia di scala. E' anche chiaro che lo studio strizza l'occhio al federalismo: per esempio, il rapporto fa notare che se il Veneto non distribuisse tutta la ricchezza in più versata, ma ne trattenesse entro i suoi confini un terzo, potrebbe far sparire l'Irap e le addizionali e ridurre le tasse di oltre il 10 per cento. Non si fanno però i conti di quanto costerebbe per una regione diventare Stato autonomo.

Il malessere delle terre che "più danno" è comunque evidente: "La cosa più preoccupante - commenta Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - è l'aumento del residuo fiscale registrato tra il 2002 e il 2007. In Lombardia è salito del 47 per cento, in Piemonte del 33 e in Veneto del 32. Incrementi che con un serio federalismo dovrebbero attenuare". Drastico il commento del presidente della Lombardia Formigoni: "Viviamo una condizione di ingiustizia fiscale, la situazione non è più tollerabile. La Lombardia sostiene uno sforzo fiscale verso lo Stato maggiore del 33% rispetto alla media nazionale".

© Riproduzione riservata (13 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-05-12

ISTAT

Banca d'Italia: a marzo aumenta debito pubblico

Pil, crescita italiana meglio delle attese

Il Bollettino sulla Finanza pubblica evidenzia un calo delle entrate tributarie del 1,6% nel primo trimestre 2010 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il Pil cresce dello 0,5% sul trimestre precedente e +0,6% su base annua

Banca d'Italia: a marzo aumenta debito pubblico Pil, crescita italiana meglio delle attese

ROMA - Il debito pubblico italiano a marzo è salito a 1.797,653 miliardi di euro contro i 1.794,978 di febbraio. È quanto emerge dai dati del Bollettino sulla 'Finanza pubblica' della Banca d'Italia. Nel documento, inoltre, si legge che le entrate tributarie nel primo trimestre dell'anno si sono attestate a quota 79,672 miliardi di euro, l'1,6% in meno rispetto al primo trimestre 2009.

Cresce l'economia italiana nel primo trimestre dell'anno a un tasso superiore rispetto alle stime del mercato. Nei primi tre mesi del 2010 il Pil è aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% rispetto allo stesso periodo 2009. Il dato è una stima preliminare dell'Istat.

Il primo trimestre del 2010 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del primo trimestre 2009. Il dato congiunturale è il migliore dalla fine del 2006 e il dato tendenziale è il migliore dal terzo trimestre 2007.

Nel primo trimestre il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,8% negli Stati Uniti e dello 0,2% nel Regno Unito. In termini tendenziali, il Pil è aumentato del 2,5% negli Stati Uniti ed è diminuito dello 0,3% nel Regno Unito.

Contro ogni aspettativa l'economia tedesca è riuscita a chiudere il primo trimestre con un piccola crescita del Pil, più 0,2% rispetto al trimestre precedente, confermando l'uscita dalla recessione della prima economia europea. Gli economisti attendevano invece una crescita piatta. Un'altra bella sorpresa viene dai dati sul quarto trimestre del 2009, che segnalano anch'essi una lieve crescita, 0,2%, rivista al rialzo dall'Ufficio statistico federale rispetto alla figura provvisoria che indicava una stagnazione. Perciò nel 2009 il Pil tedesco è calato del 4,9% e non del 5%.

Andamento opposto per l'economia francese, cresciuta dello 0,1% su base trimestrale nel primo trimestre 2010.

Eurostat - Secondo le prime stime rapide di Eurostat, l'ufficio statstico della Ue, il prodotto interno lordo sia dell'Eurozona che della Ue a 27 è aumentato dello 0,2% nel primo trimestre 2010, rispetto al trimestre precedente, quando c'era stata una crescita dello 0,1% appena nell'Ue, mentre il dato dell'Eurozona era rimasto stabile (0,0%).

Su base annuale, rispetto al primo trimestre del 2009, Eurostat stima che vi sia stato un aumento del Pil nel primo trimestre del 2010 pari allo 0,5% nell'Eurozona e allo 0,3% nell'Ue a 27. Il dato annuale del quarto trimestre 2009 era stato negativo per entrambe le aree: rispettivamente -2,2 e -2,3%.

Confindustria - L'italia ha "agganciato la ripresa". Anche se lontana dai massimi del periodo pre-crisi, la produzione industriale sta accelerando. Questo aumenta le probabilità di un aumento del Pil sopra l'1% nel 2010. È questa la stima fornita dal centro studi di Confindustria. Se la ripresa del Pil italiano nel primo trimestre, sottolinea l'associazione di Viale dell'Astronomia, citando le stime preliminari dell'Istat, è forte, il secondo trimestre sarà "ancora positivo", trainato dalla produzione industriale (+4%, stima Isae). Il recupero della perdita causata dalla recessione avverrà comunque "con gradualità".

(12 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-05-11

CONTI PUBBLICI

Il governo accelera

Voci su manovra entro il mese

Servirebbe per dare un segnale ai mercati che anticipi possibili speculazioni. A questo scopo verrebbe utilizzato lo strumento del decreto legge per la correzione da 25 miliardi in due anni già annunciata

Il governo accelera Voci su manovra entro il mese

ROMA - Il governo potrebbe anticipare a questo mese l'approvazione della manovra 2011-2012 da 1,6 punti di Pil che era prevista per fine giugno-inizio luglio. Lo strumento sarebbe un decreto legge e queta procedura veloce servirebbe per dare un segnale ai mercati. Si tratta per il momento di una indiscrezione che però ha cominciato a circolare con insistenza.

"Credo che la manovra, da circa 25 miliardi, sarà approvata prima di giugno per decreto legge. In questo modo il governo darà un segnale ai mercati. Altrimenti se si fa un disegno di legge, l'approvazione degli interventi si diluisce nel tempo e l'Italia rischia di rimanere in balia della speculazione", ha detto ad un'agenzia di stampa una fonte che ha chiesto di rimanere anonima.

(10 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

INDUSTRIA

Istat, produzione industriale a +6,4%

il dato migliore da dicembre 2006

Nel primo trimestre aumento del 3,1% rispetto allo stesso periodo del 2009. A marzo soffre il settore auto (-14,6%) rispetto al 2009, nei primi tre mesi ha invece segnato un aumento tendenziale del 9,8%. Confindustria: ad aprile aumento mensile dello 0,9%

Istat, produzione industriale a +6,4% il dato migliore da dicembre 2006

ROMA - La produzione industriale a marzo ha registrato un aumento dell'8,7% (indice grezzo) rispetto a marzo 2009. Lo comunica l'Istat, precisando che la variazione tendenziale corretta per gli effetti di calendario è del +6,4% (i giorni lavorativi sono stati 23 contro i 22 di marzo 2009): si tratta del miglior risultato da dicembre 2006. Per il dato grezzo, invece, il dato è il migliore da aprile 2008. L'indice destagionalizzato ha segnato una diminuzione dello 0,1% rispetto a febbraio scorso. Ma ad aprile, secondo le stime di Confindustria, anche il dato congiunturale registra finalmente un'impennata: +0,9%. La distanza dal picco di attività pre-crisi (aprile 2008) è di -20,2%; il recupero dai minimi è del 7,6%, in linea con quello francese (7,2%), inferiore a quello tedesco (12,3%). Insomma, la ripresa è arrivata, anche se è ancora "discontinua".

La produzione di autoveicoli a marzo, rileva l'Istat, ha registrato una diminuzione del 14,6% rispetto allo stesso mese del 2009. Nel primo trimestre ha invece segnato un aumento tendenziale del 9,8%. La produzione industriale nei primi tre mesi dell'anno, prosegue l'Istat, ha registrato un aumento del 3,1% rispetto allo stesso trimestre del 2009 (i giorni lavorativi sono stati 62 in entrambi i casi). L'indice grezzo ha invece registrato un incremento tendenziale del 2,8%; mentre il dato destagionalizzato ha segnato un +1,4% rispetto al trimestre precedente ottobre-dicembre 2009.

In particolare, spiega l'Istat nell'analisi per settore di attività, a marzo l'indice della produzione industriale corretto per gli effetti di calendario ha segnato, rispetto allo stesso mese 2009, gli incrementi più marcati nei settori dei computer e prodotti di elettronica e ottica (+16,8%), della metallurgia e prodotti in metallo (+16,6%), delle apparecchiature elettriche e non elettriche (+14,4%) e delle industrie tessili e abbigliamento (+11,8%). In diminuzione sono risultati, invece, i settori relativi all'attività estrattiva (-9,1%), ai mezzi di trasporto (-3,2%), all'industria del legno, carta e stampa (-1,9%) e alla fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (-1,2%).

 

Guardando ai raggruppamenti principali di industrie, gli indici destagionalizzati hanno registrato variazioni congiunturali positive per l'energia (+0,7%), per i beni intermedi (+0,3%) e per i beni strumentali (+0,1%). L'unica variazione negativa (-1,5%) si registra per i beni di consumo (-1,8% per i beni durevoli, -1,5% per i beni non durevoli).

L'indice della produzione industriale corretto per gli effetti di calendario ha segnato, nel confronto con marzo 2009, aumenti in tutti i raggruppamenti principali di industrie: +10,7% per i beni intermedi, +5,0% per i beni di consumo totale (+6,0% i beni non durevoli, +0,6% i beni durevoli), +4,1% per l'energia e +2,8% per i beni strumentali.

Nel confronto tra il primo trimestre 2010 e lo stesso periodo dell'anno precedente, si è registrato un incremento del 6% per i beni intermedi, del 2,8% per i beni di consumo (più 3,5% i beni non durevoli, meno 1% i beni durevoli) e dell'1,4% per l'energia. Per i beni strumentali, la variazione è risultata nulla.

Nel confronto tra il primo trimestre del 2010 e il corrispondente periodo del 2009, gli aumenti maggiori hanno interessato i settori dei prodotti chimici (più 14,5%), dei computer e prodotti di elettronica e ottica (più 12,1%) e delle apparecchiature elettriche e non elettriche (più 7,9%). Variazioni negative hanno riguardato: l'attività estrattiva (meno 6,9%), l'industria del legno, carta e stampa (meno 2,3%) e i macchinari e attrezzature n.c.a. (meno 1,1%).

(10 maggio 2010)

 

 

 

 

L’Italia non è a rischio. Ma la Sicilia sì…

Accolto con grande euforia dalle Borse internazionali, il piano dell’Unione Europea e della Bce a sostegno dell’euro ha modificato la classifica dei Paesi a rischio di insolvenza. Si tratta della top ten redatta dalla CMA Data Vision, società che analizza il rischio di ogni ente che ha emesso o sottoscritto i Credit Default Swaps (contratti di assicurazione contro il default). La nuova classifica non include il Portogallo, che migliora di molto la propria posizione, e vede la Grecia passare dal terzo al quarto posto. Ma contiene anche una sorpresa: l’ingresso al decimo posto della Sicilia, con 262 punti. Cioè, spiegano gli analisti, per assicurare 10 milioni di debito della Sicilia occorre pagare un premio annuo assicurativo di 262.000 euro.

E quindi la nuova classifica è la seguente: Argentina, Venezuela, Pakistan, Grecia, Ucraina, Dubai, Iraq, Lettonia, Repubblica Dominicana e Regione Sicilia. Qualche giorno fa un articolo dell’Economist suggeriva la divisione dell’Italia in due parti, affidando il Nord all’Europa civilizzata e rinominando il Sud "Bordello". A parte ogni considerazione sulle dimensioni del debito della Regione Sicilia, e sul dualismo economico (e non solo) dell’Italia, è proprio sicuro che questa classifica di CMA Data Vision, della quale si discute con fervore sui blog specialistici, sia corretta? Nel senso, è ragionevole una classifica che mette sullo stesso piano l’Argentina e la Regione Sicilia?

"Non sono molti i Credit Default Swaps sugli enti locali – spiega Umberto Cherubini, professore associato di Matematica per le Applicazioni Economiche e Finanziarie all’Università di Bologna, Facoltà di Scienze Statistiche - anche se certo tecnicamente si tratta di un’operazione fattibile. E certo anche un ente locale può fallire, i casi di Taranto o della California lo dimostrano. Tuttavia quello che gli analisti chiamo il debito locale subsovrano non può in nessun modo essere messo sullo stesso piano del debito sovrano. Si tratta di problematiche di esposizione completamente diverse, che danno luogo naturalmente a conseguenze diverse. ".

 

 

2010-05-06

In arrivo una manovra da 25 miliardi

Tremonti: "Manteniamo barra dritta"

Il Tesoro annuncia una correzione dell'1,6% del pil nel biennio 2011-2012. Riviste al ribasso le stime di crescita, in calo la pressione fiscale. Il ministro: "Nessun rischio di contagio"

In arrivo una manovra da 25 miliardi Tremonti: "Manteniamo barra dritta"

Giulio Tremonti

ROMA - Il mantenimento degli obiettivi di finanza pubblica comporta "una manovra correttiva sul saldo primario pari in termini cumulati a circa l'1,6% del pil nel biennio 2011-2012". Lo scrive il Tesoro nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica. In termini assoluti l'ammontare delle manovre è pari a 24,8 miliardi calcolando che il Pil 2010 è pari a 1.554,3 miliardi di euro.

"Il Governo intende mantenere gli impegni assunti in sede europea confermando il percorso di consolidamento finanziario", si legge nella relazione. "Gli obiettivi programmatici di indebitamento netto restano fissati al 3,9% del Pil nel 2011 e al 2,7% nel 2012".

Nel documento sono state anche riviste al ribasso le stime del governo sul prodotto interno lordo: nel 2010 il Pil crescerà dell'1% mentre l'indebitamento netto si attesterà al 5%. La crescita nel 2011 sarà dell'1,5%. Il rapporto debito pubblico-Pil salirà quest'anno al 118,4% e fino al 118,7% nel 2011. Questo senza considerare gli effetti di un intervento per sostenere la Grecia.

"Mantenendo la barra dritta, e proseguendo nella strada intrapresa, noi ci poniamo in maniera diversa rispetto ad altri paesi", ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti riferendosi anche ai rischi di contagio per le banche italiane paventati da Moody's come conseguenza della crisi greca. "Bisogna proseguire sul percorso avviato, in questo modo non ci saranno rischi per l'Italia". Tremonti ha ribadito l'importanza di approntare una riforma fiscale e, appunto, di continuare sul consolidamento dei conti pubblici.

Secondo la Ruef, l'inflazione nei prossimi mesi "proseguirà lungo un percorso di graduale innalzamento" attestandosi nel 2010 all'1,3% (1,5% per l'indice armonizzato europeo). L'aumento dei prezzi al consumo, spiegano da via XX Settembre, è legato, tra l'altro, all'esaurirsi degli andamenti favorevoli dei costi energetici e delle materie prime.

 

Infine, il tasso di disoccupazione crescerà nel 2010 all'8,7%, rispetto al 7,8% di un anno fa, per poi ridursi gradualmente fino all'8,2% nel 2012. Secondo il Tesoro, "il mercato del lavoro si manterrebbe debole nel 2010 seppur in miglioramento rispetto al 2009. Nell'anno in corso l'occupazione misurata in unità a tempo pieno si ridurrebbe dello 0,4%. A livello settoriale, nelle costruzioni e nei servizi privati l'occupazione tornerebbe ad essere positiva, mentre risulterebbe ancora in territorio negativo nell'industria in senso stretto". In calo la pressione fiscale, che si attesterà quest'anno, secondo le nuove stime del Tesoro, al 42,8%, "riportandosi a un livello inferiore a quello del 2008".

(06 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

 

Banche, scontro Moody's-Bankitalia

Tremonti: "Nessuno è immune dai rischi"

L'agenzia: "potenziale contagio" dei rischi di debito sovrano ai sistemi bancari di 5 Paesi, tra i quali l'Italia. Via Nazionale: "Siamo solidi". Fitch: "Gli istituti di credito italiani hanno reagito bene". Lettera di Merkel-Sarkozy: "Regole più rigide per l'Europa". Trichet: "Mai discusso default stati Eurolandia"

Banche, scontro Moody's-Bankitalia Tremonti: "Nessuno è immune dai rischi"

MILANO - Alla luce del recente downgrade delle banche greche, il "potenziale contagio" dei rischi di debito sovrano al sistema bancario potrebbe diffondersi ad altri paesi come Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda e Gran Bretagna. E' la posizione di Moody's Investors Service contenuta in un commento speciale intitolato "Sovereign Contagion Risk", parte 1, in cui si fa riferimento all'impatto sulle banche dell'Europa meridionale, dell'Irlanda e della Gran Bretagna. "Il sistema italiano è robusto", replica la Banca d'Italia. Valutazione condivisa anche dall'agenzia di rating Fitch, che interviene nel dibattito, e dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Che tuttavia ricorda che "nessuno è immune da rischi perché passeggero con biglietto di prima classe".

La posizione di Moody's. L'agenzia di rating riconosce che le banche di questi paesi hanno di fronte diverse sfide di diverso livello ma avverte che "il rischio di contagio potrebbe diluire queste differenze e rappresentare una minaccia molto reale e comune a tutti". "L'Italia è uno dei paesi dove il sistema bancario è stato sino a oggi relativamente robusto", ma c'è comunque un rischio di contagio se "le pressioni dei mercati sui rating sovrani aumenteranno'', afferma Moody's.

E quella di Fitch. Di parere opposto un'altra agenzia di rating, Fitch, che obietta che l'Italia non ha alcun rischio di contagio: "Il rating della nostra agenzia sul debito sovrano italiano -spiega Christian Scarafia, senior director nel gruppo financial institutions di Fitch Italia - è di "AA-", con un andamento stabile per il prossimo futuro". Secondo Fitch "Le banche italiane hanno saputo reagire bene, grazie soprattutto ad un modello di business tradizionale basato principalmente sulla raccolta tra la clientela". E tuttavia, conclude Scarafia, il 2010 non sarà facile, la ripresa sarà lenta e le banche avranno altre importanti sfide da affrontare".

 

La replica di Bankitalia. L'analisi di Moody's ha provocato una reazione della Banca d'Italia, che esclude che il nostro paese possa essere considerato a rischio. "Il sistema bancario italiano è robusto, il deficit di parte corrente è basso, il risparmio è alto, il debito complessivo di famiglie, imprese e Stato è basso rispetto ad altri paesi, il debito netto nei confronti dell'estero è basso. Tutto ciò rende il caso dell'Italia diverso da quello di altri paesi", ha affermato una fonte della banca centrale.

E quella della Bce. "Non abbiamo discusso l'opzione" di acquistare i titoli di Stato europei, e "non abbiamo mai discusso in alcun modo un'ipotesi di procedura di default di Stati di Eurolandia": anche dal presidente della Bce Jean-CLaude Trichet arriva una rassicurazione, che riguarda tutti i Paesi dell'area euro, Portogallo compreso. "Grecia e Portogallo non sono nella stessa barca", sottolinea in particolare Trichet, aggiungendo che "ovviamente ci aspettiamo che tutti i Paesi facciano gli aggiustamenti richiesti" sul piano dei conti pubblici. Il presidente della Bce ha ribadito che "un default della Grecia è fuori questione". La Bce oggi ha lasciato invariati i tassi d'interesse, e Trichet ha spiegato che il livello dei tassi

d'interesse europei resta "appropriato", e le aspettative di inflazione "restano ben ancorate", il che fa pensare che non ci saranno ritocchi al rialzo, quantomeno nel breve periodo. Trichet ha anche risposto alla domanda di un giornalista sulla creazione di un'agenzia di rating europeo (che contrasti le contestate Moody's, S&P e Fitch): "'E' una questione che resta aperta ma non solo in Europa. Come in qualsiasi settore più concorrenza c'è, meglio è".

Tremonti rassicura. Si mostra abbastanza tranquillo anche il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Nella Relazione sulla finanza pubblica appena presentata si precisa che ''in un'accezione di debito aggregato, considerando P. A, famiglie, imprese non finanziarie, l'Italia si colloca tra i paesi meno indebitati in ambito europeo''. E tuttavia, il ministro spiega anche che "nessuno è immune dai rischi perchè passeggero con biglietto di prima classe", e "l'estensione della crisi è sistemica e la soluzione può essere solo comune e politica".

Lettera Merkel-Sarkozy. Con una lettera congiunta, la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Sarkozy chiedono di difendere la zona euro che rischia di essere messa in pericolo dalla minaccia di un allargamento della crisi greca a Portogallo e Spagna. Berlino e Parigi chiedono anche "sanzioni più efficacì per gestire crisi come quella della Grecia" e regole più rigide per la governance economica europea.

Spagna colloca bond. Da registrare anche che il governo spagnolo ha collocato bond a 5 anni per 2,345 miliardi di euro a un tasso medio del 3,532%. Anche se il tasso è più alto di quello del 2,81% del marzo scorso, quando ha piazzato titoli pubblici per 4,5 miliardi di euro, un buon segnale è che la domanda è stata di 5,522 miliardi. Quello di oggi è il primo grosso collocamento dopo il taglio del rating da parte di Standard & Poor's.

(06 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Crollano le banche italiane

e trascinano giù Piazza Affari

Dopo lo studio di Moody's parte un attacco speculativo contro il nostro settore del credito e manda a picco Milano che chiude a -4,98%. Nel Vecchio continente i listini più importanti in moderato ribasso. L'euro scende a 1,27 dollari

Crollano le banche italiane e trascinano giù Piazza Affari

ROMA - Pesante attacco speculativo contro le banche italiane, che ha fatto crollare tanto le loro quotazioni che l'indice di Piazza Affari, che ha chiuso a -4,98%. Intesa perde quasi il 12%, Unicredit oltre l'11%, Mediobanca quasi il 10, Ubi banca e Banco Popolare -7,5%.

L'analisi di Moody's secondo cui il contagio della crisi greca potrebbe danneggiare le banche italiane ha dato fiato alla speculazione, che già stamattina aveva fatto circolare voci su un declassamento da parte di Standard & Poor's, che poi ha smentito recisamente. Non sono state prese in considerazione le osservazioni di Bankitalia, ma anche dell'altra agenzia di rating Fitch, sulla solidità del sistema bancario italiano.

Il clima resta brutto anche sulle altre piazze finanziarie europee, dove i timori di contagio della crisi greca continuano ad alimentare le vendite. Gli indici sono però in perdita moderata e quelli dello Borse più importanti hanno concluso con perdite di meno dell'1%. Atene ha addirittura chiuso in rialzo dell1%.

La moneta unica resta sotto forte pressione. Dopo un avvio in recupero l'euro ha questa mattina invertito la rotta iniziando un netto calo a 1,2758 contro il dollaro e ha poi concluso la giornata a 1,2713.

Forte calo in chiusura alla Borsa di Tokyo, che ha riaperto oggi dopo tre giorni di festività. Al termine degli scambi l'indice Nikkei ha accusato una flessione del 3,27%, la maggior perdita in un solo giorno dal marzo 2009 e al minimo da due mesi. Male anche le altre piazze asiatiche, il cui indice complessivo perde il 2,66%.

(06 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-05-05

Ue: Italia, ripresa più lenta

E il deficit 2010 non cala

Secondo la Commissione europea, il nostro prodotto interno lordo si attesterà allo 0,8% e nel 2011 all'1,4%. Stime al ribasso: il Programma di stabilità indicava un Pil all'1,1% quest'anno e al 2% il prossimo. Il debito pubblico è destinato a salire

Ue: Italia, ripresa più lenta E il deficit 2010 non cala

BRUXELLES - La ripresa in Italia va rafforzandosi, ma più lentamente delle previsioni. Secondo la Commissione europea, il nostro Pil nel 2010 si attesterà allo 0,8% e nel 2011, a politiche invariate, all'1,4%. Grazie soprattutto al sostegno dei consumi privati e dalle esportazioni. Valori "ampiamente in linea con la media della zona euro" sottolinea Bruxelles, le cui stime riguardo la crescita italiana segnalano però un ribasso: nel Programma di stabilità aggiornato, per l'Italia si indicava un Pil all'1,1% quest'anno e al 2% il prossimo. Poi c'è il dato sul deficit pubblico, che nel 2010 dovrebbe restare stabile al 5,3% rispetto al Pil (invariato rispetto al 2009) per diminuire al 5% nel 2011. Il debito pubblico continuerà invece a salire, dal 115,8% del 2009 al 118,2% quest'anno e al 118,9% nel 2011.

Migliori, invece, le previsioni sulla ripresa in ambito europeo rispetto a quelle elaborate lo scorso autunno: un quarto di punto in più per il Pil di quest'anno, grazie al fatto che "i paesi Ue beneficiano di un più forte contesto esterno". "Dopo aver subito la più profonda recessione della sua storia", spiega la Commissione, l'economia dell'Unione registrerà un aumento dell'1% del Pil di quest'anno e dell'1,7% per l'anno prossimo. Appena inferiori le previsioni di crescita per l'area euro: +0,9% nel 2010 e +1,5% nel 2011.

Ma Bruxelles avverte: "La debole domanda interna continua a contenere il recupero", la cui velocità varia a seconda dei diversi stati membri, "riflettendo le circostanze specifiche le politiche che praticano". Quanto al mercato del lavoro, ha recentemente mostrato qualche segno di stabilizzazione, con il tasso di disoccupazione destinato quest'anno a raggiungere il picco, ma a un livello inferiore rispetto alle previsioni precedenti: circa il 10% in Ue.

(05 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-04-21

Pil mondiale al 4,2% nel 2010, 4,3% nel 2011. Per il nostro Paese +0,8% quest'anno, poi +1,2%

In testa i Paesi emergenti, piuttosto bene gli Stati Uniti, l'Europa relegata nelle retrovie

Fmi, ripresa meglio del previsto

Ma per l'Italia stime riviste in calo

Fmi, ripresa meglio del previsto Ma per l'Italia stime riviste in calo

La sede del Fondo Monetario Internazionale a Washington

ROMA - La ripresa economica mondiale procede "meglio delle attese", sebbene a intensità variabile nelle diverse regioni del Globo. Ad affermarlo è il Fondo Monetario Internazionale, che nel rapporto di aprile rivede al rialzo le stime di ottobre. Ma a trainare il recupero sono i Paesi emergenti, mentre nelle economie avanzate "la forza del rimbalzo resta moderata" e messa a rischio dai crescenti debiti pubblici e dalla difficile situazione del mercato del lavoro. E soprattutto l'Europa resta relegata nelle retrovie. L'Italia non fa eccezione, tanto che le stime di crescita sono riviste al ribasso. Infatti il Pil nel 2010 salirà, secondo gli esperti del Fondo, dello 0,8% mentre nel 2011 la ripresa accelererà al +1,2%. Rispetto alle previsioni di gennaio 2010, il Pil 2010 dell'Italia è stato ridotto di 0,2 punti percentuali, mentre quello del 2011 di 0,1 punti.

Una ripresa asimmetrica. "Fatemi iniziare con una buona notizia: la ripresa procede meglio del previsto, ma la sua "natura asimmetrica pone delle sfide". Lo afferma il capo economista del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Olivier Blanchard, sottolineando come la sfida principale per le economie avanzate è il risanamento dei conti pubblici, mentre per i Paesi emergenti è la gestione del flusso dei capitali. "Per raggiungere una crescita forte, sostenuta e bilanciata è necessario lavorare ancora", ha aggiunto.

Pil mondiale al 4,2% nel 2010. Pertanto, si legge nel World Economic Outlook, la crescita globale dovrebbe attestarsi nel 2010 al 4,2% su base annua e al 4,3% nel 2011 (le economie avanzate dovrebbero crescere del 2,3% nel 2010 e del 2,4% nel 2011, dopo il calo del 3,2% del 2009). La crescita delle economie emergenti dovrebbe essere più sostenuta, con un incremento del 6,3% nel 2010 e del 6,5% nel 2011, dopo il modesto aumento del 2,4% del 2009. Per quanto riguarda i Paesi asiatici, grande attenzione è riservata alla Cina, che secondo le previsioni dovrebbe assistere a una crescita del 10% nel 2010 e del 9,9% nell'anno successivo, dopo l'incremento dell'8,7% del 2009.

 

Bene gli Usa, male l'Europa. L'analisi del Fondo promuove gli Usa, il cui Pil aumenterà "sorprendentemente" del 3,1% quest'anno e del 2,6% il prossimo.

Bocciata invece Eurolandia, ancorata a un modesto incremento dell'1% nel 2010 e dell'1,5% nel 2011. A pesare, sostengono gli economisti di Washington, sono gli squilibri di bilancio e delle partite correnti in molti Paesi della zona. Oltre alle preoccupazioni accese dalla crisi greca "che potrebbe contagiare altri Paesi vulnerabili dell'area" e minacciare "la normalizzazione delle condizioni sui mercati finanziari". E di conseguenza soffre anche l'Italia: crescita tagliata allo 0,8% per quest'anno (-0,2% rispetto a gennaio) e all'1,2% per il prossimo (-0,1%)

(21 aprile 2010)

 

 

 

2010-04-15

Bankitalia: cresce la pressione fiscale

Ripresa ancora debole, giù i redditi

Il peso del fisco nel 2009 salito dal 42,9 al 43,2%. L'indebitamento delle famiglie è al 60%, consumi ancora in calo. 700.000 disoccupati in più rispetto all'aprile dell'anno scorso, per i giovani il tasso è al 28,2%. Conti pubblici peggiorati. Lieve ripresa, ma investimenti ancora stagnanti

Bankitalia: cresce la pressione fiscale Ripresa ancora debole, giù i redditi

ROMA - Cresce il peso delle tasse sulle tasche degli italiani: nel 2009 la pressione fiscale è passata dal 42,9 al 43,2%. Lo afferma la Banca d'Italia nel Bollettino Economico. "In Italia la ripresa economica è ancora debole", scrive via Nazionale, aggiungendo che "sulle prospettive di crescita pesano la debolezza della domanda interna e la lenta ripresa dell'export". Il reddito disponibile delle famiglie "è calato di oltre due punti percentuali in termini reali nella media dello scorso anno". Tuttavia "uno stimolo temporaneo ai consumi" dovrebbe arrivare, a partire da aprile, grazie agli incentivi decisi dal governo.

Indebitamento delle famiglie al 60%. L'indebitamento della famiglie italiane è salito, ma resta parecchio al di sotto di quello medio dell'area euro: se da noi il debito è quasi al 60% del reddito, nei 16 Paesi della moneta unica arriva ormai al 95%. "Nel quarto trimestre del 2009 - rileva via Nazionale nel Bollettino di aprile - il debito delle famiglie in rapporto al reddito disponibile è lievemente salito, al 60%. L'incremento ha riflesso prevalentemente l'aumento dei prestiti bancari a medio e a lungo termine e la riduzione del reddito disponibile. Il livello dell'indebitamento rimane comunque nettamente inferiore a quello medio dell'area dell'euro (prossimo al 95% a settembre del 2009)".

Consumi ancora in calo. I consumi sono deboli e non si vede all'orizzonte un'inversione di tendenza. Dopo la contrazione dei consumi dell'1,8% registrata nel 2009, i segnali per i primi mesi del 2010 non delineano una inversione di tendenza. Il clima di fiducia dei consumatori, in progressivo miglioramento nella seconda metà del 2009, "è tornato a peggiorare quest'anno, riportandosi, in marzo, sui livelli dello scorso giugno". Sulla fiducia delle famiglie "pesa il maggiore pessimismo circa la situazione economica generale del Paese e l'accresciuta preoccupazione sulle condizioni del mercato del lavoro: la percentuale dei consumatori intervistati che prevede un forte aumento della disoccupazione nei prossimi dodici mesi è salita oltre il 30 per cento in marzo, il doppio di quanto registrato lo scorso luglio".

 

Peggiorati i conti pubblici. "La situazione delle finanze pubbliche è notevolmente peggiorata", rileva la Banca d'Italia, ricordando che l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è salito nel 2009 al 5,3% del Pil, dal 2,7% del 2008. Il risultato è in linea con le valutazioni ufficiali dello scorso luglio, confermate nei mesi successivi. L'aumento del disavanzo, osservano gli economisti di Via Nazionale, "è riconducibile alla marcata crescita della spesa primaria e alla flessione delle entrate, anche se quest'ultima è stata meno pronunciata di quella del Pil nominale". Il forte peggioramento dei conti è comunque "quasi interamente riconducibile alla flessione dell'attività economica".

Modesta ripresa ma investimenti stagnanti. L'attività "è in ripresa" ma "ristagnano gli investimenti produttivi". Nella media del primo bimestre del 2010 l'attività manifatturiera è cresciuta dell'1,4% in termini congiunturali, riguadagnando circa sette punti percentuali rispetto al punto di minimo. Trainato dalla componente estera, l'indice degli ordinativi dell'industria, deflazionato con i relativi prezzi alla produzione, è aumentato dell'1,3% nella media dei tre mesi terminanti in gennaio

In un anno 700.000 occupati in meno. "Rispetto al picco raggiunto nell'aprile del 2008, il numero delle persone occupate è diminuito di oltre 700 mila unità (-3,1%)", precisa il Bollettino della Banca d'Italia. Il calo dell'occupazione prosegue dunque anche nei primi mesi del 2010: in gennaio e febbraio "la flessione è stata pari in media allo 0,4% sull'ultimo trimestre 2009", afferma via Nazionale, ricordando come tra ottobre e dicembre scorso l'occupazione abbia registrato, "per il sesto trimestre consecutivo", un ulteriore calo dello 0,2% sul trimestre precedente. A febbraio pertanto il tasso di disoccupazione "ha raggiunto l'8,5%, 1,2 punti percentuali in più" rispetto allo stesso mese del 2009. Ed è tra i giovani, nella fascia compresa tra i 15 e i 24 anni, che si registra l'aumento più pesante: il tasso di disoccupazione infatti "è cresciuto di quattro punti, raggiungendo il 28,2%".

(15 aprile 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

La Bce lancia l'allarme disoccupazione

"Servono incentivi e salari più flessibili"

L'istituto di Francoforte prevede una crescita "debole" che terrà sotto pressione i consumi

Istat: a febbraio esportazioni italiane aumentate del 7,3% rispetto al 2009 e le importazioni del 12,9%

La Bce lancia l'allarme disoccupazione "Servono incentivi e salari più flessibili"

Il presidente della Bce Jean Claude Trichet

ROMA - Dalla Banca centrale europea arriva nuovo allarme disoccupazione. "Ulteriori aumenti della disoccupazione nell'area dell'euro sono probabili nei prossimi mesi, seppur a un ritmo minore rispetto a quello osservato e atteso nel 2009" si legge nel bollettino dell'istituto di Francoforte. Anche perché la prospettiva in Europa è quella di una crescita debole, che terrà sotto pressione i consumi. "Nei primi mesi di quest'anno la ripresa economica è proseguita nell'area euro si attende che il tasso d'incremento del Pil resti moderato nel 2010" si legge nel bollettino mensile della Bce.

Secondo i dati a disposizione della Bce, "le condizioni nei mercati del lavoro dell'area dell'euro si sono deteriorate ulteriormente" anche se, in modo "meno pronunciato rispetto ai trimestri precedenti". Netta la ricetta della Bce: "Bisogna potenziare gli incentivi all'occupazione e garantire una sufficiente flessibilità dei salari per prevenire una disoccupazione strutturale più elevata nei prossimi anni".

Monito sul deficit. I Paesi dell'area euro devono "ridurre gli squilibri di bilancio" e adottare le eventuali misure correttive entro e non oltre il 2011. "E' essenziale - spiega l'Eurotower - che i governi riducano gli squilibri di bilancio e correggano disavanzi eccessivi entro i termini concordati". Secondo l'istituto di Francoforte "un gruppo di Paesi dell'area euro avvierà quest'anno il risanamento dei conti pubblici, mentre tutti gli altri dovranno predisporre misure correttive al più tardi entro il 2011". "Occorre spingersi ben oltre il requisito minimo di aggiustamento strutturale annuo, fissato nel Patto di stabilità e crescita allo 0,5% del Pil, e provvedere alla ridefinizione dettagliata e all'attuazione di strategie credibili di riequilibrio dei conti.

 

Tassi. L'attuale livello dei tassi di interesse "continua a essere adeguato" ma il consiglio direttivo della Banca centrale europea "continuerà a seguire con molto attenzione tutti gli andamenti nel prossimo periodo" sottolinea la Bce. Secondo cui "ci si aspetta che l'inflazione resti moderata nell'orizzonte temporale rilevante per la politica monetaria" nonostante a marzo, nell'Ue-16, sia accelerata all'1,5% superando le attese di mercato. Le aspettative di inflazione a medio-lungo termine, spiega l'Eurotower, "rimangono saldamente ancorate in linea con l'obiettivo del Consiglio direttivo di preservare tassi di inflazione inferiori ma prossimi al 2% nel medio periodo".

Stop alle misure straordinarie. Le misure straordinarie di sostegno settoriale adottate dai governi durante la crisi "andrebbero progressivamente ritirate". Anche se "hanno messo in moto un processo di reciproco rafforzamento fra le condizioni del sistema finanziario e l'andamento dell'economia reale" tali provvedimenti "hanno accresciuto il rischio di distorsioni della concorrenza e potrebbero persino aver aumentato la probabilità di un'eccessiva assunzione di rischio, mentre la drastica espansione degli squilibri di bilancio rappresenta una minaccia per la sostenibilità dei conti pubblici".

Grecia. Il consiglio direttivo della Banca centrale europea "accoglie con favore la dichiarazione sulla Grecia diffusa il 25 marzo dai capi di Stato e di governo dei Paesi dell'area euro". Il consiglio della Bce "sostiene l'intento di rafforzare la sorveglianza sui rischi economici e di bilancio nonchè i relativi strumenti di prevenzione, fra cui la procedura per i disavanzi eccessivi".

Commercio estero italiano. A febbraio le esportazioni italiane sono aumentate del 7,3% rispetto a febbraio 2009 e le importazioni del 12,9%, sempre su base tendenziale. Lo comunica l'Istat precisando che si tratta dei rialzi più ampi da settembre 2008. Rispetto a gennaio, l'export è cresciuto del 2,5% e l'import del 3,6%. Complessivamente, il saldo commerciale a febbraio risulta negativo per 2.332 milioni, in peggioramento dal deficit di 895 milioni del febbraio 2009.

(15 aprile 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

2010-04-13

la Repubblica.it

http://www.repubblica.it/economia/

la Repubblica.it

Cerca:

La Repubblica dal 1984Repubblica.itRepubblica.it fotogallerieRepubblicaTV videoRepubblica i ViaggiGiornali locali Gruppo EspressoAlto Adigeil Centroil Corriere delle Alpiil mattino di Padovail PiccoloIl Tirrenola Città di Salernola Gazzetta di Mantovala Gazzetta di Modenala Gazzetta di Reggiola Nuova di Venezia e Mestrela Nuova Ferrarala Nuova Sardegnala Provincia Pavesela Sentinella del Canavesela tribuna di TrevisoMessaggeroVenetoTrentinoAnnunciPagine BianchePagine GialleShopping

Cerca:

* Home

* Affari&Finanza

* Sport

* Spettacoli&Cultura

* Ambiente

* Scienze

* Tecnologia

* Motori

* Moda

* Casa

* Viaggi

* Roma

* Milano

* Annunci

* Lavoro

* Meteo

* Oroscopo

* Quotazioni&Listini

Economia

* condividi

*

*

*

* .

CONTI PUBBLICI

Bankitalia, continua la corsa del debito

1.795 miliardi a febbraio. Entrate in calo

Pubblicato il supplemento al bollettino statistico: deficit in crescita per il secondo mese consecutivo, sfiora il record negativo di ottobre 2009. Nel primo bimestre, quasi un miliardo in meno nelle casse dello Stato

Bankitalia, continua la corsa del debito 1.795 miliardi a febbraio. Entrate in calo

ROMA - Sale ancora il debito pubblico italiano: a febbraio si è attestato a quota 1.795,066 miliardi di euro, contro i 1.788,134 di gennaio. Lo scrive Bankitalia nel Supplemento al Bollettino statistico dedicato alla finanza pubblica.

In calo invece il dato delle entrate tributarie nel primo bimestre dell'anno: a gennaio-febbraio di quest'anno si sono attestate a quota 53,479 miliardi di euro, in calo rispetto ai 54,892 del primo bimestre del 2009.

Nel solo mese di febbraio 2010 le entrate tributarie sono state pari a 24,670 miliardi di euro, in calo del 2,1% rispetto ai 25,217 miliardi di febbraio 2009. Il debito pubblico italiano a febbraio sale dunque per il secondo mese consecutivo e sfiora il record assoluto che era stato toccato a ottobre 2009, quando aveva raggiunto quota 1.802,179 miliardi di euro.

Da ricordare che il dato diffuso oggi dalla Banca d'Italia è il debito in valore assoluto. Non è dunque il dato valido ai fini del Patto di Stabilità europeo che invece considera il debito in rapporto al prodotto interno lordo. Il debito pubblico italiano a febbraio risulta in crescita dello 0,3% rispetto al mese precedente e del 5% rispetto a febbraio 2009.

Il ministero dell'Economia conferma il calo delle entrate tributarie, anche se lo quantifica in 809 milioni di euro (-1,4%). Il calo, secondo il bollettino delle entrate pubblicato da Via XX settembre, "è ascrivibile sostanzialmente all'andamento negativo delle ritenute su interessi, premi e altri frutti corrisposti da aziende e istituti di credito".

Rispetto agli altri paesi europei, sottolinea la nota, c'è una "buona tenuta" delle entrate. In particolare, spiega il dipartimento delle finanze del Tesoro, "nel primo bimestre dell'anno le entrate in Germania hanno accusato una flessione del 5,3% e in spagna del 3,6%", rispetto all'1,4% italiano.

(13 aprile 2010) Tutti gli articoli di Economia

Sono presenti 0 commenti

Visualizza tutti i commenti

 

*

LEGGI ANCHE:

* Bankitalia, debito/pil scende al 104% calo superiore alle stime del governo (11 marzo 2008)

* Bankitalia, nuovo record per il debito pubblico (12 giugno 2006)

* Bankitalia, debito ancora in crescita in Europa cresce la disoccupazione (14 dicembre 2009)

* Bankitalia, entrate fiscali al +6,9% nei primi quattro mesi del 2007 (12 giugno 2007)

* Bankitalia: a marzo debito record E' salito a 1.646,7 miliardi (11 giugno 2008)

* Bankitalia, giù le entrate fiscali nel primo bimestre -7,2% (15 aprile 2009)

* Bankitalia: il debito sale ancora in Europa cresce la disoccupazione (14 dicembre 2009)

Scarica l'RSS con tutti gli aggiornamenti della sezione economia

Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold

NEWS ALERT

Ultimo minuto - La newsletter giornaliera con le notizie di Repubblica.

Registrati subito

Scopri i dettagli | Scarica il pdf

PREVENTIVI ASSICURAZIONI AUTO - CONFRONTA 16 COMPAGNIE E RISPARMIA

Marca Immatricolazione

PUBBLICITÀ

Conto Corrente CheBanca! Canone 1 euro al mese senza sorprese!

Carta bancomat internazionale, bonifici, prelievi senza commissioni in tutto il mondo.

Fai di Repubblica la tua homepage | Mappa del sito | Parole più cercate | Redazione | Scriveteci | Servizio Clienti | Rss/xml | Mobile | Podcast | Aiuto | Pubblicità

Divisione La Repubblica

Gruppo Editoriale L'Espresso Spa - P.Iva 00906801006

Società soggetta all'attività di direzione e coordinamento di CIR SpA

 

 

 

 

Il Fondo ha ridotto da 2.800 a 2.300 miliardi di dollari le perdite potenziali degli istituti di credito. Ma lancia l'allarme sulla liquidità che si riversa sui paesi emergenti e ritiene necessari poteri d'intervento per i rischi sistemici e per i i 600 trilioni di dollari di derivati

Fmi più ottimista sulle banche

ma c'è rischio di bolle speculative

Fmi più ottimista sulle banche ma c'è rischio di bolle speculative

Il direttore del Fondo Dominique Strauss-Kahn

ROMA - Il costo della crisi internazionale per il sistema bancario delle economie avanzate sarà minore di quanto si pensasse in un primo momento: è quanto prevede il Fondo Monetario Internazionale che ha rivisto al ribasso le proprie previsioni. Secondo quanto si legge nella bozza del World Economic Outlook, ha abbassato le stime delle svalutazioni e degli accantonamenti su perdite da parte delle banche, attuali e future, per il periodo 2007-2010, da 2.800 a 2.300 miliardi di dollari, due terzi dei quali sono stati già iscritti a bilancio alla fine del 2009.

Ma insieme a questa buona notizia le preoccupazioni non mancano. Le iniezioni addizionali di liquidità nelle economie con "più alti tassi di interesse e più forte crescita", essenzialmente i cosiddetti paesi emergenti, potrebbero provocare bolle inflattive e sui prezzi degli asset finanziari. Il monito è contenuto nei capitoli analitici del Global financial stability report in cui vengono analizzati gli effetti della "trasmissione di abbondante liquidità globale e il relativo aumento nei flussi di capitale verso le economie con relativamente più alti tassi di interesse e previsioni di crescita più forti". Dall'analisi emerge che le iniezioni addizionali di liquidità e l'allentamento delle condizioni di politica monetaria nei paesi del G4 (zona euro, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti) "potrebbero porre sfide alla liquidità dei paesi riceventi nella forma di pressioni sui prezzi e di un aumento delle valutazioni degli asset". In particolare, si evidenzia il legame tra l'espansione della liquidità globale e i prezzi degli asset finanziari in termini di ritorno di capitale così come di accumulo di riserve.

 

Secondo l'Fmi, la liquidità globale, nei paesi beneficiari, "spinge in alto i prezzi delle azioni locali e abbassa i tassi di interesse reale". Tuttavia tali economie hanno "un numero di politiche con cui rispondere all'aumento dei flussi capitale", tra cui tassi di cambio più flessibili "se le condizioni lo permettono" e il rafforzamento della regolazione prudenziale. Anche i controlli di capitale possono dimostrarsi "utili", secondo il Fondo, per i singoli paesi che hanno a che fare con aumenti dei flussi di capitale, ma possono provocare "effetti multilaterali avversi" incoraggiando controlli di capitale in altri paesi.

Il Fondo rilancia inoltre la necessità di rendere "più sicuri" i mercati dei derivati over-the-counter (Otc) - ossia quelli negoziati fuori dai circuiti borsistici ufficiali e in maniera del tutto non regolamentata - che negli ultimi anni, "sono considerevolmente cresciuti" con un ammontare speculativo totale che ha superato i 600 trilioni di dollari. Nel rapporto si ricorda il ruolo svolto dai credit default swap (cds), parte del mercato dei derivati Otc, durante la crisi economica e di come le autorità siano state costrette a prendere "decisioni costose" nei riguardi di colossi finanziari come Lehman Brothers e Aig. Secondo l'istituto di Washington, "dato il carattere mondiale dei mercati dei derivati Otc, è necessario uno stretto coordinamento transfrontaliero delle strutture di regolamentazione e supervisione per evitare l'arbitraggio regolatorio e mitigare il rischio sistemico e gli effetti negativi del contagio ad altri paesi".

Infine, l'Fmi pone l'accento sulla ridefinizione della regolamentazione finanziaria e del rischio sistemico. "La recente crisi - sottolinea - ha scatenato un ripensamento della supervisione e della regolamentazione delle interconnessioni sistemiche, come a dire che i problemi di un'istituzione finanziaria colpiranno negativamente le altre". Secondo il Fondo "non basta stabilire un mandato per le autorità regolatorie che vigilano le connessioni sistemiche ma sarebbero necessari migliori strumenti per combattere i rischi sistemici. E' necessario considerare metodi più diretti per affrontarli" come l'istituzione di un sistema per ponderare il capitale al rischio, l'applicazione di tasse legate a quanto un'istituzione contribuisce a un rischio sistemico, la limitazione della dimensione di alcune attività.

"La crisi più profonda è alle spalle, ma ora arriva il lavoro più duro". Lo ha detto Laura Kodres, numero due del Dipartimento Finanziario del Fondo illustrando i capitoli analitici del Report. "Il primo round di riforma delle regole è già in atto, i prossimi passi sono i più difficili: la crisi ha mostrato come la solidità e la sicurezza delle singole istituzioni finanziarie non è sufficiente a prevenire" un collasso "in quanto ci sono rischi che derivano dall'interconnessione delle istituzioni stesse. Siamo concentrati a individuare strade per mitigare i rischi sistemici - ha aggiunto - ma sfortunatamente le modalità concrete e pratiche per farlo sono ancora in fase iniziale. C'è bisogno di azioni transfrontaliere".

(13 aprile 2010

 

 

 

 

 

2010-04-07

L'organizzazione migliora le stime, ma prevede un rallentamento della ripresa (+0,5%) nei tre mesi successivi

Il ministro dello Sviluppo: "Premiata la politica del governo. La ripresa è ancora debole e intermittente"

Pil Italia a +1,2% nel primo trimestre

Scajola: "Dati Ocse incoraggianti"

Gli Usa meglio di area euro e Giappone. "Cautela nel rimuovere le misure di sostegno all'economia"

PARIGI - Il prodotto interno lordo italiano crescerà dell'1,2% nel primo trimestre del 2010 (dato annualizzato, rispetto al trimestre precedente) e dello 0,5% nel secondo. E' la nuova stima pubblicata dall'Ocse. I dati sono migliori delle previsioni precedenti, che parlavano di un -0,3% nel primo trimestre. Nei primi tre mesi dell'anno, secondo l'Ocse, l'Italia dovrebbe fare meglio dell'Eurozona, ferma al +0,9%. Scenario contrario nel secondo trimestre, con i Paesi dell'euro a +1,9% e l'Italia in crescita solo di mezzo punto percentuale.

"Dati incoraggianti" secondo il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, che vede nelle stime dell'organizzazione parigina "un'ulteriore conferma della correttezza della politica anticrisi del governo". Il ministro ha poi sottolineato che "la minore crescita prevista per il secondo trimestre indica che la ripresa è ancora debole, intermittente ed esposta a rischi di arretramento"

Sul piano internazionale, l'Ocse vede un rallentamento della crescita nella prima metà del 2010 nei principali paesi industrializzati, mentre gli Usa continueranno ad espandersi a un ritmo maggiore di area euro e Giappone. "Nonostante alcuni segnali incoraggianti la fragilità della ripresa economica, un mercato del lavoro fragile e possibili turbolenze sui mercati finanziari sottolineano la necessità di essere cauti nel rimuovere le misure di sostegno" alle economie, si legge nel documento chiamato "Interim assessment". Resta ferma la necessità, avverte l'Ocse, di risanare i conti pubblici e di attuare "programmi di consolidamento nel medio termine" in molti Paesi, anche se "il consolidamento" dei conti "dovrebbe partire nel 2011, o prima dove necessario, ed essere graduale per non minare la ripresa".

 

"Oggi possiamo diffondere un messaggio moderatamente ottimista", ha dichiarato il capo economista dell'Ocse Pier Carlo Padoan durante la presentazione dei dati. "Ci sono buone notizie, la ripresa comincia a partire anche se non dovunque alla stessa velocità, ma questo processo è ancora fragile", ha spiegato Padoan. "Le difficoltà del mercato del lavoro e altri fattori legati ai mercati ci spingono a consigliare prudenza nell'arrestare le politiche di stimolo".

Per quanto riguarda l'Italia, Padoan suggerisce di agire prima di tutto sui "problemi di lungo termine", ovvero "alto debito e bassa crescita", operando un "significativo taglio delle spese" e agendo "sulle cause della debolezza della ripresa". Il capo economista ha definito l'Italia "un paese con problemi di lunga data, che esistevano prima della crisi. Questo", ha detto, "la rende un contesto difficile per l'elaborazione di politiche d'intervento economico".

L'Ocse sottolinea inoltre come siano "migliorate le condizioni finanziarie dei mercato", nonostante la presenza di fattori di stress finanziario come la Grecia e Dubai. Ma le banche, avverte l'organizzazione parigina, restano "vulnerabili a perdite sui crediti ed esposte al rischio dei tassi di interesse", pur avendo rafforzato il loro capitale.

Per quanto riguarda l'andamento dei prezzi il documento sottolinea come l'inflazione stia mostrando una dinamica "moderata", nonostante le "pressioni associate all'aumento dei prezzi delle materie prime negli ultimi mesi". Sul fronte del mercato del lavoro, "gli indicatori si sono stabilizzati, il tasso di disoccupazione ha probabilmente raggiunto il suo picco massimo negli Stati Uniti" mentre l'aumento della disoccupazione "è stato più contenuto nell'area dell'euro". La domanda privata, si legge nel documento, risentirà ancora del peso della crescita "lenta" del credito e dalla debolezza del mercato del lavoro, mentre più in generale la crescita globale beneficia soprattutto delle buone performance di alcuni Paesi emergenti tra cui Cina, Brasile ed India.

Ecco le proiezioni aggiornate dell'Ocse per i principali paesi e aree economiche:

Stati Uniti: 2,4 nel primo trimestre, 2,3 nel secondo

Giappone: 1,1 (I trim) 2,3 (II trim)

Euro 32: 0,9 (I trim) 1,9 (II trim)

Germania: -0,4 (I trim) 2,8 (II trim)

Francia: 2,3 (I trim) 1,7 (II trim)

Italia: 1,2 (I trim) 0,5 (II trim)

Regno Unito: 2,0 (I trim) 3,1 (II trim)

Canada: 6,2 (I trim) 4,5 (II trim)

G7: 1,9 (I trim) 2,3 (II trim)

(07 aprile 2010)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-04-03

L'organismo internazionale fotografa la situazione dell'economia mondiale

Eurolandia, massima attenzione alla sfida chiave della Grecia

Pil, l'Fmi rivede le stime

in Italia rallenta la crescita

ROMA - Il Fondo Monetario Internazionale rivede le stime di crescita per l'Italia. Nell'ultima bozza del World Economic Outlook (Weo) che sarà pubblicato il 21 aprile, l'Fmi prevede che il Pil italiano salirà dello 0,8% quest'anno e dell'1,1% nel 2011. In entrambi i casi si tratta di un taglio di 0,2 punti percentuali rispetto alle stime dell'ultimo aggiornamento del Weo di gennaio. Rispetto al rapporto di ottobre, invece, la crescita italiana per il 2010 è stata rivista al rialzo di 0,6 punti. Le ultime stime del governo presentate con l'aggiornamento al Patto di stabilità parlano invece di una crescita del Pil dell'1,1% quest'anno. Sull'occupazione, il Fondo Monetario stima che in Italia salirà quest'anno dal 7,8% all'8,7%, per poi iniziare a ridiscendere lentamente nel 2011 attestandosi all'8,6%. L'inflazione salirà invece dallo 0,8% dello scorso anno all'1,4% nel 2010 e all'1,7% nel 2011.

Allargando la sua analisi all'Europa, il Fmi sottolinea come "appropriato mantenere i tassi di interesse eccezionalmente bassi". "La politica monetaria dovrebbe restare altamente accomodante nella maggior parte dei casi - si legge nella bozza del World Economic Outlook -. Le prospettive di ripresa sono sempre deboli e quindi le prospettive di inflazione rimangono sotto tono".

In particolare, secondo il Fondo, l'inflazione 'core' nei paesi avanzati dell'Europa dovrebbe mantenersi "bassa e stabile, a circa l'1% nell'area dell'euro". Per questo, afferma, in Eurolandia "è appropriato mantenere i tassi di interesse eccezionalmente bassi e agire molto lentamente nell'abbandono delle misure quantitative e nel fare cambiamenti relativi ai collaterali". Tutto questo, secondo gli economisti di Washington, "aiuterà la ripresa nelle economie principali facilitando gli aggiustamenti di politica fiscale e reale nelle economie periferiche".

 

Ma ci sono "forze" che remano contro. E il riferimento è alla Grecia, la cui crisi offusca il futuro

di Eurolandia e ne sta rallentando la ripresa. La "sfida chiave" sarà dunque quella di prevedere "piani di consolidamento credibili". Piani che includano il conseguimento di avanzi primari sufficientemente elevati da stabilizzare il debito pubblico e alla fine di arrivare a ridurlo. "Certamente - mette in guardia il Fmi - i timori per la solvibilità del debito sovrano e per la liquidità della Grecia (e per i possibili effetti di contagio in altri paesi vulnerabili dell'area euro) hanno minacciato la normalizzazione dei mercati finanziari".

Secondo il Fmi, i mercati temono che i problemi di insolvenza di Atene si traducano in una vera e propria crisi del debito sovrano, che porterebbe a casi di contagio. Proprio per questo "sarà molto importante che le autorità greche ristabiliscano la credibilità della loro politica fiscale e che le autorità europee assicurino che la paura per la situazione greca non porti a un'instabilità finanziaria o a ripercussioni significative sui bilanci e sulle banche in Europa".

La ripresa, secondo il Fmi, sarà dunque "graduale e diseguale" tra i paesi di Eurolandia. E l'area nel suo insieme il Pil crescerà dello 0,8% quest'anno e dell'1,4% il prossimo (con una revisione al ribasso, in entrambi i casi, di 0,1 punti percentuali rispetto a gennaio). Per la Grecia, invece, il Fmi stima un Pil in calo del 2% nel 2010 e dell'1,1% nel 2011.

(03 aprile 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-04-02

Istat, deficit/pil 2009 al 5,2%

il dato peggiore dal 1996

ROMA - Nel 2009 il rapporto deficit-pil schizza al 5,2%, al netto dell'impatto delle operazioni di swap, in forte peggioramento rispetto al 2,7% del 2008: il dato diffuso dall'Istat è il peggiore dal 1996. Nel "conto economico trimestrale delle amministrazioni pubbliche", l'Istituto di statistica precisa che si tratta di dati non destagionalizzati. Includendo gli effetti degli swap, il rapporto deficit-pil sale nel 2009 al 5,3% (in linea con le previsioni del governo): lo Stato italiano ha perso lo 0,07% in operazioni di swap. Solo relativamente al quarto trimestre, l'indebitamento si è attestato al 4,5% (2,4% nel quarto trimestre 2008). Per la prima volta dal 1991, poi, l'avanzo primario risulta negativo: -0,6% contro il +2,5% del 2008.

L'Istat rende inoltre noto che le entrate totali del 2009 hanno fatto registrare un calo del 2% (-1,2% nel quarto trimestre) a fronte del +0,9% nel 2008. Le uscite sono invece aumentate del 3% (+2,5% nel quarto trimestre) mentre nel 2008 l'incremento era stato del 3,5%. Tra gli altri dati comunicati, negativo il saldo corrente (risparmio): -2% nel 2009 contro il +0,8% del 2008.

(02 aprile 2010)

 

 

 

Italiani in viaggio ed è già 'bollino rosso' per il traffico su strade, autostrade e valichi

Adoc: quest'anno il 55 per cento resterà fermo per i prezzi. E domenica sarà brutto tempo

Cominciato l'esodo di Pasqua

ma più della metà resta a casa

Contro la crisi la Federconsumatori suggerisce di non andare al ristorante

Cominciato l'esodo di Pasqua ma più della metà resta a casa

ROMA - L'esodo di Pasqua è iniziato ieri. Ma è soprattutto da stamattina che le città cominciano a svuotarsi come uova e gli italiani si riversano su strade e autostrade della penisola per tornare nei luoghi di origine, verso le montagna o città d'arte. Per quanto riguarda i rientri, il 'bollino rosso' del esodo pasquale partirà lunedì 5 aprile, alla sera, e nella mattinata di martedì e mercoledì.

Traffico. I flussi di traffico più intensi interessanno in queste ore la A1 tra Milano e Parma, da Bologna a Firenze sud con possibili rallentamenti nel tratto appenninico e in uscita dalla capitale verso Napoli con possibili rallentamenti fino a Valmontone. Ancora, traffico sulla A14 da Bologna a Cattolica con possibili rallentamenti all'altezza di Bologna. Traffico intenso poi in Lombardia sull'A4 (in direzione Brescia) e sull'A9, alla dogana con la Svizzera. In Liguria, invece, sull'A10 e sulla A26 in direzione del Ponente Ligure, sull'A12 fino a Rapallo. E per finire in Toscana, sull'A11 in direzione di Pisa e della Versilia. I turisti stranieri che arrivano in questi giorni da Austria, Francia, Svizzera e Slovenia aumenteranno il traffico ai valichi.

Aumenti. Più della metà degli italiani però non si muoverà di casa. Secondo i dati dell'Adoc, quest'anno il 55 per cento resterà fermo per il 'caro-esodo'. Il pieno di carburante, che sia diesel o benzina, secondo i calcoli delle associazioni dei consumatori costa dieci euro di più che nella pasqua dell'anno scorso. Allora la benzina costava in media 1,2 euro al litro, adesso è sopra gli 1,4 euro. Il prezzo del petrolio sale (ieri il barile ha sfiorato gli 85 dollari), ma nelle pompe la stangata è arrivata due settimane fa: la benzina costa fra tra 1,408 e 1,422 euro/litro, il gasolio tra 1,234 e 1,249 euro/litro.

 

Turismo. Solo il 3% dei vacanzieri passerà fuori casa più di tre notti, il 16% sceglierà le città d'arte come Roma, Firenze e Venezia. Per il resto, il 10% opterà per una gita giornaliera, il 7% tornerà nella propria città natale e il 12% sceglierà l'estero. La novità riguarda Pompei, dove - secondo il touring club - è prevista una affluenza in aumento del 20%, anche grazie all'apertura al pubblico del termopolio appena restaurato. Le nevicate abbondanti potrebbero, ovviamente favorire le destinazioni di montagna. Ma col primo caldo torna la voglia di mare e secondo le principali compagnie infatti, a Pasqua le crociere faranno segnare un +25% e quella preferita dagli italiani resta quella nel mediterraneo.

Il pranzo. Per il 55% di italiani che si siederà a tavola a casa senza partire, la Federconsumatori suggerisce di non andare al ristorante. Così facendo, oltre a mangiare bene, si potranno risparmiare circa 224 euro a famiglia. Il pranzo a casa per sei persone, infatti, costa circa 24,64 euro a persona, con una spesa complessiva 147,84 euro e comprende antipasto di carciofi, prosciutto crudo, salame, le tradizionali uova sode, pasta al forno, agnello con patate, insalata verde, pane, frutta, vino, spumante, colomba e un pezzetto di uova di cioccolato. Se a casa per un menù si spendono per sei persone circa 147 euro, al ristorante il conto lievita fino a 372 euro a famiglia, pari a circa 62 euro a persona.

Cominciato l'esodo di Pasqua ma più della metà resta a casa

 

Gli ambientalisti. L'appello delle associazioni ambientaliste contro l'uccisione di agnelli e capretti, piatto tradizionale italiano nel periodo Pasquale, è forte anche quest'anno: più di 6 milioni di animali, tra ovini e caprini, finiscono sulle tavole, con un'impennata durante le festività Pasquali e natalizie. Il primato delle macellazioni di ovini e caprini spetta alla Sardegna (il 27,23% degli ovicaprini macellati nel 2008) e al Lazio (25,66%), seguite, ma in percentuali minori, da Puglia, Campania e Toscana. Secondo l'Aidaa, saranno 4 milioni gli agnelli e i capretti uccisi solo a Pasqua. Nei prossimi giorni 2,5 milioni negli allevamenti e nei macelli italiani mentre 1,5 milioni di capi sarà importato da allevamenti stranieri sotto forma di carne congelata, o per essere abbattuti qui dopo il viaggio.

Le previsioni. Per la domenica di Pasqua il tempo, come quasi ogni volta, sarà variabile tendenti al peggio. A Nord è previsto un rapido peggioramento a partire da Ovest con primi acquazzoni, che si estenderanno al resto delle regioni per assumere carattere temporalesco specie in serata. Neve sulle Alpi oltre i 1200-1600 metri, localmente anche a quote inferiori. Temperature in diminuzione specie al Nord Ovest, massime tra 12 e 16°C; punte di 20°C in Romagna. Venti moderati meridionali e mari mossi. Peggiora il tempo anche al Centro. A partire da Toscana, Sardegna e alto Lazio sono previste piogge e rovesci diffusi, in estensione ad Umbria, Abruzzo occidentale e Marche. Attesi fenomeni temporaleschi in nottata lungo le coste tirreniche. Temperature in calo, massime tra 14 e 19°C. Venti moderati da SSE. Mari da mossi a molto mossi, localmente agitato al largo il Tirreno. Meglio la situazione del Sud dove ci sarà prevalenza di bel tempo ovunque, salvo nubi medio-alte in transito e qualche piovasco sull'alta Campania già dalla mattina. Nuovi fenomeni sui settori campani settentrionali a partire dalla sera; cieli pressoché sgombri da nubi altrove. Temperature in aumento, massime tra 19 e 23°C. Venti moderati meridionali. Mari mossi, anche molto mossi al largo.

(02 aprile 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

 

 

 

 

 

2010-03-31

Salgono anche i prezzi della produzione industriale: +0,2% rispetto a gennaio

+0,4 in un anno. Si tratta del primo rialzo tendenziale da novembre 2008

Istat, a marzo sale l'inflazione

+1,4% annuo da +1,2 di febbraio

Su base mensile, i prezzi al consumo sono cresciuti dello 0,3%

Incrementi più elevati per Trasporti, Altri beni e servizi e Istruzione

Istat, a marzo sale l'inflazione +1,4% annuo da +1,2 di febbraio

ROMA - L'inflazione a marzo è salita al +1,4% annuo, da +1,2% di febbraio. Lo comunica l'Istat nella stima preliminare. Su base mensile i prezzi al consumo sono cresciuti dello 0,3%. Allo stesso tempo sale anche l'indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali, che a febbraio è aumentato dello 0,2% rispetto al mese precedente e dello 0,4% rispetto a febbraio 2009. Si tratta del primo rialzo tendenziale da novembre 2008. Nel confronto tra la media degli ultimi tre mesi (periodo dicembre-febbraio) e quella dei tre mesi precedenti l'indice è aumentato dello 0,6%.

L'Inlfazione. Nella stima preliminare l'Istat precisa che su base mensile i prezzi al consumo sono cresciuti dello 0,3% (+0,1% a febbraio). Sulla base dei dati finora pervenuti, gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli Trasporti (+5,1%), Altri beni e servizi (+2,9%) e Istruzione (+2,5%). Una variazione nulla si è registrata nel capitolo Servizi sanitari e spese per la salute. Variazioni tendenziali negative si sono verificate nei capitoli Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-0,9%) e Comunicazioni (-0,3%).

Gli aumenti congiunturali più significativi dell'indice per l'intera collettività si sono verificati per i capitoli Trasporti (+1,1 per cento), Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+0,4 per cento) e Servizi ricettivi e di ristorazione (+0,3 per cento). Variazioni nulle per i capitoli Bevande alcoliche e tabacchi e Istruzione. Variazioni negative si sono verificate nei capitoli Servizi sanitari e spese per la salute (+0,3 per cento) e Comunicazioni (+0,1 per cento).

 

Prezzi dei carburanti. Volano i prezzi dei carburanti a marzo. Per la "verde" i prezzi aumentano del 2,7% rispetto a febbraio e del 16,7% rispetto a marzo 2009 (dal 15,7% tendenziale di febbraio). In forte risalita anche i prezzi del gasolio per autotrazione che crescono del 4,1% su base mensile e del 16,4% su base annua (dal 7,5% di febbraio). Per il gpl, a marzo, i prezzi salgono del 3,8% su mese e dell'11,4% su anno (dal 6,7% di febbraio), mentre per il gasolio da riscaldamento l'aumento è del 2,7% rispetto a febbraio e del 14,7% su base annua (dal +7,8% di febbraio).

Prezzi della produzione industriale. Per l'Istat nel mese di febbraio, l'indice dei prezzi dell'insieme dei prodotti industriali (venduti sui mercati interno ed estero) ha registrato, rispetto a gennaio, variazioni positive per i beni strumentali (più 0,3 per cento), per i beni intermedi (più 0,1 per cento) e per l'energia (più 0,8 per cento); la variazione risulta nulla per beni di consumo.

L'indice relativo ai prezzi dei prodotti venduti sul mercato interno ha registrato un incremento su base mensile dello 0,1% e un incremento su base annua dello 0,4%. Nella media degli ultimi tre mesi l'indice è aumentato dello 0,7% rispetto alla media dei tre mesi precedenti. Per i beni venduti sul mercato estero, invece, l'indice ha segnato un aumento mensile dello 0,5% e dello 0,6% su base annua. Nella media degli ultimi tre mesi l'indice è cresciuto dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti.

Secondo i dati diffusi dall'Istituto di statistica, la componente che è cresciuta maggiormente è quella dell'energia: nel complesso i prezzi alla produzione hanno registrato un aumento del 5,9% in termini tendenziali e dello 0,8% in termini congiunturali; sul mercato interno l'aumento registrato è stato rispettivamente del 3,5% e dello 0,6%. In particolare, si è registrato, guardando al totale, un incremento dei prezzi alla produzione dei prodotti petroliferi del 24,5% rispetto a febbraio 2009 e dell'1% rispetto a gennaio, mentre per la fornitura di energia elettrica e gas si è avuto un calo dell'11,1% su base annua e un incremento dello 0,7% su base congiunturale. Per le industrie alimentari, le bevande e il tabacco si è invece registrato un calo tendenziale dell'1,5% e congiunturale dello 0,5%.

(31 marzo 2010

 

 

 

 

A febbraio la disoccupazione giovanile (15-24 anni) schizza a quota 28,2%

Il tasso generale è stabile all'8,5%. In un anno è aumentato di 1,2 punti

Giovani sempre più disoccupati

in Italia +7,6% rispetto alla Ue

Il numero degli inattivi sale a 14 milioni 933 mila unità

Il mese scorso sono stati persi 395 mila posti di lavoro

Giovani sempre più disoccupati in Italia +7,6% rispetto alla Ue

ROMA - Vola a febbraio il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), attestandosi a quota 28,2%. La disoccupazione tra i giovani cresce di 0,8 punti percentuali rispetto a gennaio e di 4 punti percentuali rispetto a febbraio 2009. Lo rende noto l'Istat nella stima provvisoria di febbraio relativa a occupati e disoccupati. I tecnici dell'Istituto sottolineano che il tasso italiano è superiore di 7,6 punti rispetto a quello relativo alla Ue-27 (20,6%). Resta stabile invece il tasso complessivo a 8,5%, con una variazione congiunturale nulla ma in crescita di 1,2 punti percentuali rispetto a febbraio 2009. Il mese scorso sono stati persi 395 mila posti di lavoro. A perdere il lavoro sono stati soprattutto gli uomini: 294 mila a fronte di 101mila donne.

Le prime stime dell'Istat sull'occupazione mostrano che a febbraio il numero di occupati è pari a 22 milioni 806 mila unità, in calo dello 0,1% rispetto a gennaio e inferiore dell'1,7% (-395 mila unità) rispetto a febbraio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 56,8% (inferiore, rispetto a gennaio, di 0,1 punti percentuali e, rispetto a febbraio dell'anno precedente, di 1,3 punti percentuali). Il numero delle persone in cerca di occupazione risulta pari a 2 milioni 127 mila unità, in crescita dello 0,2% (+4 mila unità) rispetto al mese precedente e del 16,2% (+297 mila unità) rispetto a febbraio 2009.

Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni è pari a 14 milioni 933 mila unità, con un aumento dello 0,1% (+13 mila unità) rispetto a gennaio 2010 e dell'1,7% (+251 mila unità) rispetto a febbraio 2009. Il tasso di inattività è pari al 37,8% (invariato rispetto al mese precedente e in aumento di 0,5 punti rispetto a febbraio 2009).

 

Per quanto riguarda la zona euro, il tasso di disoccupazione a febbraio continua ad aumentare, arrivando alla soglia simbolica del 10%, un decimale in più rispetto al mese precedente. I dati, riferiti da Eurostat, rappresentano il valore più elevato dalla creazione della moneta unica, nel 1999. L'ente statistico dell'Ue ha contato 61 mila disoccupati in più nell'area euro rispetto al mese precedente, a 15 milioni 749 mila totali. Nell'intera Unione Europea la disoccupazione ha raggiunto il 9,6% a febbraio, anche in questo caso un decimale in più rispetto al mese precedente. Nell'Unione a 27 si sono contrati 131 mila disoccupati in più, a 23 milioni 19 mila totali.

(31 marzo 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-03-25

Secondo l'istituto di statistica sono diminuite del 3,3% rispetto a Gennaio 2009

In sofferenza soprattutto la grande distribuzione, ipermercati e supermercati

L'Istat, crollano le vendite

di prodotti alimentari

L'Istat, crollano le vendite di prodotti alimentari

ROMA - Le vendite al dettaglio dei prodotti alimentari sono diminuite a gennaio dell'1% rispetto a dicembre e del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2009. Lo rileva l'Istat precisando che il dato congiunturale è il peggiore da aprile 2007 mentre quello tendenziale è il peggiore dal marzo 2009, quando segnò il -5,2%. Nel complesso le vendite al dettaglio a gennaio sono diminuite dello 0,5% rispetto a dicembre e del 2,6% rispetto a gennaio 2009. Lo rileva l'Istat precisando che il dato congiunturale è il peggiore da dicembre 2008 (allora segnò -0,7%).

Secondo l'istituto di statistica il calo delle vendite su dicembre (-0,5%) è la sintesi tra il -1% delle vendite alimentari (il dato peggiore da aprile 2007) e dello 0,3% dei prodotti non alimentari. Rispetto a gennaio 2009 le vendite alimentari sono diminuite del 3,3% (il calo più consistente da marzo 2009) mentre quelle dei prodotti non alimentari sono diminuite del 2,3%. Il calo tendenziale è stato forte soprattutto nelle imprese della grande distribuzione (-3,1%) mentre le imprese operanti su piccole superfici hanno segnato un -2,2% su gennaio.

Nell'alimentare le imprese della grande distribuzione hanno segnato un calo delle vendite del 3,5% mentre le imprese operanti su piccole superfici hanno registrato un calo delle vendite del 3,1%. Nel comparto non alimentare le aziende della grande distribuzione hanno segnato un calo delle vendite del 2,9% a fronte del calo del 2% dei piccoli negozi. Nell'alimentare gli ipermercati e i supermercati hanno perso il 3% del fatturato al livello tendenziale mentre i discount alimentare hanno segnato un -2,9%. Sul calo complessivo del 2,6% delle vendite a gennaio spicca quello dei prodotti farmaceutici (-4,2%) e delle dotazioni per l'informatica (-4,3%). Reggono meglio la crisi l'abbigliamento e le calzature (-1,2% per entrambi i comparti) la foto ottica (-0,6%) e il settore dei giocattoli, sport e campeggio (-0,9%).

(25 marzo 2010)

 

 

 

 

2010-03-24

Quarto trimestre consecutivo di dati al ribasso. Su base annua 7,8%, primo calo annuale dal 1995

Si riduce la componente italiana (-527mila unità), controbilanciata dalla crescita di quella straniera

Istat: disoccupazione all'8,2%

persi 380 mila posti di lavoro

Istat: disoccupazione all'8,2% persi 380 mila posti di lavoro

ROMA - Continua, per il quarto trimestre consecutivo, il calo dell'occupazione, mentre si allarga la disoccupazione. Gli occupati nella media 2009 sono diminuiti di 380mila unità rispetto alla media 2008. Lo comunica l'Istat, sottolineando che si tratta del primo calo annuale dal 1995. Il tasso di disoccupazione medio è salito al 7,8% dal 6,8% del 2008. Il risultato negativo dell'occupazione totale tiene conto della riduzione molto accentuata della componente italiana (-527mila unità), controbilanciata dalla crescita, pur se con ritmi inferiori al passato, di quella straniera (+147mila unità, di cui 61mila uomini e 86mila donne).

Nel quarto trimestre 2009 l'offerta di lavoro, in termini congiunturali e destagionalizzati, è scesa dello 0,2% (-36mila posti), mentre in termini tendenziali (dati non destagionalizzati) è scesa dell'1,8% (-428mila posti). Il tasso di disoccupazione nel IV trimestre è dell'8,2% in termini congiunturali (dato destagionalizzato, con un + 0,3% - per trovare analogo risultato bisogna risalire al primo trimestre 2004) e all'8,6% in termini tendenziali non destagionalizzati (+1,5%): si deve arrivare al quarto trimestre del 2001 per registrare un analogo risultato.

L'occupazione nel 2009 è scesa in media dello 0,5% (127mila unità in meno). Il tasso di disoccupazione medio annuo si attesta al 7,8% (+1% rispetto al 2008). I posti di lavoro persi nella media del 2009 rispetto al 2008 è di 380mila unità: è il primo calo dal 1995.

Nella media del 2009 - sottolinea l'Istat - alla flessione particolarmente robusta dell'occupazione maschile (-2% pari a 274mila unità in meno rispetto alla media 2008) si associa quella meno accentuata dell'occupazione femminile (-1,1% pari a 105mila unità). Il calo dell'occupazione si concentra al sud (-3% pari a 194 mila unità in meno) ma è alto anche nel nord (-1,3% pari a 161 mila unità in meno) mentre resta contenuto al centro (-0,5% pari a 25 mila unità in meno).

 

La perdita dell'occupazione è la sintesi di una riduzione molto accentuata della componente italiana (-530mila unità), a fronte di una crescita, con ritmi inferiori al passato, di quella straniera. Al protrarsi del calo dell'occupazione autonoma, dei dipendenti a termine, dei collaboratori si associa l'amplificarsi della riduzione dei dipendenti a tempo indeterminato, in particolare nelle piccole imprese.

Il tasso di occupazione è pari al 57,1%, con una diminuzione di 1,4 punti percentuali rispetto al quarto trimestre 2008 (58,5%), mentre il numero delle persone in cerca di occupazione è di 2.145mila unità (+369mila unità), con un aumento del 20,8 per cento rispetto al quarto trimestre 2008. L'incremento della disoccupazione continua a concentrarsi nel centro-nord e tra gli individui che hanno perso la precedente occupazione.

Alla crescita della disoccupazione si accompagna un incremento degli inattivi pari all'1,7 per cento (+253mila unità), in particolare di quelli che non cercano attivamente un lavoro perché pensano di non trovarlo e di coloro che rimangono in attesa dei risultati di passate azioni di ricerca di lavoro. Il tasso di disoccupazione è pari, nella media del quarto trimestre, all'8,6% (7,1% nel quarto trimestre 2008). Il tasso di disoccupazione destagionalizzato aumenta di tre decimi di punto rispetto al trimestre precedente.

(24 marzo 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-03-17

Il governatore di Bankitalia, al Parlamento europeo, smorza le attese di un immediato superamento della crisi

"Quasi tutte le banche sono sulla via di risolvere i problemi di finanziamento, ma i bilanci sono ancora esposti"

Draghi: "Ripresa disomogenea

Debole in Europa, fragile ovunque"

 

Draghi: "Ripresa disomogenea Debole in Europa, fragile ovunque"

Mario Draghi

BRUXELLES - "La ripresa è disomogenea, debole in Europa, ancora fragile ovunque": Il governatore di Bankitalia e presidente del Financial stability board, Mario Draghi, intervenendo al Parlamento europeo, smorza così alcuni facili entusiasmi sul superamento della crisi economica. "Quasi tutte le banche sono sulla via di risolvere i problemi di finanziamento, ma i loro bilanci sono ancora esposti a elementi di fragilità legate soprattutto allo stato della ripresa economica" spiega Draghi.

E così, vista la "fragile" ripresa, nonostante le "pressioni per diluire il rigore degli standard" della regolamentazione, resta necessario il "coordinamento fra le diverse giurisdizioni" per creare "un meccanismo di gestione dei processi" degli eventuali fallimenti delle banche "in modo precoce e ordinato".

E' il sistema creditizio quello su cui Draghi focalizza l'attenzione. Mettendo in guardia dal fatto che le nuove regole sui requisiti di capitale delle banche "non danneggino la ripresa". Nonostante questo, aggiunge, "non dobbiamo permettere che le attuali situazioni di difficoltà incidano sulla definizione dei nuovi standard". Draghi non nega l'esistenza di "resistenze" verso le nuove regole e parla del lavoro che sta svolgendo l'Fsb, soprattutto per quanto riguarda le cosidette banche 'troppo grandi per fallire': "Il costo del fallimento potenziale di queste banche ricadrebbe su tutti, perchè queste istituzioni sanno di essere troppo grandi per fallire e prendono più rischi, perchè sanno che i governi non le abbandoneranno. Ecco perchè i governi devono intervenire per risolvere il problema".

Infine Draghi fissa una scadenza precisa: "Il 2010 sarà l'anno cruciale per la messa in atto di quelle che finora sono state proposte a livello politico per la regolamentazione e la stabilità dei mercati finanziari e del settore bancario".

(17 marzo 2010)

 

 

 

Oggi la Commissione europea approva il programma di stabilità aggiornato

Il rientro dal deficit va bene, ma potrebbe richiedere interventi correttivi

Ue preoccupata sui conti pubblici

"L'Italia si prepari a nuove misure"

dal nostro inviato ANDREA BONANNI

Ue preoccupata sui conti pubblici "L'Italia si prepari a nuove misure"

BRUXELLES - L'Italia deve specificare quali sono "gli ulteriori sforzi di consolidamento" già previsti e che intende varare per mantenere l'obiettivo di un risanamento del bilancio entro il 2012. Inoltre deve tenersi pronta ad adottare "ulteriori misure" per raddrizzare i conti pubblici nell'eventualità che una crescita economica inferiore a quella prevista dal governo italiano metta a rischio il raggiungimento degli obiettivi del suo programma di stabilità.

E' questo, in sostanza, il senso della valutazione dell'aggiornamento del programma di stabilità italiano che la Commissione europea dovrebbe approvare oggi. Nel complesso, Bruxelles dà una "valutazione positiva" del documento triennale presentato dal governo per il periodo 2010-2012. Tuttavia, come già aveva osservato al momento di aprire la procedura per deficit eccessivo, il piano di rientro del deficit pubblico è esposto ad alcuni fattori di rischio che potrebbero mettere in pericolo il conseguimento degli obiettivi.

Tra la quasi totalità dei Paesi europei che si trovano in condizione di deficit eccessivo, l'Italia è uno di quelli chiamati a risanare il proprio bilancio prima degli altri.

Nel dicembre scorso, i ministri delle Finanze dell'Unione avevano dato al nostro Paese tempo fino al 2012 per riportare il fabbisogno al di sotto del tre per cento, come richiesto dal Patto di stabilità, mentre molti altri Stati membri hanno avuto un anno di tempo in più. Una fretta, quella della Commissione e del Consiglio Ecofin, che si giustifica con l'elevatissimo livello del debito pubblico nazionale. Il governo aveva detto di accettare e condividere questo obiettivo, che rientra peraltro nella logica dell'ultimo Dpef.

 

Ora Bruxelles sta rivedendo l'andamento dei bilanci di molti Paesi alla luce degli ultimi dati sull'andamento delle economia. E ha già rivolto osservazioni critiche sia alla Gran Bretagna sia alla Francia.

Per quanto riguarda l'Italia, la Commissione esprime di nuovo il timore che la crescita economica prevista dal governo italiano possa essere troppo ottimista (nelle previsioni dell'autunno scorso il governo calcolava un 2 per cento di crescita nel 2011 e la Commissione solo l'1,4). In questo caso, dice Bruxelles, sarebbero necessarie misure aggiuntive per far fronte alle minore entrate fiscali. La Commissione inoltre esprime il timore che le entrate si rivelino comunque inferiori al previsto, soprattutto per quanto riguarda lo scudo fiscale, e che le spese possano risultare superiori per effetto del federalismo fiscale. In tutti questi casi, la discrepanza tra le previsioni e la realtà andrà compensata con nuove misure.

Bruxelles infine chiede al governo di dettagliare quali siano i provvedimenti che intende adottare per i tagli già annunciati e pari allo 0,4 per cento del Pil nel 2011 e allo 0,8 nel 2012. Nel suo programma di stabilità, infatti, l'Italia ha calcolato queste due ulteriori riduzioni del deficit senza tuttavia spiegare come intende ottenerle. Il ministro Tremonti ieri non ha voluto fornire indicazioni su quali siano le sue intenzioni in proposito, rinviando al discorso che ha in programma per oggi alla Camera.

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-03-15

I dati Eurostat: rallenta l'emorragia nel quarto trimestre 2009 con 583 mila posti persi di cui 347 mila nella zona euro

Nell'intero 2009 cancellati in Eurolandia 2,7 milioni di posti. In Italia calo solo dello 0,1% tra settembre e dicembre

Crisi, in 2 anni nella Ue

persi 4 milioni di posti di lavoro

Crisi, in 2 anni nella Ue persi 4 milioni di posti di lavoro

BRUXELLES - E' salato il costo della crisi. Le economie dell'area euro nel 2009 hanno perso oltre 2,7 milioni posti di lavoro a causa della recessione e l'emorragia continua anche se l'ultimo trimestre dell'anno mostra un rallentamento. Secondo i dati diffusi da Eurostat, in un anno il numero degli occupati nell'area euro è sceso dell'1,8% dopo la crescita dello 0,9% dell'anno precedente. Allargando il riferimento a tutta l'Unione Europa, i posti di lavoro persi l'anno scorso hanno superato la cifra di 4 milioni di cui quasi 600 mila nell'ultimo trimestre.

Nel quarto trimestre del 2009 i posti persi nell'intera Ue sono stati 583 mila con una diminuzione dello 0,3%, di cui 347 mila nella zona euro (pari allo 0,2% annuale). Nel terzo trimestre l'occupazione era caduta dello 0,5% nelle due zone con una perdita di un milione di posti di lavoro.

In Italia la tendenza registra un miglioramento. Da ottobre a dicembre 2009 il calo dell'occupazione è stato dello 0,1% (lo stesso livello della Francia) contro un -0,6% del trimestre precedente. La Germania ferma il calo registrando lo 0,0% di variazione nel quarto trimestre del 2009 rispetto a quello precedente. Situazione critica in Grecia e Spagna con entrambe -0,8%.

Da ottobre a dicembre 2009, secondo Eurostat, la perdita di posti di lavoro è stata segnalata nella maggioranza dei settori economici con l'eccezione dell'agricoltura (+0,5% in Eurolandia, +0,1 Ue-27), e nei servizi legati all'amministrazione pubblica, sanità e istruzione che segnano entrambe una crescita dello 0,2%. In leggera ripresa anche i servizi finanziari nell'Ue-27 con +0,1%. Nelle costruzioni, invece, il calo nel quarto trimestre è stato dello 0,4% nella zona euro e dello 0,7% nell'Ue-27; nell'industria manifatturiera dell'1,1% e dell'1%; nel settore finanziario dello 0,1 in Eurolandia; nel commercio, trasporti e comunicazioni dello 0,5% in entrambe le due zone.

(15 marzo 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-03-11

Il presidente del Consiglio: "Grazie a Tremonti i conti pubblici sono sotto controllo"

"La rinuncia agli incentivi per le auto è il segnale che le cose stanno migliorando"

Berlusconi: "La crisi è alle spalle

è iniziata la risalita, ma è lenta"

"La Banca del Sud non sarà un carrozzone statale"

Bozza del dl: "Il fondo incentivi sarà da 300 milioni"

Berlusconi: "La crisi è alle spalle è iniziata la risalita, ma è lenta"

ROMA - "Dopo essere usciti da una forte crisi, stiamo iniziando la risalita, non è veloce, non ha forti numeri ma è certamente risalita". Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa al ministero del Tesoro, per la presentazione della Banca del Sud. Per il premier i conti pubblici sono "sotto controllo", anche grazie al ministro dell'Econimia Giulio Tremonti e ai suoi collaboratori "protagonisti" del rigore e del controllo della spesa pubblica "pur mantenendo la pace sociale anche grazie al ricorso agli ammortizzatori sociali".

Uno dei segnali della ripresa, continua Berlusconi, è la rinuncia della Fiat agli incentivi statali: "Proprio il fatto che i rappresentanti del settore dell'auto hanno deciso di rinunciare al sostegno pubblico, ci dice che le cose stanno migliorando: è passata la paura alla base della contrazione dei consumi". Perché la paura era la principale preoccupazione del governo: "Abbiamo cercato di diffondere fiducia e ottimismo non perché avevamo gli occhi chiusi di fronte alla crisi, ma perché il fattore principale era psicologico. Ora ci sono segnali di ottimismo, dobbiamo cavalcarli".

Banca del Sud. "Non è un carrozzone pubblico ma sono presenti anche privati" assicura il premier precisando che lo Stato "avrà una quota minoritaria che verrà dismessa entro cinque anni". E ricorrerà all'emissione di titoli emessi dalla Banca per finanziare progetti infrastrutturali. Il governo, insomma, "sarà vicino per quello che potrà fare" e in particolare "la sburocratizzazione delle amministrazioni locali con interventi normativi ma anche con la persuasione del presidente del consiglio e dei ministri dell'economia e dello sviluppo". Proprio la sburocratizzazione, ricorda Berlusconi, "è uno degli impegni presi da tutti i candidati del centrodestra alle regionali", ad esempio per arrivare alla possibilità di "aprire una impresa in 24 ore senza le numerose autorizzazioni preventive". meno burocrazia ma anche accesso al credito e legalità. Sono questi i pilastri per lo sviluppo del Sud.

Incentivi. Il premier ha confermato che ieri è stato trovato un accordo per il decreto sugli incentivi. E il fondo previsto dal decreto legge, secondo una prima bozza, è di 300 milioni. Il fondo per gli incentivi previsto

dal decreto legge è di 300 milioni. Di questi la quota maggiore (216 milioni) è destinata agli interventi per "motocicli anche elettrici o ibridi, elettrodomestici e cucine componibili, abitazioni ad alta efficienza energetica, inverter e motori per nautica da diporto".

(11 marzo 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

L'Eurotower chiede a tutti i paesi di definire le strategie di uscita dalle misure di stimolo

Nel 2010 una ripresa moderata e discontinua. Famiglie ancora in difficoltà

Bce: "Correzione dei conti entro il 2011

oltre il requisito minimo dello 0,5%"

Le banche "procedano alla ripatrimonializzazione, per sostenere cittadini e imprese"

Bce: "Correzione dei conti entro il 2011 oltre il requisito minimo dello 0,5%"

Il presidente della Bce Jean-Claude Trichet

ROMA - Per uscire dalla crisi i Paesi dell'area euro devono iniziare il processo di risanamento delle finanze pubbliche "al più tardi nel 2011 e spingersi ben oltre il requisito minimo di correzione annua fissato nel patto di stabilità e crescita allo 0,5% del Pil". Lo chiede la Banca Centrale Europea nel bollettino di marzo. Secondo la Bce servono "interventi risoluti, in particolare da parte delle economie con alti livelli di disavanzo e debito"; ciascun paese deve inoltre definire "le strategie di uscita dalle misure di stimolo e le strategie di riequilibrio dei conti pubblici per il prossimo futuro".

A favorire questo processo di risanamento una moderata ripresa già in atto per l'area euro, "destinata a procedere in modo discontinuo" per tutto il 2010. Il contesto, rilevano gli analisti della Bce, "è caratterizzato da perdurante incertezza" mentre "l'attuale livello dei tassi di interesse continua a essere adeguato". La Bce rileva che "incidono vari fattori straordinari fra i quali le condizioni meteorologiche avverse che hanno colpito determinate regioni dell'area del'euro nel primo trimestre 2010" che rendono volatili i dati trimestrali. Per il futuro il Consiglio direttivo si attende una moderata crescita del Pil a causa della frenata degli investimenti e consumi moderati, a causa delle "deboli prospettive del mercato del lavoro". La stabilità dei prezzi sarà "preservata a medio termine".

Una situazione un po' incerta che non favorisce certo i conti delle famiglie, anche perché la disoccupazione minaccia ancora di crescere: "Ci si aspetta che il reddito disponibile reale delle famiglie risenta della riduzione dei redditi da lavoro in termini reali conseguentemente al calo dell'occupazione, anche se il basso livello di inflazione e i trasferimenti delle amministrazioni pubbliche dovrebbero sostenere il reddito reale". Appaiono "poco probabili" ulteriori aumenti del tasso di risparmio; moderati anche i consumi.

 

Guardando al mercato del lavoro, "gli ultimi dati hanno mostrato una temporanea interruzione dell'aumento del tasso di disoccupazione", ma le indagini più recenti "suggeriscono tuttora che ulteriori aumenti della disoccupazione nell'area euro sono probabili nei prossimi mesi, seppur a un ritmo minore rispetto a quello osservato e atteso all'inizio del 2009".

Ecco perché la Bce chiede alle banche di fare un ulteriore sforzo per fornire credito a famiglie e imprese; per farlo, ricorda, dovranno ripatrimonializzarsi. "Negli ultimi mesi - scrive l'Eurotower - le banche hanno proceduto nel ridimensionamento dei propri bilanci complessivi, ma dovranno dimostrarsi capaci di gestire questo adeguamento assicurando al tempo stesso la disponibilità di credito al settore non finanziario", appunto, le famiglie e le imprese.

Secondo la Banca centrale europea, le banche "per raccogliere la sfida dovrebbero sfruttare il miglioramento delle condizioni di finanziamento e rafforzare ulteriormente le proprie basi patrimoniali, beneficiando appieno, laddove necessario, delle misure di sostegno pubblico a favore della ricapitalizzazione".

Il rischio è che invece la riduzione degli investimenti "a monte" causata dalla crisi economica possa portare "in un'ottica di medio periodo" a una riduzione del processo di espansione della capacità e quindi "nuove strozzature dell'offerta" al momento della ripresa economica con "future spinte al rialzo sui prezzi petroliferi". Proprio per questo la Bce chiede con forza di sostenere famiglie e imprese.

(11 marzo 2010

 

 

 

 

 

L'Eurotower chiede a tutti i paesi di definire le strategie di uscita dalle misure di stimolo

Nel 2010 una ripresa moderata e discontinua. Famiglie ancora in difficoltà

Bce: "Correzione dei conti entro il 2011

oltre il requisito minimo dello 0,5%"

Le banche "procedano alla ripatrimonializzazione, per sostenere cittadini e imprese"

Bce: "Correzione dei conti entro il 2011 oltre il requisito minimo dello 0,5%"

Il presidente della Bce Jean-Claude Trichet

ROMA - Per uscire dalla crisi i Paesi dell'area euro devono iniziare il processo di risanamento delle finanze pubbliche "al più tardi nel 2011 e spingersi ben oltre il requisito minimo di correzione annua fissato nel patto di stabilità e crescita allo 0,5% del Pil". Lo chiede la Banca Centrale Europea nel bollettino di marzo. Secondo la Bce servono "interventi risoluti, in particolare da parte delle economie con alti livelli di disavanzo e debito"; ciascun paese deve inoltre definire "le strategie di uscita dalle misure di stimolo e le strategie di riequilibrio dei conti pubblici per il prossimo futuro".

A favorire questo processo di risanamento una moderata ripresa già in atto per l'area euro, "destinata a procedere in modo discontinuo" per tutto il 2010. Il contesto, rilevano gli analisti della Bce, "è caratterizzato da perdurante incertezza" mentre "l'attuale livello dei tassi di interesse continua a essere adeguato". La Bce rileva che "incidono vari fattori straordinari fra i quali le condizioni meteorologiche avverse che hanno colpito determinate regioni dell'area del'euro nel primo trimestre 2010" che rendono volatili i dati trimestrali. Per il futuro il Consiglio direttivo si attende una moderata crescita del Pil a causa della frenata degli investimenti e consumi moderati, a causa delle "deboli prospettive del mercato del lavoro". La stabilità dei prezzi sarà "preservata a medio termine".

Una situazione un po' incerta che non favorisce certo i conti delle famiglie, anche perché la disoccupazione minaccia ancora di crescere: "Ci si aspetta che il reddito disponibile reale delle famiglie risenta della riduzione dei redditi da lavoro in termini reali conseguentemente al calo dell'occupazione, anche se il basso livello di inflazione e i trasferimenti delle amministrazioni pubbliche dovrebbero sostenere il reddito reale". Appaiono "poco probabili" ulteriori aumenti del tasso di risparmio; moderati anche i consumi.

 

Guardando al mercato del lavoro, "gli ultimi dati hanno mostrato una temporanea interruzione dell'aumento del tasso di disoccupazione", ma le indagini più recenti "suggeriscono tuttora che ulteriori aumenti della disoccupazione nell'area euro sono probabili nei prossimi mesi, seppur a un ritmo minore rispetto a quello osservato e atteso all'inizio del 2009".

Ecco perché la Bce chiede alle banche di fare un ulteriore sforzo per fornire credito a famiglie e imprese; per farlo, ricorda, dovranno ripatrimonializzarsi. "Negli ultimi mesi - scrive l'Eurotower - le banche hanno proceduto nel ridimensionamento dei propri bilanci complessivi, ma dovranno dimostrarsi capaci di gestire questo adeguamento assicurando al tempo stesso la disponibilità di credito al settore non finanziario", appunto, le famiglie e le imprese.

Secondo la Banca centrale europea, le banche "per raccogliere la sfida dovrebbero sfruttare il miglioramento delle condizioni di finanziamento e rafforzare ulteriormente le proprie basi patrimoniali, beneficiando appieno, laddove necessario, delle misure di sostegno pubblico a favore della ricapitalizzazione".

Il rischio è che invece la riduzione degli investimenti "a monte" causata dalla crisi economica possa portare "in un'ottica di medio periodo" a una riduzione del processo di espansione della capacità e quindi "nuove strozzature dell'offerta" al momento della ripresa economica con "future spinte al rialzo sui prezzi petroliferi". Proprio per questo la Bce chiede con forza di sostenere famiglie e imprese.

(11 marzo 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-03-01

Prodotto interno lordo in calo. A gennaio persi 370mila posti di lavoro -1,3% rispetto allo stesso mese del 2009

Il numero delle persone in cerca di occupazione è in crescita del 18,5% rispetto a un anno fa

Istat: disoccupazione all'8,6%

Dato peggiore dal 2004. Pil a -5%

Istat: disoccupazione all'8,6% Dato peggiore dal 2004. Pil a -5%

ROMA - Il tasso di disoccupazione continua a salire e a gennaio si posiziona all'8,6 per cento, dall'8,5 per cento di dicembre 2009. Lo comunica l'Istat, sottolineando che è il dato peggiore da gennaio 2004, inizio delle rilevazioni. Nel 2009 il rapporto tra il deficit e il Pil dell'Italia è stata pari al 5,3 per cento, superiore a quello registrato nell'anno precedente (pari al 2,7 per cento). L'Istat rende noto che il debito pubblico è volato a quota 115,8 per cento al termine del 2009, sulla base dell'ultime stime elaborate dalla Banca d'Italia che indicavano un debito a 1.761,191 miliardi di euro. La pressione fiscale è aumentata di un decimo di punto nel 2008 attestandosi al 42,9 per cento.

Nel 2009 deficit/Pil al 5,3 per cento. Nel 2009 il prodotto interno lordo italiano è diminuito del 5 per cento secondo i dati comunicati dall'Istat in via provvisoria. Nella precedente rilevazione, effettuata con diversi metodi statistici, la prima stima del Pil segnava una contrazione del 4,9 per cento. E' il dato peggiore praticamente da sempre, ovvero almeno dal 1971, quando è cominciata la rilevazione statistica. In valore assoluto, l'indebitamento netto è aumentato di circa 38.200 milioni di euro, attestandosi al livello di 80.800 milioni di euro. L'Istat ha rivisto le stime dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche per il triennio 2006/2008, variate a causa del normale processo di consolidamento delle informazioni di base. Complessivamente il saldo del conto delle amministrazioni pubbliche, in seguito alle revisioni, risulta superiore di 91 milioni nel 2006, inferiore di 34 milioni nel 2007 e di 404 milioni nel 2008. Tali revisioni, precisa l'Istat, non hanno comportato variazioni nel rapporto indebitamento netto/pil negli anni 2006/2008.

 

Pressione fiscale a 43,2 per cento. In base ai dati contenuti nei "Conti economici nazionali" diffusi dall'Istat la pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) nel 2009 è risultata pari al 43,2 per cento, superiore di 3 decimi di punto rispetto al valore del 2008 (42,9 per cento).

Entrate 2009 -1,9 per cento. Nel 2009 le entrate totali, pari al 47,2 per cento del Pil, sono diminuite dell'1,9 per cento rispetto all'anno precedente. Nel 2008 erano cresciute dell'1,1 per cento. Lo comunica l'Istat, sottolineando che le uscite totali sono risultate pari al 52,5 per cento del Pil (49,4 per cento nel 2008), con una variazione del +3,1 per cento rispetto all'anno precedente.

Oltre due milioni di persone in cerca di lavoro. Sulla base dei dati provvisori l'Istat rileva che l'occupazione a gennaio è rimasta sostanzialmente invariata rispetto a dicembre, mentre ha perso l'1,3 per cento rispetto a gennaio 2009, pari a 307mila unità in meno. Sempre nel mese di gennaio il numero delle persone in cerca di occupazione risulta pari a 2.144.000, in crescita dello 0,2 per cento (+5mila) rispetto al mese precedente e del 18,5 per cento (+334mila) rispetto a gennaio 2009. L'Istat sottolinea che si tratta dell'ottavo incremento su base mensile consecutivo.

Disoccupazione giovanile, maschile, femminile. Il tasso di disoccupazione giovanile, fa inoltre sapere l'Istat, è pari al 26,8 per cento, con una crescita di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,6 punti percentuali rispetto a gennaio 2009. La disoccupazione maschile raggiunge a gennaio un livello pari a 1 milione 147 mila unità, in aumento del 2,1 per cento (+23mila unità) rispetto al mese precedente e del 27,2 per cento (+245mila unità) rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il numero di donne disoccupate è invece pari a 997.000 unità con una riduzione dell'1,9 per cento rispetto a dicembre (-19mila unità), a fronte di un aumento del 9,8 per cento rispetto a gennaio 2009 (+89mila unità).

Tasso di inattività e numero di occupati. Quanto al numero di inattivi (di età compresa tra 15 e 64 anni), a gennaio, è pari a 14 milioni 871 mila unità, con un aumento dello 0,2 per cento (+28 mila unità) rispetto a dicembre 2009 e dell'1,2 per cento (+172 mila unità) rispetto a gennaio 2009. Il tasso di inattività è pari al 37,7 per cento (invariato rispetto al mese precedente e in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a gennaio 2009). Gli uomini inattivi, a gennaio, sono pari a 5 milioni 194 mila unità, stabili rispetto al mese precedente, ma in aumento su base annua dell'1,7 per cento (pari a +86 mila unità). Le donne inattive sono 9 milioni 677 mila, con un aumento congiunturale dello 0,3 per cento (+30 mila unità) e tendenziale dello 0,9 per cento (+86 mila unità). La quota delle donne inattive - spiega l'istat - è sempre superiore a quella degli uomini: sono circa cinque ogni dieci quelle inattive. Il numero di occupati a gennaio 2010 è pari a 22 milioni 904 mila unità (dati destagionalizzati), sostanzialmente invariato rispetto a dicembre e inferiore dell'1,3 per cento (-307 mila unità) rispetto a gennaio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 57,0 per cento (inferiore, rispetto a dicembre, di 0,1 punti percentuali e di un punto rispetto a gennaio 2009). L'occupazione maschile a gennaio 2010 è pari a 13 milioni 677 mila, più bassa dello 0,1 per cento rispetto al mese precedente (-18 mila unità) e dell'1,9 per cento (-260 mila unità) rispetto al corrispondente mese dell'anno precedente. L'occupazione femminile è pari a 9 milioni 228 mila unità, con un aumento rispetto a dicembre dello 0,1 per cento (+8 mila unità) e una riduzione dello 0,5 per cento (-47 mila unità) rispetto a gennaio 2009.

(01 marzo 2010)

 

 

 

2010-02-13

"L'Italia sta uscendo dalla crisi", ha detto Mario Draghi, "ma si cresce poco"

E alle banche: "I loro utili servano per il rafforzamento patrimoniale"

Ripresa, l'allarme di Bankitalia

"Tasso di crescita ai minimi europei"

Ripresa, l'allarme di Bankitalia "Tasso di crescita ai minimi europei"

Mario Draghi

ROMA - L'occupazione "tarda a riprendersi", l'Italia sta uscendo dalla crisi economica mondiale "ma con un tasso di crescita basso, ai minimi europei". Lo dice Mario Draghi, governatore di Bankitalia, parlando al Forex e sottolineando che, invece, "una crescita sostenuta è base di benessere ed è presupposto della stabilità finanziaria per un paese ad alto debito pubblico come l'italia".

Credito contratto solo per le imprese. La contrazione del credito - ha detto ancora Draghi - "riguarda le imprese, non le famiglie". Lo ha sottolineato il governatore della banca d'italia, mario draghi, del suo discorso al congresso atic-forex a napoli. "A dicembre i prestiti alle imprese erano del 3% inferiori a quelli del dicembre 2008. Da un lato, se ne era ridotta la domanda, per la forte flessione degli investimenti; dall'altro, incideva l'accresciuta cautela delle banche nell'offrire finanziamenti in una fase di profonda recessione".

"L'espansione dei crediti alle famiglie - ha aggiunto il governatore della Banca d'Italia - è invece continuata, a ritmi dell'ordine del 3% sui dodici mesi". Draghi ha anche posto l'accento sul fatto che "innuovi prestiti per l'acquisto di abitazioni vengono concessi prevalentemente a tasso variabile: occorre - ha sottolineato - che i contraenti siano avvertiti del rischio che corrono in caso di aumenti di tasso".

Modesta ripresa. Draghi ha comunque aggiunto che secondo le indagini più recenti presso le banche, "vi è una modesta ripresa della domanda di finanziamenti da parte delle imprese" e che quelle impegnate in processi di adeguamento tecnologico e di internazionalizzazione "meritano maggiore attenzione".

 

Le banche si rafforzino. Il governatore ha quindi proseguito dicendo: "Gli utili conseguiti dalle banche dovono essere prioritariamente impiegati nel rafforzamento patrimoniale", tornando così ad indicare agli istituti di credito la strada del risanamento, dopo aver sottolineato che "la redditività della nostre banche è nettamente peggiorata di pari passo con il deterioramento della qualità dei loro prestiti". Draghi ricorda poi che lo scorso anno gli utili dei principali gruppi bancari si sono dimezzati rispetto allo stesso periodo del 2008 a causa dei maggiori accantonamenti e rettifiche sui crediti. E' importante che le banche - ha quindi affermato Draghi - "non reagiscano al calo della profittabilità aumentando i rischi".

La qualità del credito. "In ragione d'anno - osserva - il rendimento del capitale e delle riserve si è ridotto in media dal 9% al 4,2%". E anche nel 3* trimestre del 2009 il flusso di nuove sofferenze superava il 3%: il valore più elevato degli ultimi 10 anni", sottolinea. Draghi fornisce anche le prime elaborazioni dell'ultima parte del 2009 e spiega che "il peggioramento della qualità del credito sarebbe proseguito, con probabili effetti sui risultati economici del 4° trimestre dell'anno. L'aumento di incagli e rate non pagate prefigura un ulteriore peggioramento nei mesi avvenire".

I tassi nell'area euro. "Il livello attuale dei tassi ufficiali nell'area dell'euro resta adeguato; non emergono rischi d'inflazione nel medio termine", ha detto ancora il governatore, che ribadisce il giudizio del Consiglio Bce: L'exit strategy dalle misure straordinarie anticrisi "non dovrà essere prematura nè tardiva, per non mettere a rischio la stabilità dei prezzi e non alimentare distorsioni nei mercati e bolle speculative che porrebbero i presupposti di nuove crisi. Prenderemo ai primi di marzo - ha aggiunto - ulteriori decisioni sulla progressiva rimozione delle operazioni straordinarie guardando alle prospettiva per la stabilità dei prezzi".

(13 febbraio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Nell'ultima parte del 2009 anche i Paesi più in affanno del G7

hanno dato segnali di risveglio. L'Italia continua a languire

La favola del paese che va

di MASSIMO GIANNINI

La recessione mondiale ci presenta il conto. E per l'Italia è un conto salatissimo. Il crollo del 4,9 per cento del Prodotto interno lordo generato dalla nazione nel 2009 non colpisce tanto per la sua dimensione epocale: uno schianto di questa portata non si registrava da ben trentanove anni. Stupisce anche per la sua progressione tendenziale: nel quarto trimestre dell'anno passato politici incoscienti e analisti confidenti scommettevano su una ripresa, magari anche modesta, e invece il Pil è caduto ancora (del 2,8 per cento sul quarto trimestre 2008, e dello 0,2 sui tre trimestri precedenti).

Alla faccia di Berlusconi e Tremonti, dunque, la nave non va proprio. E stavolta il premier non può raccontare all'opinione pubblica la solita favola rassicurante, che ripete come un esorcismo da due anni a questa parte: "l'Italia va meglio degli altri". Nell'ultima parte del 2009, quanto a tassi di crescita, anche i Paesi più in affanno nel G7 (dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna) hanno dato segnali di risveglio. Solo noi continuiamo a languire, e a deperire, nel "grande sonno" dell'accidiosa propaganda governativa. Ecco cosa significa accontentarsi del "meno peggio", come ha scritto tre giorni fa Tito Boeri su questo giornale. L'Italia paga il costo del suo immobilismo. La sedicente "politica del fare", soprattutto in economia, è precipitata ormai da troppo tempo in un renitente "governo del non fare".

È vero. Questa stralunata "Berlusconomics", attendista e rinunciataria, ha consentito all'Italia di sfilarsi momentaneamente dal girone infernale del Club Med. Oggi, quando si parla di "Pigs", i "maiali" che infettano Eurolandia con i loro conti pubblici in disordine, si evocano Portogallo, Grecia e Spagna. A giudizio dei mercati, la "I" di mezzo non è più l'Italia, che è uscita dall'acronimo infamante. È l'Irlanda, come conferma uno studio appena uscita su lavoce. info. Se si prendono in esame i tre criteri fondamentali per stabilire la tenuta di un Paese (solvibilità, liquidità e recessione con cambio sopravvalutato) il caso irlandese è persino più grave di quello greco. Il debito estero di Dublino è pari a nove volte il Pil, quello pubblico (sull'estero) è oltre il doppio delle entrate, le riserve della Banca centrale coprono solo un 460mo del debito a breve, il cambio reale si è apprezzato del 13 per cento dal 2005 e il Pil è crollato del 7,5 per cento.

 

Il caso italiano, all'opposto, è quello meno grave, almeno per quanto riguarda il deficit, il debito estero, le riserve, il cambio reale. Ma la stessa cosa non si può dire per la crescita, che invece ci vede fortemente penalizzati anche rispetto a quelli che gli economisti chiamano i "porci con le ali", cioè Spagna, Portogallo e Grecia. Qui sta il vero dramma italiano di questi anni. Sul fronte della finanza pubblica abbiamo evitato la bancarotta, con una pura logica di riduzione del danno. Le tasse non sono affatto calate (e infatti la pressione fiscale cresce in termini reali) ma almeno la caduta di gettito non è stata disastrosa. La spesa corrente non è stata ridotta (viceversa, continua a crescere nell'ordine dei 2 punti percentuali) ma almeno il suo aumento non è stato rovinoso. Questo ha permesso al ministro del Tesoro di restare a galla nella tempesta perfetta, evitando che un attacco speculativo sugli spread o un fallimento all'asta dei titoli di Stato si trasformassero in un iceberg fatale.

Ma sul fronte delle riforme di sistema e delle misure per lo sviluppo il Paese vive forse uno dei periodi più bui della sua storia. Non si vede uno straccio di politica economica. La riforma fiscale, annunciata in pompa magna dal Cavaliere, è già finita nel solaio di Tremonti e nel dimenticatoio dei contribuenti. La riforma del Welfare, auspicata solennemente da Sacconi, giace in un limbo inafferrabile. Non si vede, soprattutto, un barlume di politica industriale. La Fiat delocalizza in Brasile e in Messico e chiude Termini Imerese, e Scajola non trova di meglio da fare che giocare al gatto col topo sugli incentivi e smerciare ogni giorno improbabili piani di riconversione. Le multinazionali pesanti come Alcoa e Glaxo se ne vanno, lasciando per strada operai e impiegati, le grandi industrie della ricerca come Motorola e Italtel chiudono, licenziando ingegneri e personale qualificato.

A dispetto delle risibili rassicurazioni politiche e manageriali di questi mesi, stiamo per cedere altri pezzi pregiati della nostra produzione nazionale: Alitalia prima o poi finirà in pancia ai francesi di Air France, Telecom presto o tardi finirà in braccio agli spagnoli di Telefonica. La "scelta strategica" di Berlusconi per sostenere la crescita, finora, è stata una sola: il gigantesco "cantiere in deroga" a tutto (leggi, regolamenti, controlli) costruito dalle mani sapienti di Bertolaso e dei suoi operosi collaboratori. Il glorioso "modello Protezione Civile Spa": un'altra bolla speculativa, tra le tante gonfiate ed esplose in questi anni di gelatina.

Per il resto, cosa rimarrà dell'Azienda Italia? Cosa produrremo tra dieci anni? Basteranno le piccole e medie imprese del Quarto Capitalismo a salvarci? In quali settori saremo più bravi, o almeno più competitivi? Nessuno lo sa. Soprattutto, nessuno lo dice, tra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli. L'Economist uscito ieri, in un'inchiesta a tutto campo sulle prospettive del 2010, vede all'orizzonte "nuovi pericoli per l'economia mondiale". Se il governo li affronta così, confuso, sfiancato e indeciso a tutto, l'Italia potrà anche uscire dal recinto dei "pig". Ma dovrà scordarsi per sempre di entrare in quello dei "big".

© Riproduzione riservata

(13 febbraio 2010)

 

 

 

 

2010-02-12

Diminuzione dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, gli analisti stimavano +0,1%. Per l'intero 2009 contrazione del 4,9%, dato peggiore dal 1971. La crescita acquisita per il 2010 è zero

Sceso a sorpresa il Pil

nel quarto trimestre

Bankitalia: l'anno scorso le entrate tributarie a quota 401,677 miliardi di euro, in calo del 2,5% rispetto al 2008

A dicembre debito pubblico a 1.761 miliardi di euro, rispetto ai 1.784 miliardi di novembre

Sceso a sorpresa il Pil nel quarto trimestre

ROMA - I dati dell'Istituto per l'anno passato, quello della recessione, fissano il Pil a -4,9%. Si tratta del dato peggiore dal 1971 (da quando è iniziata la serie storica). In particolare è stato il Pil del quarto trimestre, sceso dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti, a cogliere di sorpresa il mercato. Gli analisti contattati dall'agenzia Bloomberg avevano stimato una crescita dello 0,1%. Su base tendenziale il Pil del quarto trimestre è diminuito del 2,8%.

La diminuzione congiunturale del Pil è il risultato di una riduzione del valore aggiunto dell'industria, di una sostanziale stazionarietà del valore aggiunto dei servizi e di un aumento del valore aggiunto dell'agricoltura.

 

Confrontando con gli altri Paesi del G7, nel quarto trimestre il Pil è aumentato in termini congiunturali dell'1,4% negli Stati Uniti e dello 0,1% nel Regno Unito. In termini tendenziali, il Pil è aumentato dello 0,1% negli Stati Uniti ed è diminuito del 3,2% nel Regno Unito.

Incoraggianti invece i dati del Bollettino statistico della Banca d'Italia sul debito pubblico italiano, che nel dicembre 2009 si è attestato a 1.761,191 miliardi di euro, rispetto ai 1.784,168 miliardi segnati a novembre.

Ma non quelli sulle entrate: nel 2009 le entrate tributarie si sono attestate a quota 401,677 miliardi di euro, in calo del 2,5% rispetto ai 412,318 miliardi di euro del 2008. Tuttavia a dicembre le entrate tributarie sono tornate a crescere, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, dopo tre mesi di cali consecutivi, sempre in rapporto al mese corrispondente del 2008. Nell'ultimo mese dell'anno le entrate si sono attestate infatti a quota 71,363 miliardi di euro, in crescita dell'1,4% rispetto ai 70,362 miliardi di dicembre 2008.

(12 febbraio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

L'UNITA'

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.unita.it

2010-08-20

 

 

 

 

 

2010-08-16

Economia mondiale La Cina sorpassa il Giappone

Dopo tre decenni di spettacolare crescita la Cina ha sorpassato il Giappone nel secondo semestre del 2010, e si accinge a diventare la seconda economia del mondo dietro gli Stati Uniti. È quanto emerge dai dati diffusi oggi dal governo giapponese. Come sottolinea anche il New York Times, sebbene ormai fosse previsto, il sorpasso compiuto in questo secondo semestre certifica ufficialmente che il mondo deve ormai fare i conti con una nuova superpotenza economica.

Secondo i dati forniti da Tokyo, la crescita del paese del Sol levante ha subito un forte rallentamento, registrando appena un +0,1% nel trimestre compreso tra aprile e giugno: un risultato di gran lunga al di sotto delle aspettative. Dai calcoli ufficiali, il Pil nominale del Giappone per il primo semestre dell'anno ammonta a 2.578,1 miliardi di dollari, contro i 2.532,5 miliardi di dollari di quello cinese. Tuttavia, il governo di Tokyo ha riconosciuto che il Pil nominale della Cina ha superato quello del Giappone nel corso del secondo trimestre. Il Pil nominale cinese in questo periodo ammonta infatti a 1.336,9 miliardi di dollari, mentre quello giapponese ammonta a 1.288,3 miliardi di dollari.

Questo sorpasso assume "un importante significato", ha commentato Nicholas Lardy, economista al Peterson Institute for International Economics. "Si tratta di una conferma di quanto avvenuto per buona parte del decennio: la Cina sta eclissando il Giappone economicamente. Per chiunque (in Estremo Oriente) è la Cina il principale partner commerciale piuttosto che gli Stati Uniti o il Giappone".

16 agosto 2010

 

 

 

2010-08-14

Crisi, famiglie sempre più indebitate: in un anno un aumento di mille euro

È di 15.930 euro l'indebitamento medio delle famiglie italiane, in aumento a fine 2009 rispetto all'anno precedente di 863 euro. Il record dei debiti spetta alla provincia di Roma con con 22.394 euro. Dall'avvento dell'euro, secondo una analisi della Cgia di Mestre, il debito familiare è quasi raddoppiato, con un incremento del 91,7%. Secondo l`analisi elaborata dalla Cgia, l`indebitamento medio delle famiglie consumatrici - originato dall`accensione di mutui per l`acquisto della casa, dai prestiti per l`acquisto di beni mobili, dal credito al consumo, dai finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili - ha toccato, nel dicembre del 2009, i 15.930 euro. Rispetto al dicembre 2008, l`indebitamento medio nazionale è cresciuto in termini assoluti di 863 euro. A livello provinciale le i debiti maggiori sono a carico delle famiglie di Roma (22.394 euro), seguite da quelle di Lodi (22.218 euro) e da quelle di Milano (22.083 euro).

Al quarto posto troviamo Trento (21.644 euro), di seguito Prato (21.442), Como (20.695). Per il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, "le province più indebitate sono quelle che presentano anche i livelli di reddito più elevati. E` chiaro che tra queste famiglie in difficoltà vi sono molti nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli. Tuttavia, la forte esposizione di queste realtà, soprattutto a fronte di significativi investimenti avvenuti negli anni scorsi nel settore immobiliare, ci deve preoccupare relativamente. Altra cosa è quando analizziamo la variazione di crescita dell`indebitamento medio registrato tra il 2002 e il 2009. Al di sopra del dato medio nazionale - prosegue Bertolussi - troviamo molte realtà provinciali del Sud. Ciò sta a significare che questo aumento è probabilmente legato all`aggravarsi della crisi economica che ha colpito soprattutto le famiglie monoreddito con più figli che sono concentrate in particolar modo nel Mezzogiorno".

14 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-12

Inflazione balzata a 1,7% a luglio Costa 510 euro a famiglia l'anno

Sapete quanto costa alle tasche dei cittadini il tasso d'inflazione all'1,7%? Costa a famiglia 510 euro all'anno. Il calcolo lo hanno fatto le due associazioni Federconsumatori e Adusbef commentando il dato Istat sull'andamento dei prezzi a luglio che rileva l'impennata del + 1,7% nel mese scorso luglio, il livello più alto dalla fine del 2008.

Nel mese scorso l'istituto statistico ha calcolato che i prezzi sono cresciuti dell'1,7% su base annua, dall'1,3% di giugno: è l'aumento più rilevante dal dicembre 2008 (+2,2%). Nel confronto mensile, invece, c'è stato un +0,4%, mentre a giugno la variazione congiunturale è stata nulla. La fiammata inflazionistica, in particolare, è dovuta all'andamento dei prezzi energetici, che hanno inciso per i tre quarti sull'accelerazione di luglio.

Per i presidenti di Federconsumatori e Adusbef, Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti quell'1,7% ""la crescita del tasso d'inflazione appare in piena contraddizione con gli indicatori della situazione economica del Paese, tanto da destare forti dubbi circa la presenza di speculazioni, ancora più gravi ed inaccettabili visto il disagio sempre più evidente delle famiglie". Per cui invocano "un blocco dei prezzi e delle tariffe". Sulla stessa linea il Codacons, il presidente Carlo Rienzi che sottolinea come benzina e gasolio "continuino imperterriti a salire, nonostante la discesa del greggio". Ora, incalza l'associazione a tutela del consumatore, "il governo abbassi immediatamente le accise sui carburanti, in modo che le speculazioni non rovinino il Ferragosto degli italiani".

Chi deve viaggiare in autostrada avrà registrato un altro balzo: quello dei pedaggi come richiesto dalla manovra di Tremonti. Percezione corretta: il mese scorso - secondo i dati Istat - i pedaggi sono cresciuti del 6,5% rispetto a luglio del 2009, mentre a giugno l'incremento è stato solo del 2,7%. Nel confronto mensile, poi, la crescita è stata del 3,7%.

La manovra, in particolare, prevede nuovi pedaggi per le autostrade gestite dall'Anas (come il raccordo anulare di Roma), che sono scattati a luglio per poi essere bloccati all'inizio di agosto dopo una sentenza del Tar del Lazio.

12 agosto 2010

 

 

Dall'acqua ai rifiuti la stangata delle tariffe nell'anno della crisi

Tariffe alle stelle. Nel 2009, anno nel quale gli italiani hanno tirato la cinghia riducendo i consumi e nel quale i prezzi sono aumentati meno che negli ultimi cinquant'anni, i bilanci delle famiglie italiane comunque sono stati colpiti dall'aumento delle tariffe. "In controtendenza rispetto all'evoluzione dell'inflazione complessiva, i costi dei servizi pubblici hanno fornito al sistema impulsi inflazionistici di una certa rilevanza". Lo evidenzia il ministero dell'Economia nella Relazione sulla situazione economica del Paese. Tra gli aumenti più consistenti quelli per le tariffe dell'acqua potabile (+5,9%) e dei rifiuti (+4,5%). Più cari anche i biglietti dei treni e dei traghetti.

Se in generale "nel 2009 l'inflazione è scesa ad un valore tra i più bassi - evidenzia il ministero dell'Economia - degli ultimi cinquant'anni", le tariffe hanno viaggiato "in controtendenza". I prezzi delle voci sottoposte a regolamentazione (tariffe energetiche escluse) "hanno infatti registrato fin dall'inizio dell'anno - si legge nella Relazione di via XX Settembre - una ripresa della dinamica di crescita, con tassi saliti da poco meno del 2% al 3,5% circa di fine 2009". Il rincaro delle tariffe ha riguardato sia quelle "controllate a livello nazionale, sia quelle regolate localmente". Se l'aumento generale può risultare contenuto (+1,3%) perchè comprensivo del calo delle tariffe energetiche, spiccano gli aumenti di molte delle voci: dal +7,3% dei traghetti al +4,6% dei biglietti dei treni, dal +5,6% dei servizi postali fino al +4,4% per i biglietti di ingresso ai musei. "Tra le voci più importanti per i bilanci delle famiglie - si legge nel dossier del ministero dell'Economia - la dinamica inflazionistica si è confermata notevolmente sostenuta, oltre che in accelerazione, per gli esborsi relativi all'acqua potabile e ai costi della raccolta dei rifiuti urbani: nel caso della prima la crescita media annua è risultata appena inferiore al 6%, mentre per la seconda voce è stata del 4,5%". Nella media del 2009, la crescita dei prezzi per l'insieme delle tariffe non energetiche è stata del 2,5%, in aumento rispetto al 2,1% del 2008 e oltre un punto e mezzo più elevata - rileva il Tesoro - rispetto a quella dell'indice generale.

11 agosto 2010

 

 

 

La grande stangata/La scheda

Nel 2009 sono aumentate tutte le tariffe tranne quelle energetiche e i biglietti per i voli nazionali. Tutto più caro, dai pedaggi ai servizi postali. Aumenti anche per la scuola. Ecco una scheda con tutti gli aumenti percentuali, settore per settore. Fonte: ministero dell'Economia, Relazione generale sulla situazione economica del Paese.

-----------------------------------------

TARIFFE ALLE STELLE NELL'ANNO DELLA CRISI

-----------------------------------------

INDICE GENERALE PREZZI (NIC) +0,8%

PREZZI CONTROLLATI +1,3%

CONTROLLATI ESCLUSI ENERGETICI +2,9%

Elettriche -1,9%

Gas di erogazione -1,5%

Rifiuti urbani +4,5%

Acqua potabile +5,9%

Trasporti ferroviari +4,6%

Trasporti mare e acque interne +7,3%

Trasporti urbani +1,9%

Trasporti extra urbani +1,2%

Auto pubbliche +2,0%

Pedaggi autostradali +2,9%

Altri servizi (es. certificati) +2,5%

Canone Rai +1,4%

Servizi postali +5,6%

Telefoniche +2,7%

Istruzione secondaria +3,9%

Istruzione universitaria +2,9%

Ingresso ai musei +4,4%

Trasferimento proprietà -0,1%

TOTALE BENI LIBERALIZZATI -3,7%

LIBERALIZZATI ESCLUSI PETROLIO +0,6%

PETROLIFERI -14,3%

Assicurazioni R.C. +2,9%

Voli aerei nazionali -19,6%

Servizi finanziari +3,1%

11 agosto 2010

2010-08-03

Istat: crolla la produttività. Nel 2007-2009 è a meno 2,7%

Negli ultimi 30 anni la produttività del lavoro ha registrato una crescita media annua dell'1,2 per cento, mentre nell'ultimo decennio (nel periodo 2000-2009) ha presentato un andamento complessivamente negativo (-0,5% in media d'anno).

In particolare, dopo un andamento negativo negli anni 2000-2003 (-0,8 per cento in media d'anno), la produttività del lavoro ha ripreso a crescere negli anni 2003-2007 (0,7 per cento in media annua), ed ha poi subito nel periodo 2007-2009, pur in presenza di una sensibile caduta del monte ore lavorato, una "forte riduzione" (-2,7 per cento in media d'anno). È quanto rileva l'Istat.

Tra il 1980 e il 2009 alla crescita media annua dell'1,2 per cento della produttività del lavoro il capitale per ora lavorata ha contribuito, prosegue l'Istat, per 0,7 punti percentuali (pari al 52 per cento della crescita complessiva). Tale contributo può essere a sua volta scomposto nell'apporto alla crescita fornito dal capitale Information and communication technology (Ict), pari a 0,1 punti percentuali (12 per cento) e in quello del capitale Non-Ict, pari a 0,6 punti percentuali (50 per cento). L'apporto proveniente dalla Ptf è stato di 0,4 punti percentuali (pari al 38 per cento della crescita della produttività del lavoro).

Nella media degli anni 2000-2009, l'accumulazione di capitale per ora lavorata ha apportato un contributo positivo (pari a 0,4 punti percentuali) alla dinamica della produttività del lavoro, che è stata, invece, influenzata in maniera determinante dall'andamento sfavorevole della Ptf (produttività totale dei fattori) (pari a -0,9 punti percentuali).

Negli anni duemila è possibile identificare tre diverse fasi: tra il 2000 e il 2003 la produttività del lavoro mostra una flessione (-0,8 per cento in media annua) guidata dal contributo negativo della Ptf (-1,3 punti percentuali), non pienamente compensato dall'apporto positivo (0,5 punti percentuali) del capitale per ora lavorata. Tra il 2003 e il 2007, invece, si è registrata una lieve ripresa della crescita della produttività del lavoro (0,7 per cento in media annua), cui la Ptf ha fornito un contributo positivo (0,6 punti percentuali), compensando il più basso contributo del capitale per ora lavorata (0,1 per cento in media annua). Tra il 2007 e il 2009, infine, la produttività del lavoro ha ripreso a ridursi in modo sensibile (-2,7 per cento in media d'anno) a causa alla dinamica fortemente negativa della Ptf (-3,4 per cento in media d'anno), solo parzialmente compensata dal sostegno fornito dal capitale per ora lavorata (pari a +0,8 punti percentuali).

Per quanto riguarda l'analisi per settori, il calo della produttività del lavoro che ha caratterizzato il periodo 2000-2009 riflette tassi di crescita negativi in tutti i settori ad eccezione dell'Agricoltura, silvicoltura e pesca (+0,7 per cento in media annua). Particolarmente marcata è risultata la diminuzione nelle Costruzioni (-1,5 per cento in media annua), mentre il settore nel quale il calo è stato più contenuto è quello del Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni (-0,2 per cento in media annua). Negli altri settori la produttività del lavoro è diminuita con tassi compresi tra -0,5 e -1,0 per cento.

03 agosto 2010

 

 

 

 

2010-07-29

Debito pubblico, record a maggio

Il debito delle amministrazioni pubbliche a maggio aggiorna il nuovo record e sale a 1.827 miliardi. Il dato, provvisorio, è indicato dalla Banca d'Italia nel supplemento al bollettino statistico.

Il nuovo dato aggiorna il precedente top di aprile (1.812 miliardi). Nel maggio del 2009 il debito della p.A. (Dato definitivo) fu di 1.753,33 miliardi.

A trainare la crescita è in particolare il Centro-Sud, con un picco nelle Isole. Mentre nel Nord Ovest e nel Nord Est la crescita dall'inizio dell'anno è stata dell'1,6 e dell'1,8% portando i rispettivi debiti a 30,7 e 16,7 miliardi di euro, nel centro e nel Sud l'incremento è stato di un punto percentuale più alto: del 2,6% al Centro (che si attesta a 30,9 miliardi di euro) e del 2,7% al Sud (a 26,1 miliardi) mentre le isole hanno visto un balzo del 5,6% a 9,2 miliardi. Si si guarda ai diversi enti sono le regioni a segnare un incremento più moderato (+0,7% a 42,5 miliardi) mentre per i comuni la crescita del debito è stata del 2% (a 49,4 miliardi). Sale dell'1,2% il debito delle province (9,2 miliardi) mentre l'incremento maggiore viene messo a segno dagli "altri enti" locali: in cinque mesi hanno visto lievitare il debito a 12,6 miliardi, 1,3 miliardi in più (12%) rispetto a fine 2009.

13 luglio 2010

 

 

 

 

 

Istat, retribuzioni a +2,5%. Quasi 5 milioni in attesa di un rinnovo del contratto.

Le retribuzioni contrattuali orarie nel mese di giugno sono aumentate del 2,5% rispetto allo stesso mese del 2009 e dello 0,1% rispetto a maggio. Lo comunica l'Istat, ricordando che l'inflazione a giugno ha segnato un +1,3%.

L'aumento delle retribuzioni registrato nel periodo gennaio-giugno 2010, in confronto allo stesso intervallo dell'anno precedente, è del 2,3%. A giugno i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la sola parte economica interessano il 64,3% degli occupati dipendenti rilevati per il periodo di riferimento degli indici, con una quota corrispondente del 61,1% del monte retributivo osservato.

Risultano in attesa di rinnovo 39 accordi contrattuali, relativi a circa 4,7 milioni di dipendenti. L'Istat precisa che la quota di dipendenti che aspettano il rinnovo è pari al 35,7%, in moderata riduzione rispetto a quella di maggio 2010 (36,4%), a seguito dei rinnovi recepiti nel mese, ma più elevata rispetto a giugno 2009 (20,2%).

29 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-07-20

Inail, 750mila infortuni e 1050 morti sul lavoro Calo di quasi il 10% per gli infortuni sul lavoro. Il dato, relativo al 2009, è comunicato oggi dall'Inail: sono 790 mila gli infortuni l'anno scorso, con un calo del 9,7% rispetto al 2008. I casi mortali sono stati 1.050, per una flessione del 6,3% (70 decessi in meno). L'istituto rileva che si tratta della flessione più alta dal 1993.

Gli infortuni verificatisi durante lo svolgimento delle attività lavorative calano del 10,2% a fronte di un calo del 6,1% di quelli 'in itinere', avvenuti cioè durante il tragitto casa/lavoro e viceversa. Analoga, anche se meno sostenuta, la flessione dei casi mortali: quelli in occasione di lavoro sono passati dagli 829 del 2008 ai 767 del 2009 (-7,5%), quelli in itinere da 291 a 283 (-2,7%). "E' dal 1993, quando vi fu un calo dell'11,7% degli incidenti che non si registrava una flessione di questo livello", afferma Marco Sartori, presidente dell'Inail.

"Nel 2008 la riduzione si era attestata invece intorno al 4,1%. E' importante sottolineare come parte sensibile della riduzione abbia riguardato gli infortuni nell'attività lavorativa: 79.064 casi in meno". per quanto riguarda i casi mortali "è un ambito dove il margine di contenimento è minore, trattandosi di cifre già sensibilmente ridotte nel corso di questi ultimi anni: basti pensare che, nel 2001, i decessi erano stati 1.546". I dati, rileva l'Inail, risentono della crisi che, si stima, riduce del 3% l'esposizione al rischio. Una percentuale che fa ragionevolmente ritenere che la riduzione reale degli infortuni si possa stimare pari a -7% per gli infortuni in generale e a -3,4% per quelli mortali.

MALATTIE PROFESSIONALI

il 2009 è anno record per le malattie professionali. lo rileva l'inail, che comunica che le denunce sono state 34.646, il valore più alto degli ultimi 15 anni, per un aumento del 15,7% rispetto ai 30 mila casi del 2008 e di circa il 30% in 5 anni. l'agricoltura è il comparto più interessato con segnalazioni più che raddoppiate in un solo anno (da 1.834 del 2008 a 3.914 del 2009, +113,4%) e triplicate nell'ultimo quinquennio. impennata per le malattie dell'apparato muscolo-scheletrico (tendiniti, affezioni dei dischi intervertebrali, sindrome del tunnel carpale, ecc.) dovute a sovraccarico biomeccanico: con quasi 18 mila casi denunciati (per un aumento del 36% rispetto al 2008) e raddoppiate in cinque anni (erano poco meno di 9 mila nel 2005) sono emerse prepotentemente come le vere protagoniste. "questo boom è dovuto a fattori diversi - commenta marco sartori, presidente dell'inail - che stanno contribuendo all'emersione di quelle che gli esperti definiscono 'malattie nascoste'. Non a caso, anche l'Inail da tempo segnala come questo fenomeno soffra di una cronica forma di sottodenuncia". A tutto ciò si aggiunge l'entrata a regime delle nuove tabelle, in base al decreto ministeriale del 9 aprile 2008 che ha incluso nuove malattie. iIfine un effetto tecnico: le tabelle, elencate ora per specifica patologia piuttosto che per agente patogeno, hanno fatto aumentare le denunce "plurime" (più tipi di malattia denunciati contemporaneamente dalla stessa persona) che, nel 2009, hanno raggiunto la quota del 20% del totale delle denunce.

20 luglio 2010

 

La generazione dei senza lavoro, ecco l'effetto della crisi sui più giovani

La crisi nel 2009 a livello occupazionale ha fatto sentire i suoi effetti peggiori sui giovani: tra i 15 e 24 anni si è infatti registrato un taglio del 10,8%, e anche tra gli occupati più grandi (fino a 34 anni) si rileva un'intensa riduzione, mentre non è stata intaccata la fascia più matura dei 55-64 anni, il cui numero è risultato persino in aumento.

Lo afferma il rapporto del Cnel sul mercato del lavoro 2009-2010, nel sottolineare che in termini assoluti tra il 2008 e il 2009 si sono persi 485mila posti di lavoro per persone fino ai 34 anni, mentre per le classi più mature (dai 35 anni in su) si registra un incremento di 125mila occupati, concentrati essenzialmente sulle età prossime al pensionamento. "In questa ottica - sottolinea il rapporto Cnel - la crisi nei suoi effetti occupazionali appare aver avuto una chiara caratterizzazione generazionale. Ad aver pagato i maggiori costi sono infatti i più giovani". "Tale fenomeno - conclude il Cnel - peraltro non è un'esclusiva italiana, ma si sta osservando in altri Paesi".

20 luglio 2010

 

 

 

 

Suz, rapporto Svimez, una famiglia su 5 non può curarsi

Una famiglia meridionale su 5 non ha i soldi per andare dal medico e una su 5 non si pu• permettere di pagare il riscaldamento. Lo rivela il rapporto Svimez.

Nel 2008 nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per i vestiti e nel 16,7% dei casi si sono pagate in ritardo le bollette. Otto famiglie su 100 hanno rinunciato ad alimentari necessari, il 21% non ha avuto soldi per il riscaldamento (27,5% in Sicilia) e il 20% per andare dal medico (in Sicilia e Campania circa il 25%). Napolitano: profonda modifica alle politiche per il sud.

20 luglio 2010

 

 

 

2010-07-17

Cgil: 660mila da inizio anno in cassintegrazione

Sono oltre 660mila i lavoratori coinvolti nei processi di cassa integrazione da inizio anno con pesanti riflessi in busta paga, pari a una decurtazione del reddito per una cifra di oltre 2,4 miliardi di euro. Sono questi alcuni dei numeri che emergono dalle elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell'Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale nel rapporto di giugno. Un'analisi, inoltre, che alla luce degli oltre 660mila lavoratori stabilmente in Cig ricalcola il tasso di disoccupazione, contemplando anche gli inattivi, che passa così dal 9,1% (certificato dall'Istat per il primo trimestre) al 12,1%.

Il rapporto, afferma il segretario confederale della Cgil, responsabile Industria, Vincenzo Scudiere, "dimostra come la crisi produttiva sia grave e la manovra economica non faccia altro che ampliare i rischi di peggioramento delle condizioni di reddito e sociale delle famiglie". Secondo il dirigente sindacale, "il quadro che ne deriva denota l'urgenza di interventi da parte del governo anche a fronte degli effetti determinati dalla manovra economica che riducono gli spazi e le possibilità di finanziamento da parte delle Regioni".

Dall'analisi della Cgil, il ricorso alle ore di Cassa integrazione conferma la tendenza al ribasso per quella ordinaria e per quella straordinaria ma vede un poderoso aumento di quella in deroga (Cigd), ovvero lo strumento che estende gli ammortizzatori sociali ai lavoratori che finora non erano tutelati. Le ore di Cigd a giugno, infatti, aumentano su maggio del 7,30%, attestandosi così al valore più alto degli ultimi 18 mesi, mentre per quanto riguarda il primo semestre 2010 l'aumento tendenziale è del 637,51%, per un totale di 155.497.686 ore di Cigd.

Quanto al tiraggio, il rapporto precisa che le ore effettive registrate nei primi quattro mesi (215.635.882) - pari a 336.931 lavoratori a zero ore - hanno già raggiunto il valore delle ore utilizzate nei primi sei mesi dello scorso anno segnando così un peggioramento di circa il 30% sul consumo effettivo di Cig sul 2009.

 

 

17 luglio 2010

 

 

 

2010-07-15

Crisi, l'Istat: nel 2009 i poveri sono quasi 8 milioni

Nel 2009, nell'anno della crisi economica, il numero dei poveri e delle famiglie in condizioni di povertà è rimasto stabile. Lo rileva l'Istat nel rapporto annuale sulla povertà in Italia, sottolineando che le famiglie in condizioni di povertà relativa (che serve per misurare le diseguaglianze) sono pari a 2 milioni e 657mila, rappresentando il 10,8% delle famiglie residenti. Si tratta, precisa l'istituto di statistica, di 7 milioni e 810mila poveri, il 13,1% dell'intera popolazione.

Sono due le ragioni per le quali il numero dei poveri non è né aumentato né diminuito. Nel periodo considerato, l'80% del calo dell'occupazione ha colpito i giovani, mentre due ammortizzatori sociali fondamentali hanno mitigato gli effetti della crisi sulle famiglie: la famiglia, che ha protetto i giovani che avevano perso il lavoro, e la cassa integrazione che ha protetto i genitori dalla perdita dell'occupazione (essendo i genitori maggioritari trai cassintegrati).

La linea di povertà relativa è pari a 983,01 euro Roma, 15 lug. (Apcom) - Lo scorso anno, sottolinea l'Istat, la linea di povertà relativa è risultata pari a 983,01 euro, circa 17 euro inferiore a quella del 2008. L'anno scorso, spiega l'istituto di statistica, la spesa per consumi ha mostrato una flessione in termini reali, particolarmente evidente tra le famiglie con livelli di spesa medio-alti.

Il fenomeno della povertà relativa continua a essere maggiormente diffuso nel Mezzogiorno (22,7%), tra le famiglie più ampie (24,9%), in particolare con tre figli (24,9%), soprattutto se minorenni (26,1%). È fortemente associato a bassi livelli di istruzione (17,6% che al massimo ha conseguito la licenza elementare), a bassi profili professionali (14,9%, operai) e all'esclusione dal mercato del lavoro: l'incidenza di povertà tra le famiglie con due o più componenti in cerca di occupazione (37,8%) è di quattro volte superiore a quella delle famiglie dove nessun componente è alla ricerca di lavoro (9%).

Due famiglie su cinque costrette a "tagliare" la spesa alimentare, tre su dieci comprano soltanto "promozioni", sempre più frequenti nella nostra catena distributiva; sei su dieci cambiano menù; una su dieci rinuncia a pranzi e cene fuori dalle mura domestiche (ristoranti, trattorie, tavole calde, fast food, pizzerie). È quanto evidenzia la Cia-Confederazione italiana agricoltori che, in occasione della presentazione del Rapporto Istat sulla povertà, anticipa i risultati di un'indagine sui consumi che verrà presentata nelle prossime settimane. Sono dati che dimostrano - afferma la Cia - le gravi difficoltà economiche delle famiglie che si impoveriscono sempre di più. Sta di fatto che nel 2009 è diminuita del 3 per cento rispetto all'anno precedente la spesa media per generi alimentari e bevande (461 euro al mese). In particolare calano gli acquisti di pane e cereali, di carne, di oli e grassi, di frutta e ortaggi, di zucchero, di caffè. Una tendenza negativa che si riscontra anche dalle stime preliminari del primo semestre 2010. Solo nel mese di aprile si è avuta una flessione dei consumi pari al 2 per cento.

La spesa mensile per generi alimentari e bevande rappresenta, in media, il 18,9 per cento di quella totale (il 16,4 per cento tra le famiglie del Nord, il 24,4 per cento nel Mezzogiorno). La crisi economica ha, comunque, spinto il 10,4 per cento delle famiglie -avverte la Cia- ad acquistare generi alimentari presso gli hard-discount, percentuale in netta crescita tra le regioni del Centro (dal 9,8 al 10,5 per cento).

Il supermercato -come risulta anche dall'ultima indagine Istat sui consumi- si conferma, tuttavia, il luogo di acquisto prevalente (68,4 per cento), soprattutto nel Centro-Nord (superiore al 70 per cento). Nel Mezzogiorno, invece, il 76,9 per cento delle famiglie continua ad acquistare presso il negozio tradizionale, con percentuali decisamente superiori alla media per tutti i beni (pane, pasta, carne, pesce, frutta e ortaggi).

Nella fotografia della Cia sui consumi alimentari, si rileva che la famiglia italiana acquista con maggiore consapevolezza e attenzione al prezzo, con l'obiettivo di spendere al meglio le sempre più esigue risorse disponibili. Si cercano alternative più convenienti, si rincorrono le promozioni, si compra in punti vendita dove gli stessi prodotti si trovano a quotazioni più basse (appunto negli hard-discount). Si guarda con interesse a saldi, sconti, offerte. E così gli acquisti domestici continuano a scendere e il carrello della spesa diventa ancora più povero.

15 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-07-13

Debito pubblico, record a maggio

Il debito delle amministrazioni pubbliche a maggio aggiorna il nuovo record e sale a 1.827 miliardi. Il dato, provvisorio, è indicato dalla Banca d'Italia nel supplemento al bollettino statistico.

Il nuovo dato aggiorna il precedente top di aprile (1.812 miliardi). Nel maggio del 2009 il debito della p.A. (Dato definitivo) fu di 1.753,33 miliardi.

A trainare la crescita è in particolare il Centro-Sud, con un picco nelle Isole. Mentre nel Nord Ovest e nel Nord Est la crescita dall'inizio dell'anno è stata dell'1,6 e dell'1,8% portando i rispettivi debiti a 30,7 e 16,7 miliardi di euro, nel centro e nel Sud l'incremento è stato di un punto percentuale più alto: del 2,6% al Centro (che si attesta a 30,9 miliardi di euro) e del 2,7% al Sud (a 26,1 miliardi) mentre le isole hanno visto un balzo del 5,6% a 9,2 miliardi. Si si guarda ai diversi enti sono le regioni a segnare un incremento più moderato (+0,7% a 42,5 miliardi) mentre per i comuni la crescita del debito è stata del 2% (a 49,4 miliardi). Sale dell'1,2% il debito delle province (9,2 miliardi) mentre l'incremento maggiore viene messo a segno dagli "altri enti" locali: in cinque mesi hanno visto lievitare il debito a 12,6 miliardi, 1,3 miliardi in più (12%) rispetto a fine 2009.

13 luglio 2010

 

 

 

 

 

Istat, nel 2008 un sommerso tra 255 e 275 miliardi. Quasi tre milioni i lavoratori irregolari

Nel 2008 il valore aggiunto prodotto nell'area del sommerso economico è compreso tra un minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di euro. Il peso dell'economia sommersa è compreso tra il 16,3 per cento e il 17,5 per cento del Pil (nel 2000 era tra 18,2 e 19,1 per cento). È quanto si rileva dalle stime più aggiornate diffuse dall'Istat.

Tra il 2000 e il 2008 l'ammontare del valore aggiunto sommerso registra una tendenziale flessione, pur mostrando andamenti alterni: la quota del sommerso economico sul Pil raggiunge il picco più alto (19,7 per cento) nel 2001, per poi decrescere fino al 2007 (17,2 per cento) e mostrare segnali di ripresa nel 2008 (17,5 per cento). Il fenomeno dell'economia sommersa è molto complesso e la sua dimensione può essere stimata analizzando i diversi comportamenti fraudolenti assunti dagli operatori economici per evadere il sistema fiscale e contributivo.

La pratica dell'utilizzo di lavoro non regolare, ad esempio, è strettamente connessa al mancato versamento dei contributi sociali: nel 2008 erano circa 2 milioni e 958 mila le unità di lavoro non regolari (ula). Questa componente, che rappresenta l'11,9 per cento dell'input di lavoro complessivo nel 2008, raggiunge il 12,2 per cento nel 2009. Se le prestazioni lavorative sono non regolari, e quindi non direttamente osservabili, producono un reddito che non viene dichiarato dalle unità produttive che le impiegano. Nel 2008 l'incidenza del valore aggiunto prodotto dalle unità produttive che impiegano lavoro non regolare risulta pari al 6,5 per cento del Pil, in calo rispetto al 2000 quando ne rappresentava il 7,5 per cento.

Ma l'impiego di lavoro non regolare rappresenta soltanto una componente dell'economia sommersa. La parte più rilevante del fenomeno è costituita dalla sottodichiarazione del fatturato e dal rigonfiamento dei costi impiegati nel processo di produzione del reddito. Nel 2008 l'incidenza del valore aggiunto non dichiarato dovuto alle suddette componenti raggiunge il 9,8 per cento del Pil (era il 10,6 per cento nel 2000). A livello settoriale l'evasione fiscale e contributiva è più diffusa nei settori dell'Agricoltura e dei Servizi, ma è rilevante anche nell'Industria. Se si considera la sola economia di mercato, senza considerare, cioè, il valore aggiunto prodotto dai servizi non market forniti dalle Amministrazioni pubbliche, il sommerso nel 2008 rappresenta il 20,6 per cento del Pil, contro il 17,5 per cento calcolato per l'intera economia.

13 luglio 2010

 

 

 

2010-06-28

L'Italia di Berlusconi Tasse e debito pubblico più alti d'Europa

Il debito pubblico in Italia e' sempre il piu' alto in Europa: nel 2009, in rapporto al Pil, dopo il calo rilevato nel 2007, ha proseguito la crescita gia' registrata nel 2008, aumentando di quasi 10 punti percentuali rispetto all'anno precedente e attestandosi al 115,8%, valore molto prossimo a quelli rilevati alla fine degli anni '90. Nel confronto con i paesi dell'Ue, lo stock di debito pubblico

italiano in percentuale al Pil continua ad essere il piu' alto, a fronte del 73,6% rilevato in media Ue-27). E' quanto sostiene l'Istat che ha diffuso oggi informazioni dettagliate sui conti economici e i principali aggregati annuali del settore delle Amministrazioni pubbliche.

Questi i dati principali, segnalati dall'Istat: deficit/Pil 2009 quasi raddoppiato rispetto all'anno precedente (si e' passati dal 2,7% al 5,3%). In valore assoluto, l'indebitamento risulta pari a 80.800 milioni di euro, maggiore di 38.225 milioni di euro rispetto al 2008.

Non solo, nel 2009 il saldo primario (indebitamento al netto della spesa per interessi) del nostro paese e' risultato negativo (-0,6% del Pil), in calo del 3,1% rispetto al 2008. Grazie alla riduzione dei tassi d'interesse, e' diminuita anche l'incidenza degli interessi passivi sul Pil, pari al 4,7% (5,2% nel 2008). Anche il saldo delle partite correnti e' stato negativo: il disavanzo e' pari a 31.129 milioni di euro, con un peggioramento rispetto all'anno precedente di 43.216 milioni di euro. In rapporto al Pil il saldo e' sceso attestandosi al -2%, per effetto della dinamica della crescita delle uscite correnti (2,3%) e del calo delle entrate correnti (-3,6%). E' cresciuta invece la spesa pubblica complessiva del 3,1%, evidenziando una decelerazione rispetto al 2008 (+3,6%). La sua incidenza sul Pil e' aumentata, passando dal 49,4% nel 2008 al 52,5%. Nell'ambito delle spese correnti, continua l'Istat, i

redditi da lavoro dipendente (che incidono per circa un quinto sul totale delle uscite) sono saliti, in Italia, dell'1,0%, con un ritmo molto inferiore rispetto al 2008 (3,6%). Le spese per consumi intermedi hanno registrato un aumento del 7,5%, proseguendo la tendenza degli anni precedenti; le prestazioni sociali in natura, che includono prevalentemente le spese per assistenza sanitaria in convenzione, sono aumentate del 4,0%.

Di conseguenza, la spesa per consumi finali delle Amministrazioni pubbliche e' aumentata del 3,3%, in rallentamento rispetto alla crescita del 4,3% del 2008.

La pressione fiscale aumenta e l'Italia è quinta nell'Unione europea per il peso delle tasse. Lo rileva l'Istat, secondo cui nel 2009 la pressione fiscale complessiva rispetto al Pil è passata al 43,2%, dal 42,9% dell'anno prima. Nella classifica europea dell'incidenza sul Pil del prelievo tributario e contributivo, l'Italia si piazza quindi al quinto posto (insieme alla Francia), preceduta da Danimarca (49%), Svezia (47,8%), Belgio (45,3%) e Austria (43,8%). I valori più bassi sono invece in Lettonia (26,5%), Romania (28%), Slovacchia e Irlanda (29,1%). L'aumento della pressione fiscale in Italia, spiega l'istituto di statistica, "è l'effetto di una riduzione del Pil superiore a quella complessiva del gettito fiscale e parafiscale, la cui dinamica negativa (-2,3%) è stata attenuata da quella, in forte aumento, delle imposte di carattere straordinario (imposte in conto capitale), cresciute in valore assoluto di quasi 12 miliardi". Infatti, fra le imposte straordinarie sono classificati i prelievi operati in base allo scudo fiscale, per

un importo di circa 5 miliardi, e i versamenti una tantum dell'imposta sostitutiva dei tributi, che hanno interessato alcuni settori dell'economia, in particolare quello bancario. Tutte le altre componenti del prelievo fiscale, conclude l'Istat, sono risultate in calo: le imposte indirette del 4,2% (dopo essere diminuite già del 4,9% nel 2008), le imposte dirette del 7,1% e i contributi sociali effettivi dello 0,5%. La flessione delle imposte dirette è dovuta essenzialmente al calo del gettito Ires (-23,1%) rispetto al 2008, mentre quella delle imposte indirette ha risentito delle significative diminuzioni del gettito dell'Iva (-6,7%) e dell'Irap (-13%).

28 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

2010-06-16

Bankitalia: debito pubblico record

Debito pubblico a livelli record: ad aprile si è attestato a 1.812,790 miliardi di euro, il livello assoluto più alto mai raggiunto. Lo comunica la Banca d'Italia. Entrate in calo nei primi quattro mesi del 2010: le entrate tributarie da gennaio a aprile 2010 si sono attestate a 104,7 miliardi di euro in calo di 2 miliardi in valore assoluto e dell'1,8%. Ad aprile il debito pubblico ha quindi registrato il quarto aumento consecutivo. Rispetto ai 1.797,7 miliardi di marzo, il debito ad aprile è cresciuto dello 0,8%. Rispetto invece alla fine del 2009, il debito è salito del 2,9%. Il precedente record, in valore assoluto, era stato toccato ad ottobre 2009, quando il debito si era attestato a quota 1.802,264 miliardi.

E' da ricordare che il dato sul debito, diffuso oggi dalla Banca d'Italia, è quello sul valore assoluto, non valido ai fini del Patto di Stabilità europeo che considera invece il debito in rapporto al prodotto interno lordo. Il calo dell'1,8% delle entrate tributarie nei primi quattro mesi del 2010 è in rapporto all'analogo periodo del 2009. Nel solo mese di aprile le entrate tributarie - comunica la Banca d'Italia nel supplemento al Bollettino statistico dedicato alla Finanza pubblica - si sono attestate invece a 25,122 miliardi di euro in calo del 2,5% rispetto ad aprile dell'anno precedente.

14 giugno 2010

 

 

 

 

Pomigliano d'Arco, accordo separato Fiat spacca il sindacato La Fiom non firma

di Luigina Venturellitutti gli articoli dell'autore

CAccordo separato. La conclusione per Pomigliano d’Arco era già stata scritta, settimane fa, con la presentazione di una proposta aziendale da prendere o lasciare. Nessun margine di trattativa, nessun ripensamento, dunque nessuna sorpresa: ieri tutte le organizzazioni sindacali tranne la Fiom hanno firmato l’intesa per il rilancio dello stabilimento campano. Prima di passare alla fase operativa del piano, resta solo da adempiere la formalità del referendum tra i lavoratori, indetto per la prossima settimana, martedì 22 giugno.

Una consultazione dall’esito scontato, se il quesito posto ai dipendenti della fabbrica sarà lo stesso imposto dal Lingotto e subito adottato dal dibattito politico ed economico: vivere o morire, salvare il posto di lavoro a qualunque condizione o rinunciare ad un pezzo fondamentale del tessuto industriale ed occupazionale del Mezzogiorno. Ma la Fiat si è comunque riservata la possibilità di siglare l’accordo dopo la conclusione del referendum stesso.

Un "ricatto", l’hanno definito le tute blu della Cgil, che ieri hanno partecipato come "osservatori" al tavolo convocato dal management Fiat per tirare le fila dell’accordo che l’amministratore delegato Sergio Marchionne pretendeva in tempi strettissimi.

Dunque ci saranno investimenti per 700 milioni di euro e la produzione della nuova Panda sarà trasferita a Pomigliano dalla Polonia. Ma ci saranno anche deroghe consistenti all’attuale contratto nazionale di lavoro, ad alcune leggi dello Stato, e secondo l’interpretazione Cgil anche della Costituzione, a cominciare dalle sanzioni previste per i lavoratori e i sindacati che dovessero scioperare contro l’intesa.

L’unica variazione rispetto al testo originario è costituita dall’introduzione di una Commissione paritetica per esaminare i casi d’applicazione di particolare criticità. Un "comitato di raffreddamento" per la Fim e la Uilm. "Una foglia di fico su pessimi contenuti" per la Fiom, visto che la Commissione "si occuperà solo delle sanzioni ai sindacati, non ai lavoratori, e potrà decidere solo all’unanimità". Invece, in caso di disaccordo tra i componenti, spiega il responsabile auto Enzo Masini, "l’azienda procederà come vuole".

Così l’organizzazione dei metalmeccanici Cgil ha confermato il suo giudizio negativo, ed oggi incontrerà a Pomigliano i lavoratori e gli iscritti per decidere come comportarsi al referendum, "consultazione impropria ed illegittima perchè fatta sotto il ricatto della chiusura".

D’altro tenore i commenti a caldo del segretario Uilm, Rocco Palombella: "Fiat ci ha detto che sbloccherà gli investimenti quando la stragrande maggioranza dei lavoratori dirà sì all’intesa. I lavoratori devono capire che la posta in gioco è molto alta". E del leader Fim, Giuseppe Farina: "Abbiamo fatto l’unica cosa sensata che un sindacato poteva fare, assicurando lavoro e reddito per i lavoratori e le famiglie".

Tra le reazioni politiche più entusiaste alla notizia dell’accordo separato si distingue quella del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: "È la rivincita dei riformisti su tutti gli altri". Subito seguito dal collega Maurizio Sacconi: "C’è un sindacato che coraggiosamente si mette in gioco, si compromette e accetta la sfida della competitività, e c’è un sindacato paralizzato dal blocco ideologico. Purtroppo la Fiom non è più quella di una volta".

Tra i democratici, invece, i toni sono preoccupati: "Adesso bisogna fare in modo, e lo dico in particolare al governo, che questa vicenda eccezionale non prenda il carattere di esemplarità" sottolinea il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. "Si poteva arrivare, con la buona volontà di tutti, ad un accordo sull’assenteismo e sulla flessibilità senza sfiorare delicate questioni giuridiche".

16 giugno 2010

 

 

 

 

 

I punti discussi dell'accordo

1. Sciopero

Sanzioni disciplinari fino al licenziamento per il lavoratore che sciopera mettendo in discussione l’accordo con l’azienda.

2. Iniziativa sindacale

Sanzioni per sindacati e Rsu che proclamano iniziative di lotta contro l’accordo: sospensione dei contributi e dei permessi sindacali.

3. Malattia

In caso di picchi di assenteismo, l’azienda comunque non verserà i contributi per malattia, a prescindere dai controlli.

4. Permessi elettorali

Durante le elezioni, l’azienda non permetterà il recupero dei giorni trascorsi ai seggi dai rappresentanti di lista.

5. Pausa mensa

Per l’azienda si può lavorare anche otto ore di fila senza la mezz’ora di pausa per il pranzo, considerata come straordinario.

14 giugno 2010

 

 

 

2010-06-15

Bankitalia: debito pubblico record

Debito pubblico a livelli record: ad aprile si è attestato a 1.812,790 miliardi di euro, il livello assoluto più alto mai raggiunto. Lo comunica la Banca d'Italia. Entrate in calo nei primi quattro mesi del 2010: le entrate tributarie da gennaio a aprile 2010 si sono attestate a 104,7 miliardi di euro in calo di 2 miliardi in valore assoluto e dell'1,8%. Ad aprile il debito pubblico ha quindi registrato il quarto aumento consecutivo. Rispetto ai 1.797,7 miliardi di marzo, il debito ad aprile è cresciuto dello 0,8%. Rispetto invece alla fine del 2009, il debito è salito del 2,9%. Il precedente record, in valore assoluto, era stato toccato ad ottobre 2009, quando il debito si era attestato a quota 1.802,264 miliardi.

E' da ricordare che il dato sul debito, diffuso oggi dalla Banca d'Italia, è quello sul valore assoluto, non valido ai fini del Patto di Stabilità europeo che considera invece il debito in rapporto al prodotto interno lordo. Il calo dell'1,8% delle entrate tributarie nei primi quattro mesi del 2010 è in rapporto all'analogo periodo del 2009. Nel solo mese di aprile le entrate tributarie - comunica la Banca d'Italia nel supplemento al Bollettino statistico dedicato alla Finanza pubblica - si sono attestate invece a 25,122 miliardi di euro in calo del 2,5% rispetto ad aprile dell'anno precedente.

14 giugno 2010

 

 

 

 

 

Pomigliano d'Arco, accordo separato Fiat spacca il sindacato La Fiom non firma

Confermata la spaccatura sindacale su Pomigliano. Il nuovo accordo sullo stabilimento campano della Fiat non è stato infatti siglato dalla Fiom che ha ribadito la sua contrarietà all'intesa, già siglata dalle altre organizzazioni lo scorso venerdì. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento integrato, presentato dal Lingotto. Più voci e commenti nel Pd. Finché Bersani stabilisce la linea: bisognava raggiungere un accordo, ma ci sono molti problemi aperti.

La Fiat ha sottoposto ai sindacati dei metalmeccanici un nuovo documento in cui viene aggiunto un 16/o punto relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come era stato richiesto dalle organizzazioni che venerdi' scorso avevano gia' dato un primo ok.

I sindacati dei metalmeccanici firmatari dell'accordo sullo stabilimento Fiat di Pomigliano D'Arco hanno promosso un referendum tra i lavoratori che si terra' il prossimo martedi' 22 giugno.

''La Fismic ha firmato l'accordo perche' e' giusto farlo e non perche' qualcuno ci ha mai ricattato'': lo ha detto Luigi Mercogliano, della segreteria regionale della Fismic, commentando la sigla all'intesa con la Fiat per l'investimento di 700 milioni di euro che portera' la Panda nello stabilimento di Pomigliano d'Arco (Napoli). Mercogliano, inoltre, ha annunciato che martedi' 22 giugno, ''la parola passera' liberamente ai lavoratori dello stabilimento con un referendum indetto al Giambattista Vico''. ''La Fiat ha inserito nel documento la commissione di prevenzione - ha concluso Mercogliano - e l'accordo salva lo stabilimento e l'occupazione di oltre 5 mila addetti della fabbrica, piu' tutti i lavoratori dell'indotto''.

Poi arrivano i commenti delle forze politiche. E il dibattito nel Pd.

Bersani: sì all’accordo ma è deluso. Alla fine, usando un gergo calcisitico, prevale la necessità di "portare a casa il risultato", ovvero salvaguardare lo stabilimento di Pomigliano. Pier Luigi Bersani attende tutto il pomeriggio prima di parlare dell'intesa tra Fiat e sindacati, bocciata dalla Fiom. Alla fine non nasconde la delusione per un accordo chiuso secondo lui in malo modo, puntando ancora una volta sulla divisione dei sindacati e, per di più, senza risolvere "elementi di problematicità" a suo giudizio evidenti nell'intesa raggiunta. E il segretario non ha apprezzato nemmeno le voci del Pd divise tra il partito pro-Cisl e l'ala più sensibile alle ragioni della Cgil. E a chi gliene chiede conto risponde: "questa è la voce del Pd". Cioé la posizione del segretario è quella ufficiale.

Bersani però aggiunge: "Tutti abbiamo detto che l'obiettivo è la salvaguardia dell'investimento...". Avrebbe evitato anche il senso politico che il Governo ha voluto dare all'operazione, cioé l'isolamento della Fiom oltre che l'effetto do "precedente" che già il ministro Maurizio Sacconi ha voluto sottolineare ("Un accordo che farà scuola"). Per il Pd la mancata intesa sarebbe stata un male maggiore, ma Bersani non si schiera con chi sembra isolare la Cgil. "Io ripeto che si potevano dare risposte sia sul fronte della flessibilità che su quello dell'assenteismo, senza sfiorare delicate questioni giuridiche. E se si legge attentamente l'accordo è evidente che ci sono punti problematici. Per questo dico che il governo non deve trasformare una vicenda eccezionale in un esempio. Detto questo ora dobbiamo sorvegliare che gli investimenti avvengano".

D’altronde alle prese di posizione filo-Cisl di Letta espresse sul Corriere della Sera hanno fatto seguito quelle di Giuseppe Fioroni ("Bisogna evitare che si continui a promettere 'il sol dell'avvenire" e nel frattempo si lascia la gente al buio e al freddo") e di Sergio D'Antoni ("Non cadere in facili estremismi"); sull'altro fronte si è schierato nettamente Sergio Cofferati: "Si ledono i diritti della Costituzione e della Carta Ue". E anche Rosy Bindi: "Serve supplemento di responsabilità da parte di tutti".

Anche Cesare Damiano, ex Cgil ed ex ministro del Lavoro, spiega che per lui l'accordo andava firmato, ma trovando "lo spazio per approfondire alcuni aspetti", perché "personalmente sono perplesso sul fatto che si possa mettere in discussione un diritto costituzionalmente garantito come il diritto allo sciopero". E aggiunge: "capisco che questo accordo può fare "scuola", mi rendo conto che la risposta non è quella di Sacconi, che è ossessionato dalle deroghe e eccitato dagli accordi separati...".

 

Fausto Racidi dei Giovani Democratici. "La Fiat e il Ministro Maurizio Sacconi sulla vicenda dello stabilimento di Pomigliano d'Arco stanno dando un pessimo esempio di cosa sia il fare impresa in Italia". Lo dice in una nota il segretario nazionale dei Giovani democratici Fausto Raciti.

Fassina e Amendola (Pd): Stefano Fassina, responsabile Lavoro della segreteria del Pd, ed Enzo Amendola, segretario regionale Pd Campania, esprimono rammarico per il mancato raggiungimento di un accordo pienamente condiviso da tutte le sigle sindacali e confidano che ora prevalga il sì come esito del referendum tra i lavoratori annunciato per il 22 giugno. "Con maggior senso di responsabilità da parte di tutti si sarebbe potuta aggiungere una piena condivisione delle condizioni per realizzare il piano Fiat a Pomigliano. Si sarebbero potuti cogliere gli obiettivi condivisibili di riduzione dell`assenteismo e di garanzia degli impegni sottoscritti, senza rischiare sconfinamenti sul terreno dei diritti costituzionali", commentano Fassina e Amendola in una nota.

 

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. "Nello stabilimento Fiat di Pomigliano c'è un sindacato che coraggiosamente si mette in gioco, si compromette e accetta la sfida competitiva e un sindacato che invece è paralizzato da un blocco ideologico. La Fiom non è più quella di una volta una volta era un'aristocrazia operaia e una vera aristocrazia operaia non avrebbe mai commesso l'errore di allontanarsi dalla sua base".

Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti è secco e duro: "Pomigliano è la rivincita dei riformisti su tutti gli altri".

15 giugno 2010

 

 

 

I punti discussi dell'accordo

1. Sciopero

Sanzioni disciplinari fino al licenziamento per il lavoratore che sciopera mettendo in discussione l’accordo con l’azienda.

2. Iniziativa sindacale

Sanzioni per sindacati e Rsu che proclamano iniziative di lotta contro l’accordo: sospensione dei contributi e dei permessi sindacali.

3. Malattia

In caso di picchi di assenteismo, l’azienda comunque non verserà i contributi per malattia, a prescindere dai controlli.

4. Permessi elettorali

Durante le elezioni, l’azienda non permetterà il recupero dei giorni trascorsi ai seggi dai rappresentanti di lista.

5. Pausa mensa

Per l’azienda si può lavorare anche otto ore di fila senza la mezz’ora di pausa per il pranzo, considerata come straordinario.

14 giugno 2010

 

 

 

 

 

2010-06-04

Eurostat: nel primo trimestre 2010 l'Italia a +0,5%

Resta stabile il Pil di Eurolandia nel primo trimestre 2010: secondo Eurostat la crescita è stata dello 0,2%, come negli ultimi tre mesi dello scorso anno. Stesso risultato per la Ue-27.

L'Italia ha fatto registrare un balzo dello 0,5% dopo il -0,1% dell'ultimo trimestre 2009. Meglio di Francia (+0,1%), Germania (+0,2%) e Regno Unito (+0,3%). Torna il segno più anche davanti al Pil della Spagna (+0,1%). La Grecia resta in recessione (-0,8%).

A trainare la timida crescita della zona euro nei primi tre mesi dell'anno, secondo i dati di Eurostat, sono state soprattutto le esportazioni (+2,5%) e le importazioni (+4%). La spesa per i consumi delle famiglie è invece diminuita dello 0,1%. In calo anche quella per investimenti (-1,1%).

Su base annua, nel primo trimestre 2010 il Pil dell'Eurozona torna positivo dopo mesi e mesi di segno meno, aumentando dello 0,6% rispetto al -2,3% degli ultimi tre mesi del 2009. il secondo e terzo trimestre 2009 avevano fatto segnare un vero e proprio crollo del Pil (-4,3% e -5,1%).

04 giugno 2010

 

 

 

2010-06-01

Disoccupazione record: nel 2010 persi 307 mila posti di lavoro

Il tasso di disoccupazione ad aprile è salito all'8,9%: lo rende noto l'Istat precisando che si tratta del livello più alto dal quarto trimestre del 2001. Il tasso di disoccupazione è aumentato di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009. Il numero delle persone in cerca di occupazione sale a 2 milioni 220 mila unità, in crescita dell'1% (+21 mila unità) su base mensile e del 20,1 per cento (+372 mila unità) su base annua. Sulla base delle informazioni finora disponibili, segnala ancora l'Istat, il numero di occupati si attesta a 22 milioni 831 mila unità (dati destagionalizzati), in aumento dello 0,2% (+56 mila unità) rispetto a marzo e inferiore dell'1,3% (-307 mila unità) rispetto ad aprile 2009.

 

Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in aumento, rispetto a marzo, di 0,1 punti percentuali, ma ancora inferiore di 0,9 punti rispetto ad aprile dell'anno precedente. In crescita anche il tasso di disoccupazione giovanile che si è attestato al 29,5%, con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009. Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni, è pari a 14 milioni 810 mila unità, con una riduzione dello 0,5% (-76 mila unità) su base mensile e un leggero aumento dello 0,1% (+9 mila unità) su base annua. Il tasso di inattività scende al 37,5% (-0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e -0,1 punti percentuali rispetto ad aprile 2009). Ad aprile l'occupazione maschile risulta pari a 13 milioni 613 mila, invariata rispetto al mese precedente e in riduzione dell'1,9% (-263 mila unità) rispetto al corrispondente mese dell'anno precedente.

L'occupazione femminile sale invece a 9 milioni 218 mila unità, in aumento dello 0,7% (+61 mila unità) su base mensile ma in calo dello 0,5% (-44 mila unità) su base annua. Il tasso di occupazione maschile risulta pari al 67,6%, invariato nell'ultimo mese e in calo di 1,4 punti percentuali negli ultimi dodici mesi mentre quello femminile si attesta al 46,1%, con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a marzo ma in calo di 0,4 punti percentuali rispetto ad aprile 2009. La disoccupazione maschile tocca, ad aprile, 1 milione 190 mila unità, in aumento del 2,7% (+31 mila unità) rispetto al mese precedente e del 27,6% (+257 mila unità) rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il numero di donne disoccupate è pari a 1 milione 29 mila unità, con un calo dello 0,9% rispetto a marzo (-10 mila unità) e un aumento del 12,5% rispetto ad aprile 2009 (+115 mila unità).

01 giugno 2010

 

 

Giovani e senza lavoro: ecco gli "invisibili" della crisi

di Felicia Masoccotutti gli articoli dell'autore

La crisi non è uguale per tutti, i giovani hanno pagato e pagano un prezzo davvero alto. Il governatore della Banca d’Italia ha dedicato a loro un passaggio importante delle sue considerazioni. È allarme, un grido di dolore, perché, una generazione si è persa, non ha futuro nel mercato. Il fatto è che quando il mondo è piombato nella recessione i giovani vivevano già un forte disagio.

"La crisi lo ha acuito" è la conclusione. Ed ecco i dati: nella fascia di età tra i 20 e i 34 anni la disoccupazione ha raggiunto il 13% nella media del 2009. Il calo sul 2008 della quota di occupati fra i giovani è stata 7 volte quella fra i più anziani". Le cause sono facilmente immaginabili, vanno ricercate nel ricorso irrefrenabile ai contratti a termine, che alla prima occasione saltano e non vengono rinnovati, e nel fatto che le aziende hanno contratto le assunzioni del 20%, di un quinto rispetto a quanto facevano in precedenza. Di più. Se la ripresa di cui pure si vede una luce fioca, non accelererà un po’ "a crescere sarà la probabilità di una disoccupazione persistente". Una condizione che, ha spiegato Mario Draghi, "specie se vissuta nelle fasi iniziali della carriera lavorativa, tende ad associarsi a retribuzioni successive permanentemente più basse".

Per non parlare delle pensioni. Disoccupati oggi, poveri occupati domani. Praticamente un dramma. Su come uscirne Draghi suggerisce il "completamento della riforma del mercato del lavoro", le segmentazioni vanno superate, la partecipazione stimolata. Da tempo si dice che che per la prima volta nella storia del Paese, le nuove generazioni non staranno meglio di quelle che l’hanno precedute. I figli non staranno meglio dei padri. "Da tempo vanno ampliandosi le differenze di condizione" tra le une e le altre, a sfavore delle nuove. Basti pensare che i salari di ingresso, "in termini reali ristagnano da 15 anni". Intanto la popolazione invecchia. Si pensi solo al fatto che sono i giovani che pagano (o dovrebbero)le pensioni dei senior ma ora è pressoché impossibile. Un altro allarme: "I giovani non possono da soli far fronte agli oneri crescenti di una popolazione che invecchia. Né potranno farlo i lavoratori stranieri".

Ed eccola l’altra anomalia del "mercato italiano", riguarda coloro che giovani non lo sono più. Solo 36 italiani su 100 tra i 55 e i 64 anni sono occupati contro i 46 della media Ue, il 56% della Germania. In pratica non sono loro che "rubano" il lavoro ai giovani. Draghi torna a chiedere "l’aumento dell’età lavorativa", spiega che "nell’ultimo trentennio, a fronte di un aumento della speranza di vita dei sessantenni italiani di oltre 5 anni, si stima che l’età media di pensionamento nel settore privato sia salita di circa 2 anni, attorno a 61".

Le aziende che prepensionano in massa al primo accenno di crisi dovrebbero riflettere. Nella relazione, Bankitalia non mostra ottimismo: ci saranno ancora blocchi del turnover e mancato rinnovo dei contratti a termine. Anche qui, i giovani pagheranno di più. Ancora: in una famiglia su 7 nessuno lavora e nessuno studia: nessun adulto tra i 25 e i 60 anni ha un’occupazione e nessun giovane tra i 18 e i 24 anni va a scuola o all’università. La quota è salita nel 2009 al 15% dal 13,3% del 2007. Al Sud è salita addirittura dal 21 al 24%.

01 giugno 2010

 

 

 

 

"28 anni, una laurea e 16 diversi lavori"

Beatrice

Mi vergogno

Cara direttrice, mi perdoni... Faccio parte di un gruppo di giovani laureati con dottorati e master all’estero e vorrei porle due domande: 1) nella manovra non è stata inclusa la voce "incarichi di consulenza"... In alcune Soprintendenze fiorentine l’abuso di potere è all’ordine del giorno dal momento che si assegnano incarichi a fidanzate, figlie... Senza nessun criterio, né tantomeno in base a quei meriti di cui i baroni parlano... 2) il controllo delle spese e risparmio per acquisto di beni e servizi... Di recente in un ufficio importante di Firenze hanno sostituito di sana pianta i mobili... Un altro caso nel dettaglio: spendere 15 mila euro per il rifacimento di un bagno (pareti divisorie) nel clima del risparmio, vi sembra accettabile? Forse per sindrome di burnout? Sessanta ragazzi protestano per quegli incarichi e nessuno prende provvedimenti.

Antonio da monaco

Io sono scappato

L’Europa è grande, cosa fate ancora in Italia? Io sono scappato 11 anni fa. Quando saranno rimasti solo i "furbetti" (manca poco), ci si accorgerà che tanto furbetti poi non erano. Chi è precario qualificato (laurea etc.) sia mobile. Chi è precario non-qualificato, sappia che prima incrementa la sua qualificazione e meglio è. È vero che i governi creano e/o rovinano le condizioni, ma la storia "del lavoro a vita" è finita già da circa 20 anni. Ognuno deve diventare piccolo imprenditore di se stesso, e rimboccarsi le maniche per continuare ad essere impiegabile... altrimenti diventa un "bangaloriano" a casa sua. Anche il lavoro "fisso" non è più fisso. Questa è l’economia globale in cui vogliamo comprare cellulari, abiti e auto ad un certo prezzo e non a 5 volte tanto. Vi piaccia o no ormai è cosi. Barzellettina per chiudere: in Africa ogni mattina un leone si sveglia e comincia a correre per procurarsi la preda per sopravvivere. Sempre in Africa, una gazzella si sveglia e comincia a correre per non diventare preda del leone. Quando ti svegli la mattina, non importa se sei gazzella o leone, comincia a correre!

Luigi

Io sono rimasto

A volte mi trovo a pensare, tra un lavoro precario e un altro, che forse ho fatto la scelta sbagliata a restare in questo paese, e un po’ mi vergogno di non avere la forza di farlo. Questo significa perdere la speranza? Non lo so. Quello che sento è una gran solitudine. Sento che la nostra generazione sta cercando risposte individuali a problemi collettivi, e so che a problemi collettivi è molto più fruttuoso dare risposte collettive. Come è successo? Come siamo arrivati a questo punto?

Paola

Gerontocrazia

Ho 41 anni, sono precaria nel pubblico impiego dove lavoro con alterne vicende dal 1999. Non mi definirei più giovane, sicuramente, ma scoraggiata sì! Anche perché tolti discorsi più o meno strappalacrime sul tema, di fatti concreti finora non ne ho visti e questo governo non sembra, ad oggi, avere la minima intenzione di cambiare le cose. Continuo a vedere il mondo del pubblico impiego e della ricerca ancora chiuso su stesso, governato da una gerontocrazia maschile molto lungi dal passare la mano.

Nicoletta

Sedici lavori diversi

Cara Unità, sono Nicoletta, vivo e frequento l’università a Milano, ho 28 anni, una laurea magistrale e sto per concludere un dottorato di ricerca durato tre anni. Sono stati anni di studio e lavori sempre diversi (ne ho contati sedici: sono passata dalla barista alla cameriera, dal call center a molto altro). Ora che per me sarebbe il momento di raccogliere i frutti di tanti sacrifici mi vedo solo sbattere porte in faccia. L’amarezza che provo nel guardarmi indietro, non sta nel tanto tempo e nei sacrifici che ho dovuto affrontare per arrivare a questo punto, ma nel dover prendere atto che forse sono stata io a sbagliare tutto. Forse avrei dovuto semplicemente continuare il lavoro di mio padre, nel suo negozio, senza avere il desiderio di farmi una cultura e di arrivare con le mie sole forze a un risultato.

Elio

Caro precario

Caro giovane precario o disoccupato, permettimi di esprimerti la più sincera solidarietà. Ovunque tu abbia la tua residenza in Italia la sostanza non cambia, tutti i tuoi meriti, i tuoi sacrifici, le tue ansie la tua voglia di essere indipendente, contribuire alla crescita della tua nazione con il tuo giusto lavoro in base ai tuoi meriti scolastici dopo una giovane vita impegnata nello studio per il conseguimento di quel benedetto titolo di studio che ti avevano fatto credere aprisse tutte le porte e affrancarti così della schiavitù di essere a vita dipendente dei tuoi genitori, nonostante essi abbiano sempre cercato di non farti pesare tale cosa e facendo a loro volta sacrifici non previsti in quella fascia di età che sarebbe dovuta essere solo di riposo dopo una vita sacrificata e di sudato lavoro. Qualunque titolo di studio tu abbia, la musica non cambia; i tuoi meriti e la tua voglia di migliorare non servono. Ora constati con rabbia che il futuro è incerto e pare vincolato alla aleatoria fortuna della conoscenza giusta o dell’apparire. Con disappunto constati che in questa società tutto è effimero. Ora ti esorto di resistere, andare avanti, io, a te sconosciuto pensionato di 63 anni, che ha avuto la soddisfazione e l’onore di essere stato decorato con la stella al merito del lavoro e nominato maestro del lavoro, con tutta la mia vicinanza e con immensa modestia ti invito ancora una volta di andare avanti e non demoralizzarti. Con immensa fiducia e la tua voglia di perseverare riuscirai sicuramente ad avere il tuo giusto posto nella società. Ricordati però di lottare perché i tuoi diritti vengano riconosciuti magari aggregandoti con i tuoi coetanei e non delegando il tuo futuro a incantatori che suonano il loro flauto magico promettendoti improbabili paradisi o facili successi. Come canta Eros Ramazzotti: "Nessuno mai ti dà di più". Lotta ogni giorno per l’affermazione dei tuoi diritti, per un mondo più giusto e solidale. Non sei solo né invisibile: molti tuoi coetanei ti saranno vicini in questa santa lotta per l’affermazione della tua dignità. E poi, quale genitore non sarà dalla parte dei propri figli? Coraggio, il futuro sarà tuo.

Susanna

Carissimi, mi chiamo Susanna e ho 31 anni. Mi rendo conto di essere una privilegiata tra quanti scrivono, perché sono assunta in un'azienda che si occupa di formazione dopo 4 anni di precariato; ovviamente tale privilegio non è stato un regalo, ma una conquista fatta di straordinari, festivi, trasferte che non mi verranno mai pagate, e che ripago ora con livello e retribuzione inadeguati, a compensare l'aumento del mio 'costo aziendale', ritrovandomi quindi a pagare di tasca mia dei diritti che non sono

altro che dovuti. Ho una laurea quadriennale ed un dottorato di ricerca, ma oltre alla mancanza di prospettive in Italia per persone come me, con una formazione tutta orientata all'internazionale, quello che più fa soffrire la mediocrità e l'approssimazione che si respirano anche nel privato e non solo nel pubblico, la mancanza di qualsiasi meritocrazia degna di questo nome, il maschilismo strisciante, la graduale esclusione da qualsiasi responsabilità e progresso di carriera di chi osa pensarla diversamente e difetta di servilismo. Dopo alcune esperienze internazionali e varie indecisioni, ho deciso di tornare in questo Paese perché mi aveva dato tanto, ed è all'Italia, oltre che ai miei, che finora devo quello che sono; mi sembrava poi fosse giusto non abbandonare il Paese in questo momento difficile, così minacciato dal conformismo imperante, dal conservatorismo, dalla decadenza, dall'omologazione. Non sono più affatto sicura che sia stata una scelta giusta, e che la direzione che mi sembrava giusto tentare sia in alcun modo condivisa dal Paese, da noi Italiani. Grazie

01 giugno 2010

 

 

 

Marcegaglia: il picco è stato raggiunto

Il tasso di disoccupazione registra un peggioramento, ma il picco è stato già raggiunto anche perchè ci sono miglioramenti nella produzione industriale che fanno sperare in dati migliori nei prossimi mesi. È questa l'analisi del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, commentando i dati Istat sulla disoccupazione.

"Il peggioramento c'è - ha detto Marcegaglia a margine della missione di sistema Italia-Cina - siamo all'8,9% di disoccupazione. È il dato peggiore dal 2001. Però, dall'altra parte vediamo dati di miglioramento in termini di produzione industriale. La stima del Csc parla di un +2,4% a maggio. Questa accelerazione della produzione industriale dovrebbe far pensare che il picco della disoccupazione sia stato raggiunto. E adesso, anche in termini di disoccupazione, dovremmo, lo auspichiamo, migliorare nei prossimi mesi".

Marcegaglia ha spiegato che il peggioramento della disoccupazione è "un po' quello che avevamo previsto. La disoccupazione - ha aggiunto - arriva con un certo ritardo rispetto al momento peggiore della crisi, che abbiamo avuto negli scorsi mesi".

01 giugno 2010

 

 

 

2010-05-27

L'Istat: tasso di occupazione peggiore dal 1995

Più che una fotografia dell'Italia, uno scenario di guerra. È questa l'immagine desolante che fornisce l'Istat nel suo Rapporto annuale 2009: sempre più disoccupazione, povertà, precari, anziani, ignoranza; sempre meno giovani e donne inserite nel mondo del lavoro, sempre meno potere d'acquisto per le famiglie, sempre meno bambini e laureati.

Nel 2009 si è registrato il peggior calo dell'occupazione dal 1995. Gli occupati, spiega l'Istat nel Rapporto 2009, si sono ridotti di 380 mila unità (-1,6%), "con cali sostenuti nel corso dell'intero 2009 e in peggioramento negli ultimi sei mesi".

Qui di seguito alcuni dei punti indicati dall'Istat:

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE 2009 TRIPLA RISPETTO A TOTALE

Il mondo giovanile in Italia resta il più penalizzato dal punto di vista del lavoro. Lo scorso anno, riferisce l'Istituto di statistica, "il tasso di disoccupazione giovanile in Italia (25,4%) è più del triplo di quello totale (7,8%) e più elevato di quello europeo (19,8%). Il tasso di occupazione è sceso in un solo anno al 44% (dal 47,7% del 2008). Come nel 2008, il tasso di disoccupazione italiano è inferiore a quello dell'Ue (7,8 contro 8,9%), ma spiega l'Istat, "si associa tuttavia a un tasso di inattività più alto e in crescita (37,6 contro 28,9%). Le differenze di genere continuano a essere elevate (uomini: 6,8%; donne: 9,3%). Per il secondo anno consecutivo aumentano i disoccupati (15%, pari a 253 mila unità), che giungono a quasi due milioni e risultano ancora in crescita nei primi tre mesi del 2010. La crescita della disoccupazione riguarda soprattutto il Nord (37%) e il Centro (18,9%), mentre è limitata nel Mezzogiorno (1,4%), sebbene circa metà delle persone in cerca di occupazione risieda proprio nelle regioni meridionali". Quasi il 90% dell'aumento di disoccupati nel 2009, sottolinea l'Istat, è dovuto a persone che hanno perso il posto di lavoro e gli ex occupati rappresentano nel complesso metà dell'intera platea dei disoccupati.

GIOVANI E PRECARI,300MILA OCCUPATI IN MENO

Tra i giovani che hanno perso il lavoro, a risentirne di più sono quelli che vivono ancora in famiglia e sono impegnati in lavori precari e con bassi profili professionali. "L'impatto della fase ciclica negativa - sottolinea l'Istat - ha avuto un forte impatto sulla popolazione giovanile determinando una significativa flessione degli occupati 18-29enni (300 mila in meno rispetto al 2008, il 79 per cento del calo complessivo dell'occupazione). Una parte significativa di questa caduta riguarda il lavoro atipico (-110 mila unità). Si è inoltre creato un allargamento dell'area dei giovani non impegnati né in un lavoro né in un percorso di studi (142mila).

L'Italia ha il più alto numero di giovani che non lavorano e non studiano. Alcuni li chiamano già "Neet" (Non in education, employment or training) e nel nostro paese sono oltre 2 milioni. Per questo, l'Italia ha il primato europeo.

Hanno un'età fra i 15 e 29 anni (il 21,2% di questa fascia di età), per lo più maschi, e sono a rischio esclusione. Questi giovani sono coinvolti nell'area dell'inattività (65,8%). Il numero dei giovani Neet è molto cresciuto nel 2009, a causa della crisi economica: 126 mila in più, concentrati al nord (+85 mila) e al centro (+27 mila). Tuttavia il maggior numero, oltre un milione, si trova nel Mezzogiorno. Fra i Neet si trovano anche laureati (21% della classe di età) e diplomati (20,2%). È un fenomeno in crescita; nel 2007 (dati Ocse), l'Italia già registrava il 10,2% di Neet contro il 5,8% dell'Ue).

Chi sono i giovani Neet? Sono coloro che perdono il lavoro e quanto più dura questo stato di inattività tanto più hanno difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro. Tra il primo trimestre del 2008 e lo stesso periodo del 2009 la probabilità di rimanere nella condizione di Neet è stata del 73,3% (l'anno precedente era il 68,6%), con valori più elevati per i maschi residenti al nord. Alla più elevata permanenza nello stato di Neet si accompagna anche un incremento del flusso in entrata di questa condizione degli studenti non occupati (dal 19,9% al 21,4%) ed una diminuzione delle uscite verso l'occupazione.

CALANO LE DONNE OCCUPATE, SOLO MALTA PEGGIO DELL'ITALIA

Prima di Malta, e penultima in Europa. In Italia "il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni è sceso nel 2009 al 46,4%", il più basso in Europa a parte Malta, appunto. Solo il Mezzogiorno, "che già presentava bassi tassi di occupazione femminile, ha assorbito quasi metà del calo complessivo delle occupate (-105 mila donne)". Nel Rapporto 2009 dell'Istat si legge inoltre che "Le persistenti differenze che si riscontrano tra l'Italia e l'Ue possono essere spiegate anche dai differenti livelli del tasso di occupazione delle donne con basso titolo di studio: nel 2009 in Italia soltanto il 28,7% delle donne con la licenza media ha un'occupazione, contro il 37,7% dell'Ue". Nel nostro paese solo le laureate riescono a raggiungere i livelli europei, escludendo però le neolaureate, "che presentano difficoltà d'ingesso nel mercato del lavoro". Le donne in coppia e con figli le difficoltà si accentuano: "Considerando le 25-54enni e assumendo come base le donne senza figli - spiega l'Istat - , la distanza nei tassi di occupazione è di quattro punti percentuali per quelle con un figlio, di 10 per quelle con due figli e di 22 punti per quelle di tre o più. "Il peggioramento delle condizioni delmercato del lavoro imprime una battuta d'arresto alla crescita femminile nelle professioni più qualificate e spinge verso una ripresa del fenomeno della segregazione professionale di genere, con un rafforzamento della presenza delle donne nelle professioni già relativamente più femminilizzate".

ISTAT: FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ, AUMENTANO QUELLE INDEBITATE

La crisi economica ha colpito pesantemente le famiglie italiane. Far fronte a un'emergenza economica diventa sempre più difficile e quelle che hanno contratto un debito sono aumentate. "Tra il 2008 e il 2009 crescono le famiglie indifese nel far fronte a spese impreviste (dal 32 al 33,4% in media)". Aumentano anche le famiglie "in arretrato col pagamento di debiti diversi dal mutuo (dal 10,5 al 13,6% di quelle che hanno debiti) e quelle che si sono indebitate (dal 14,8 al 16,4%). Purtuttavia le famiglie e le imprese non finanziarie sono in una posizione "di netto vantaggio rispetto agli altri paesi europei" per quanto riguarda l'esposizione debitoria che è di oltre 30 punti percentuali inferiore alla media Uem in rapporto al Pil. Migliore risulta anche la situazione finanziaria delle famiglie italiane rispetto alla Uem, con una ricchezza netta pari a circa il doppio del Pil, meglio del Regno Unito e dei Paesi Bassi.

AUMENTA LA PRESSIONE FISCALE

La pressione fiscale in Italia è salita al 43,2% nel 2009, aumentando di tre decimi di punto rispetto all'anno precedente (42,9% nel 2008) e ampliando lo stacco di oltre tre punti percentuali con la media Ue che l'anno scorso si è attestata al 39,5% (dal 40,3% del 2008). È quanto si evince dal Rapporto annuale dell'Istat. "Caso unico" tra le grandi economie, sottolinea l'Istituto nazionale di statistica, nel Paese risultano in forte crescita le imposte in conto capitale (per quasi 12 miliardi di euro), sospinte da circa 5 miliardi di euro per il cosiddetto 'scudo fiscalè e dal versamento una tantum per l'imposta sostitutiva di alcuni tributi. È invece calato del 4,2% il gettito delle imposte indirette (già diminuito del 4,9% nel 2008), del 7,1% quello delle imposte dirette e dello 0,5% quello dei contributi sociali effettivi.

L'Italia "invecchia". È il secondo paese più anziano in Europa dopo la Germania. Secondo l'Istat nell'arco dei prossimi quarant'anni la speranza di vita per gli uomini potrebbe aumentare fino a superare gli 84 anni, per le donne gli 89 mentre il numero dei giovani fino a 14 anni potrebbe ridursi a 7,9 milioni, pari al 12,9 per cento della popolazione.

Gli indicatori strutturali e di carico demografico, stimati per l'anno preso in considerazione, confermano, registra il rapporto, "un quadro di forte invecchiamento della popolazione residente" (le persone di 65 anni e più rappresentano il 20,2 per cento della popolazione); una crescita complessiva della popolazione del 5,7 per mille (si superano i 60 milioni di residenti solo grazie all'apporto della popolazione straniera) ed un livello di fecondità (numero medio di figli per donna pari a 1,41) che, seppur in ripresa dagli anni novanta, ancora non consente di mantenere almeno costante la consistenza demografica. Forte è lo squilibrio generazionale: il rapporto di dipendenza tra le persone in età inattiva (0-14 anni e 65 anni e più) e la popolazione che "teoricamente" si fa carico di sostenerle economicamente (15-64 anni) è passato dal 48 al 52 per cento in dieci anni, a causa del peso crescente delle persone anziane (da 27 ogni 100 in età attiva nel 2000 a 31 nel 2009).

In base alle recenti tendenze demografiche uno scenario "verosimile" nell'arco dei prossimi 40 anni porta a prevedere, si legge, che il numero medio di figli per donna possa crescere fino a 1,58 nel 2050; la speranza di vita aumentare fino a raggiungere gli 84,5 anni per gli uomini e gli 89,5 per le donne; il numero dei giovani fino a 14 anni ridursi a 7,9 milioni (il 12,9 per cento della popolazione); la popolazione attiva contrarsi a 33,4 milioni (54,2 per cento) e quella degli over 64 salire a 20,3 milioni (da uno su cinque a uno su tre residenti nel 2050). Cambiamenti, questi, che potrebbero accentuare "ulteriormente lo squilibrio generazionale: l'indice di dipendenza degli anziani (ultra 64enni sulla popolazione in età attiva) potrebbe raddoppiare (61 per cento) e l'indice di vecchiaia salire a 256 anziani ogni cento giovani".

OLTRE UN MILIONE DI ITALIANI NON HA LETTO UN LIBRO NEL 2009

La formazione è un capitolo pieno di carenze in Italia. Non riesce ad incidere nell'inclusione sociale; sul conseguimento dei titoli superiori continua a pesare una "forte disuguaglianza" legata alla classe sociale della famiglia di provenienza degli studenti. Ciò - ritiene l'Istat - blocca la mobilità sociale.

Un esempio. Nel periodo 2004-2009 la quota di lavoratori diplomati passa dal 44,5% al 46,6% e quella dei laureati dal 14% al 17,2% ma "l'incidenza delle professioni qualificate e tecniche rimane sostanzialmente stabile acuendo il divario fra domanda ed offerta di lavoro degli occupati con medio-alto titolo di studio". Nel 2009, circa 16,5 milioni di occupati (72,4%) svolgono una professione adeguata al livello d' istruzione, 1,7 milioni (7,4%) ha un lavoro relativamente più qualificato mentre il 20,2% (4,6 milioni) è sottoinquadrato.

Rispetto al 2004, il fenomeno del sottoinquadramento interessa oltre un milione di persone in più. Quasi la metà dei sottoinquadrati sono giovani, con 15-34 anni; in termini relativi, l'incidenza che svolgono un lavoro non adeguato al proprio livello di istruzione è del 31% (+6,8% rispetto al 2004). Il fenomeno dei sottoinquadrati si registra nei lavori meno tradizionali: il 46,9% degli occupati a termine, il 40,1% di quelli in part time e il 30,5% nelle collaborazioni.

In generale, i livelli d'istruzione degli italiani sono "critici". Nel 2009, circa il 10% ha solo la licenza elementare o nessun titolo, il 36,6% la licenza media, il 40% il diploma e il 12,8% la laurea. Il 7,7% degli iscritti alle scuole superiori nel 2008-2009 ha ripetuto l'anno; il 12,2% degli iscritti al primo anno abbandona il percorso di studi, il 3,4% lascia al secondo anno. Nel Mezzogiorno sono del 14,1% e 3,8%.

Nel 2009, oltre 1.2 milioni dichiara di non aver letto neanche un libro e di non aver mai utilizzato il pc. La non lettura coinvolge 4 ragazzi su 10; circa il 20% non usa il pc.

La propensione alla lettura è condizionata dalla famiglia: i lettori superano il 72% se uno dei due genitori è laureato, se entrambi leggono. Anche l'utilizzo del pc avviene in casa, a scuola coinvolge appena 4 bambini su 10.

La posizione dell'Italia poi nell'alta formazione "è distante" da quella di altri importanti paesi europei: nel 2007 hanno conseguito un titolo terziario circa 60 persone ogni mille giovani (20-29 anni), a fronte dei 77 della Francia e di oltre 80 del Regno Unito e della Danimarca. Anche i titoli nelle discipline tecnico-scientifiche collocano l'Italia sotto la media Ue (12,1 a fronte di 13,8 per mille 20-29 anni), poco al di sopra di Spagna e Germania.

Il numero dei ricercatori a tempo pieno nelle imprese è salito di appena il 14% tra il 1990 e il 2008, contro il 40% della Germania. Nello stesso periodo, in Francia il numero dei ricercatori è raddoppiato e in Spagna triplicato.

26 maggio 2010

 

 

 

 

 

Saraceno: perdiamo una generazione

L'Italia "rischia di perdere una generazione", quella degli attuali giovani che più di altre fasce di età risentono della crisi e delle politiche. Altro che "bamboccioni", in questo contesto, "bisogna essere fortunati a nascere nella famiglia giusta". È il commento della sociologa Chiara Saraceno sui dati diffusi oggi dall'Istat che riguardano gli under 34 anni. Questa dei giovani, che vogliono uscire dalla casa di famiglia e non possono, che non riescono a trovare un lavoro, che hanno una istruzione inferiore ai colleghi europei, "è la vera emergenza del paese".

I "giovani più qualificati e che hanno alle spalle una famiglia agiata vanno all'estero, e comunque se la cavano. Tutti gli altri restano indietro. Purtroppo - ha aggiunto Saraceno - non vedo negli atti del governo, e neanche negli atteggiamenti delle opposizioni, la consapevolezza di questa emergenza. Si continua a parlare di 'bamboccionì, parola che aborro anche perchè penso che sia sempre meno vero che vogliano stare in questa condizione, ma non si fa niente per investire in capitale umano". Anche il contesto - prosegue l'esperta di sociologia della famiglia - è difficile, "le risorse sono sempre di meno, il divario sociale sta aumentando. In realtà, bisogna essere fortunati a nascere nella famiglia giusta. Se gli incentivi alla formazione non si hanno in casa, anche a scuola è difficile averli". Per riequilibrare questa situazione veramente preoccupante "ci vogliono anni ma bisogna pur cominciare, subito", conclude Saraceno.

26 maggio 2010

 

 

 

 

Precario e migrante: "Sapete che vi dico? Io scappo in Puglia"

di Cristan Maksimtutti gli articoli dell'autore

Caro Presidente della Repubblica sono una cittadina di questo paese, mi chiamo Igiaba Scego, classe ‘74 e volevo informarla che mi sto arrendendo. Tempo fa Lei ha rincuorato i precari, i disoccupati, i ricercatori senza affiliazione a non gettare la spugna. Ci ha detto "Coraggio non vi arrendete. Non uscite dall’Italia". Purtroppo Signor Presidente io mi sto arrendendo. Faccio parte, e non è una vuota statistica, di una generazione a cui sono state tarpate le ali. Sono una precaria della cultura. Sto diventando una precaria della vita". Il 30 aprile su l’Unità la scrittrice Igiaba Scego ha scritto una lettera a Napolitano. Il presidente l’ha ricevuta pochi giorni dopo al Quirinale. Ne è seguito un lungo e appassionante dibattito. Quella che segue è il messaggio che lo scrittore croato Maksim Cristan ha inviato a Igiaba.

Tutti noi intellettuali precari, immigrati e non, abbiamo letto con molta attenzione la lettera aperta della nostra collega Igiaba Scego al Presidente Napolitano, dove gli chiede aiuto per tutti. Il presidente è buono e ha invitato Igiaba ad incontrarlo. Lei gli ha detto: Faccia il garante per noi affinché questo tema (che poi sono due: 1. Immigrazione e 2. fuga dei cervelli) non esca dall’agenda politica.

Personalmente ho conosciuto molti esuli culturali a Berlino, arrivati lì perché dopo aver perso la fiducia nel futuro in Italia. Ho conosciuto anche alcuni giovani bresciani, che quando nella loro città il sindaco offriva 500 euro per ogni immigrato regolare che decideva di tornare nel suo paese, dissero: magari dessero anche noi 500 euro per andarcene. Igiaba, mi chiedo come diavolo ti è venuto in mente di importunare il Presidente.

Se volevi davvero risolvere qualcosa, avresti dovuto scrivere, appunto, al Presidente del Governo. Hai già dimenticato come Egli accolse a braccia aperte la richiesta di quella ragazza, che quando lamentò la propria precarietà, il Premier le disse: "Signorina, lei è carina, sposi uno dei miei figli e ha risolto tutti i problemi". E tu, Igi, sei certamente ancor più carina di quella ragazza.

Ah già, dimenticavo che, tu, anche se italiana, sei nera come il carbone e visto che il premier non vuole un’Italia multietnica, probabilmente non ti vorrebbe a tavola in famiglia e magari finirebbe per proporti a uno dei figli del suo amico colonnello Ghedaffi.

È un casino Igi, lo ammetto, e anche se io ti voglio tanto bene, non posso nemmeno dirti sposa me! Dato che sono messo peggio di te. Che fare? Se il signor Vitor fosse ancora vivo, conoscendolo, probabilmente ci direbbe: "Ma andatevene tutti fuori dai coglioni in Puglia a pretendere una vita dignitosa per i vostri scarabocchi e i vostri volontarismi per le razze inferiori! Che lì il governatore comunista costruisce gli alberghi gratuiti pure per gli immigrati braccianti!"

Però, ridendo scherzando, potrebbe essere un’idea per noi Igi. E anche se la politica di Nichi al resto d’Italia sembra Marte, per ora sempre l’Italia è. Che fai, vieni anche tu?

26 maggio 2010

 

 

 

2010-05-13

Sanità, le regioni in deficit dovranno aumentare le tasse

"Il governo ci ha detto che le regioni con il deficit sanitario dovranno aumentare le tasse fino al ripianamento del deficit stesso". Lo ha detto il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, lasciando Palazzo Chigi. Caldoro ha riferito che il Consiglio dei ministri è presieduto da ALtero Matteoli, vista l'assenza del premier Silvio Berlusconi, e che alla riunione era presenti i Governatori con la Sanità commissariata.

"Io lo sapevo da tempo ma è una buona notizia per tutti gli abruzzesi. L'Abruzzo è chiamato fuori" dall'aumento delle tasse per sostenere il deficit sanitario. Così Gianni Chiodi, governatore della regione Abruzzo, lasciando Palazzo Chigi dopo un Cdm al quale hanno partecipato anche i governatori e i commissari straordinari delle Regioni in rosso per le spese sanitarie. "Siamo stati convocati in sei - spiega Chiodi - ma poi Abruzzo e Sicilia non hanno partecipato alla riunione perchè all'ultimo tavolo di monitoraggio sulle spese sanitarie del 17 aprile scorso i nostri piani avevano ricevuto un buon giudizio".

13 maggio 2010

 

 

 

2010-05-11

 

 

 

 

 

2010-05-09

E ora arriva la stangata di Bianca Di Giovanni

di Bianca Di Giovannitutti gli articoli dell'autore

Il governo scopre le cifre del suo immobilismo: deficit in aumento, Pil in discesa. Sono numeri pesanti, quelli della Relazione unificata sull’economia e la finanza (Ruef) diramata ieri dal Tesoro: per rispettare gli impegni presi con l’Europa l’Italia dovrà affrontare una manovra di 25 miliardi nei prossimi due anni (l’1,6% del Pil). Una stangata che potrebbe avere costi sociali pesantissimi in unasituazione di crisi come quella attuale. Lacrime e sangue, conunadisoccupazione prevista in crescita nel 2010 all'8,7%, rispetto al 7,8% di un anno fa. In serata arriva la conferma di Silvio Berlusconi. "La priorità assoluta è il rigore", dichiara il premier, solitamente abituato ad annunci di ben altro tenore.

Evidentemente la situazione è grave: l’Italia è sotto attacco dei mercati, e il governo lancia segnali di solidità finanziaria. Lo spettro della Grecia fa tremare le cancellerie europee: oggi anche il nostro Paese andrà in soccorso del grande malato conun decreto da 5,5 miliardi di euro.Ma il mercato è volubile. Basta nulla per provocarlo.

Per questo serve una cura forte a un bilancio che in un paio d’anni ha polverizzato tutti i traguardi raggiunti prima (da un altro governo): avanzo primario diventato negativo, spesa corrente aumentata, spesa per investimenti diminuita, entrate ridotte più di quanto non giustifichi la crisi (il dato complessivo tiene solo grazie allo scudo fiscale). Giulio Tremonti sa bene che il momento è di quelli che fanno tremare i polsi. Intervenendo in Parlamento (dove parla in un’Aula in cui spiccano le assenze del centrodestra)

sulla crisi che ora sconquassa l’Europa dice chiaro e tondo che tutta l'area euro e a rischio, per questo serve una "reazione europea" che ha come obiettivo "la stabilità dell’euro ". Per il ministro si tratta di una "lunga grande guerra" (citazione di Churchill) da affrontare uniti. Il decreto italiano non avrà effetti sul deficit: i 5,5 miliardi saranno fornito con l’emissione di titoli (che pesano sul debito), ma ai fini di Maastricht non saranno conteggiati. Alla fine il saldo sarà positivo, perché si tratta di un prestito al tasso del 5% (più alto della remunerazione del debito italiano). Precisazione importante quella sui conti. Nell’ultimo documento,

infatti, il ministero dell'Economia aggiorna il quadro con le stime macroeconomiche per l'Italia e annuncia "incisive" riforme per i prossimi due anni.

"La sfida dei prossimi anni - si legge - sarà quella di attuare strategie per innalzare la crescita del paese con un incisivo programma di riforme e per rientrare dai nuovi livelli del rapporto debito/ Pil". Il Pil quest'anno crescerà dell'1% e non dell'1,1% come previsto in precedenza e solo dal prossimo anno si avrà una crescita più robusta pari all'1,5%. Mentre per tornare ai livelli pre-crisi occorrerà attendere il2012 quando il Pilaumenterà del 2%. Anche sulla finanza pubblica dalla Ruef non emerge un quadro incoraggiante. Il deficit del 2010 viene confermato al 5% del Pil, ma il debito schizza al 118,4% rispetto al 116,9% della precedente stima. Soltanto dal 2012 è previsto riprendere "un profilo discendente" del debito che si dovrebbe attestare al 117,2%. Quanto al disavanzo, l'esecutivo assicura che "intende mantenere gli impegni assunti in sede europea, confermando il percorso di consolidamento finanziario: gli obiettivi programmatici restano fissati al 3,9% del Pil nel 2011 e al 2,7%nel 2012". L’inflazione dovrebbe rialzare la testa attestandosi nel 2010all'1,3% . Sul mercato del alvoro le prospettive restano nere. Nell’anno

in corso le unità a tempo pieno di occupati si ridurranno dello 0,4%. Vista in calo anche la pressione fiscale, che dovrebbe scendere sotto la quota del 2008, al 42,8% (grazie al recupero del Pil).

"Non sappiamo nulla di questa manovra e, anzi, pensiamo che Tremonti dovrebbe convocarci - ha reagito il segretario Cgil Guglielmo Epifani - Fino a ieri si diceva che tutto andava bene. Quello che temo è che questa crisi porti a politiche restrittive con un allargamento dei problemi della disoccupazione e di restrizione della base produttiva". "Appare sempre più chiaro - aggiunge

Francesco Boccia per il Pd - che nelle presto, comunque prima dell’assestamento previsto per il 30 giugno il governo dovrà tirare giù la maschera sulla tenuta dei conti pubblici".

07 maggio 2010

 

 

Nuovi tagli alla cieca

di Stefano Fassinatutti gli articoli dell'autore

La "tragedia greca" ha posto la situazione di finanza pubblica italiana in un quadro di vigile fiducia. È giusto, perché l'Italia ha "fondamentali" economici e sociali decisamente migliori dei PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna). È un bene per tutti, soprattutto per i più vulnerabili, i disoccupati, i pensionati, non essere tra i Paesi a rischio.

Va riconosciuto che "G.T 3°" è certamente la migliore versione di Giulio Tremonti sperimentata fino ad oggi a via XX Settembre.

Infatti, dobbiamo ricordare a quanti oggi celebrano le performance del nostro Ministro che, nelle due versioni precedenti, non

aveva avuto altrettanta sensibilità per il bilancio pubblico. Nella legislatura 2001-2006 aveva lasciato in eredità al Governo

Prodi un’infrazione comunitaria per deficit eccessivo, un debito pubblico in risalita dopo 13 anni di calo e l’onere politico

di un pesante aggiustamento finanziario da compiere. Dobbiamo anche ricordare che l’esecutivo Berlusconi a Maggio 2008 non

si è insediato, come il povero Papandreou, ad Atene. A Palazzo Chigi ha trovato i conti pubblici in buon ordine e il debito riportato

in discesa. Solo un dato, purtroppo tecnico, ma importante: un "avanzo primario strutturale" (indicatore corretto per gli effetti dell’andamento dell'economia) dell’1,9% che la prudenza del Ministro Tremonti ha comunque dimezzato. Insomma, se il Governo

Berlusconi fosse ripartito da dove aveva lasciato il Paese nel 2006, oggi la nostra situazione sarebbe certamente molto, molto,

più complicata.

Un minimo di onestà intellettuale da parte del centrodestra aiuterebbe a favorire il confronto costruttivo su difficili scelte economiche. In tale contesto, la novità della manovra preannunciata ieri è l’inasprimento, di circa 7 miliardi di euro, della correzione necessaria a centrare gli obiettivi fissati nel 2008. Si inasprisce una medicina già molto amara. Ai consistenti tagli già attuati e previsti si aggiungeranno altri tagli. Tagli alla cieca, tagli agli investimenti e alle prestazioni sociali per compensare l’incapacità di controllare la spesa per acquisto di beni e servizi e la scelta di allargare il campo dell’evasione fiscale. Soprattutto, tagli in assenza di una strategia per la crescita. Infatti, il Ministro Tremonti, pur nella sua versione evoluta, persevera in un grave errore di impostazione: confonde la variabile "vincolo" con la variabile "obiettivo". Ha assunto il controllo della finanza pubblica come obiettivo della politica economica, mentre doveva essere il vincolo in relazione all’obiettivo della crescita e della coesione sociale. Obiettivi da perseguire attraverso un ventaglio di riforme per aggredire i nodi che da un quarto di secolo determinano la caduta della nostra produttività. Non è un errore tecnico.

È conseguenza di una cultura politica dominata dai sondaggi quotidiani, dalla sfiducia nell’Italia civile ed innovativa, da un minimalismo corporativo a salvaguardia di rendite e cieche convenienze di interessi di corto respiro. L’errore di Tremonti e del Governo, oltre che profondamente iniquo, è pericoloso perché senza crescita e coesione sociale non si stabilizza la finanza pubblica. Urge inversione di rotta.

07 maggio 2010

 

 

 

 

Soldi buttati: tutti gli sprechi del governo

di Laura Matteuccitutti gli articoli dell'autore

I come incentivi, per una serie di prodotti che vanno dalle cucine ai motocicli agli elettrodomestici.È solo l’ultima voce del capitolo soldi buttati dal governo: un fondo di 300 milioni il cui accesso si è aperto e chiuso a metà aprile, nel giro di poche ore, data l’esiguità delle risorse (nel complesso e per consumatore).

L’elenco è lungo. Molti rivoli portano alla sanità e all’amministrazione pubblica dove, nonostante la propaganda del ministro Brunetta, è stato rimosso il limite del compenso per una serie di figure di vertice, e moltiplicate le consulenze. Solo la commissione per l’attuazione del decreto del 2009, per dire, ha 5 componenti e una dotazione di 4 milioni. E la spesa pubblica aumenta insieme all’indebitamento. Politiche scellerate o inutili: soldi sprecati, che avrebbero potuto trovare impieghi più virtuosi, dal lavoro alla scuola. "Per tenere sotto controllo il deficit ci sono vari modi - commenta Stefano Fassina, responsabile economico del Pd - Il governo ha scelto quello che penalizza i più deboli, invece di sostenere l’economia reale, i lavoratori, le imprese".

Evasione fiscale: la mancata lotta ci è costata 7 miliardi

Quanto vale l’evasione fiscale in Italia? Qualcosa come 70 miliardi di euro come direbbero i tecnici del ministero delle Finanze, il 17% circa del Pil, ovvero 100 miliardi di euro di imposte evase, come risulta dalle statistiche ufficiali Istat? Impossibile dire con

precisione. Di sicuro, invece, c’è che l’attuale governo ha eliminato una serie di provvedimenti anti-evasione che il governo Prodi aveva messo a punto, dalla tracciabilità dei compensi ai conti correnti dedicati per i professionisti, mentre sono state ridotte le sanzioni e reintrodotti condoni, scudo fiscale compreso, che di certo noncontrastano comportamenti illegali. Morale: "Nonostante

il governo sbandieri la lotta all’evasione e le entrate derivate - dice Stefano Fassina, responsabile economico del Pd - abbiamo già perso l’equivalente di mezzo punto di pil, 7-8 miliardi. Solo l’Iva è crollata del 10%".

Alitalia: Tre miliardi al vento, solo pro-elezioni

Il cambio di rotta di Berlusconi per il salvataggio di Alitalia, che in campagna elettorale affossò l’offerta di acquisto presentata da Air France- Klm in favore della cordata Passera-Colaninno, ha significato gettare al vento circa 3 miliardi di euro. È il costo che nel "piano Fenice" aveva la creazione della Bad Company, finito in capo allo Stato, ovvero ai contribuenti. Da aggiungere, i costi per i viaggiatori del trasporto aereo italiano dovuti alla diminuzione della concorrenza interna e alla mancata liberalizzazione dei voli intercontinentali. L’impegno degli investitori "italiani" della Cai si è fermato amenodella metà dei francesi. Air France avrebbe preso il totale controllo della compagnia, avrebbe assunto più personale riducendo il numero degli esuberi a quota 2200, si sarebbe fatta carico dell’intero indebitamento. La nuova Alitalia è nata con 13.100 dipendenti contro i 17.500 di Alitalia ed i 3mila di AirOne.

Ici, meno 2,5 miliardi non restituiti ai Comuni

Il governo Prodi con la Finanziaria 2008 aveva incrementato le detrazioni sull’abitazione principale, diminuendo quindi l’Ici per tutti, ed esentando circa il40%delle abitazioni, quelle più modeste (fino a circa 100 euro l’anno). Berlusconi ha abolito la tassa comunale tout-court per tutti i circa 31 milioni di unità immobiliari ad uso abitativo, mettendo in seria difficoltà i Comuni che hanno dovuto protestare a più riprese per richiederne la restituzione, che pure era stata promessa fin dall’inizio. Di fatto, mancano ancora all’appello dei bilanci comunali circa 300 milioni. La mossa del governo è costata almeno 2,5 miliardi di euro. Gli unici che continuano a pagare sono coloro che vivono nei castelli, nelle abitazioni signorili o ville, calcolate in 40mila. Ma, ovviamente, nonc’è stata alcuna revisione catastale, nè prima nè dopo la manovra.

07 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-05

Ue, il Pil dell'Italia in lenta ripresa, ma i conti sono fragili

In Italia, sostenuta soprattutto dai consumi privati e dall'export, "la ripresa va rafforzandosi lentamente", con un Pil che si attesterà allo 0,8% nel 2010 e, a politiche invariate, all'1,4% nel 2011. Valori che comunque sono "ampiamente in linea con la media della zona euro". Queste le previsioni di primavera della Commissione Ue, che ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita economica del governo italiano, che nel Programma di stabilità aggiornato indicava un Pil all'1,1% quest'anno e al 2% il prossimo.

DEFICIT ITALIA 5,3% ANCHE IN 2010, PESA CALO PIL

Il disavanzo dell'Italia si attesterà al 5,3% anche nel 2010: lo prevede la Commissione Ue, che spiega questo "livello più elevato di deficit" rispetto alle aspettative del governo (5,0%) con "una caduta dell'attività economica" che è stata più marcata del previsto. Nel 2011, a politiche invariate, Bruxelles prevede che il deficit italiano "si riduca leggermente" attestandosi al 5% (contro il 3,9% stimato dal governo nel Programma di stabilità aggiornato).

DEBITO ITALIA IN RIALZO,SOPRA 118% IN 2010 E 2011

La Commissione Ue prevede che il debito pubblico italiano, dal 115,8% del 2009, salga sopra il 118% nel 2010 rimanendovi, a politiche invariate, anche nel 2011. Il governo prevedeva di non andare oltre il 116,9% nell'anno in corso. In particolare, il debito italiano (superato nella Ue solo da quello della Spagna che viaggia verso il 130%) quest'anno sarà al 118,2% e il prossimi al 118,9%.

CONTI ITALIA FRAGILI, MA POLITICA GOVERNO ACCORTA

"Attraverso la crisi, in un contesto di rischi persistenti sui mercati dei titoli di Stato, il governo italiano ha perseguito una politica di bilancio accorta tenendo conto delle fragili finanze pubbliche dell'Italia, soprattutto il suo elevatissimo debito pubblico": é quanto scrive la Commissione Ue nelle sue previsioni economiche di primavera. Nel testo si sottolineano in particolare gli effetti sul deficit di quest'anno (previsto al 5,3%) dovuti a una crescita della spesa primaria intorno al 5% nel 2009 ("considerevolmente più veloce di quanto previsto dal governo") e a "una caduta delle entrate", sempre lo scorso anno, dovuta a un restringimento della base imponibile e all'aver posticipato al 2010 parte dei pagamenti dovuti dalle pmi nel 2009. Un effetto positivo si è invece avuto da alcune misure, come "la tassa straordinaria sul rimpatrio dei capitali detenuti illegalmente all'estero", lo scudo fiscale. Sul fronte del debito pubblico, che per Bruxelles crescerà più del previsto, la Commissione Ue sottolinea come questo "si sia arrampicato di dieci punti nel 2009" e come "il grosso dell'aumento sia stato dovuto alla caduta del Pil, all'enorme peso degli interessi e ad un avanzo primario negativo dovuto all'attivazione degli stabilizzatori automatici". "Limitate iniezioni di capitale nel settore bancario - aggiunge Bruxelles - a ulteriori accumulazioni di liquidità detenuta dal Tesoro con la Banca d'Italia si sono aggiunte al debito".

UE RIVEDE AL RIALZO PIL EUROZONA +0,9% IN 2010

La Commissione Ue ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita della zona euro, indicando per il 2010 un Pil allo 0,9% contro lo 0,7% previsto lo scorso febbraio. Nel 2011 si stima un Pil all'1,5%. "La ripresa dell'economia nella Ue è graduale ma procede", spiega Bruxelles, anche se "una domanda interna debole continua a darle un carattere contenuto". Inoltre, "la velocità della ripresa varia da Paese a Paese". A trainare sono la Francia (+1,3% nel 2010) e la Germania (+1,2%). Restano in recessione, invece, la Grecia (-0,9%) e la Spagna (-0,4%). Per l'Italia nel 2010 è previsto un Pil allo 0,8%.

05 maggio 2010

 

 

 

 

2010-04-21

 

 

 

 

 

2010-04-15

La Banca d'Italia: "Conti peggiorati nel 2009"

I conti pubblici in Italia hanno subito un deterioramento "ma meno che negli altri paesi avanzati, in alcuni dei quali hanno pesato i costi di importanti salvataggi delle banche". "La manovra per il 2010 non produce effetti significativi sul disavanzo, Poiché le misure espansive trovano coperture all'interno dei provvedimenti stessi. le stime tengono conto della revisione al rialzo all'1% del Pil, contro lo 0,7% indicato prima. Il saldo primario rimarrebbe negativo e pari a 0,1 punti percentuali. L'incidenza del debito sul Pil salirebbe di ulteriori 1,8 punti rispetto al valore stimato per il 2009 dal progamma di stabilità. Un ulteriore aggiornamento delle previsioni, che terrà conto dei dati consuntivi per il 2009 elaborati dall'Istat, è atteso con la relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica, che dovrebbe essere diffusa a breve. nel primo trimestre 2010 il fabbisogno del settore statale è stato di 26,9 miliardi, inferiore di circa 3,2 miliardi a quello del 2009 nel corrispondente periodo". Inoltre, "rallenta la flessione delle entrate, che aveva pesato sui risultati 2009, si è anche arrestata la caduta dell'iva, mentre sono aumentate dell'1,7% le ritenute sul lavoro dipendente. le imposte sostitutive sui redditi delle attività finanziarie sono diminuite invece del 37,2% con un calo di 1,1 miliardi". È quanto si legge sul bollettino economico della Banca d'Italia diffuso oggi, che riporta ampiamente i provvedimenti relativi al fabbisogno e ai conti pubblici.

15 aprile 2010

 

 

 

La Bce lancia l'allarme: nei prossimi mesi la disoccupazione aumenterà

La Banca centrale europea mette in guardia da possibili "ulteriori aumenti della disoccupazione nell`area dell`euro". Sui prossimi mesi "sono probabili", avverte l'istituzione monetaria nel suo ultimo bollettino mensile, "seppure a un ritmo minore rispetto a quello osservato e atteso nel 2009".

Dopo "una temporanea stabilità al volgere dell'anno, il tasso di disoccupazione nell'area dell'euro è salito in febbraio al 10 per cento, dal 9,9 in ognuno dei tre mesi precedenti, attestandosi al livello più elevato dall'agosto 1998 - si legge -. In prospettiva, gli indicatori delle indagini sono migliorati dai loro minimi, ma suggeriscono tuttora che ulteriori aumenti della disoccupazione nell`area dell`euro sono probabili nei prossimi mesi".

"I dati recenti hanno confermato che le condizioni nei mercati del lavoro dell'area dell'euro si sono deteriorate ulteriormente - prosegue la Bce - in quanto la dinamica dell'occupazione spesso risponde in ritardo alle oscillazioni del ciclo economico". Questo deterioramento è stato meno pronunciato rispetto ai trimestri precedenti, quando il calo degli occupati era stato nettamente più elevato". Guardando ai vari settori di attività, l'industria si conferma il comparto che ha contribuito maggiormente al calo dell'occupazione aggregata nell'ultimo trimestre del 2009, in calo anche il lavoro nelle costruzioni, si legge, mentre nei servizi è complessivamente variata di poco. Tuttavia il dato generale del terziario contiene andamenti a volte molto differenziati tra le sue componenti. Ad esempio l'occupazione nel commercio e nei trasporti dell'area euro alla fine dell'anno "è diminuita di nuovo in misura consistente".

In più, in un riquadro analitico sulle generali prospettive di ripresa dei vari settori dell'economia, guardati nella chiave dei precedenti storici, la Bce rileva che sono i servizi a rappresentare il fattore di debolezza alla base del recupero a rilento dell'Unione monetaria. "Mentre solo l'attività industriale ha finora segnato un recupero più rapido delle riprese precedenti e l'attività nel settore delle costruzioni ha continuato a contrarsi in una maniera relativamente simile alla ripresa successiva alla recessione del 1992-1993, la quasi stagnazione del valore aggiunto nel settore dei servizi - si legge - dimostra di essere la principale fonte di debolezza relativa dell'attuale incremento del Pil in una prospettiva storica".

15 aprile 2010

 

 

 

 

 

Bankitalia vede la ripresa ma debole, a rischio l'obiettivo del deficit al 5 per cento

commenti - 3 | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

15 aprile 2010

In Italia la ripresa economica è ancora debole. Nonostante il rialzo dell'attività industriale nei primi due mesi del 2010, sulle prospettive di crescita pesano il ristagno dei consumi, con una domanda interna che non mostra un'inversione di tendenza rispetto al 2009, e la lenta ripresa dell'export. È quanto osserva la Banca d'Italia nell'ultimo Bollettino economico sottolineando che, "sulla base di un insieme informativo ancora incompleto", il reddito disponibile "è calato di oltre due punti percentuali in termini reali nella media dello scorso anno" registrando la seconda flessione annua consecutiva.

Nel corso della fase acuta della crisi internazionale (dal secondo trimestre del 2008 a metà 2009) il volume dell'export italiano è diminuito del 24,8% a fronte di un calo della domanda mondiale del 17,7%. La flessione delle esportazioni dell'Italia, osserva Bankitalia nel Bollettino economico, è stata simile a quella registrata in Germania e più intensa che in Francia (rispettivamente, -25,6 e -18,8 per cento). A pesare sull'export italiano sono soprattutto i "ritardi strutturali accumulati nel corso di questo decennio, a cominciare dalla perdita di competitività di prezzo registrata verso Francia e Germania, pari, rispettivamente, a circa 6 e 14 punti percentuali". Decisiva anche la scarsa presenza nei mercati che meglio hanno resistito al crollo della domanda mondiale: "Rispetto al totale delle nostre esportazioni, la quota verso la Cina e le altre economie dell'Est asiatico era pari infatti ad appena il 4% nel 2008, contro il 6% circa per quelle tedesche e francesi", conclude Via Nazionale.

"Il rialzo dell`attività industriale nel primo bimestre del 2010, unitamente ai segnali congiunturali positivi provenienti dai sondaggi qualitativi, prefigura - segnala Palazzo Koch - una ripresa della crescita nei primi tre mesi dell`anno". Ma "sull'intensità e i tempi pesa tuttavia la perdurante debolezza dei consumi delle famiglie", preoccupate anche per le prospettive del mercato del lavoro, e "l'incertezza sulla capacità dell`economia italiana di agganciarsi al recupero degli scambi internazionali".

Sul fronte dei consumi, finiti gli effetti temporanei degli incentivi fiscali alla rottamazione degli autoveicoli, la spesa delle famiglie appare frenata anche se, da aprile, "uno stimolo temporaneo ai consumi dovrebbe venire dalle misure di sostegno introdotte dal governo".

Le attese del Consensus Economics per l'inflazione nel 2010 "si situavano in marzo intorno all'1,5 per cento. Il divario rispetto alla media dell'area - scrive Bankitalia - positivo per circa mezzo punto percentuale nella media del 2009, rimane sostanzialmente invariato, secondo queste previsioni, nell'anno in corso".

 

Per centrare la previsione di un indebitamento al 5% del Pil nel 2010, contenuta nell'aggiornamento del Programma di stabilità presentato dal Governo, per Palazzo Koch serve "un sensibile aumento delle entrate e una netta decelerazione della spesa primaria". Bankitalia osserva poi che "il deterioramento dei conti pubblici lo scorso anno è risultato più contenuto in Italia che negli altri principali paesi avanzati. Il rapporto tra debito pubblico e Pil - ricorda via Nazionale - è tuttavia salito di 9,7 punti percentuali, al 115,8%, riflettendo, oltre all'elevato fabbisogno, la caduta del Pil nominale".

15 aprile 2010

 

 

 

2010-04-08

Crollano i redditi delle famiglie L'Istat: mai così giù dagli anni '90

Nel 2009 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti è diminuito del 2,8% rispetto al 2008. Lo comunica l'Istat, precisando che si tratta della riduzione più significativa a partire dagli anni '90, da quando sono a disposizione le serie storiche dell'Istituto di statistica.

Il dato comunicato oggi dall'Istat è relativo al quarto trimestre 2009 e si riferisce al periodo gennaio-dicembre 2009, ossia all'intero anno 2009. Le variazioni tendenziali sono calcolate rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente (ossia l'intero 2008), mentre quelle congiunturali rispetto al periodo ottobre 2008 - settembre 2009. Nel quarto trimestre 2009 il reddito disponibile delle famiglie (il settore comprende le famiglie consumatrici, quelle produttrici e le istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie) è diminuito dello 0,2% in valori correnti rispetto al trimestre precedente, mentre la spesa per consumi finali si è ridotta dello 0,1%. Su base tendenziale il reddito è calato del 2,8% mentre la spesa dell'1,9%. In linea con il calo del reddito, il potere d'acquisto delle famiglie (cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali) è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% rispetto all'anno precedente.

Cala anche la propensione al risparmio delle famiglie, che nel quarto trimestre è stata pari al 14% (come nel trimestre precedente), lo 0,7% in meno rispetto al 2008. È proseguita poi la flessione del tasso di investimento delle famiglie, che nel quarto trimestre si è attestato all'8,8%, -0,2 punti percentuali (rpt. punti percentuali) rispetto al trimestre precedente, risentendo di una riduzione degli investimenti (-2,2%) molto superiore a quella del reddito disponibile (-0,2%). Rispetto al 2008 il tasso di investimento si è ridotto di 0,7 punti percentuali (rpt. punti percentuali).

08 aprile 2010

 

 

 

 

2010-04-07

Ocse: Pil in Italia: primo semestre bene, poi perde slancio

Torna a livelli espansivi in Italia l'andamento dell'economia sui primi sei mesi dell'anno, prevede l'Ocse, sebbene con una dinamica che tende al rallentamento. Una questione generalizzata all'economia globale, per cui la ripresa prosegue, ma appunto secondo l'ente parigino perdendo slancio sull'inizio del 2010 e comunque procedendo "a velocità variabili" tra i diversi paesi e regioni.

"Negli Usa e in Giappone il Pil dovrebbe continuare ad espandersi di una misura superiore rispetto ai maggiori paesi dell'area euro", rileva il capo economista Pier Carlo Padaon, nell'editoriale delle valutazioni di interim pubblicate oggi. Sull'Italia relativamente al primo trimestre del 2010 l'Ocse stima una crescita del Pil dell'1,2 per cento nel confronto su base annua, e dello 0,5 percento sul secondo trimestre, a fronte del meno 1,3 per cento su base annua accusato negli ultimi tre mesi del 2009.

L'ente parigino mette le mani avanti: questi dati previsionali sono soggetti a cospicui margini di errore, 1,4 punti sui primi tre mesi e 1,6 punti sul secondo trimestre. La performance attesa sull'Italia è inferiore a quella generale prevista sul G7: Pil più 1,9 per cento annuo sui primi tre mesi e più 2,3 per cento sul secondo trimestre. Tuttavia è migliore delle attese sulla Germania relative al primo trimestre, meno 0,4 per cento, sebbene la locomotiva tedesca dovrebbe tornare a macinare un solido più 2,8 per cento nel secondo trimestre, stima l'Ocse.

07 aprile 2010

 

 

2010-04-02

Conti pubblici, Istat: dati in peggioramento

Nel quarto trimestre del 2009 l'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari al 4,5% in forte peggioramento rispetto al 2,4% dello stesso periodo del 2008. Lo rende noto l'Istat. Quanto al saldo primario, nel quarto trimestre, è risultato positivo e pari a 966 milioni di euro ( più 11.036 milioni di euro nel corrispondente trimestre del 2008), con un incidenza positiva sul Pil dello 0,2% (+2,7% nel corrispondente trimestre del 2008). Le operazioni di swap appartengono alla categoria degli strumenti derivati e consistono nello scambio di flussi di cassa tra due controparti.

Nel quarto trimestre il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo e pari a 966 milioni di euro (più 11.036 milioni di euro nel corrispondente trimestre del 2008), con una incidenza positiva sul Pil dello 0,2 per cento (più 2,7 per cento nel corrispondente trimestre del 2008). Nel quarto trimestre 2009, il saldo corrente (risparmio) è risultato negativo e pari a 2.012 milioni di euro, contro il valore positivo di 9.531 milioni di euro nel corrispondente trimestre dell`anno precedente, con una incidenza negativa sul Pil pari allo 0,5 per cento (più 2,4 per cento nel corrispondente trimestre del 2008). Nel 2009 il saldo corrente in rapporto al Pil è stato negativo e pari al 2% per cento (più 0,8 per cento nel 2008).

02 aprile 2010

 

 

 

2010-03-24

Lavoro, boom disoccupazione: al 7,8%. Nel 2009 persi ben 380mila posti

L'economia italiana ha bruciato nella media del 2009 ben 380mila posti di lavoro con un tasso di disoccupazione che è salito al 7,8% dal 6,7% del 2008. Lo comunica l'Istat diffondendo i dati sul mercato del lavoro nell'ultimo trimestre dell'anno appena trascorso. Nel quarto trimestre 2009 gli occupati infatti sono diminuiti di 428mila unità rispetto allo stesso periodo 2008. Nella media del 2009 sono 1.945.000, dato più alto dal 2004.

"Alla flessione robusta dell'occupazione maschile (-2%, pari a -274.000 unità in confronto alla media 2008), si associa quella meno accentuata, ma comunque rilevante, dell'occupazione femminile (-1,1%, pari a -105.000 unità)", sottolinea l'Istat.

A livello territoriale, la discesa dell'occupazione resta contenuta allo 0,5% nel Centro ma raggiunge l'1,3% nel Nord e il 3% nel Mezzogiorno, "sotto la spinta della forte perdita impressa dalla componente maschile".

Si conferma elevato il numero di inattivi, che in media annua sale del 2,3% e porta il totale a 14,8 milioni. Il tasso di inattività aumenta di 0,6 punti percentuali al 37,6%.

Il tasso di disoccupazione degli ultimi tre mesi del 2009, espresso in termini destagionalizzati, aumenta all'8,6%, 1,5 punti percentuali in più rispetto al terzo trimestre dello scorso anno. Aumenta l'esercito dei disoccupati.

24 marzo 2010

 

 

 

2010-03-11

Crisi,il premier vede la ripresa. Ma l'Europa la pensa diversamente

Dopo la crisi economica "è iniziata la risalita" che "non sarà veloce, non ha grandi numeri, ma è certamente una risalita". Silvio Berlusconi presenta la Banca del Sud: "Non sarà un carrozzone" e interviente sulla rececessione. Ma dalla Bce arriva un monito sui conti pubblici: "Correzione dei conti entro il 2011".

La Banca centrale europea torna quindi a spronare i paesi dell'area euro ad affrettarsi sui programmi di risanamento dei conti pubblici, che in ogni caso "dovranno iniziare al più tardi nel 2011". E la portata della correzione dovrà "spingersi ben oltre" mezzo punto percentuale in meno l'anno sul rapporto deficit-Pil prevista dai trattati Ue per situazione 'normalì. Messaggi che l'istituzione di Francoforte avanza da mesi e che vengono ribaditi nell'ultimo bollettino mensile.

"Benché alcuni paesi abbiano annunciato misure correttive per quest'anno - si legge - molti altri prevedono di avviare un processo di risanamento dei conti pubblici solo nel 2011".

Guardando al caso della Grecia - che quest'anno intende ridurre il suo deficit-Pil di ben 4 punti, ma dopo un esplosivo 12,7 per cento raggiunto nel 2009 - la Bce ricorda che il Consiglio Ecofin ha fissato al 2012 il nuovo termine ultimo per riportare il disavanzo sotto la soglia limite del 3 per cento.

11 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-01

Disoccupazione all'8,6%, è il dato peggiore dal 2004

Oltre 2 milioni e 144 mila persone sono in cerca di lavoro nel nostro paese. Il dato si riferisce a gennaio, mese in cui la disoccupazione ha raggiunto un tasso dell'8,6%, il peggiore mai registrato dal 2004. È quanto comunica l'Istat.

Il numero di occupati in Italia (a gennaio 2010) è pari a 22 milioni 904 mila unità, sostanzialmente invariato rispetto a

dicembre e inferiore dell'1,3% (-307 mila unita') rispetto a gennaio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 57% (inferiore,

rispetto a dicembre, di 0,1 punti percentuali e di un punto rispetto a gennaio 2009). Il numero delle persone in cerca di

occupazione risulta pari a 2 milioni 144 mila unità, in crescita dello 0,2% (+5 mila unità) rispetto al mese precedente e del

18,5% (+334 mila unità) rispetto a gennaio 2009. Il tasso di disoccupazione si posiziona all'8,6 per cento (con una variazione

congiunturale sostanzialmente nulla ma in crescita di 1,3 punti percentuali rispetto a gennaio 2009). Il dato è il peggiore dal

2004. Il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 26,8%, con una crescita di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente

e di 2,6 punti percentuali rispetto a gennaio 2009.

01 marzo 2010

 

 

 

Disoccupazione in crescita all'8,6%. Ai massimi dal 2004

commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

1 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Disoccupazione in Francia stabile al 9,1%

Nell'area Ocse la disoccupazione sale all'8,8%

Istat: nel terzo trimestre disoccupazione al 6,1Subject:

Cala ancora la disoccupazione: è al 5,6 per cento

Disoccupazione ai massimi da tre anni Persi 378mila posti di lavoro

 

Il tasso di disoccupazione, a gennaio, continua a salire e si porta all'8,6%: si tratta del dato peggiore dal gennaio 2004. Lo comunica Istat, aggiungendo che le persone in cerca di occupazione aumentano dello 0,2% su mese a 2,144 milioni, mentre su anno del 18,5% (334 mila persone in più). Il tasso di occupazione scende dello 0,1% su mese al 57% e dell'1% su

anno. (agenzia Radiocor)

1 marzo 2010

 

 

 

2010-02-12

 

L'allarme di Bankitalia: crescita ai minimi europei

"Stiamo uscendo dalla crisi con un tasso di crescita basso, ai minimi europei. Una crescita economica sostenuta è base di benessere, è presupposto della stabilità finanziaria per un paese ad alto debito pubblico come l'italia. E' futuro per i giovani, dignità per gli anziani, il nostro Mezzoggiorno ne trarrebbe forza, può esserne traino". Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi al congresso Aiaf-Aassiom-Atic-Forex, che si svolge a Napoli, spiega che la "condizione" per la crescita sono le "riforme strutturali, la cui mancanza - sottolinea - ha segnato la perdita di competitività del paese che dura da un quindicennio".

Draghi dice che non è un problema solo italiano, è comune agli altri pesei europei ed è all'origine delle attuali fragilità. L'integrazione europea ha portato stabilità dei prezzi e "fino alla crisi efficace controllo sui deficit pubblici.

Dieci anni fa, all'avvio della moneta unica, si levarono voci a richiedere anche un più forte governo economico dell'unione. Furono sovrastate dai cori entusiasti che celebravano la meta raggiunta insieme all'impegno a resistere a ogni ulteriore integrazione".

"Alla fine dello scorso anno vi erano in Italia oltre 600 mila occupati in meno rispetto al massimo del luglio 2008. La quota di popolazione potenzialmente attiva che è al momento forzatamente inoperosa è elevata e crescente. Finchè la flessione dell'occupazione non s'inverte permane il rischio di ripercussioni sui consumi, quindi sul Pil", ha sottolineato il Governatore della Banca d'Italia nel suo discorso al Forex.

13 febbraio 2010

Vedi tutti gli articoli della sezione "Economia"

 

 

 

 

 

Crisi, il governo è in ritardo

di Romano Prodi

tutti gli articoli dell'autore

Dalla crisi non siamo affatto usciti, anzi ci vorranno ancora molti anni prima di superarla del tutto. Non sono ottimista perché vedo fatica nelle imprese: l’utilizzazione dei macchinari è piombata fra il 60 e il 70% della capacità. È un problema serio: ci vorranno 20 punti di ripresa per ritornare allo sfruttamento pieno degli impianti. Nel frattempo, si indebolisce la struttura finanziaria delle imprese. Rischiamo che nei prossimi mesi diventi estremamente serio il problema degli insoluti.

La crisi ha accentuato la tendenza che vede la produzione industriale europea concentrarsi attorno all’area geografica che va da Amburgo a Firenze. Ciò crea forti diversità di interesse fra Paesi europei e all’interno degli stessi. Avere economie che si orientano in modo diverso rende più complicata politica Ue. Ora l’Italia prende solo le briciole: è il risultato della nostra limitata presenza a Bruxelles. La mancanza di una politica industriale italiana e la ridotta dimensione delle imprese consentono alle grandi aziende europee di fare lobby e orientare le politiche e i finanziamenti Ue quasi naturalmente verso i loro interessi.

Dobbiamo riprendere la politica industriale: non è una parola sporca. La mancanza grandi imprese è un problema serio. Eppure, nonostante questo, nella crisi abbiamo tenuto grazie alla meccanica strumentale, oltre al made in Italy. L’industria è l’unico settore che regge alla concorrenza internazionale. Grazie al fatto che operiamo in settori a tecnologia multipla e con manodopera altamente specializzata. Ciò rende l’imitazione molto più difficile: non è vero che l’Italia si regge solo sul made in Italy. E il costo della nostra manodopera specializzata è molto più basso che negli altri Paesi europei. Il problema non è il costo della manodopera ma la mancanza di politiche settoriali di sostegno alla domanda ma soprattutto alla produzione e alla ricerca. Dobbiamo costruire una politica industriale incentrata sulle nostre caratteristiche, sulle filiere nei settori molto specializzati dove siamo forti. Tuttavia, manca una strumentazione giuridica capace di rafforzare i nostri punti forza e la nostra presenza nei mercati internazionali.

Abbiamo una debolezza molto significativa nei settori fortemente innovativi. Siamo l’ottavo Paese industriale mondo, ma partecipiamo all’innovazione solo per un decimo di quanto fa ad esempio Israele. È un problema enorme: pensiamo all’innovazione dei prodotto di massa: non c’è un telefonino inventato o fabbricato in Italia. Ogni nuovo iPod è un deficit commerciale futuro.

Oggi dobbiamo puntare su scienze della vita, energia, ambiente. In questi campi possiamo fare moltissimo. Ci vuole politica industriale che scomponga i sottosettori, crei rapporti diversi con le Università. E poi ci vuole una grande logistica: oggi il sistema industriale funziona solo con una subfornitura aperta a tutto il mondo.

C’è stato un crollo dell’imprenditorialità dei servizi. Non c’è una sola catena alberghiera nazionale, una catena di pizzerie o di caffè. Sono tutte straniere.

Non ho visto politiche governative di coordinamento per l’innovazione. Non posso nemmeno criticare, perché non si può criticare il nulla. Il nostro programma di Industria 2015 aveva un orizzonte giusto, decennale, perché questi processi hanno bisogno di un obiettivo a lungo termine. Dobbiamo investire nell’aggregazione fra grandi e piccole imprese, nei centri di ricerca, rendere conveniente la trasmigrazione fra università, centri di ricerca, sviluppare tecnologie innovative.

Dobbiamo incentivare la fusione e la collaborazione fra imprese. Ma anche porre grande attenzione quando le imprese vengono acquistate dai fondi finanziari. La loro sorte è quasi sempre segnata: gli obiettivi dei fondi sono a breve, quelli delle imprese a lungo.

Dobbiamo creare imprese, non necessariamente grandi, ma in settori molto specializzati. L’unico modo di uscire stabilmente è inserirsi nell’economia mondiale con nicchie di produzione molto specializzate. Ci vuole uno sforzo molto maggiore. I tecnopoli hanno ancora dimensioni troppo limitate e i rapporti con le università sono troppo fragili. Siamo a livello elementare: c’è invece bisogno di grandi sperimentazioni. E poi abbiamo bisogno di una grande platea di nuovi consumatori: in tutte le grande crisi si è sempre dimostrato che la produzione industriale post crisi non è mai tornata livelli precedenti.

Quanto alla situazione del Meridione,il giudizio è tranchant: "Non esistono le condizioni per lo sviluppo di un’imprenditorialità diffusa a causa delle condizioni di agibilità a causa della presenza massiccia di attività criminali".

12 febbraio 2010

 

 

 

 

 

 

 

Istat, il Pil del 2009 chiude a -4,9% Crisi, peggior dato dal 1980

L'istat ha diffuso la stima preliminare del pil del 4° trimestre 2009. Si è registrata una variaizione negativa pari a -0,2%. La diminuzione congiunturale del Pil è il risultato di una diminuzione del valore aggiunto dell'industria, di una sostanziale stazionarietà del valore aggiunto dei servizi e di un aumento del valore aggiunto dell'agricoltura.

Il quarto trimestre del 2009 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente ed una giornata lavorativa in più rispetto al quarto trimestre del 2008. Su base annuale la contrazione è pari a -2,8%. sulla base di tale metodologia, il Pil corretto per i giorni lavorativi nel 2009 è diminuito del 4,9 per cento. Il 2009 ha avuto una giornata lavorativa in più rispetto al 2008.

La crescita acquisita per il 2010 è pari a zero, sottolinea l'Istat.

12 febbraio 2010

 

 

 

 

 

2010-02-11

Bce: ripresa discontinua e disoccupazione in aumento

L'economia dell'area euro "crescerà a ritmo moderato nel 2010 e il processo di ripresa risulterà probabilmente discontinuo". A dirlo è la Banca centrale europea che avverte: "la disoccupazione dovrebbe seguitare a registrare un certo incremento, attenuando la crescita dei consumi". Nel bollettino mensile l'Istituto di Francoforte spiega inoltre che "le prospettive restano soggette a incertezza".

Il tasso di disoccupazione nell'Eurozona resta molto alto e si colloca al 10,5% nel 2010 e nel 2011, rivisto in leggero calo dello 0,1% nel 2010 e in rialzo dello 0,1% nel 2011. I rischi per le aspettative, notano gli esperti, sono "orientati lievemente al rialzo per il 2010 e il 2011". Le aspettative sulla disoccupazione a lungo termine per il 2014 sono state riviste leggermente al rialzo di 0,1% all'8,6%, mentre i rischi più a lungo periodo sono considerati decisamente al rialzo.

11 febbraio 2010

 

 

 

 

Bankitalia: famiglie più povere, in tre anni il reddito cala del 4%

Famiglie italiane più povere a causa della crisi. Nel biennio 2006-2008 il reddito medio delle famiglie si è contratto in termini reali di circa il 4 per cento. È quanto rileva il supplemento al Bollettino Statistico "Indagini campionarie - I bilanci delle famiglie italiane

nell'anno 2008" publicato dalla Banca d'Italia. "Tenendo conto dei cambiamenti nell`ampiezza e nella composizione della famiglia - spiega Via Nazionale - il reddito equivalente è caduto circa del 2,6 per cento. La riduzione è sostanzialmente simile a quella osservata nel corso della precedente recessione, tra il 1991 e il 1993".

"La riduzione dei redditi - si legge nel supplemento - ha riguardato in misura maggiore i lavoratori indipendenti rispetto ai dipendenti e agli individui in condizione non professionale. Inoltre, la contrazione è stata maggiore per gli individui di età inferiore ai 55 anni ed in particolare per quelli con meno di 45 anni".

"Nel 2008 - aggiunge poi Bankitalia - il reddito familiare medio, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi sociali, è risultato di 2.679 euro al mese. Il 20 per cento delle famiglie ha un reddito mensile inferiore a circa 1.281 euro, il 10 per cento superiore a 4.860 euro; il reddito mediano è pari a 2.174 euro. La concentrazione dei redditi è risultata nel 2008 sostanzialmente in linea con quella rilevata negli anni passati".

10 febbraio 2010

 

 

 

 

 

 

La politica è tornata nelle mani di Wall Street

di Robert Reichtutti gli articoli dell'autore

Il senatore Chris Dodd, presidente della Commissione del Senato sui servizi bancari, in occasione di una recente audizione ha rimproverato i rappresentati di Wall Street per aver inviato "un esercito di lobbisti con il solo compito di uccidere le sensate riforme finanziarie" necessarie ai cittadini. "Il fatto è – ha detto Dodd – che sono frustrato e lo sono anche i cittadini americani". Il senatore Dodd ha imputato a Wall Street l’intransigenza che, secondo lui, sarebbe la ragione per cui il Congresso non è riuscito finora ad approvare nessun disegno di legge per disciplinare l’attività finanziaria di Wall Street. "Il rifiuto delle grandi società finanziarie di collaborare in maniera costruttiva con il Congresso in merito alla riforma del sistema finanziario, ha quasi il sapore di un insulto nei confronti degli americani che hanno pagato duramente il prezzo di questa crisi".

In altre parole non è colpa del Congresso. Non è colpa della Commissione del Senato per i servizi bancari. E certamente non è colpa di Dodd. La ragione per cui è passato oltre un anno da quando è stato realizzato il più grosso salvataggio della storia del pianeta e nulla è stato fatto per impedire che il fenomeno si ripeta nel momento in cui le principali banche stanno elargendo oltre 30 miliardi di dollari di bonus e la Goldman Sachs sta regalando ai suoi trader più importanti 16 miliardi di dollari di bonus (più dei 13 miliardi di dollari ricevuti dalla Goldman Sachs dalle tasche dei contribuenti con il salvataggio dell’Aig) e la stessa Aig sta sperperando grosse somme in bonus, la ragione è... quale è esattamente, Senatore? La ragione è che Wall Street ha inviato un esercito di lobbisti a Capitol Hill?

Datemi pure del sorpassato, ma credevo che il compito di legiferare fosse del Congresso e non di Wall Street.

Ovviamente il senatore Dodd ha trascurato il particolare più indicativo e significativo. È a Wall Street che si trova il denaro per le campagne elettorali. E il senatore Dodd lo sa meglio di chiunque altro. Da anni riceve denaro per finanziare le sue campagne elettorali.

Le società e i dirigenti di Wall Street sono stati straordinariamente generosi nei confronti di entrambi i partiti politici e lo stesso Partito Democratico, come emerso di recente, ha ricevuto grossi contributi elettorali dal mondo della finanza. Tra il novembre 2008 e il novembre 2009, le società e i dirigenti di Wall Street hanno elargito 42 milioni di dollari ai legislatori, per lo più ai membri delle commissioni per i servizi bancari del Senato e della Camera e ai leader di entrambi i rami del Congresso. Durante le elezioni del 2008, Wall Street ha riversato sui candidati democratici oltre 88 milioni di dollari e oltre 67 ne ha donati ai candidati repubblicani. In sostanza, insieme alla compagnie di assicurazioni, le società finanziarie sono tra i principali contribuenti di entrambi i partiti.

Alcuni democratici si lamentano a denti stretti perché le parole dure pronunciate nelle ultime settimane dalla Casa Bianca con il presidente che ha definito "vacche grasse" i residenti della giungla di Wall Street minacciandoli di imporre limiti alle dimensioni delle imprese finanziarie e ai rischi che possono prendere e arrivando persino a sventolare loro in faccia una versione annacquata della legge Glass-Steagall, sta rendendo più difficile ricevere finanziamenti in vista delle elezioni di mezzo termine. E, sia pure non ufficialmente, Wall Street sta minacciando di dare più denaro ai repubblicani se non finiranno di soffiare i venti di guerra. Il Congresso non sta facendo nulla su Wall Street perché è finanziariamente nelle mani di Wall Street. Lo sfogo di Dodd assomiglia a quello dell’alcolizzato che urla al barista: "come osi negarmi un altro bicchiere quando ti ho implorato di darmi solo un goccetto!". Su una cosa Dodd ha ragione. Gli americani sono frustrati e l’incapacità del Congresso di approvare una vera riforma finanziaria è un vero e proprio insulto. Ma il tentativo di dare la colpa a Wall Street è un insulto ancora piu’ pesante.

Robert Reich, già ministro del Lavoro con Bill Clinton, insegna Politica Pubblica all’Università della California a Berkeley.

© IPS - Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

11 febbraio 2010

il SOLE 24 ORE

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.ilsole24ore.com

2010-08-20

L'economia stenta e la Bce rinvia la stretta mentre i rendimenti dei Bund vanno ai minimi storici

di Antonia BordignonCronologia articolo20 agosto 2010Commenta

* Leggi gli articoli

*

*

*

*

Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 15:41.

*

*

*

*

La Bce non ha intenzione, per ora, di stringere i cordoni della borsa e continuerà a fornire liquidità illimitata a tasso fisso alle banche fino alla fine dell'anno. A lanciare questo messaggio è stato, manco a dirlo, il falco per eccellenza, Axel Weber, presidente della Bundesbank e membro del consiglio dei governatori della banca centrale europea. In una intervista a Bloomberg, Weber ha sottolineato che non ci sono rischi di inflazione (come si sa una delle massime ossessioni dell'Eurotower) nel medio periodo e che il dibattito sulle misure di exit strategy è tranquillamente rinviato al primo trimestre 2011. La fragilità della ripresa mondiale, americana in particolare, del resto, allontana la stretta monetaria ma accresce l'incertezza degli investitori.

Sul mercato dei titoli Stato, infatti, una nuova ondata di acquisti si è riversata stamani sui Bund tedeschi, ritenuti i più sicuri dell'Eurozona, schiacciando i rendimenti decennali al nuovo minimo storico del 2,262% e i trentennali al 2,895 per cento. Sono risaliti, invece, i rendimenti dei titoli di stato di Grecia, Irlanda e Portogallo, i paesi dell'Eurozona più indebitati e considerati più a rischio. Anche lo spread di rendimento tra Btp decennali italiani (3,78%) e Bund tedeschi (2,29%) si è inerpicato fino a 149 punti, a ridosso dei massimi dello scorso fine settimana.

I timori sulla consistenza della crescita economica mondiale hanno alimentato, quindi, una domanda di "sicurezza" che si è riversata soprattutto sui Bund, i titoli del paese dell'eurozona che meglio ha reagito alla crisi e dove i segnali di ripresa sono più solidi. Dall'inizio dell'anno i rendimenti dei Bund hanno perso infatti oltre 100 punti base (l'1%) dal picco del 2010 del 3,43% toccato il 4 gennaio. Anche i ieri i dati macroeconomici hanno confermato che l'economia americana non riparte e sono tornate in primo piano le preoccupazione di una ricaduta nella recessione.

Uno scenario che penalizza ovviamente i titoli di Stato dei paesi periferici dell'eurozona e tende ad ampliare ulteriormente i differenziali di rendimento rispetto ai Bund della virtuosa Germania. In particolare, i rendimenti decennali dei titoli greci sono saliti di 10 punti base al 10,75%, alzando al 847 punti lo spread con i Bund. La Grecia è in attesa di 6,5 miliardi di euro di aiuti richiesti ufficialmente alla Ue e alla Bce e che dovrebbero arrivare dopo le misure di risanamento adottate dal governo di Atene e che hanno portato a una riduzione del deficit pubblico del 39,7%, a 12,1 miliardi, nei primi sette mesi dell'anno.

 

 

 

 

2010-08-18

l pil dell'area Ocse sale dello 0,7% nel secondo trimestre. Corrono Germania e Gran Bretagna, Italia in coda

di Stefano NatoliCronologia articolo18 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2010 alle ore 13:51.

Il prodotto interno lordo dell'area Ocse è cresciuto dello 0,7% nel secondo trimestre dell'anno rispetto ai tre mesi precedenti, confermando il ritmo di espansione già registrato tra gennaio e marzo rispetto al quarto trimestre 2009. Secondo i dati Ocse, il pil è cresciuto dell'1% sia nell'eurozona sia nella Ue grazie al balzo del 2,2% messo a segno dalla Germania (miglior performance dalla riunificazione). L'economia è inoltre cresciuta dell'1,1% nel Regno Unito (da +0,3% nel trimestre precedente), dello 0,6% in Francia (da +0,2%), e dello 0,4% in Italia (invariato rispetto alla prima frazione dell'anno).

La crescita del pil ha fatto invece segnare una frenata in Giappone (a 0,1% da 1,1%) e negli Usa (a 0,6% da 0,9%).

Facendo un raffronto su base annua, il pil dell'area - che comprende 32 paesi a economia avanzata in tutto il mondo - é cresciuto del 2,8% dal 2,4% calcolato alla fine del primo trimestre. Su base tendenziale la miglior performance é stata messa a segno - ancora una volta - dalla Germania (+3,7%). La crescita più lenta é stata invece registrata dall'Italia (+1,1%).

Le associazioni dei consumatori esprimono la loro preoccupazione. "La situazione e le prospettive del nostro Paese non sono affatto positive", sottolineano in una nota i presidenti di Adusbef e Federconsumatori, Elio Lannutti e Rosario Trefiletti. Le due associazioni lanciano un allarme: "Le prospettive per l'autunno non delineano alcun miglioramento, anzi, ci aspetta una stagione densa di aumenti e spese. Tutto ciò comporterà, come prima stima, una stangata per le famiglie da 886 a circa 1.100 euro annui".

Per il Codacons i dati diffusi oggi dall'Ocse "dimostrano che l'Italia più che locomotiva è la Cenerentola d'Europa. La decisione sciagurata e solitaria del governo italiano di non voler spendere soldi per uscire prima dalla crisi farà retrocedere il nostro Paese rispetto alla posizione internazionale che occupava prima dello scoppio della recessione mondiale. L'Italia con questo basso ritmo di crescita, non potrà tornare ai livelli dei consumi pre-crisi fino al 2015".

 

 

 

 

Draghi: "Stabilità finanziaria e più crescita con le nuove regole di Basilea 3"

Cronologia articolo18 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2010 alle ore 12:17.

I costi immediati delle nuove regole sul capitale bancario imposte da Basilea III sono gestibili, mentre i benefici nel lungo termine saranno notevoli in termini di stabilità finanziaria e crescita. A dirlo è il presidente del Financial Stability Board e governatore di Bankitalia Mario Draghi in una nota emessa dalla Banca dei regolamenti internazionali

Passare alle nuove regole di Basilea III, che impongono una stretta sul capitale bancario e la liquidità delle banche, sottrarrà appena lo 0,04% l'anno alla crescita del Pil per un periodo di quattro anni. La valutazione è del Financial Stability Board e del Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria guidato da Nout Wellink, secondo cui i costi associati alla transizione alle nuove regole saranno "modesti" in termini di impatto sulla produzione aggregata e deriveranno principalmente dal trasferimento dei costi dalle banche all'economia reale, con impatto sugli investimenti.

Se i requisiti più stringenti saranno introdotti gradualmente nel corso di oltre quattro anni , la valutazione è che un aumento di un punto percentuale del rapporto fra capitale ordinario e attività commisurate al rischio avrà un impatto di "appena lo 0,04% sulla crescita annua del Pil nei quattro anni e mezzo". Un effetto che si riduce a meno della metà nel caso di un aumento del 25% degli asset liquidi. Mentre al contrario il passaggio alle nuove regole attraverso un più breve periodo di transizione (due anni e mezzo) avrebbe un impatto sul Pil "leggermente più elevato".

 

 

 

 

2010-08-16

La Cina seconda economia mondiale supera il Giappone. Grafico del Pil a confronto

di Andrea FranceschiCronologia articolo16 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 16 agosto 2010 alle ore 08:12.

La Cina è la seconda economia mondiale, prima del Giappone e dopo gli Stati Uniti. Il sorpasso è stato sancito dalle statistiche ufficiali sull'andamento delle due economie nel secondo trimestre del 2010. Pechino ha registrato un Pil di 1.339 miliardi di dollari, contro i 1.288 miliardi del Giappone. Tokyo mantiene (almeno per il momento) la posizione di numero due nel conteggio dei primi sei mesi dell'anno.

Il Pil nominale giapponese (cioè espresso nel suo valore in moneta attuale) ammonta infatti a 2.578,1 miliardi di dollari nel totale del semestre. Quello cinese a 2.532,5 miliardi di dollari. La totalità degli analisti dà però per certo l'allungo definitivo di Pechino sul Sol Levante nell'ultimo trimestre dell'anno. Una volata che porterebbe così la Cina alla seconda posizione assoluta.

Il sorpasso era largamente prevedibile se si osserva il grafico del tasso di crescita dei due paesi negli ultimi 10 anni. Il Giappone, dopo decenni di sviluppo, è entrato negli anni novanta in una fase di stagnazione, aggravata dagli effetti della deflazione. La Cina, per contro, ha cominciato ad espandersi a ritmo sostenuto. Il basso costo del lavoro (e le tutele pressoché nulle dei diritti degli operai nonostante la Cina resti un paese comunista ndr.) ha spinto le esportazioni e attratto gli investimenti delle aziende di tutto il mondo che qui hanno aperto stabilimenti.

Il risultato è una crescita a doppia cifra del prodotto interno lordo che l'ha portata dal settimo al secondo posto nella classifica delle economie globali. Nel 2007 ha sorpassato la Germania e ora il Giappone. Il gap con gli Stati Uniti è ancora molto ampio. Per il 2010 la Cina dovrebbe far segnare un prodotto interno lordo pari a 5000 miliardi di dollari, mentre gli Usa sono a quota 15mila. Anche se, ed è abbastanza improbabile, la Cina continuasse a crescere al ritmo dei primi anni 2000 anche in futuro, ci vorrebbe un decennio o più per raggiungere gli Stati Uniti. Ma tra gli addetti ai lavori già si scommette su quando arriverà il sorpasso. Secondo Jim O'Neill, capo economista di Goldman Sachs, nel 2027.

Un'altra economia emergente che sta scalando la classifica mondiale è il Brasile che si piazza all'ottavo posto tallonando l'Italia, che segue a breve distanza la Gran Bretagna. La Francia si piazza al quinto posto mentre la Germania è al quarto. Il tasso di crescita dell'economia cinese, come annunciato dai recenti dati macroeconomici, dovrebbe peraltro rallentare nel corso del 2010. Secondo quanto dichiarato da Fan Jianping, direttore della divisione di ricerca congiunturale del Centro statale di informazione, al quotidiano cinese "People's Daily", il tasso di crescita sarà del 9,2% nel terzo trimestre, ma frenerà in seguito a un ritmo dell'8-8,5% nel quarto trimestre (+10,3% nel secondo trimestre e +11,9% nel primo).

L'anno prossimo il ritmo di crescita non terrà il passo con il 2010, ma "resterà almeno intorno all'8%" ha detto l'economista, secondo il quale una nuova accelerazione é possibile da metà 2011. "Non ci sono motivi - dice Jianping - di preoccuparsi eccessivamente per la crescita" e il Governo non prevede di mettere a punto nuovi piani di sostegno alla congiuntura.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

Il pieno di metano per le auto si farà in casa. Parola di Calderoli

Cronologia articolo16 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 16 agosto 2010 alle ore 19:38.

Per chi ha un' automobile a metano d'ora in poi sarà più semplice fare rifornimento. Un decreto legge, anticipato dal nostro giornale l'8 maggio, dà infatti la possibilità di installare dei piccoli distributori anche nel proprio garage. Il ministro Roberto Calderoli rilancia da Ponte di Legno la sua iniziativa, facendo notare che da circa due mesi, grazie a una nuova norma da poco approvata sull'esempio di un'analoga norma vigente in provincia di Bolzano, è possibile installare un impianto per la distribuzione del metano in casa.

Si tratta di una decreto convertito in legge in giugno ma che è passato inosservato, perché parte di un decreto molto più ampio: "Con la possibilità di fare metano nel proprio garage ci sarà - prevede Calderoli - un forte aumento della domanda di auto a metano, finora fortemente condizionata dalla sporadicità dei punti di distribuzione".

In Italia gli impianti di rifornimento casalingo vengono prodotti dalla Brc, un'impresa della provincia di Cuneo e che creerà circa 600 nuovi posti di lavoro. Il ministro per la semplificazione normativa ha anticipato anche che qualche azienda automobilistica potrebbe regalare questo impianto casalingo.

 

 

 

2010-08-14

Sfiora i 16mila euro il debito medio delle famiglie italiane

di Claudio TucciCronologia articolo14 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2010 alle ore 12:42.

L'indebitamento medio delle famiglie ha toccato, nel dicembre del 2009, quota 15.930 euro. Lo rileva un'indagine della Cgia di Mestre, che ha preso in considerazione i debiti derivanti dall'accensione di mutui per l'acquisto della casa, dai prestiti per l'acquisto di beni mobili, dal credito al consumo, dai finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili.

Rispetto al dicembre 2008, l'indebitamento medio nazionale degli italiani è cresciuto in termini assoluti di 863 euro.

A livello provinciale le "sofferenze" maggiori sono a carico delle famiglie di Roma (22.394 euro), seguite da quelle di Lodi (22.218 euro) e da quelle di Milano (22.083 euro). Al quarto posto troviamo Trento (21.644 euro), di seguito Prato (21.442 euro), Como (20.695euro). Per Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, "le province più indebitate sono quelle che presentano anche i livelli di reddito più elevati". Ma a faticare, aggiunge, sono soprattutto i nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli specie del Mezzogiorno, a testimonianza, spiega, "che l'aggravarsi della crisi economica sta penalizzando le famiglie monoreddito con più figli che sono concentrate in particolar modo nel Sud".

A vivere con minore ansia la preoccupazione di un debito da onorare nei confronti degli istituti di credito o degli istituti finanziari, continua l'analisi della Cgia, sono le famiglie sarde, in particolare quelle residenti nelle provincie di Carbonia-Iglesias (7.486 euro), Medio Campidano (7.431 euro) e, infine, Ogliastra (5.784 euro). Il record della crescita del debito delle famiglie avvenuta tra il primo gennaio 2002 (data dell'introduzione dell'euro) e il 31 dicembre 2009, invece, appartiene alla provincia di Caserta, che in questi 8 anni è stato del +137,4 per cento.

Sempre in questo periodo la crescita dell'indebitamento medio delle famiglie è quasi raddoppiata: l'incremento è stato del +91,7 per cento. Nello stesso arco temporale, invece, l'inflazione a livello nazionale è cresciuta del +16,6 per cento. Rispetto al 31 dicembre 2008, sono solo due le province che hanno visto diminuire il livello di indebitamento delle famiglie. Vale a dire, Parma (-137 euro rispetto l'anno prima) e Verbano-Cusio-Ossola (-461 euro).

 

 

 

 

 

2010-08-13

La locomotiva tedesca torna a correre nel secondo trimestre il pil compie un balzo del 2,2%

Cronologia articolo13 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2010 alle ore 08:51.

La locomotiva tedesca archivia un secondo trimestre d'oro. Il prodotto interno lordo della Germania ha segnato, nel secondo trimestre dell'anno, secondo i dati preliminari rilevati dall'ufficio statistico federale tedesco corretti per gli effetti stagionali, un aumento del 2,2% rispetto al trimestre precedente. Il dato batte le stime del consensus di analisti che, secondo un sondaggio di Bloomberg, aveva previsto in media un rialzo intorno al +1,3%. Anno su anno la crescita é del 4,1% (+2,1% rivisto nei primi tre mesi).

L'economia della Germania sta così crescendo al ritmo più veloce dalla riunificazione. Il dato batte le stime del consensus di analisti che aveva in media previsto un rialzo intorno al +1,3%. "Non c'è mai stata una crescita così forte nella Germania riunificata", sottolinea l'Ufficio federale di statistica che ha rivisto la crescita del primo trimestre al rialzo dallo 0,2 allo 0,5%.

La congiuntura tedesca sta cogliendo le opportunità offerte dalla ripresa della domanda globale, quindi dal rilancio delle esportazioni favorite dalle quotazioni dell'euro che (con un calo del 10% rispetto al dollaro in un anno) rende più competitiva l'offerta europea. Esportazioni e investimenti, ha indicato l'ufficio di statistica tedesco, sono stati i driver principali della crescita nel secondo trimestre. Ma un buon contributo è arrivato anche da spesa pubblica e consumi.

La ripresa economica ha segnato un'accelerazione nel secondo trimestre anche nell'area euro: il Pil ha registrato un aumento dell'1%, secondo la stima preliminare diffusa da Eurostat, mentre nel confronto con lo stesso periodo di un anno prima risulta cresciuto dell'1,7 per cento. Nei primi tre mesi dell'anno il Pil di Eurolandia aveva segnato un incremento limitato allo 0,2 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. In Italia dato stabile a +0,4 per cento.

I dati di oggi si sono rivelati superiori alle attese degli analisti, che in media prevedevano un più 0,7-0,8 per cento sul Pil di Eurolandia, pesumibilmente grazie alla forte spinta da parte della Germania. Percedentemente la prima economia dell'area ha riferito di uno scatto del 2,2 per cento sul Pil del secondo trimestre, il progresso più vigoroso dai tempi della riunificazione. Anche sull'insieme dell'intera Unione europea a 27 il Pil del secondo trimestre ha registrato un aumento dell'1 per cento rispetto al periodo immediatamente precedente, riporta ancora Eurostat. E anche in questo caso il confronto su base annua evidenzia una crescita economica dell'1,7 per cento. Nei primi tre mesi dell'anno il tasso di espansione era stato invece dello 0,5 per cento, mentre nell'area euro era stato pari allo 0,6 per cento. Il dato dell'area euro, più 1 per cento dai tre mesi precedenti, viene messo a confronto con il più 0,6 per cento registrato dal Pil degli Stati Uniti, che ha seguito un più 0,9 per cento nei primi tre mesi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

Entrate tributarie in calo. Il debito pubblico migliora

di Claudio TucciCronologia articolo13 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2010 alle ore 13:25.

Nei primi sei mesi del 2010 le entrate tributarie complessive dello Stato sono risultate in calo del 2,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La stima arriva dal Tesoro, nel consueto rapporto sulle entrate tributarie, che sottolinea come, da gennaio a giugno, le entrate totali, al lordo delle una tantum, sono state pari a 180.612 milioni di euro. Al netto delle una tantum (1.582 milioni di euro), l'asitcella scende a 179.030 miliardi (-0,7%), con un ulteriore miglioramento rispetto ai primi cinque mesi del 2010 quando il calo era pari all'1 per cento.

Tutto questo mentre Bankitalia nel supplemento al Bollettino statistico dedicato alla finanza pubblica, certifica un calo del debito pubblico italiano a giugno 2010: si è attestato a 1.821,982 miliardi di euro contro i 1.827,105 miliardi di maggio scorso. Palazzo Koch ha fornito anche i dati sulle entrate tributarie nei primi sei mesi del 2010, che, a differenza della stima dell'Economia, sarebbero in calo del 3,18% rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso. Tuttavia come ricordano da Bankitalia e Tesoro non ci sarebbe nessuna incompatibilità tra le due rilevazioni, visto che via XX Settembre commenta i dati delle entrate erariali rilevate in base al criterio della competenza giuridica, mentre Bankitalia pubblica i dati riferiti agli incassi. Pertanto i dati di entrambi sono coerenti.

La flessione, si legge nel rapporto del Tesoro, "è imputabile al previsto minor versamento a saldo registrato a febbraio 2010 dell'imposta sostitutiva su interessi e altri redditi da capitale". Al contrario risulta favorevole l'andamento dei ruoli incassati, che nel periodo evidenziano una crescita pari a 258 milioni di euro (+11,8%), come anche quello delle imposte degli enti territoriali che registrano una variazione positiva di 403 milioni di euro (+2,8 per cento). Nel complesso, quindi, le entrate tributarie del bilancio dello Stato e degli enti territoriali, inclusi gli incassi erariali dei ruoli e l'effetto nettizzante delle poste correttive (185.987 milioni di euro per il 2010 contro 184.982 milioni di euro per il 2009), evidenziano un lieve incremento pari a 1.005 milioni di euro (+0,5 per cento).

Le compensazioni d'impostasulla componente legata all'Iva, risultano in forte diminuzione mostrando una riduzione di ben 4.598 milioni di euro (-40,5 per cento). Il risultato negativo dell'imposta sostitutiva su interessi e altri redditi da capitale (-4.256 milioni di euro, pari a -55,9%), è imputabile sia al previsto minor versamento a saldo (febbraio 2010) conseguente alla riduzione dei tassi d'interesse avvenuta nel 2009, sia alle minori ritenute derivanti dagli interessi corrisposti sui buoni postali fruttiferi rimborsati nel 2009.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

Bossi: "Come si va avanti in un casino così?". Poi stoppa l'attacco a Napolitano

Cronologia articolo13 agosto 2010

*

*

*

*

*

Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2010 alle ore 22:11.

*

*

*

*

"È naturale che si vada ad elezioni quando il governo non funziona più". Lo ha detto il leader della Lega Umberto Bossi commentando le preoccupazioni del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano riguardo le possibili conseguenze per l'Italia di un possibile "vuoto politico" in caso di crisi di governo.

"Dipende che cos'è un vuoto di governo - ha detto Bossi in serata al suo arrivo all'hotel Mirella di Ponte di Legno - potrebbe anche essere una maggioranza spaccata che non riesce a combinare niente". Riguardo allo scontro interno alla maggioranza, Bossi teme che sia "una situazione difficile da sistemare. Non si riesce a capire - ha detto - come si possa andare avanti per qualche anno in un casino del genere".

Bossi ha poi commentato il fatto che alcuni esponenti del Pdl abbiano definito il capo dello Stato "di parte". "Stimo il presidente della Repubblica. So che non farebbe niente per mettersi contro la volontà popolare. Di questo sono certo. Tanto - ha aggiunto Bossi - non serve a niente mettere insieme le cose che non stanno insieme". A chi gli ha chiesto, quindi, come considera il messaggio di Napolitano, Bossi ha risposto: "Penso che avrà anche lui un po' di paura di restare solo, con i partiti che si squagliano, questo sì. E poi dovrebbe chiamare tutti a fare l'impossibile per trovare delle alleanze. Se sono impossibili mi sembra giusto. E poi però deve parlare con i partiti e sentire se l'alleanza c'è e se può tenere per due-tre anni".

Più severo il giudizio sul recente intervento di Luca Cordero di Montezemolo. "Il primo a fallire è stato lui, è un chiacchierone. Lo hanno cacciato via da Confindustria e quando è andato via hanno tirato un sospiro di sollievo". Secondo il leader della Lega Montezemolo "era in Confindustria e voleva fare politica, ma se vuole fare politica, quando ci sono le elezioni presenti un suo partito e vediamo...". Quel che è certo è che, per Bossi, Montezemolo non sarà leader del centro. "Perchè? - ha domandato ai cronisti - Ci volete far vincere troppo facilmente?".

Bossi, infine, non sembra preoccupato dell'aumento della quota del capitale libico in Unicredit, che ha superato il 7 per cento. "No, ho visto di peggio con le banche - ha replicato, interpellato sull'argomento - le banche, sembrerà strano, ma funzionano a soldi. Ha ragione chi ci mette i soldi. Poi è chiaro che sarà Tremonti che dovrà dare un'occhiatina". Per Bossi si tratta di "cose private e nelle cose private è difficile che puoi imporre per legge dei limiti alle azioni. C'è la Costituzione che dice che le cose private sono private - ha detto Bossi - e quindi decidono sulla base della percentuale delle azioni".

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

2010-08-12

L'energia dà forza all'inflazione: a luglio i prezzi al consumo tornano sui massimi da dicembre 2008

Cronologia articolo12 agosto 2010Commenti (2)

Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 11:23.

Inflazione in ripresa a luglio spinta in particolare dal rialzo dei prezzi dei beni energetici. L'indicatore, misurato sulla base dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività comprensivo dei tabacchi, ha segnato, infatti, un aumento dello 0,4% su mese e dell'1,7% su anno (dall'1,3% di giugno), segnando il dato più alto da dicembre 2008. Lo ha reso noto l'Istat confermando le stime preliminari.

clicca qui!

La ripresa dell'inflazione, spiega l'Istat, risente delle tensioni sui prezzi dei beni (+0,2% rispetto a giugno), ed in particolare di quelli dei beni energetici (in aumento sul piano congiunturale dello 0,8%). Un effetto di sostegno alla dinamica dell'indice generale deriva, inoltre, dall'andamento dei prezzi dei servizi (+0,7% sul mese).

Si infiammano i prezzi dei trasporti, continua la gelata sugli alimentari. Con riferimento ai capitoli di spesa, gli incrementi congiunturali maggiori hanno interessato i prezzi dei Trasporti (1,1%), dell'Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili (0,8%) e dei Servizi ricettivi e di ristorazione (0,5%). Diminuzioni su base mensile si sono registrate per i prezzi, degli Alimentari e bevande analcoliche e delle Comunicazioni (-0,1% per entrambi).

Incrementi anche per i pedaggi autostradali saliti su base tendenziale del 6,5% (+2,7% a giugno) e del 3,7% sul mese precedente. L'Istat spiega che quest'ultimo rialzo è dovuto all'art.15 della finanziaria estiva e che si tratta di aumenti bloccati dal Tar ai primi di agosto.

Al netto della componente energetica e degli alimentari freschi, il tasso tendenziale di crescita dei prezzi al consumo é pari all'1,5%, un decimo di punto percentuale al di sopra del dato di giugno. L'inflazione acquisita per il 2010 é pari a più 1,4%.

 

 

 

Allarme sulla disoccupazione giovanile: è a livelli record nel mondo e salirà ancora

di Antonia BordignonCronologia articolo12 agosto 2010Commenti (2)

Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 11:53.

La disoccupazione giovanile ha raggiunto un livello record nel 2009 ed è destinata a crescere ulteriormente quest'anno a causa della crisi e della ripresa troppo lenta del mercato del lavoro. A lanciare l'allarme è l'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), l'agenzia Onu con sede a Ginevra. Il rapporto, pubblicato in coincidenza con le celebrazione della Giornata internazionale della Gioventù, evento che apre ufficialmente oggi l'Anno internazionale della Gioventù, spiega che tra il 2007 e il 2009 il tasso di disoccupazione è balzato dall'11,9% al 13%. Un incremento senza precedenti.

clicca qui!

Dei circa 620 milioni di giovani economicamente attivi alla fine del 2009 i senza lavoro erano 81 milioni, il massimo storico. Il loro numero è destinato ad aumentare a 81,2 milioni nel 2010, quando il tasso di disoccupazione salirà al 13,1%, seguito poi da un modesto declino al 12,7% nel 2011. "Non c'era mai stato prima un incremento di questa grandezza da quando registriamo questi dati", ha commentato al New York Times, l'economista dell'Ilo, Steven Kapsos.

La crisi finanziaria globale ha colpito in proporzione più i giovani che gli adulti. In alcuni paesi europei, tra cui la Spagna e la Gran Bretagna, molti giovani hanno addirittura perso ogni speranza di trovare un impiego. Questo fenomeno avrà importanti conseguenze. Rischia di creare "una generazione perduta -spiega Kapsos - costituita di giovani che sono stati spinti fuori dal mercato del lavoro e che hanno perso ogni speranza di poter vivere in modo decente". I dati Eurostat mostrano che la situazione più drammatica è in Spagna dove il tasso di disoccupazione tra i giovani sotto i 25 anni ha raggiunto il 40,5%, ben lontano dal 9,4% della Germania.

Non solo disoccupati ma anche poveri. L' Ilo calcola, inoltre, che circa 152 milioni di giovani lavoratori nel mondo, cioè un quarto degli occupati giovanili, vivano in situazioni di estrema povertà, in famiglie che, nel 2008, sopravvivevano con meno di 1,25 dollari per persona al giorno. Le proiezioni mostrano che la ripresa dell'occupazione giovanile richiederà più tempo rispetto agli adulti, categoria quest'ultima, che ha visto il massimo storico della disoccupazione al 4,9% globale nel 2009 e per la quale é previsto un calo al 4,8% nel 2010 e al 4,7% nel 2011L'allarme disoccupazione resta alto anche Negli Stati Uniti e le ricette per risanare la situazione non hanno finora dato i risultati sperati. Al punto che anche la consigliera economica di Barack Obama, Christine Romer, ha gettato la spugna. All'inizio di agosto, infatti, proprio in coincidenza con la pubblicazione dell'ultimo rapporto mensile del mercato del lavoro americano relativo al mese di luglio, la Romer ha annunciato che lascerà l'incarico alla Casa Bianca e tornerà ad insegnare. Potrebbe essere solo una coincidenza, ma il fatto è che i dati hanno smentito le previsioni e le promesse lanciate da Obama al momento del suo insediamento. Nel gennaio 2009, la Romer aveva previsto che, in assenza di ulteriori interventi correttivi, entro il quarto trimestre 2010 il tasso di disoccupazione avrebbe potuto sfiorare l'8,8%. Oggi siamo al 9,5%. E questo un anno e mezzo dopo il nuovo pacchetto fiscale da 775 miliardi di dollari varato da Barack Obama, che avrebbe dovuto generare, in due anni, tre-quattro milioni di posti di lavoro e portare la disoccupazione sotto l'8%.

Molti economisti spiegano che lo stimolo ha evitato una crisi più severa. E che occorre spendere di più. La Romer, in una intervista a Bloomberg Businessweek di questa settimana, sostiene che "la correlazione tra crescita e occupazione" si è spezzata a causa della peculiarità di questa crisi, prettamente finanziaria. A corto di credito, molte aziende hanno dovuto licenziare più persone del normale. Ma che fare allora per far scendere la disoccupazione? La ricetta della Romer resta la stessa. "Stimolare la domanda. Ripristinare un clima di fiducia in grado di far ripartire i consumi e gli investimenti privati attraverso incentivi alle imprese".

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

2010-08-07

Aerei (+15,2%) e treni (+9,5%) guidano l'inflazione dell'estate

Cronologia articolo8 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2010 alle ore 15:15.

Dormire in albergo, evitando bed & breakfast e altre formule low cost, e a tavola preferire gli spaghetti con le vongole o i crostacei in genere. È la via, stretta, per evitare il tradizionale caro-vacanze, che anche quest'anno è scattato puntuale facendo volare i prezzi dei beni di consumo più apprezzati dai turisti.

Partire è un po' pagare, e anche quest'anno l'inflazione non trascura il popolo delle vacanze. Chi accende l'auto incappa nel +9,9% rispetto all'anno scorso fatto segnare dai carburanti, e il bip del telepass costa il 2,7% in più, mentre per salire su un aereo già a luglio si pagava in media il 15,2% rispetto a 12 mesi prima; agosto, con il suo + 2,7%, ha completato la cura. Non sfuggono alla regola i biglietti ferroviari (+9,5%).

I rincari non abbandonano i turisti una volta arrivati a destinazione: campeggi e bed & breakfast, ovviamente, hanno prezzi più leggeri degli alberghi, ma la forbice si sta chiudendo: rispetto al 2009, gli alloggi low cost hanno aumentato in media il conto del 3,4%, cioè l'esatto doppio dell'1,7% registrato a luglio dall'indice generale dei prezzi, mentre gli alberghi hanno mantenuto le richieste quasi sui livelli dello scorso anno (+0,6% l'aumento medio delle tariffe).

Tutte sopra la media le dinamiche dei prezzi nelle tappe inevitabili del relax turistico: sdraio e ombrellone aumentano del 2,5%, i parchi divertimento del 2,7% e cinema, teatri e musei chiedono il 2,1% in più dell'anno scorso. Al riparo dall'inflazione, appunto, solo gli amanti dei crostacei (gli spaghetti alle vongole costano l'1,9% in meno) e i salutisti: la frutta fresca toglie la sete, offre vitamine preziose e costa il 6,5% in meno rispetto a 12 mesi fa.

 

 

 

 

 

La quarta settimana comincia a metà mese. Al Sud i consumi continuano a calare

di Claudio TucciCronologia articolo9 agosto 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2010 alle ore 11:43.

In dieci anni i consumi delle famiglie meridionali si sono ridotti di oltre un punto percentuale. Precisamente, di 1,3%, passando dal 28,6%, del 1995, al 27,3% del 2007. E le previsioni 2011 confermano la crisi, con una quota di consumi al Sud ferma al 26,8%, in calo di un ulteriore 0,5 per cento. Lo rileva un rapporto dell'ufficio studi di Confcommercio che evidenzia come, al contrario, le spese nelle regioni del Nord, nello stesso periodo, siano risultate in costante aumento. Nel Nord-Ovest, dal 29,6% del 1995 al 30,1%, del 2011. Mentre nel Nord-Est, dal 21,2% al 22,3 per cento. Stabile invece il trend di consumi nelle regioni centrali. Questo a fronte di un rapporto di Federdistribuzione che rincara la dose sostenendo che ormai per il caro spesa e il calo della disponibilità delle famiglie ormai la spesa della quarta settimana in Italia comincia a metà mese.

Il punto, sottolinea Confcommercio, è che l'attuale fase di ripresa sconta una significativa debolezza della domanda delle famiglie meridionali. Le previsioni dei consumi per il 2010 sull'intero territorio sono pari a +0,4%, mentre per il 2011 è previsto un leggero miglioramento (+1 per cento). Due le possibili spiegazioni dei ritardi del Mezzogiorno. La prima, è dovuta alla minore capacità di spesa delle famiglie, visto che, evidenzia il rapporto, curato da Mariano Bella e Livia Patrignani, il reddito disponibile pro capite al Sud continua a essere pari a poco più del 60% di quello Nord. L'altra invece risente dei diversi andamenti registrati dalla popolazione residente nei territori, che continua - cioè - a spendere molto meno della quota dei consumi dei turisti.

Il rapporto di Confcommercio evidenzia anche comenegli anni della crisi, il biennio 2008-2009, il calo della spesa abbia colpito anche le regioni del Centro- Nord. Le regioni settentrionali, scrive lo studio, hanno risposto alla crisi in modo disomogeneo, con una riduzione molto marcata in Piemonte (oltre il 5% nel periodo recessivo) a cui si è contrapposta una tendenza al ridimensionamento abbastanza contenuta in Liguria e in Emilia Romagna. Le regioni del Centro, dopo aver mostrato una stabilità nel 2008, hanno subito nel 2009 una marcata contrazione della spesa, soprattutto Toscana e in Umbria. Nel decennio 1996-2007, Valle d'Aosta, Lazio e Veneto sono le regioni con le migliori performance (tutte con una variazione media annua dei consumi prossima al +2%), mentre Puglia, Abruzzo, Liguria e Calabria sono quelle con le minori dinamiche (tutte con una variazione inferiore al punto percentuale).

 

 

 

Ripartono le grandi opere: appalti in aumento del 72%

di Alessandro LebriniCronologia articolo08 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2010 alle ore 08:02.

Le grandi opere trainano il mercato degli appalti di lavori con una crescita del 72%. Segnali di ripresa arrivano anche dalle amministrazioni comunali che mettono a segno degli incrementi nonostante le difficoltà di spesa legate al patto di stabilità.

I dati dei primi sette mesi del 2010, forniti dall'osservatorio Cresme Europa Servizi, mostrano una crescita dei valori messi in gara rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

Gli 11.671 bandi per 19,965 miliardi corrispondono a una conferma sostanziale del numero di opere e a un aumento del 14,9% dei valori a base d'asta. Si blocca l'emorragia di avvisi partita ormai dal lontano 2005, ultimo anno di crescita del numero di appalti promossi dalla pubblica amministrazione, quando si toccò la quota di oltre 33mila gare. Nel 2009 sono state 18.800.

Una piccola ripresa trova conferma dal risultato delle amministrazioni comunali, che tornano in positivo sia per il numero di avvisi che per i valori dei lavori. In particolare i 6.722 appalti per 4,541 miliardi corrispondono a una crescita dell'1,9% per la quantità di gare e del 22,3% per gli importi.

Il boom delle grandi opere è merito soprattutto delle concessionarie autostradali che hanno totalizzato 2,6 miliardi con una crescita del 195%. In rialzo del 38% anche le ferrovie con 682 milioni e le regioni con 385 milioni (+17%).

Certamente pesa sul bilancio totale e settoriale il bando da 2,3 miliardi della Pedemontana lombarda che si è chiuso, come termini di partecipazione, il 2 agosto. Alla scadenza fissata dall'omonima Spa hanno risposto cinque gruppi formati dalle principali imprese di costruzioni d'Europa (Pedemontana non comunica i nomi in questa fase di esame della documentazione).

Il vincitore del maxiappalto realizzerà le tratte B1, B2, C e D della nuova autostrada regionale, 60 chilometri di viabilità locale e 120 di piste ciclo ambientali. Per Pedemontana lombarda si tratta del secondo grande affidamento dopo l'aggiudicazione del primo lotto della tangenziale di Como, della tangenziale di Varese e della tratta A8-A9 del collegamento autostradale Dalmine-Como-Varese-Valico del Gaggiolo al general contractor formato da Impregilo, Astaldi, Aci Scpa-Consorzio Stabile e Pizzarotti per 629 milioni. Anche al netto del maxibando, comunque, il confronto tra 2009 e 2008 sarebbe positivo, sia pure di poco: 17,7 miliardi contro 17,3. Certamente un segno importante. Quasi un terzo dei valori dei lavori pubblici (6,29 miliardi) è stato promosso nel nord-ovest dove, rispetto all'anno scorso, la cifra aumenta del 43 per cento. Calo del 17% sia nel nord-est (2,9 miliardi) che nel Centro (2,5 miliardi) mentre crescono il sud continentale (+10%) e le due isole in termini più consistenti (+55%).

A conferma che l'inversione di tendenza non è un segnale effimero c'è anche il dato mensile di luglio che fa segnare un incremento del 24% rispetto al luglio 2009. Anche in questo caso c'è un buon dato dei comuni, mentre nei settori infrastrutturali del trasporto sono le ferrovie a spingere maggiormente (+255%).

 

 

 

L'impresa Italia recupera redditività, ma sui ricavi ancora non ci siamo

di Antonella OlivieriCronologia articolo10 agosto 2010Commenti (3)

* Leggi gli articoli

* Leggi i documenti

*

*

*

Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 08:19.

*

*

*

*

Cos'è la ripresa? Per le imprese censite nell'ultima indagine "Dati cumulativi" dell'ufficio studi Mediobanca è soprattutto la ripresa dei margini. L'industria manifatturiera, infatti, ha passato il giro di boa di metà 2010 con un recupero dei due terzi dei margini operativi persi nell'intero 2009. Ma sui ricavi ancora non ci siamo. Nel primo semestre infatti è stato di circa il 7% l'aumento del fatturato, vale a dire un terzo di quanto lasciato per strada lo scorso anno: se va avanti così il 2010 rischia di chiudersi con un giro d'affari inferiore a quello del 2008.

Più tonico, in questo contesto, il comparto dell'energia: ma è tutto merito dei prezzi di vendita visto che, nei primi sei mesi di quest'anno, le quotazioni del petrolio, tradotte in euro, sono salite addirittura del 50%. Il risultato è che il fatturato del settore, nella prima metà del 2010, è cresciuto del 20%, mentre i margini operativi sono migliorati del 25%, il che significa non solo aver recuperato, ma anche superato i livelli pre-crisi.

Si tratta di indicazioni significative per tastare il polso all'economia reale, perchè, anche se le semestrali non sono disponibili per tutte le imprese analizzate, il giro d'affari complessivo del campione di 2025 società è rappresentativo del 51% dell'industria italiana (il 43% della manifattura), il 68% dei servizi pubblici, il 33% delle attività nei trasporti, il 24% della distribuzione al dettaglio.

La crisi del 2009.

Un ricco campione, dunque, che evidenzia come la crisi nata dalla finanza si sia scaricata sul mondo produttivo soprattutto nel 2009. Un anno che ha visto il fatturato complessivo ridimensionarsi del 16,5%. Con una differenza sostanziale: mentre i ricavi delle imprese industriali sono scesi del 19,4% (giù in particolare le energetiche, -24,7%), le aziende dei servizi se la sono cavata con una limatura del 2,4% (che sconta in particolare l'arretramento dell'11,6% dei trasporti).

L'eccezione è rappresentata dal settore delle costruzioni che anche lo scorso anno, seppur di poco (+0,3%), hanno ampliato il giro d'affari, grazie però in particolare ai cantieri all'estero (+27,3% l'export). È il contrario di quanto registrato a livello dell'intero campione, dato che le vendite totali delle 2025 imprese analizzate hanno subito una battuta d'arresto più pesante oltre confine (-19,2%) che sul mercato domestico (-15,5%). Pochi altri comparti sono riusciti ad attraversare la crisi senza dimagrire: il farmaceutico, cresciuto del 3,3%, e la grande distribuzione, che ha aumentato il giro d'affari dell'1,5% ma soprattutto grazie all'apertura di nuovi punti vendita. Se si riclassificano le imprese per dimensioni, all'interno dell'industria manifatturiera (-17,2% i ricavi), si vede che hanno sofferto di più i maggiori gruppi (-19,1%) e le aziende medio-grandi (-19,3%), piuttosto che le medie imprese (-16,3%) che oltretutto hanno tagliato di meno investimenti (-15,5% contro la media del 23,1%) e occupazione (-1,7% contro -2,8%).

I margini

Nel 2009 il valore aggiunto è sceso dell'8,1%, il margine operativo netto del 22,5% e l'utile corrente ante-imposte del 17,3%. A salvarsi, anche sotto questo profilo, le imprese farmaceutiche (+36,2% gli utili lordi) e delle costruzioni (+6,8%), affiancate da alcuni rami dell'alimentare grazie al calo dei prezzi delle materie prime, dall'impiantistica (+14,4%), da gomma e cavi (+10,8%). Tiene il terziario (-1,9% il valore aggiunto, -0,9% il risultato corrente prima delle imposte), con la distribuzione al dettaglio che aumenta gli utili lordi di oltre il 42%. Le imprese a capitale privato soffrono più delle aziende pubbliche (-20,2% l'utile lordo delle prime contro il -12,8% delle seconde); e, nel comparto manifatturiero, più i maggiori gruppi (-46,7%) delle medie aziende (-20,5%). Il campione delle 2025 aziende salda con un risultato netto di 16,9 miliardi, il 36,7% in meno rispetto al 2008, nonostante l'aiuto della gestione finanziaria tornata positiva per oltre 2 miliardi.

Gli investimenti

Meno utili, meno investimenti. Gli investimenti tecnici, in particolare, hanno toccato il minimo del decennio: il rapporto tra fatturato netto e immobilizzazioni materiali lorde è crollato dal 118% del 2008 al 95,4% del 2009. In impianti e macchinari le 2025 società hanno speso 27 miliardi, 6 in meno dell'anno prima (-18,6%). A tirare il freno soprattutto le imprese a controllo estero (-21,5%, con la spesa per nuovi investimenti più che dimezzata in un anno), ma anche le imprese pubbliche (-20,9%), meno le grandi imprese (-15,9%) e le aziende di medie dimensioni (-15,3%). Al contrario gli investimenti finanziari sono leggermente aumentati (13,4 miliardi contro 12,5), anche se per importo rappresentano meno della metà degli investimenti tecnici. Alla fine il cash flow prodotto si è asciugato da 57 a 49 miliardi (-13,6%), e agli azionisti sono andati 8 miliardi contro i quasi 27 miliardi dell'anno prima.

Occupazione e produttività

A fare le spese della congiuntura difficile anche l'occupazione: nell'insieme delle 2025 società lo scorso anno sono stati persi più di 26mila posti di lavoro, di cui quasi 13mila nelle imprese a controllo estero che stanno ridimensionando la presenza in Italia.

La produttività è calata dell'8,8%, ma le imprese, a causa della crisi, non sono riuscite a recuperare aumentando i prezzi dei prodotti (che sono anzi scesi del 3,1%) e il risultato è un valore della produzione per dipendente crollato dell'11,6%. Si è cercato di agire sul costo del lavoro (-3,3% il costo per dipendente), ma non abbastanza da evitare una perdita di competitività di oltre otto punti, al top del decennio. Dal 2000 complessivamente la produttività è scesa del 3,6 per cento.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

2010-08-06

Per la Corte dei Conti la manovra frena la crescita

di Claudio TucciCronologia articolo24 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2010 alle ore 12:50.

La manovra di Tremonti (in Aula al Senato il 6 luglio) porta con sé "un elevato rischio di impatto negativo sulla crescita economica". È questo l'allarme lanciato nella Relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato 2009, illustrata, a Roma, dai presidenti di sezione, Gian Giorgio Paleologo e Maurizio Meloni che hanno evidenziato, come conseguenza, il pericolo "di un assottigliamento degli effetti attesi sul disavanzo, soprattutto per via della flessione del gettito fiscale connessa a un più basso livello di attività economica".

La Corte dei Conti ha dato, comunque, il suo "ok" ai conti dello Stato 2009 e il presidente Tullio Lazzaro, alla sua ultima udienza di parifica visto che andrà in pensione a fine mese, ha ricordato come solo "l'affidabilità e la certezza di risultanze contabili complessive consentano di aumentare il quoziente di fiducia nell'attività del governo, in tema di finanza pubblica".

I magistrati contabili, pur riconoscendo gli effetti negativi della crisi, hanno evidenziato, tuttavia, alcune perplessità sui risultati ottenuti dagli interventi messi in campo lo scorso anno dal Governo. "Gli indici relativi all'esercizio 2009 - scrive il procuratore generale della Corte dei Conti, Mario Ristuccia nella sua requisitoria sul Rendiconto - hanno disatteso sia l'auspicio di una progressiva riduzione del debito pubblico, sia deluso l'aspettativa di un miglioramento dei conti pubblici".

"Il Pil - ha ricordato Ristuccia - ha registrato una flessione del 5%; l'indebitamento netto è salito a 80,8 miliardi pari al 3,3% del Pil, l'avanzo primario è sceso a -0,6% del Pil e il debito pubblico ha raggiunto la cifra di 1.760,76 miliardi, pari al 115,8% del Pil. La crisi economica, e la conseguente flessione del reddito, oltre ad alcuni sgravi fiscali hanno rallentato la crescita delle entrate fiscali (+1,9% è la variazione rispetto al totale entrate del 2008) e la pressione fiscale è salita al 43,2% del prodotto, in aumento di 3 decimi di punto rispetto al dato relativo al 2008, risentendo del rallentamento dell'attività economica.

Positivo, invece, il giuidizio sulla lotta all'evasione. Nel 2009, ha evidenziato Ristuccia, é stato raggiunto un livello di riscossioni superiore rispetto al già significativo risultato registrato nel 2008, con un incremento del 19,8% (a 7,043 miliardi) frutto soprattutto "di linee operative adottate dall'Agenzia delle Entrate, mirate e calibrate alle caratteristiche e peculiarità del contribuente e alla realtà economica e territoriale in cui esso opera". Dall'azione della Guardia di Finanza sono stati individuati 7.513 evasori totali, per 13,7 miliardi di redditi imponibili non dichiarati, con incrementi del 5,3 e del 3,8% rispettivamente in confronto al 2008. Importanti, le attese future. Per il quinquennio 2009-2013, evidenza la relazione della Corte, ci si aspettano circa 37 miliardi di maggior gettito atteso dalla lotta all'evasione. La Corte si è poi soffermata sul costo eccessivo dell'apparato amministrativo locale. "La struttura amministrativa delle regioni e degli enti locali - ha sottolineato Ristuccia - è pletorica, ripartita in numerosissimi, e spesso, inutili, centri". Si tratta - ha aggiunto - di un sistema che sopravvive grazie anche ai corposi trasferimenti agli enti locali, che oscillano annualmente tra i 15 e i 20 miliardi. Si pensi, ha poi proseguito, che "il mantenimento dell'apparato burocratico delle province costa al cittadino italiano circa 43 euro pro-capite (nella regione Calabria 83,5 euro)". E, quindi, ha concluso Ristuccia, "se è necessario chiedere sacrifici a molte categorie di cittadini, tra le quali purtroppo anche quelle più deboli, appare ancora più necessario affrontare con decisone e concretezza i problemi della cattiva amministrazione e dello spreco di pubblico denaro come la gran parte del Paese invoca da tempo".

 

 

 

 

Debiti a quota 62 miliardi per i comuni e 11,5 per le province

di Claudio TucciCronologia articolo6 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 12:20.

Il debito finanziario dei comuni supera i 62 miliardi di euro. Così scrive la Corte dei conti nella sua relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali 2008-2009. Si tratta di un dato che fa suonare il campanello d'allarme, anche se, precisano i giudizi contabili, il disavanzo "cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio". Più spinta è invece la crescita del debito delle province che raggiunge quasi 11,5 miliardi. Praticamente, spiega la Corte, "il debito dei comuni grava sulla popolazione residente per quasi 1.100 euro pro-capite e incide sul Pil per il 3,97 per cento. Quello delle province, pesa invece per 200 euro a testa e rappresenta lo 0,75% del Pil".

Critica è anche la sostenibilità del debito. Specie, è scritto nella relazione, per il peso degli interessi e per quello delle quote capitale "che risulta in parte coperto con risorse di natura straordinaria".

Scorrendo le 359 pagine del documento, emerge anche come siano in aumento gli enti in disavanzo: nel 2008, sono passati da 63 a 82, con l'ammontare del disavanzo complessivo in crescita di oltre il 20 per cento. Una situazione, sottolineano i giudici contabili, che "non appare nel complesso incoraggiante, risultando in aumento gli enti interessati e le situazioni di alcuni di essi appaiono allarmanti".

Nel 2009 l'importo dei debiti fuori bilancio è in aumento, ma tale andamento sconta la non completezza degli enti interessati alle rilevazioni. Bisogna però stare attenti. "La patologia dei debiti extra bilancio - sottolinea lo studio - rischia di diventare un evento fisiologico, anche se la recente normativa ha posto limitazioni all'uso dello strumento e l'obbligo di denuncia alle procure della Corte dei conti". Nelle province l'importo dei debiti riconosciuti riguarda maggiormente quelli originati da sentenze, seguiti da quelli per acquisto di beni e servizi. Nei comuni la situazione si presenta simile anche se con una minore incidenza dei debiti da sentenze.

Il fenomeno del dissesto appare nel complesso circoscritto, anche se a seguito dell'introduzione del divieto di indebitamento per la copertura di spese correnti è divenuto maggiormente problematico finanziare il risanamento. E ciò, spiega la Corte, dimostra come sia sempre più arduo "raggiungere il risanamento senza intervento erariale". Va comunque detto che rispetto al passato, le nuove situazioni sono circoscritte per numero e dimensioni. Secondo la Corte poi gli organi straordinari hanno accumulato ritardi nelle procedure di liquidazione e nelle concessioni dei mutui per il ripiano delle passività pregresse. La procedura semplificata di liquidazione con definizione transattiva consente di concludere più rapidamente il risanamento, riducendosi significativamente la massa passiva. Tuttavia però, evidenza il rapporto, "in assenza di mutui con oneri a carico dello Stato per il risanamento, gli enti hanno scarso interesse a dichiarare il dissesto che rappresenta un fallimento politico e incide per il risanamento sui cittadini elettori, per cui può verificarsi il rischio che enti in gravi condizioni ritardino la dichiarazione di dissesto, aggravando ulteriormente la situazione".

Crescono dello 0,8% le spese delle Regioni

 

 

Crescono dello 0,8% le spese delle regioni

di Claudio TucciCronologia articolo6 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 13:33.

Crescono le spese delle regioni. Nel 2008-2009, scrive la Corte dei conti, gli esborsi complessivi sono aumentati dello 0,8 per cento. Salgono le spese correnti: +2,6%, anche se con una dinamica più contenuta rispetto al biennio precedente. I consumi intermedi registano un significativo +4,7%, mentre è in calo la spesa per interessi e quella in conto capitale. Quest'ultima, a sorpresa, segna una flesione di poco inferiore al 10 per cento.

Confrontando poi i rendiconti 2009, emerge anche come il volume di risorse in entrate delle regioni a statuto ordinario ammonti a 152 miliardi, in calo di circa 2 miliardi e mezzo rispetto al periodo precedente. Mostrano una contrazione anche gli accertamenti complessivi, a quota 122,4 miliardi. Le riscossioni sono state pari a 125,6 miliardi, in calo di 12,5 miliardi, a causa, spiegano i giudici contabili, "dei risultati nelle regioni del Centro e del Sud".

Scorrendo le 448 pagine della relazione, spicca anche come le entrate tributarie costituiscano il 35% delle entrate totali regionali e presentano aumenti specie per Irap e addizionale Irpef, che assieme continuano a rappresentare il pilastro fondamentale dell'autonomia tributaria delle regioni, assicurando il 95% del gettito dei tributi propri.

La sanità pubblica si conferma poi il settore che incide maggiormente sulla finanza regionale, assorbendo circa il 73% di risorse. La dinamica di crescita della spesa corrente per il Ssn che nel periodo 2000-2005 è risultata molto spinta, subisce un rallentamento nel 2009 (+ 0,4 per cento). Il patto per la salute prevede misure di contenimento della spesa per il personale e per l'assistenza ospedaliera, anche attraverso il ridimensionamento della rete ospedaliera. Nel 2009 il rapporto tra i costi complessivi del Ssn e il Pil si è attestato al 7,2 %, mantenendo il trend di crescita degli ultimi quattro anni. Gli incrementi dei costi sono superiori a quelli dei ricavi, per cui continuano a registrarsi disavanzi che si concentrano nell'area Centro-Sud.

Per le regioni interessate ai piani di rientro, scrive ancora la Corte, è emersa la necessità di rideterminare i risultati consolidati a livello regionale e i mezzi di copertura a fronte di carenze informative e lacune nei sistemi di controllo interno. Il debito degli enti del Ssn costituisce la parte più significativa del debito delle amministrazioni locali, peraltro si registra in diverse regioni l'allungamento dei tempi di pagamento ai fornitori, il ricorso ad anticipazioni e operazioni di cartolarizzazione. I costi complessivi fanno registrare un costante aumento e a fine del 2009 ammontano a oltre 110 miliardi di euro.

 

 

 

 

2010-08-04

A luglio corre la cassa integrazione straordinaria. In calo le richieste da edilizia e commercio

Cronologia articolo

4 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2010 alle ore 16:00.

Sono aumentate del 9,8% a luglio le richieste di cassa integrazione rispetto a giugno. L'incremento è attribuibile all'aumento di ore autorizzate per cassa integrazione straordinaria (cigs +26,3%): infatti le domande per cassa integrazione ordinaria (cigo) sono rimaste pressoché stabili rispetto a giugno (+1,6%), mentre le autorizzazioni per cassa integrazione in deroga (cigd) sono addirittura in leggera flessione rispetto al mese precedente (-3,4%). Secondo l'Inps, i dati pubblicati oggi confermano l'effetto stagionalità sul ricorso alla cig.

 

In valore assoluto, nel mese di luglio sono state autorizzate 113,7 milioni di ore di cassa integrazione con un aumento del 28,4% rispetto allo stesso mese dello scorso anno: nel dettaglio 27,7 milioni di ore di cigo (-48,6% rispetto al 2009), 52,4 milioni di ore per la cigs (+178,1%) e 33,6 milioni di ore di cigd (+113,8%).

"La dinamica della cassa integrazione ha assunto una certa riconoscibilità – ha a ffermato il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua – il lieve aumento del luglio di quest'anno corrisponde quasi perfettamente a quello di luglio 2009, quando rispetto al mese precedente si registrò un incremento del 9,6%. Più o meno lo stesso di quest'anno. La dinamica stagionale quindi spiega l'andamento congiunturale. Anche per i dati tendenziali si confermano i trend ormai stabilizzati: progressiva contrazione delle richieste di cassa integrazione ordinaria e aumento quasi speculare delle domande di cassa integrazione straordinaria; a conferma che l'elasticità del sistema sta garantendo una protezione efficace al mondo del lavoro. Sorprende un po' la flessione delle richieste di cassa integrazione in deroga, ma anche in questo caso la stagionalità può spiegare: l'estate ha fatto ripartire le attività commerciali e turistiche che valgono circa un quarto delle domande di cigd".

 

Richieste in calo da edilizia e commercio

L'analisi per classe di attività economica segnala che industria e artigianato hanno richiesto più cig (+17,6%), mentre edilizia e commercio segnalano una flessione più o meno accentuata (rispettivamente -2,6% e -26,6%).

Per quanto riguarda le domande di disoccupazione si conferma la flessione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: 81.200 domande contro 84.800 (-4,2%), in questo caso l'ultimo dato disponibile è di giugno. Stesso andamento per le domande di mobilità (sempre dati di giugno): 6.300 domande contro le 6.900 del 2009 (-9%).

 

 

 

 

 

 

 

2010-08-03

Lo Stato deve alle aziende 37 miliardi di euro, una somma pari al 2,5 per cento del Pil

di Claudio TucciCronologia articolo3 agosto 2010Commenti (3)

Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 15:42.

Circa 37 miliardi di euro. A tanto ammonta il debito presunto accumulato dalla pubblica amministrazione nei confronti di imprese e fornitori a causa dei ritardi nei pagamenti. Una cifra esorbitante, pari al 2,5% del Pil, il prodotto interno lordo, in gran parte legata a una "cattiva gestione" del sistema sanitario e a quello della raccolta dei rifiuti solidi urbani. L'allarme è stato lanciato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che, in una determinazione del 7 luglio, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio scorso, ha bacchettato le amministrazioni, stazioni appaltanti, chiedendo "un'applicazione rigorosa" delle disposizioni sui pagamenti contenute nel Dlgs 231/2002.

Dall'analisi dei dati riferiti al 2009, ha ricordato l'Authority, è emerso che i tempi di pagamento oscillano in un range che va da un minimo di 92 giorni a un massimo di 664. Praticamente, più di un anno e mezzo dopo. Il ritardo è per lo più imputato ai tempi di emissione dei certificati di regolare esecuzione (46,3%) e dei mandati di pagamento (29,6%) da parte delle stazioni appaltanti e, più in generale, a lentezze che derivano da vischiosità burocratiche interne alla pubblica amministrazione (32,5 per cento). Sono state inoltre rilevate sensibili differenze sul piano territoriale: i ritardi che superano i due mesi sono segnalati dal 36,4% delle imprese del Nord-Est, percentuale che sale al 61,5% nel Nord Ovest e al 63,3% nel Mezzogiorno.

Tutto ciò perché, ha spiegato l'Authority, esistono "prassi" applicative della legge troppo disinvolte, come l'individuazione unilaterale di termini di pagamento superiori a quelli previsti, l'inclusione di termini di pagamento in deroga tra gli elementi di valutazione delle offerte. Alcuni capitolati speciali poi prevedono anche la riduzione (arbitraria) del tasso di interesse di mora. Troppo alti i rischi che si corrono. Per l'amministrazione appaltante, il dover corrispondere interessi di mora con conseguente aumento delle risorse inizialmente stimate per l'appalto.

Ma a subire un danno sono anche aziende e mercato. La necessità, infatti, di sopportare i costi occulti legati alla mancata regolarità nei pagamenti, è scritto nella delibera, "distorce il confronto concorrenziale, disincentivando la partecipazione di operatori economici, anche qualitativamente competitivi". Senza considerare, è aggiunto, "gli effetti esponenziali sul sistema economico delle imprese, dal momento che il ritardo nei pagamenti incide non solo direttamente sugli operatori economici aggiudicatari, ma, indirettamente, produce effetti a cascata sull'intero indotto". Vale a dire su quell'insieme di imprese che svolgono attività a valle, sotto forma di subappaltatori o subfornitori, già penalizzati dalla crisi.

 

 

 

Secondo Bankitalia aumentano i debiti degli italiani

Cronologia articolo3 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 12:34.

In aumento i debiti delle famiglie italiane che segnano una crescita dell'1,8% nel 2009 rispetto all'anno precedente. A incidere soprattutto sono soprattutto i mutui. È quanto emerge dal supplemento al Bollettino statistico della Banca d'Italia diffuso oggi. I debiti delle famiglie (incluse le istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie) l'anno scorso sono stati pari a 893,886 miliardi contro gli 877,996 miliardi del 2008. In calo, invece, le attività che si sono attestate l'anno scorso a 3.604.061 miliardi rispetto ai 3.527.120

miliardi dell'anno precedente.

 

 

2010-08-02

Vendite in calo per Italia e Francia, in ripresa il mercato giapponese

Cronologia articolo2 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2010 alle ore 11:05.

Il mercato dell'auto continua a sfornare numeri positivi in Giappone, mentre in Italia è previsto un vero e proprio crollo delle immatricolazioni. Secondo i dati mensili diffusi a Tokyo dall'associazione nazionale dei rivenditori (Jada), le vendite di auto, camion e bus - escluse le minicar fino a 660 cc - sono aumentate a luglio del 15% su base annuale, dodicesimo rialzo consecutivo. In particolare, le vendite di auto hanno registrato una crescita de 15,5% a 307.397 esemplari, contro il +9% dei camion (24.920) e il +20,9% dei bus (1.086), grazie agli incentivi ecologici decisi dal governo a sostegno del settore.

Negativo invece il dato della Francia: nel mese di luglio le vendite sono calate del 12,9% su base annua. Il gruppo Fiat, in particolare, ha fatto registrare una riduzione dell'8% rispetto a luglio del 2009, risultato comunque migliore della media delle marche non francesi (-9,9%). Nei primi sette mesi dell'anno, le vendite di auto nuove in Francia sono aumentate, rispetto allo stesso periodo del 2009, del 2,8%. Il gruppo Fiat registra invece un calo, del 7% (5,8% per il marchio Fiat).

In Italia, invece, le stime anticipate ieri da Federauto, l'associazione dei concessionari, parlano di un drammatico calo del 26% delle immatricolazioni nello scorso mese di luglio. I dati ufficiali saranno resi noti oggi. Per il presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi, si tratta di "un vero disastro per tutti. Questo dato si avvicina molto alla realtà perchè - dice - sembra che i principali costruttori abbiamo finalmente tolto il piede dalle kilometri zero. Questo perchè non si può continuare all'infinito ad autoimmatricolarsi vetture per dimostrare dati di quota non veritieri. E infatti il mercato a privati, quello non inquinabile da autoimmatricolazioni, vede una flessione attorno al -30%. E si continua così oramai da qualche mese nell'indifferenza del Governo".

 

 

 

2010-07-29

Fiducia delle imprese ai massimi e a luglio la produzione sale dell'1,2%

Cronologia articolo29 luglio 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2010 alle ore 11:35.

Ritorna a crescere a luglio la fiducia delle imprese manifatturiere e delle costruzioni, ma peggiora la fiducia dei commercianti. È quanto emerge dalle ultime indicazioni dell'Isae. Buone notizie arrivano dal Centro studi Confindustria Buone notizie anche dal Centro studi Confindustria che stima per luglio un aumento della produzione industriale dell'1,2 per cento sul mese precedente.

Fiducia. Tornando alle imprese manifatturiere, dopo la lieve discesa registrata a giugno scorso, a luglio l'indice sulla fiducia è salito a 98,3 da 96,3 dello scorso mese e ritorna sui valori di giugno 2008. Il miglioramento, spiega l'Istituto, é dovuto al netto recupero degli ordini e della domanda, in presenza di una sostanziale stabilità delle attese di produzione e di un lieve accumulo delle giacenze di prodotti finiti.

A livello settoriale la fiducia è cresciuta nei produttori di beni di consumo (da 99,3 a 101,2) e soprattutto in quelli d'investimento (da 91,5 a 97,6). È scesa, invece, nei beni intermedi (da 102 a 100,8). L'aumento della fiducia è diffuso in quasi tutte le ripartizioni geografiche: l'indice cresce soprattutto nel Nord Ovest e nel Mezzogiorno (rispettivamente da 101,7 a 103,8 e da 85,8 a 88,5) e meno nel Nord Est (da 98,4 a 99,6) mentre è stabile nel Centro (da 95 a 95,1).

Costruzioni. In aumento a giugno anche la fiducia delle imprese di costruzione, passata da 71,5 a 72,8. L'Isae spiega che, però, ci sono segnali contraddittori: mentre sono migliorate decisamente le prospettive sull'occupazione, sono invece calati i giudizi sui piani di costruzione.

Commercianti. Peggiora, invece, la fiducia dei commercianti. L'indicatore, considerato al netto della componente stagionale, è sceso infatti a luglio da 103 a 99,4, portandosi sui livelli minimi dall'ottobre dello scorso anno. Tale evoluzione (spiega in una nota l'Istituto di studi e analisi economica) è imputabile, in particolare, a opinioni più sfavorevoli sulle vendite correnti e future; in nuovo accumulo è giudicato, inoltre, il livello delle giacenze.

MIgliora la produzione in luglio. Buone notizie arrivano dal Centro studi Confindustria che rileva un aumento dell'attività industriale dell'1,2% su giugno (quando si era avuta una variazione dell'1,1% su maggio, dati destagionalizzati). Il dato di luglio - si legge in una nota - conferma l'accelerazione della ripresa: negli ultimi quattro mesi la produzione industriale è aumentata ad un tasso annualizzato del 13,6% (1,1% la variazione media mensile). A questi ritmi, a giudizio del CsC, il pieno ritorno ai valori di attivitàsi compirebbe intorno alla fine del 2011, in grande anticipo rispetto alle attese. Nel terzo trimestre dell'anno la crescita è stimata superiore ai primi due.

 

 

2010-07-28

L'utile netto di Eni cresce del 47,9% nel primo semestre. Proposto acconto su dividendo di 0,5 euro

Cronologia articolo28 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 13:34.

Semestrale in crescita per Eni. L'utile netto sale del 47,9% a 4,05 miliardi di euro, quello adjusted è cresciuto del 29,5% a 3,45 miliardi, mentre l'utile operativo adjusted è aumentato del 34,2% a 8,46 miliardi. La produzione di idrocarburi, si legge in una nota, è aumentata dell'1%, arrivando a 1,578 milioni di barili al giorno nel secondo trimestre. Per il 2010 si prevede una produzione idrocarburi in linea con 2009 (consulta l'elenco completo delle semestrali di Borsa).

Dividendo. Il consiglio di amministrazione, convocato il prossimo 9 settembre, esaminerà la proposta di distribuzione di un acconto sul dividendo di 50 centesimi per azione (corrispondende a un dividend yield del 3,14% calcolato sul prezzo attuale del titolo Eni), lo stesso importo riconosciuto l'anno scorso. La decisione, spiega Eni, é stata adottata "sulla base dell'esame dei risultati del primo semestre 2010 e delle previsioni per l'intero esercizio". L'acconto é previsto in pagamento a partire dal 23 settembre con stacco cedola 20 settembre 2010.

"Nel primo semestre 2010 Eni ha ottenuto solidi risultati operativi e finanziari in un contesto di mercato ancora difficile soprattutto per il mercato del gas". Così l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, commenta i conti della società. In particolare nell'exploration & production, spiega nella nota sul bilancio, "stiamo raggiungendo tutti gli obiettivi che ci siamo posti con eccellenti risultati in termini di start up e successi esplorativi. Continuiamo a investire per la crescita mantenendo una rigorosa disciplina finanziaria e una solida struttura patrimoniale".

 

 

 

 

2010-07-22

Per Confcommercio, consumi in frenata. Nel 2011, Pil all'1%

di Claudio TucciCronologia articolo22 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2010 alle ore 15:28.

Nel 2010 il Pil crescerà dello 0,7%, per effetto anche dei deboli consumi delle famiglie, che nel primo semestre di quest'anno sono scesi di due decimi, dallo 0,6% allo 0,4 per cento. Dovrebbe andare un po' meglio nel 2011, quando il Pil salirà all'1 per cento. A parlare è il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nel corso della presentazione, a Roma, assieme al Censis, di una ricerca su consumi e fiducia degli italiani.

L'onda lunga della crisi si è fatta sentire, sottolinea il rapporto. Significativo come il 68% delle famiglie manterrà stabili le spese nei prossimi sei mesi, con una aspettativa di miglioramento in costante calo (ai minimi da gennaio 2009). Per Sangalli, è positivo che la manovra di Tremonti non abbia aumentato le tasse, ma ora, ha aggiunto, "é necessario mettere in campo misure urgenti e qualificanti, come quella fiscale e del federalismo".

Numerose, sottolinea il rapporto, sono le famiglie che prevedono di posticipare alcune spese programmate, in particolare quelle per ristrutturare l'abitazione (il 17,2%) e quelle per l'acquisto di nuovi elettrodomestici (14 per cento). In controtendenza, le vacanze "sacre" per il 42% di italiani. Per lo più, mordi e fuggi (23,6%), mentre rimane stabile la percentuale di chi non si sposterà da casa nemmeno ad agosto: 58 per cento.

In generale, evidenziano dal Censis, gli italiani vanno verso verso un ridimensionamento dello stile di vite, che riguarda anche le famiglie con reddito alto. Un quarto degli intervistati indica di aver rinunciato a cose essenziali a causa del clima di crisi (era il 17% nella rilevazione effettuata a inizio anno), così come raggiunge il 51% la parte del campione che ha indicato di contrastare la crisi riducendo gli sprechi. In questo contesto di riorganizzazione del budget familiare, il 60,4% ha ridotto i pranzi e le cene fuori casa, il 58,5% ha intensificato gli acquisti di prodotti a marca commerciale, il 56,9% ha diminuito le spese per svago e il 46,7% ha intensificato il ricorso all'hard discount.

Una curiosità, infine, sulle insolvenze per i mutui, che, un pò a sorpresa, risultano in calo. A giugno 2010, sono solo lo 0,8% le famiglie italiane che non hanno pagato le rate, mentre a gennaio di quest'anno erano il 2,5 per cento. Un dato positivo, se si considera come, a oggi, le famiglie che hanno un mutuo da pagare sono il 18,2% del totale.

 

 

 

 

 

 

2010-07-20

A maggio ordini industriali +26,6%, record dal 2005

Cronologia articolo20 luglio 2010Commenti (5)

Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2010 alle ore 10:30.

Gli ordinativi dell'industria, a maggio, sono cresciuti del 3,2% congiunturale e del 26,6% tendenziale, record assoluto dal 2005 quando si è ricostruita la serie storica. Lo rileva l'Istat. Il fatturato è aumentato dello 0,8% congiunturale e del 12,5% tendenziale, il più alto da febbraio 2008. Per quanto riguarda il solo settore auto l'Istat registra un +10,3% tendenziale per gli ordinativi e un +5,4% per il fatturato.

Il fatturato, rileva Istat, è cresciuto a maggio dello 0,9% sul mercato interno e dello 0,5% su quello estero; gli ordinativi nazionali sono diminuiti dello 0,4% mentre quelli esteri sono aumentati del 9,5%. Negli ultimi tre mesi (marzo-maggio) il fatturato ha registrato un incremento dell'1,4% congiunturale e gli ordinativi del 4,6%. L'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario (21 giorni lavorativi contro i 20 di maggio 2009) segna un incremento dell'8,9% tendenziale. Nel periodo gennaio-maggio, l'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario registra una crescita del 6,2%.

Considerando il fatturato per raggruppamenti principali di industrie si registrano variazioni congiunturali positive per l'energia (+2,9%), per i beni intermedi (+1,4%), per i beni strumentali (+0,2%) e per i beni di consumo (+0,2% con -0,1% per quelli durevoli e +0,2% per quelli non durevoli). L'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario, sempre a maggio, è cresciuto del 28,8% per l'energia, del 14,2% per i beni intermedi, del 2,7% per i beni di consumo (+3,8% durevoli, +2,3% non durevoli) e del 2,3% per i beni strumentali.

L'analisi per settore di attività economica, rileva Istat, mostra variazioni tendenziali positive più significative dell'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario nei settori fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+28,5%), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+21,6%) e fabbricazioni di prodotti chimici (+19,9%). Fatturato in calo, invece, per fabbricazione di mezzi di trasporto (-7,1%), estrazione di minerali da cave e miniere (-5,9%) e industria alimentari, bevande e tabacco (-1,3%). Gli incrementi più rilevanti dell'indice grezzo degli ordinativi si registrano per la fabbricazione di mezzi di trasporto (+60,9% soprattutto per la componente cantieristica), la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+37,9%) e la fabbricazione di macchinari e attrezzatura (+33%). (Il Sole 24 Ore-Radiocor) Gli ordini per macchine utensili Ucimu, sempre nel secondo trimestre 2010, hanno registrato un balzo del 66,4%, ma l'indice assoluto (79,4), si assesta su un livello ancora molto basso, pari a quello registrato nel secondo trimestre 2003, in occasione della crisi precedente, spiega una nota dell'associazione che sottolinea il timore per il mancato rinnovo del provvedimento di detassazione degli utili reinvestiti. Giancarlo Losma, presidente Ucimu, commenta: "Ciò che preoccupa è il mercato interno. Il risultato messo a segno in questi ultimi trimestri gode, infatti, dell'effetto Tremonti-Ter, provvedimento che, nonostante le pressioni e le incessanti richieste di tutto il mondo del bene strumentale, non è stato prorogato".

 

 

 

Nel 2009 gli infortuni sul lavoro calano ai minimi dal 1993, il numero dei decessi scende a 1.050 (-6,3%)

di Claudio TucciCronologia articolo20 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2010 alle ore 15:24.

Nel 2009, i morti sul lavoro sono scesi del 6,3 per cento. Altissimo ancora il numero dei decessi, 1.050, ma in calo di 70 unità rispetto all'anno precedente. In discesa, anche, gli infortuni, che si sono attestati a quota 790mila, 85mila in meno rispetto al 2008. Meno 9,7%, "la diminuzione più alta dal 1993", ha commentato, soddisfatto, il presidente dell'Inail, Marco Sartori, nel corso della presentazione, a Roma, del bilancio annuale dell'istituto.

Da segnalare, in positivo, ha aggiunto Sartori, la sensibile riduzione degli infortuni relativi all'effettivo svolgimento dell'attività lavorativa: 79.064 casi in meno, "un numero davvero rilevante".

Sartori ha poi evidenziato come solo meno del 30% del miglioramento sia dovuto alla crisi economica, e cioè alla riduzione degli occupati (-1,6% per l'Istat), al calo delle ore lavorate, e al ricorso alla cassa integrazione. Il 70% dei buoni risultati conseguiti è attribuibile ad altri fattori, quali "una maggiore attenzione al tema della prevenzione e un vero cambiamento nell'approccio alle tematiche della sicurezza nel suo complesso".

La crisi economica ha invece ridotto del 3%, secondo l'Inail, il tempo di esposizione dei lavoratori al rischio con una riduzione reale degli infortuni in generale stimabile nel 7% e per gli incidenti mortali nel 3,4 per cento. Lo scorso anno la flessione degli incidenti é stata più accentuata per gli uomini (-12,6%) rispetto alle donne (-2,5%), mentre i casi mortali si sono ridotti del 14% per le donne (74 lavoratrici decedute rispetto alle 86 del 2008) e del 5,6% per gli uomini (976 morti rispetto ai 1.034 del 2008).

Calano per la prima volta, sempre nel 2009, gli infortuni dei lavoratori stranieri passati da 143mila del 2008 a 119mila, con una flessione del 17 per cento. Crescono, invece, del 15,7% le denunce per malattie professionali, pari a 34.646 casi. Il numero più alto degli ultimi 15 anni.

Il rapporto si è poi soffermato sul confronto del numero di infortuni sul lavoro nell'area europea, evidenziando come l'Italia non detenga il poco ambito "cucchiaio di legno". Sulla base dei tassi d'incidenza standardizzati Eurostat, ha ricordato l'Inail, il Belpaese registra per il 2007 (ultimo anno reso disponibile da Eurostat) un indice infortunistico pari a 2.674 infortuni per 100mila occupati. Più favorevole, dunque, rispetto a quello medio riscontrato nelle due aree Ue (3.279 per l'area euro e 2.859 per l'Ue-15) e, adirittura, di Paesi, come Spagna (4.691), Francia (3.975) e Germania (3.125). Performance confermate, anche, sul fronte degli infortuni mortali. Nel 2007, in Europa, si è registrata una diminuzione dei tassi d'incidenza da 2,4 a 2,1 decessi (per 100mila occupati), mentre in Italia il calo è stato più significativo: da 2,9 a 2,5 decessi (sempre per 100mila occupati), mantenendosi quindi ancora al di sopra del valore medio europeo.

 

 

 

2010-07-18

Calano i prestiti delle banche alle imprese, crescono quelli alle famiglie. E' la fotografia di Bankitalia

Cronologia articolo18 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 17:04.

Calano i prestiti bancari alle imprese, mentre aumentano quelli alle famiglie italiane, soprattutto al Sud. È la fotografia scattata da Bankitalia nel volume "L'andamento del credito nelle regioni italiane nel primo trimestre del 2010".

Dinamiche opposte

A marzo 2010 i prestiti alle famiglie consumatrici sono aumentati del 4,2% rispetto a 12 mesi prima. In linea con la dinamica registrata nei precedenti trimestri, il tasso di crescita dei finanziamenti bancari alle famiglie meridionali è risultato superiore a quello del Centro Nord. L'aumento dei prestiti ha riguardato tutte le regioni ed è stato più sostenuto in Calabria, Molise e Puglia, dove si è attestato poco al di sopra del 7 per cento. Emilia Romagna, Lombardia e Veneto hanno invece registrato i tassi di espansione più bassi.

Opposta la situazione delle imprese: a marzo 2010 i prestiti, corretti per gli effetti delle operazioni di cartolarizzazione, sono diminuiti rispetto all'anno precedente (-3,3%). Il calo ha riguardato esclusivamente il Centro Nord. Nel Mezzogiorno i prestiti al settore produttivo sono lievemente aumentati (0,9% sui 12 mesi).

Sofferenze in lieve aumento

In lieve peggioramento è la qualità del credito, con il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti che, nella media di quattro trimestri, è aumentato rispetto all'ultimo trimestre del 2009 sia per le famiglie (a 1,4% da 1,3%) sia per le imprese (a 2,6% da 2,5%).

I costi dei finanziamenti

Nel primo trimestre del 2010 i tassi sulle operazioni a breve termine in Italia sono scesi di un decimo di punto percentuale rispetto al trimestre precedente. Il divario tra Mezzogiorno e Centro Nord si è leggermente ampliato, attestandosi a 1,4 punti percentuali. I tassi di interesse sono risultati più elevati in Calabria e in Campania (6,92 e 6,33%, rispettivamente) tra le regioni meridionali e in Liguria e Val d'Aosta (5,81 e 5,48%, rispettivamente) tra le regioni del Centro Nord. Il tasso annuo effettivo globale (Taeg) sulle nuove operazioni a medio e a lungo termine e' risultato pari al 2,7% al Centro Nord e al 3,2 nel Mezzogiorno.

I depositi

Sempre nei primi tre mesi dell'anno i depositi bancari delle famiglie consumatrici e delle imprese italiane sono cresciuti del 3,6% rispetto all'anno precedente, un tasso di crescita inferiore a quello del trimestre precedente (4,3%). Il rallentamento, che ha caratterizzato entrambe le ripartizioni territoriali, è stato più intenso per le famiglie consumatrici. I tassi passivi sui conti correnti sono scesi ulteriormente rispetto al precedente trimestre, portandosi allo 0,31 per cento.

 

 

 

Al Sud l'industria arretra

Carmine FotinaCronologia articolo20 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio

2010 alle ore 08:01.

ROMA - Non ci sono solo le incertezze su Termini Imerese e Pomigliano o le vertenze sul distretto del mobile e sul polo della cantieristica. E non c'è solo il rischio di fuga delle multinazionali. Ciò che resta dell'industria nel Mezzogiorno è un tessuto di imprese che con la crisi dell'ultimo biennio sembrano aver perso il treno, già estremamente lento, del recupero. Oggi la Svimez presenta il rapporto annuale abbinando deindustrializzazione e disoccupazione al Sud con numeri pesanti: nel solo 2009 sono stati persi 61mila posti nell'industria manifatturiera con un calo annuo del 7%, oltre tre punti in più rispetto al Centro-nord. Nel 2008-2009 sono andati in fumo 100mila unità di lavoro mentre l'universo industriale settentrionale, a più alta intensità di fabbriche, reggeva almeno parzialmente l'urto con il ricorso massiccio alla cassa integrazione.

 

Il biennio alle nostre spalle ha modificato gli standard di efficienza allargando i vecchi divari. Mentre le imprese manifatturiere del Centro-nord avviavano la transizione verso una struttura più evoluta, quelle meridionali finivano per privilegiare un utilizzo più flessibile del fattore lavoro o peggio, nel caso di micro-imprese, lambivano pericolosamente l'economia informale. La struttura di ricerca guidata dal direttore Riccardo Padovani e dal vicedirettore Luca Bianchi aggancia le statistiche alla complicata attualità. "Le cronache di questi mesi sugli stabilimenti Fiat di Termini e Pomigliano – si legge nel rapporto – evidenziano il rischio di spiazzamento che la nuova divisione internazionale del lavoro può determinare in aree che non possono essere concorrenziali sul costo del lavoro". Aree che, attraverso la chiusura di grandi impianti, potrebbero andare incontro a "forme di desertificazione" del tessuto di piccole industrie collegate.

Dall'analisi Svimez su un campione di imprese presenti nelle indagini Unicredit, emerge che solo una quota risicata mette a segno miglioramenti competitivi. Da un lato ci sono poche, e sempre meno, grandi imprese, quasi sempre di proprietà esterna all'area, dall'altra una messe di piccole aziende locali orientate al mercato interno, per le quali l'innovazione è residuale. Tutto questo, annota la Svimez, mentre gli aiuti alle imprese, soprattutto quelli a sviluppo regionale, sono in costante diminuzione. Il risultato è un arretramento anche rispetto alle aree deboli di altri paesi Ue. Nel 2004-2008 la variazione cumulata del prodotto industriale è risultata negativa del 2,4%, a fronte del +2,8% nel Centro-nord e in presenza di incrementi medi complessivi del 9,8% per la Ue a 27. Mentre le zone in ritardo di Germania e Spagna facevano crescere l'export rispettivamente del 14,5 e 9,4%, le regioni italiane dell'ex Obiettivo 1 si fermavano al 6,9%. E nel 2009 la caduta di output industriale è stata, con l'eccezione di Germania e Finlandia, quella di entità più ampia.

Differenziali che si estendono anche al mercato del lavoro. Campania, Basilicata, Sicilia e Calabria si collocano tra le ultime 10 nel ranking dei tassi di occupazione giovanile con valori al di sotto del 16%. La "questione giovanile" è il tema forte del capitolo Svimez sugli impatti sociali della crisi. Al Sud è stata colpita soprattutto la generazione di chi ancora cerca lavoro o lo ha appena trovato: nel 2009 gli occupati dai 15 ai 34 anni sono diminuiti di 175mila unità (-9% a fronte del -6% al Centro-nord). Molti di loro, insieme agli emigranti di "ritorno" che hanno perso il lavoro al Nord, finiranno per aggiungersi all'esercito di donne e uomini, quasi 6,5 milioni, che gravita tra lavoro sommerso e ricerca estemporanea di lavori saltuari, fuori dai canali monitorati.

L'eredità della crisi è destinata a pesare ancora a lungo su sviluppo e contesto sociale. Per il Sud, che con la recessione è ritornato in termini di Pil ai livelli di inizio anni duemila, si prospetta ora la sfida del federalismo fiscale. Un'occasione per guadagnare efficienza, ridurre sprechi e magari concentrare più saggiamente le risorse per la crescita. Con un caveat non da poco segnalato dalla Svimez: nella definizione di costi standard il legislatore dovrebbe considerare numerosi altri elementi, "dal peso dei fattori di scala e della struttura della popolazione e del territorio, all'incidenza delle attività produttive, ai differenziali di reddito pro capite".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

I NUMERI-4,5% Pil

È il calo del prodotto interno lordo nel Mezzogiorno registrato nel 2009. L'anno precedente la diminuzione era stata dell'1,5%

0,35% Incentivi

È il peso degli aiuti di stato per l'industria rispetto al Pil. La media della Ue a 27 è pari a 0,54%. In Germania si passa allo 0,63%, Francia e Spagna si posizionano a 0,5%

-3% Lavoro

Calo dell'occupazione al Sud nel 2009, di intensità

 

 

2010-07-17

In dieci anni 3,5 miliardi di aiuti

Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 08:01.

ROMA - Negli ultimi dieci anni l'autotrasporto italiano ha incassato 3,5 miliardi di contributi. Solo nel 2009, l'anno della grande crisi, gli stanziamenti a favore del popolo dei Tir hanno raggiunto la stratosferica cifra di 720,2 milioni, più del doppio dell'intero ammontare del decreto incentivi che a primavera ha finanziato con soli 300 milioni il rilancio di diversi settori: dall'acquisto dei motorini alle cucine componibili passando per navi e rimorchi. Più o meno la stessa cifra, 700 milioni, attende gli autotrasportatori anche quest'anno: si tratta di un pacchetto di stanziamenti, tra strutturali e aggiuntivi, previsti fin dall'avvio del tavolo che ha visto riuniti per 7 mesi associazioni di categoria, governo e committenza, sfociato nell'accordo del 17 giugno scorso.

 

Mediamente, dal 2006 al 2009, il settore ha assorbito un fiume di denaro pari a 600 milioni l'anno. Il flusso è andato crescendo: dal 2000 al 2005 gli interventi strutturali hanno fruttato 1.129,2 milioni, dal 2006 al 2009 sono diventati 1.052,8 milioni grazie all'inserimento di 75 milioni annui per la riduzione dei premi Rc auto. A questi, sempre dal 2006, si sono aggiunti 1.344 milioni provenienti da stanziamenti aggiuntivi previsti in occasione di protocolli d'intesa stilati tra governo e associazioni di categoria. Deduzioni forfettarie, riduzione dei pedaggi autostradali e premi Inail le voci più consistenti (si veda anche la tabella in pagina), ma gli aiuti continuano anche a sostenere voci di spesa ormai chiaramente obsolete: è il caso delle "deduzione per la telefonia fissa", quando i costi telefonici sono ormai molto concorrenziali.

La grande mole di denaro non ha prodotto cambiamenti sostanziali nel settore. Il popolo dei Tir resta frammentato, polverizzato, debole e arretrato come dieci anni fa: due terzi delle aziende iscritte all'Albo è ancora a conduzione familiare, sono i cosiddetti "padroncini". Solo 1.433 aziende su 166mila è una società per azioni. La maggior parte non conta più di un camion. La tecnologia è pressocchè sconosciuta: secondo un'indagine del Comitato centrale dell'Albo degli autotrasportatori solo il 12% ha fatto qualche innovazione, mentre il 68% delle aziende non ha nessuna intenzione di fare investimenti per migliorare le performance dell'azienda. Anche la riforma del 2005 (legge 32/2005) messa a punto dal governo Berlusconi per abolire le cosiddette "tariffe a forcella" e liberalizzare il settore non ha prodotto gli esiti sperati. La concorrenza è cresciuta e spesso è diventata sleale in un mercato gonfiato da un eccesso di offerta: in dieci anni le aziende iscritte all'Albo sono aumentate, anche se di poco, passando dalle 103.769 censite dall'Istat nel 2001 alle attuali 163.938. Il mercato non ha prodotto la selezione naturale, mentre tutte le leggi a sostegno delle fusioni si sono rilevate un flop. Gli aiuti hanno "drogato" il sistema, mantenendo i prezzi del trasporto sostanzialmente bassi e permettendo a molte imprese di rimanere in vita solo grazie agli aiuti. Un meccanismo riconosciuto sia dalle associazioni di categoria che dai rappresentanti della committenza. E che ogni governo, indipendentemente dal colore politico, non è riuscito a correggere.

"Le risorse non hanno inciso nè sulla struttura delle aziende – ammette Pasquale Russo, segretario generale dell'Unatras (l'associazione che rappresenta quasi 90mila aziende) – nè sulla capacità di crescita. Molte aziende hanno usato gli aiuti per abbattere i costi e agevolare la committenza. Negli ultimi tempi con gli aiuti si fa il bilancio". "Gli incentivi al settore – ammette Andrea Furlanetto, manager della Ticontract, una delle piattaforme di tender logistici più importanti d'Europa – hanno fatto in modo che i prezzi del trasporto si mantenessero sempre bassi. Dal punto di vista della committenza, ovviamente, questa situazione è conveniente, ma spesso è difficile trovare aziende italiane con capacità produttiva e garanzie solide".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

2010-07-15

Criminalità in crescita, ma non è solo colpa degli immigrati

di Claudio TucciCronologia articolo13 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2010 alle ore 12:54.

Più immigrati non vuol dire più criminalità. E tra le collettività straniere che hanno il rapporto percentuale più basso tra carico di denunce penali e numero di connazionali residenti in Italia, ci sono moldavi, romeni, albanesi e cinesi. Lo rileva il Cnel, nell'annuale rapporto, 484 pagine, giunto alla settima edizione, sugli "Indici di integrazione degli immigrati in Italia". Dal 2005 al 2008, fa notare il Cnel, "i residenti stranieri sono aumentati del 45,7%, mentre le denunce contro di loro sono cresciute solo del 19 per cento".

In valori assoluti, evidenzia il rapporto, il numero di denunce complessive (riguardanti italiani e stranieri insieme) è stato nel 2005 di 2.579.124, nel 2006 di 2.771.440, nel 2007 di 2.993.146 e nel 2008 di 2.694.811. Di queste, il numero di quante hanno riguardato cittadini stranieri è di 248.291 nel 2005, 275.482 nel 2006, 299.874 nel 2007 e 297.708 nel 2008. Se si ipotizza, quindi, sottolina il presidente vicario dell'Organismo nazionale di coordinamento delle politiche di integrazione degli stranieri del Cnel, Giorgio Alessandrini, che "l'aumento di denunce a carico degli stranieri nel 2008, rispetto al 2005, sia addebitabile agli stranieri registrati come nuovi residenti, si arriva alla conclusione che a carico dei nuovi venuti vi è un denunciato ogni 25 individui (esclusi irregolari e stranieri di passaggio), mentre a carico di tutti i residenti in Italia (italiani e stranieri) vi è un denunciato ogni 22 individui e viene così a cadere il pregiudizio di una maggiore pericolosità degli stranieri".

Per quanto riguarda, poi, le singole collettività, gli immigrati provenienti dalla Moldavia possono essere considerati i più virtuosi (la differenza tra la percentuale delle denunce e quella dei residenti è di 9,6 punti a favore di quest'ultima). A seguire ci sono i romeni (-6,5%), gli albanesi (-4,8%) e i cinesi (-1,8 per cento). Marocco, Senegal, Tunisia, Nigeria ed Egitto totalizzano invece il 29,6% delle denunce presentate contro stranieri, anche se i soggiornanti sono solo il 18,7% della popolazione immigrata.

L'Emilia Romagna si conferma, inoltre, la regione con il più alto potenziale di integrazione in Italia, mentre la Sicilia offre le condizioni di inserimento socio-occupazionale più paritarie tra immigrati e italiani. Buone anche le performance sull'accoglienza di Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Lazio e Veneto. Fanalini di coda: Abruzzo, Puglia e Sardegna. Tra le province, il primato spetta a Parma, seguita da Reggio Emilia e Vicenza. Una curiosità, infine, sulle opportunità di inserimento lavorativo. Nel 2008 le collettività straniere ad aver avuto il miglior livello occupazionale, rapportato al numero di connazionali residenti, sono state quelle originarie di India, Romania, Moldavia, Albania, Ucraina e Marocco. Posizione intermedie per cinesi, filippini, peruviani. Poche, invece, le possibilità d'impiego per gli immigrati di Sri Lanka, Ecuador, Pakistan e Nigeria.

 

 

 

 

 

 

2010-07-10

Nel secondo trimestre Pil ancora in crescita (+0,4%) ma il futuro è molto incerto

di Giuseppe ChiellinoCronologia articolo8 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 22:29.

Nel secondo trimestre dell'anno l'economia italiana ha continuato a crescere allo stesso ritmo dei tre mesi precedenti, lo 0,4% su base congiunturale, mantenendosi dunque su un "sentiero di espansione". Ma sul futuro pesa il timore che la timida ripresa dei mesi scorsi non riesca a trovare la forza per consolidarsi. Anzi, per dirla tutta, il Gruppo economisti d'impresa definisce "elevato" il rischio di un peggioramento della situazione nella seconda metà dell'anno. A meno che non arrivi un aiuto dall'euro indebolito e dal commercio internazionale. A livello di zona euro, il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, ha affermato che "il secondo trimestre è andato molto meglio del primo".

Nel corso del summit trimestrale, cui hanno partecipato una ventina di economisti di imprese, banche, associazioni di categoria e istituzioni, sono emerse "molte preoccupazioni" soprattutto sull'impatto che le politiche di rientro dai deficit pubblici avviate a livello europeo dopo il salvataggio della Grecia, potrebbero avere sulla tenuta e sul consolidamento della ripresa economica. Una visione che non si discosta da quella di molti economisti e commentatori che nelle settimane scorse hanno messo in guardia dal pericolo che un eccesso di rigore sui conti pubblici europei possa stroncare sul nascere le prospettive di ripresa dopo due anni di crisi e la recessione.

Per il primo trimestre dell'anno, l'osservatorio del Gei aveva stimato una crescita dello 0,3%, appena inferiore allo 0,4% certificato dall'Istat nei conti economici trimestrali pubblicati il 10 giugno scorso. A oggi, per l'intero 2010 il Gei stima una crescita che "non va oltre l'1%", in linea con le indicazioni di molte istituzioni e centri di ricerca, tra cui ultimo il Fondo monetario internazionale che ha rivisto allo 0,9% le previsioni per il pil italiano quest'anno dallo 0,8% stimato in precedenza. "Dopo una primavera ancora in ripresa - ha sintetizzato Lorenzo Stanca, presidente del Gei - molti si aspettano che il dopo-Grecia e le misure sui conti facciano soffrire l'economia Italiana".

Stanca comunque si mostra ottimista: "Credo che il commercio mondiale in netta ripresa e il deprezzamento dell'euro consentiranno alle nostre imprese di recuperare il terreno perso con la crisi". In effetti, i settori manifatturieri, secondo l'osservatorio, hanno fatto registrare un'ulteriore accelerazione delle esportazioni, grazie alla domanda dei paesi emergenti e il recente deprezzamento dell'euro rispetto al dollaro "spinge molti osservatori a ritenere che la corsa dell'export italiano possa continuare e addirittura farsi più sostenuta nel secondo semestre". Tra gli elementi di incertezza sul consolidamento della ripresa c'è anche il peso rilevante che la ricostituzione delle scorte ha avuto sull'espansione della produzione nei mesi scorsi. Espansione che purtroppo non si è tradotta in un aumento dei posti di lavoro: il ricorso alla cassa integrazione continua ad aumentare e nell'intero anno dovrebbe riguardare il 5,5% dei lavoratori contro il 4,2% del 2009. Resta preoccupante, invece, la crisi del settore delle costruzioni: se qualche segnale di risveglio giunge dall'edilizia residenziale che registra almeno lo stop al calo dei prezzi, la situazione resta critica per i comparti commerciale e industriale. La situazione non migliora se si guarda alle opera pubbliche che "segnano il passo". Non sorprende, poi, il calo del 7% previsto a fine anno per i volumi del mercato dell'auto, un andamento che secondo qualcuno avrebbe potuto essere più pesante dopo la fine degli incentivi pubblici. In generale, la domanda interna resta "assai debole" e i dati pubblicati dall'Istat sul risparmio delle famiglie sono un indicatore preoccupante, sia pure riferito al primo trimestre dell'anno.

Infine, dall'osservatorio del Gei - che si riunisce tra volte l'anno per fare il punto sulla congiuntura - arriva una sottolineatura sui tempi di pagamento: non c'è alcun miglioramento significativo e i termini d'incasso restano ancora ben al di sopra degli altri paesi europei, Spagna compresa.

 

 

 

 

2010-07-08

L'Fmi rivede al rialzo le stime di crescita del mondo e dell'Italia, ma la ripresa resta a rischio

Cronologia articolo8 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 08:54.

Il Fondo monetario internazionale (Fmi) rivede al rialzo le stime di crescita mondiali per il 2010, mentre lascia invariate quelle per il 2011. Nell'aggiornamento del World Economic Outlook, l'Fmi prevede che l'economia globale si espanderà quest'anno del 4,6%, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto in aprile (+4,2%). Per il 2011 la stima è invariata a +4,3%.

Per quanto riguarda l'Italia, vengono rialzate le previsioni di crescita per il 2010: il pil si espanderà quest'anno dello 0,9% a fronte del +0,8% stimato in aprile (+0,1 punti percentuali). Limata invece la stima 2011, quando l'economia è prevista segnare un +1,1% a fronte del +1,2% stimato in aprile (-0,1 punti percentuali).

L'economia di Eurolandia, invece, si espanderà nel 2010 dell'1,0% e nel 2011 dell'1,3%. Una previsione invariata rispetto a quella di aprile, mentre si riduce di 0,2 punti percentuali quella del 2011. Per gli Stati Uniti, il Fondo ritocca al rialzo sia la stima 2010 sia quella 2011: il paese crescerà quest'anno del 3,3% (+0,2 punti percentuali) e il prossimo del 2,9% (+0,3 punti percentuali).

All'interno di Eurolandia, il Fondo stima per la Germania un pil in aumento dell'1,4% nel 2010 (+0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile) e dell'1,6% nel 2011 (-0,1 punti percentuali); per la Francia la previsione è di una crescita dell'1,4% quest'anno (-0,1) e dell'1,6% il prossimo (-0,2); per la Spagna l'economia è prevista contrarsi dello 0,4% nel 2010 (stima invariata) e avanzare dello 0,6% (-0,3) nel 2011.

La ripresa globale andrà avanti nonostante le turbolenze sui mercati. Ma i rischi al ribasso sono "sono aumentati notevolmente". L'Fmi prevede che l'inflazione resterà moderata nelle economie avanzate, fra l'1,25% e l'1,5% nel 2010 e nel 2011.

Date le deboli pressioni inflazionistiche, "la politica monetaria può restare altamente accomodante nel futuro prevedibile nelle economie avanzate. Questo aiuterà a mitigare gli effetti avversi sulla crescita del risanamento fiscale e - osserva l'Fmi - al nervosismo dei mercati finanziari. Se rischi al ribasso dovessero materializzarsi, la politica monetaria dovrebbe essere la prima di difesa in molte economie avanzate. In questo scenario, con i tassi di interesse già vicini allo zero nelle maggiori economie, le banche centrali potrebbero dover ricorrere di nuovo a un utilizzo più forte del proprio bilancio per allentare le condizioni monetarie".

 

 

 

 

Cala il potere d'acquisto. Le famiglie italiane risparmiano solo il 13,4% del reddito

Cronologia articolo8 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 11:23.

Scende il potere di acquisto delle famiglie italiane nel primo trimestre dell'anno. Lo segnala l'Istat - che mercoledì ha anche pubblicato un'analisi sui prezzi delle città -secondo cui nei primi 3 mesi del 2010 il reddito disponibile delle famiglie in termini reali) é diminuito dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% rispetto al I trimestre 2009. Scende anche la propensione al risparmio: il rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile (questa la definizione dell'Istat) ha raggiunto il 13,4%, riducendosi di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2009.

Nel primo trimestre 2010, inoltre, é proseguita la flessione del reddito disponibile delle famiglie, che é diminuito dello 0,2% in valori correnti rispetto al trimestre precedente, mentre é tornata a crescere la spesa delle famiglie per consumi finali (+0,5%).

Il tasso di investimento delle famiglie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi delle famiglie, che comprendono gli acquisti di abitazioni e gli investimenti strumentali delle piccole imprese classificate nel settore, e il loro reddito disponibile lordo) nel primo trimestre 2010 si é attestato all'8,5%, 0,1 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente, risentendo di una riduzione degli investimenti (-1,1%) superiore a quella del reddito disponibile (-0,2%). Rispetto al corrispondente periodo del 2009, continua l'Istat, gli investimenti fissi lordi delle famiglie si sono ridotti (-10,5%) in misura superiore alla flessione del loro reddito disponibile, determinando una riduzione del tasso di investimento del settore di 0,8 punti percentuali

 

 

 

 

2010-07-02

Disoccupazione invariata all'8,7%, ma quella giovanile è ai massimi dal 2004

Cronologia articolo2 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 12:20.

Il tasso di disoccupazione si é mantenuto invariato a maggio, per il terzo mese consecutivo, all'8,7%. È quanto emerge dal rapporto sul mercato del lavoro diffuso questa mattina dall'Istat. Sempre a maggio il numero degli occupati (dati destagionalizzati) risulta in calo dello 0,2% rispetto ad aprile e dell'1,1% su maggio 2009. Il tasso di occupazione é pari al 56,9%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali su aprile e di 0,8 punti rispetto allo stesso periodo del 2009. Il numero di persone in cerca di occupazione scende dello 0,1% su aprile, con un aumento del 15,5% su maggio 2009.

Il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni é aumentato dello 0,4% rispetto ad aprile e dello 0,9% sullo stesso mese del 2009. Il tasso di inattività é pari al 37,7% (+0,2 punti percentuali sia rispetto ad aprile che a maggio 2009). Tra maggio 2009 e maggio 2010 il numero dei disoccupati é aumentato di 360mila unità.

Cala la disoccupazione maschile, sale quella femminile. Dai dati diffusi oggi dall'Istat emerge una diminuzione della disoccupazione maschile (-0,6% rispetto al mese precedente) e un aumento di quella femminile (+0,3%). Su base tendenziale, tuttavia, si registra una crescita della disoccupazione maschile del 16,8% e del 14% per quella femminile. Il tasso di disoccupazione maschile risulta pari al 7,7%, quello femminile al 10,1%

Disoccupazione giovanile ai massimi dal 2004. A casa un giovane su tre. A preoccupare è anche l'aumento della disoccupazione fra i giovani fra i 15 e i 24 anni: qui il tasso di disoccupazione è salito a maggio al 29,2% dal 29,1% di aprile (dato rivisto). Si tratta del dato più elevato dall'inizio delle serie storiche, ovvero dal 2004.

Idv, "Uno schiaffo al governo". I dati diffusi oggi dall`Istat sulla disoccupazione sono "uno schiaffo a questo Governo che non riconosce la profondità della crisi e dei processi sociali che stanno mettendo ai margini i lavoratori, soprattutto i precari, i giovani e le donne, le piccole e medie imprese e gli artigiani". Lo afferma in una nota il responsabile welfare e lavoro dell`Italia dei Valori, Maurizio Zipponi. Che aggiunge: "sarebbe interessante conoscere una proiezione fino a dicembre 2010, quando la disoccupazione reale arriverà abbondantemente oltre il 10 per cento, visto che andranno in scadenza una serie di strumenti di protezione sociali come la cassintegrazione ordinaria e in deroga".

 

 

 

 

Nei primi sei mesi fabbisogno in calo di 4,2 miliardi

Cronologia articolo02 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 08:00.

ROMA

Scende a quota 4,3 miliardi l'avanzo del settore statale di giugno, contro i 6,2 miliardi dello scorso anno, ma nel complesso l'aggregato relativo al primo semestre dell'anno mette a segno un fabbisogno di 45,8 miliardi, inferiore di circa 4,2 miliardi rispetto ai 50 miliardi del 2009.

I dati resi noti ieri sera dal ministero dell'Economia mettono in luce un "buon andamento delle entrate fiscali", spinto dall'autotassazione. Si sconta in contemporanea il venir meno, già incorporato nelle più recenti stime sugli incassi fiscali dell'anno in corso, delle entrate straordinarie incassate nel 2009 per effetto del riallineamento dei valori di bilancio ai principi Ias. Si tratta nel dettaglio del gettito dell'imposta sostitutiva della riclassificazione dei bilanci delle imprese sulla base dei nuovi parametri contabili Ias, che per sua natura si è risolta in un'una tantum.

Al tempo stesso – osserva il ministero dell'Economia – in giugno si sono registrati gli effetti dello slittamento dei termini di versamento delle imposte per i contribuenti soggetti agli studi di settore. Il nuovo termine è stato fissato al 6 luglio (e non più al 16 giugno) per artigiani, commercianti e liberi professionisti che liquidano i contributi nel quadro RR di Unico 2010, a titolo di saldo 2009 e primo acconto 2010.

Per contro, il mese appena trascorso ha potuto beneficiare di maggiori incassi per utili e dividendi. Sul fronte delle spese, il risultato di giugno sconta un minor onere per interessi sul debito, compensato – spiega il comunicato dell'Economia – da erogazioni che nel 2009 erano slittate al mese di luglio.

Alla luce di quanto previsto dalla relazione unificata sull'economia e la finanza dello scorso aprile, il target per quel che riguarda il deficit (nella versione di indebitamento netto valida per i confronti europei) resta fissato al 5% del Pil. La manovra correttiva all'esame del Senato ne prevede la riduzione al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2012. Per l'anno in corso, decisivo sarà l'andamento delle principali poste di finanza pubblica nel secondo semestre, con particolare riguardo all'andamento della spesa corrente. Sul fronte delle entrate, al momento il gettito complessivo appare in linea con le previsioni

Stando al disegno di legge sul bilancio di assestamento, appena depositato in Parlamento, le proposte di assestamento del bilancio di competenza 2010 determinano "un miglioramento del saldo netto da finanziare di 6,9 miliardi", quale risulta da "una variazione in diminuzione delle spese finali" per 6,99 miliardi.

Le nuove previsioni assestate fissano il totale complessivo delle entrate (tributarie ed extratributarie) a quota 443,44 miliardi, contro gli iniziali 443,41 miliardi, mentre sul versante della spesa la nuova stima è ora di 498,8 miliardi rispetto agli iniziali 505,8 miliardi. Dal quadro di sintesi accluso al provvedimento, emerge che i residui passivi che al 1° gennaio 2009 ammontavano a 89,3 miliardi si sono ridotti al 31 dicembre dello scorso anno a 31,9 miliardi. È l'effetto "delle perenzioni, delle variazioni in diminuzione, delle economie e dei pagamenti effettuati nel corso dell'anno". Se si aggiunge a tale importo i residui di nuova formazione, che derivano dalla gestione di competenza 2009 (63,9 miliardi), la consistenza dei residui passivi per le spese finali, in essere al 31 dicembre 2009, pertanto risulta di 95,9 miliardi, con un incremento di 6,5 miliardi rispetto al 2008.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

 

 

La cattedra resta un miraggio per almeno 10 anni

di Claudio TucciCronologia articolo2 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 17:05.

Sono poco meno di 247mila i docenti precari della scuola italiana. Più precisamente, 246.847. Il dato è del 2009 e arriva dall'annuale rapporto del ministero dell'Istruzione, "Osservatorio sulle graduatorie ad esaurimento". Circa 12mila in meno rispetto al 2008 (-4,8%), ma si tratta, comunque, di numeri elevatissimi, soprattutto se si considerano i tempi per la loro stabilizzazione. Anche se non è possibile fare una previsione generalizzata - visto che la concentrazione di aspiranti varia con le classi di concorso e le province (viale Trastevere ne classifica cinque diverse tipologie, per oltre 100 liste provinciali sparse per il Belpaese) - considerando, però, la media di assunzioni degli ultimi anni (circa 20mila professori l'anno), occorrerà oltre un decennio per la completa immissione in ruolo, a titolo definitivo.

I dati ufficiali rilevano 277.661 iscritti nelle graduatorie, a cui vanno però sottratti 30.814 docenti già assunti in altre discipline, ma che hanno preferito rimanere presenti nelle liste di attesa. Viale Trastevere ha infatti considerato che dallo scorso anno al personale di ruolo, in base alla legge 167/2009, non è più consentito più permanere nelle graduatorie dei supplenti (con l'eccezione degli insegnanti di religione cattolica) e pertanto vanno cancellati.

Si tratta comunque di cifre considerevoli. Anche se, ogni graduatoria ha la sua storia. E in alcuni settori si rischia addirittura la penuria di docenti. È il caso, ha evidenziato Maria Domenica Testa, direttore generale del ministero dell'Istruzione e curatrice del rapporto, degli insegnanti tecnico-scientifici (tipo, matematica e fisica). Inoltre, la scarsità di insegnanti interesserà anche altri settori disciplinari, in particolare nelle zone del Centro-Nord, considerato come due aspiranti docenti su tre sono residenti al Sud. E non di poco conto è anche la proiezione in base alla quale "nell'arco di un triennio ben 27 province su 100 avranno esaurito le graduatorie della scuola primaria". In queste zone, quindi, i maestri saranno cercati con il lanternino.

Il rapporto di viale Trastevere conferma invece l'identikit del precario della scuola: circa 38 anni, nell'83% "In gonnella" e un interesse a insegnare principalmente al Sud in due casi su tre (65 per cento). Una situazione che spicca nella scuola primaria, dove un aspirante docente su tre (36,4%) iscritto nelle graduatorie della scuola primaria del Nord è in realtà residente al Sud. Situazione analoga per i supplenti nelle scuola dell'infanzia: nel settentrione i docenti residenti al Sud sono il 28,2 per cento. Meno evidente, invece, la presenza di aspiranti docenti nella scuola secondaria (medie e superiori) residenti nel meridione. Significativa ma più ridotta, invece, è la presenza di professori meridionali iscritti nelle graduatorie della secondaria di I e di II grado al Nord e al Centro, che varia tra il 14% e il 17 per cento. Un fenomeno che il ministero spiega per la "nota scarsità di posti disponibili al Sud". E i dati confermano la spiegazione. "Nel meridione e nelle isole - si legge nel rapporto - la quota di abilitati di "antica presenza" raggiunge ancora oggi punte del 60%, confermando le più basse possibilità di assorbimento che la scuola può assicurare rispetto alle dimensioni del problema del precariato in queste aree".

 

 

 

 

2010-06-28

L'Italia scala la classifica della pressione fiscale e si porta al quinto posto con la Francia

Cronologia articolo28 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2010 alle ore 11:53.

L'Italia scala la classifica europea (Ue-27) per la pressione fiscale: nel 2009 il peso del fisco sul prodotto interno lordo è stato del 43,2%, in aumento rispetto al 2008 (42,9%). L'Italia si colloca così al quinto posto, insieme alla Francia, in Europa per pressione fiscale. Nel 2008 era al settimo posto. È quanto risulta dai dati sui "Conti ed aggregati economici delle amministrazioni pubbliche" nel 2009 diffusi oggi dall'Istat.

Per tornare ad una pressione fiscale più alta in Italia, bisogna tornare indietro al 1997, l'anno dell'Eurotassa (ma nel 2007 la pressione del fisco era stata comunque pari al 43,1%). A pesare una diminuzione del Pil maggiore della diminuzione delle entrate.

La flessione delle imposte dirette è dovuta essenzialmente al calo del gettito Ires (-23,1%) rispetto al 2008, mentre quella delle imposte indirette ha risentito delle significative diminuzioni del gettito dell'Iva (-6,7%) e dell'Irap (-13%). L'andamento dei contributi sociali effettivi riflette la tenuta delle retribuzioni lorde, dovuta alla lieve crescita dell'importo medio pro-capite, che ha parzialmente compensato la flessione dell'occupazione. L'incidenza sul Pil del prelievo tributario e contributivo dell'Italia risulta pari - come già detto - a quello rilevato in Francia e inferiore a quello di Belgio (45,3%) e Austria (43,8%), oltre che rispetto ai paesi scandinavi, i cui più evoluti sistemi di welfare hanno storicamente richiesto un maggiore ricorso alla fiscalità generale. Danimarca e Svezia, infatti, presentano i valori più elevati della pressione fiscale (rispettivamente 49,0% e 47,8%), mentre quelli più bassi si riscontrano in Lettonia (26,5%), Romania (28,0%), Slovacchia e Irlanda (29,1%), Lituania (29,3%) e Bulgaria (30,9%).

Le reazioni. Come prevedibile, i dati dell'Istat rinfocolano la polemica da parte dell'opposizione: "Scaliamo la classifica europea per il peso delle tasse e insieme abbiamo un debito pubblico che, sfiorando il 116% rispetto al Pil, resta sempre il più alto della Ue. Questi sono i record del governo Berlusconi così come li fotografa l'Istat", dice il vicepresidente vicario dei deputati del Pd, Michele Ventura. Che aggiunge: "Gli effetti della crisi sulle finanze pubbliche si manifestano su tutti i paesi avanzati, ma colpiscono in particolar modo l'Italia dove la spesa pubblica ha sfiorato nel 2009 gli 800 miliardi, perchè, insieme ai necessari interventi sugli ammortizzatori sociali, non sono state previste iniziative atte a favorire la crescita. Anche l'impegno appena preso dai grandi del G20 per il dimezzamento dei deficit dal 2013 non porterà risultati se non verranno messe in campo azioni per la ripresa. Questo governo, com'è dimostrato dalla manovra presentata - conclude Ventura - è incapace di fare qualsiasi cosa, sia di tenere i conti in ordine, che di vigilare sulla pressione fiscale. Altro che meno tasse". Polemiche a parte, quel che appare certo è che la pressione fiscale oltre a non scendere come più volte promesso dall'attuale governo - nel 2001 il premier Silvio Berlusconi annunciò l'ormai celeberrimo "meno tasse per tutti", passando nel corso di quest'anno al non meno celebre "non metteremo le mani nelle tasche degli italiani" - addirittura aumenta. A dispetto degli annunci.

 

 

 

 

 

2010-06-15

Nel primo trimestre le retribuzioni crescono più dell'inflazione

Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2010 alle ore 19:00.

Nel primo trimestre del 2010 le retribuzioni lorde per Unità di lavoro (Ula) hanno registrato un incremento congiunturale dello 0,7% (dati destagionalizzati) e tendenziale (indici grezzi) del 3,6 per cento, crescendo quindi più dell'inflazione (il tasso Nic è all'1,3%). Lo comunica l'Istat, diffondendo i dati della rilevazione Oros su occupazione, retribuzioni e oneri sociali.

Il tasso di crescita, in particolare, è stato del 4,1% nell'industria e del 3,2% nei servizi.

All'interno del settore industriale, nel primo trimestre le retribuzioni hanno segnato un incremento tendenziale particolarmente marcato nel settore dell'estrazione di minerali da cave e miniere (+15%) a causa, principalmente, dell'erogazione di consistenti incentivi all'esodo in alcune grandi aziende. All'opposto, la variazione tendenziale negativa registrata nel settore delle fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (-2,5%) è dovuta alla riduzione, rispetto un anno prima, della medesima componente degli incentivi all'esodo.

All'interno del terziario, la crescita tendenziale delle retribuzioni più elevata si è manifestata nel settore delle attività finanziarie e assicurative (+5,8%). Al netto degli effetti stagionali, gli oneri sociali hanno segnato una variazione congiunturale di più 0,5 per cento nel totale, con un incremento dello 0,4 nell'industria e dello 0,3 nei servizi.

A sintesi delle dinamiche delle retribuzioni e degli oneri sociali, nel primo trimestre del 2010 la variazione congiunturale dell'indice destagionalizzato del costo del lavoro è stata di più 0,7% nel totale, con un variazione di più 0,6 nell'industria e più 0,4 nei servizi. In termini tendenziali, il costo del lavoro nell'insieme dell'industria e dei servizi è aumentato del 3,6%.

Il tasso di crescita tendenziale del costo del lavoro nel primo trimestre del 2010 è stato maggiore nell'industria (più 4,2 per cento) che nei servizi (più 3,2%). Nell'industria aumenti del costo del lavoro superiori alla media si sono registrati nel settore dell'estrazione di minerali da cave e miniere (più 11,5%). All'interno del terziario, l'incremento più marcato ha riguardato il settore delle attività finanziarie e assicurative (più 5,4%).

 

 

 

 

 

 

C'è l'accordo su Pomigliano, ma senza la Fiom. Il 22 giugno referendum tra i lavoratori

Cronologia articolo15 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2010 alle ore 18:23.

È stato firmato nel pomeriggio l'accordo tra la Fiat e Fim-Cisl, Uilm, Ugl e Fismic per lo stabilimento di Pomigliano. All'intesa non ha aderito la Fiom che, pur partecipando all'incontro, ha deciso di non firmare come già aveva annunciato. L'intesa, siglata presso la sede di Confindustra, prevede un testo modificato a 16 punti, uno in più rispetto al testo presentato in precedenza dall'azienda. Il 16esimo punto prevede, infatti, l'istituzione di una commissione paritetica per la verifica delle eventuali inosservanze dell'accordo stesso. I sindacati hanno poi deciso di convocare per martedì 22 giugno il referendum tra i lavoratori dello stabilimento che dovranno dare un parere sull'intesa siglata oggi.

Fiom: testo irricevibile, mette i lavoratori in una condizione di ricatto. Duro, invece, il commento della Fiom-Cgil, che ha confermato il suo "no" all'intesa. "Il testo - ha commentato - il segretario nazionale responsabile del settore auto, Enzo Masini - è irricevibile e va oltre i problemi dello stabilimento. Pone problemi di contrasto alla Carta costituzionale. Noi chiediamo con chiarezza che i lavoratori di Pomigliano non siano messi in condizioni di ricatto tra la chiusura e il licenziamento e la lesione dei propri diritti". Secondo Masini "il referendum non è possibile sotto la minaccia di chiusura e tocca, inoltre, molti aspetti di legge; non è vincolante ed è anomalo". Quanto alle modifiche chieste sulla disciplina dei licenziamenti, ha spiegato, "il nuovo testo dice che i lavoratori possono essere licenziati, la minaccia non è cambiata, c'è tutta. Non cambia nulla salvo la costituzione della commissione paritetica. Noi - ha concluso - non abbiamo nessun imbarazzo nel confermare la decisione del nostro comitato".

"È ora di dire basta alle bugie. Dietro il paravento del rischio di deroga alla Costituzione, di per sè inaccettabile, la Fiom prova a mascherare l'insipienza e l'incapacità di un sindacato di categoria mosso solo da interessi politici, incapace di confrontarsi con l'obiettivo di raggiungere un punto d'incontro e di tenere qui occupazione e lavoro". Così, in una nota, Lina Lucci, segretario Cisl Campania. "Il riconoscimento della malattia è legge dello Stato. I primi tre giorni di ricorso alla malattia non sono retribuiti dallo Stato, ma a carico delle imprese - spiega - Nell'accordo Fiat viene stabilito che in presenza di talune situazioni una Commissione bilaterale, azienda e sindacato, valuta di volta in volta se il ricorso a questo strumento viene pagato del tutto, pagato in parte o non pagato, visti i pregressi tassi elevatissimi di assenteismo. Ma sia chiaro la valutazione è affidata ad una Commissione bilaterale".

 

 

 

 

 

2010-06-04

Il Pil italiano cresce dello 0,5% nel primo trimestre 2010

Cronologia articolo4 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 11:39.

Resta stabile il Pil di Eurolandia nel primo trimestre 2010: secondo Eurostat la crescita è stata dello 0,2%, come negli ultimi tre mesi dello scorso anno. Stesso risultato per la Ue-27.

L'Italia ha fatto registrare un balzo dello 0,5% dopo il -0,1% dell'ultimo trimestre 2009. Meglio di Francia (+0,1%), Germania (+0,2%) e Regno Unito (+0,3%). Torna il segno più anche davanti al Pil della Spagna (+0,1%). La Grecia resta in recessione (-0,8%).

Durante il primo trimestre del 2010, la spesa finale per i consumi delle famiglie è diminuita dello 0,1% nell'Eurozona, e dello 0,2% nell'Ue (dopo un aumendo dello 0,2% in entrambe le aree). Gli investimenti sono calati dell'1,1% nell'Eurozona e dell'1,2% nell'Ue (dopo una diminuzione dell'1,3% e dell'1,6%, rispettivamente). Le esportazioni sono aumentate del 2,5% nell'Eurozona e del 2,3% nell'Ue (dopo un incremento dell'1,7% e dell'1,9%). Crescono anche le importazioni, del 4,0% nell'Eurozona e del 3,4% nei Ventisette (dopo un aumento dell'1,2% e dell'1,6% rispettivamente).

A titolo di confronto, il Pil degli Stati uniti è cresciuto dello 0,8% nel primo trimestre del 2010 rispetto al trimestre precedente, quando l'aumento era stato dell'1,4%. Su base annuale, rispetto al primo trimestre del 2009, il Pil Usa è cresciuto del 2,5% (dopo un aumento dello 0,1% nel trimestre precedente). In Giappone, la crescita del Pil nel primo trimestre di quest'anno è stata dell'1,2%, rispetto al trimestre precedente (quando era stata dello 0,1%). Su base annua, l'aumento del Pil giapponese è stato del 4,2%, dopo un calo dell'1,4% nel trimestre precedente.

 

 

 

 

2010-06-01

Disoccupazione record all'8,9%, sorpresa Germania

Cronologia articolo1 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2010 alle ore 10:17.

Continua a salire il tasso di disoccupazione in Italia, che ad aprile si porta all'8,9%: si tratta del dato peggiore dal quarto trimestre 2001 (quando si attestava proprio all'8,9%). Lo comunica l'Istat "sulla base delle informazioni finora disponibili", aggiungendo che il numero di persone in cerca di occupazione risulta pari a 2.220.000 unità, in crescita dell'1% (21mila unità) su mese e del 20,1% (372mila unità) sull' aprile 2009.

Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in aumento, rispetto a marzo, di 0,1 punti percentuali ma inferiore rispetto ad aprile 2009 di 0,9 punti percentuali. Il numero di occupati ad aprile risulta pari a 22.831.000 unità (dati destagionalizzati), in aumento dello 0,2% (56mila unità) su mese ma in calo dell'1,3% (-307mila unità) rispetto ad aprile 2009.

Il tasso di disoccupazione cresce tra i giovani: quasi il 30% è senza lavoro. Nella popolazione tra i 15 e i 24 anni il tasso di disoccupazione sale infatti al 29,5%, ad aprile, con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009.

Anche nell'Eurozona è record per la disoccupazione, salita ad aprile al 10,1%, in aumento rispetto al 10% in marzo (9,2% nell'aprile 2009). Nella Ue27 9,7%, stabile rispetto a marzo (8,7% nell'aprile 2009). Lo rileva Eurostat secondo cui i disoccupati in aprile erano 15,86 milioni nell'eurozona e 23,311 nella Ue. In Italia disoccupazione all'8,9%. L'Eurozona non ha mai registrato un tasso di disoccupazione al 10,1% da quando è stata creata nel 1999.

In Germania, a sorpresa, il tasso di disoccupazione cala al 7,7% a maggio, rispetto all'8,1% registrato nel mese di aprile. Un dato sorprendentemente positivo che ha visto scendere di 45 mila unità le persone in cerca di lavoro. Complessivamente i disoccupati sono pari a 3.246.000. In aumento il numero di buste paga (+38 mila nel mese di maggio).

 

 

 

 

2010-05-27

27/05/2010 14:37

Usa: crescita pil primo trimestre rivista a +3% da +3,2%(RCO)

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Washington, 27 mag - Nel primo trimestre 2010 il prodotto interno lordo Usa e' salito del 3% su base annua anziche' del 3,2% come annunciato in via preliminare trenta giorni fa. Lo ha reso noto oggi il dipartimento del Commercio che ha fornito la prima revisione del dato. Le attese degli analisti erano per una revisione al rialzo, al 3,4%. Il tasso di inflazione core, al netto dei prezzi dei prodotti alimentari ed energetici, e' salito dello 0,6%, dopo il progresso dell'1,8% dell'ultimo trimestre 2009. Si tratta del ritmo piu' basso di crescita di sempre.

Corrado Poggi cop-Y- c.poggi@ilsole24ore.com (RADIOCOR) 27-05-10 14:37:19 (0217) 3 NNNN

 

 

 

2010-05-14

Il Cdm convoca le regioni con la sanità in rosso: dovranno aumentare le tasse

di Nicoletta Cottone

13 maggio 2010

Il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro (Foto Ansa)

"Dai nostri archivi"

Campania, Lazio e Calabria rinegoziano i piani sulla sanità

Sanità la prima emergenza

Partita federalista da 133 miliardi

Polverini e Bonino a duello sui programmi per la sanità nel Lazio

Polverini-Bonino, sfida sullo sviluppo

"Il governo ci ha detto che le regioni con il deficit sanitario dovranno aumentare le tasse fino al ripianamento del deficit stesso". A dirlo è il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro. "Ci è stato chiesto di aumentare le tasse: è assurdo, iniquo e incomprensibile", ha commentato il governatore del Molise, Michele Iorio.

Sei Regioni convocate a palazzo Chigi. Questa mattina sei presidente di regioni, con relativi commissari (se diversi dal governatore) e assessori al bilancio sono stati convocati dal governo a partecipare al Consiglio dei ministri. Oggetto della convocazione é un punto della situazione sui piani di rientro dal deficit-sanità. Si tratta dei rappresentanti di Campania, Lazio, Calabria, Abruzzo, Sicilia e Molise. La richiesta del governo di aumentare le

tasse regionali per ripianare il deficit in sanità, però, non riguarderebbe Abruzzo e Sicilia. Il presidente della regione Abruzzo Gianni Chiodi ha spiegato di essere stato convocato "per errore": l'Abruzzo e la Sicilia "hanno superato il tavolo di monitoraggio di aprile, quindi non c'era bisogno".

Fondi Fas bloccati in assenza di piani di rientro credibili. In considerazione del mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dai piani di rientro e dagli equilibri di finanza pubblica, il Consiglio dei ministri, recita il comunicato di palazzo Chigi, "ha concordato circa l'impossibilità di esprimere l'intesa prevista dall'articolo 2, comma 90, della legge finanziaria per il 2010 e di non potere pertanto consentire alle Regioni Lazio, Campania, Molise e Calabria di utilizzare le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, relative ai programmi di interesse strategico regionale, a copertura dei deficit del settore sanitario". Il governo, ha riferito il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, non sbloccherà i fondi Fas destinati alle Regioni senza che queste abbiano un piano "adeguato" di rientro dal debito sanitario. "L'ipotesi ormai reale - ha detto Scopelliti, è che bisogna anche innalzare ulteriormente Irap e Irpef". Per rientrare dal deficit sanitario la Calabria sarà costretta ad "alzare tutti i tributi. Già sono al massimo, così saranno al massimo del massimo". In totale circa 50 milioni di euro in più. La Calabria, attacca Scopelliti, paga "la cattiva politica del passato: ancora non abbiamo una certificazione del debito".

Nel Lazio addizionali già al massimo. "Già abbiamo le addizionali al massimo quindi comunque non riusciremmo a coprire quello che si coprirebbe con il Fas", ha commentato la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. "Noi - ha aggiunto - già paghiamo le addizionali Irap e Irpef quasi al massimo, quindi anche volendole aumentare non riusciremmo a coprire quello che ci viene calato per l'impegno dei fondi Fas che sono 420 milioni". Riferendosi al governo, poi, Polverini ha specificato che "non ha detto che si aumentano le tasse, ha detto che i fondi Fas sono bloccati solo per quanto attiene la parte impegnata per ripianare il deficit sanitario in attesa che arrivi il piano di riqualificazione". Polverini ha reso noto che Il Lazio anticipa 1,4 miliardi "per i quali paghiamo quasi 300 mila euro al giorno di interessi alle banche, somme che dovremmo avere dal ministero dell'Economia". Polverini ha detto di aver "chiesto lo sblocco. A questo si aggiunge che dobbiamo avere 800 milioni di euro dal Fondo di garanzia più circa 50 milioni al mese sull'assegnazione corrente in attesa della delibera del Cipe. Ho posto tutte queste condizioni e ho anche detto che stiamo lavorando in assoluta armonia con i ministeri dell'Economia e della Salute". Il Consiglio dei ministri è stato presieduto da Altero Matteoli, per una indisposizione del premier Silvio Berlusconi.

13 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-12

Il Pil si muove nel I trimestre

Economia italiana più veloce

della media nell'Eurozona

di Giuseppe Chiellino

12 maggio 2010

Il Pil cresce dello 0,5% nel primo trimestre. E' il dato migliore da fine 2006

Timidi segnali positivi per l'economia europea e in particolare per quella italiana. Nel primo trimestre del 2010 in Italia il Pil è aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% rispetto al primo trimestre del 2009. Dal confronto con gli altri principali paesi della zona euro l'Italia esce bene ed appare come l'economia più dinamica, sia pure in un contesto di ripresa a bassa velocità.

Il dato congiunturale pubblicato mercoledì dall'Istat è il migliore dalla fine del 2006 (quando la crescita rispetto al trimestre precedente era stata dell'1,1%) e il dato tendenziale è il migliore dal terzo trimestre 2007 (+1,5%).

L'Istat ha pubblicato anche i dati rivisti a partire dal 2005, che confermano la recessione del 2009. Il pil è diminuito del 2,9% congiunturale e del 6,5% tendenziale nel primo trimestre 2009, rispettivamente dello 0,3% e del 6,1% nel secondo, mentre è aumentato dello 0,4% congiunturale e sceso del 4,7% tendenziale nel terzo ed è sceso, infine, dello 0,1% e del 2,8% negli ultimi tre mesi dello scorso anno.

Crescita in tutti i settori

L'aumento congiunturale del Pil - spiega l'Istat in una nota - è il risultato di un aumento del valore aggiunto dell'agricoltura, dell'industria e dei servizi. Il primo trimestre del 2010 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del primo trimestre 2009. La crescita acquisita per il 2010 è pari allo 0,6 per cento.

Il confronto con gli altri

Il dato italiano di oggi si confronta con quelli dei partner europei e in particolare della zona euro. La crescita media nell'area della moneta unica nel primo trimestre è stata dello 0,2% su base congiunturale (contro una crescita pari a zero nell'ultimo trimestre del 2009). Nell'intera Ue il Pil è aumentato in media dello 0,2%, in miglioramento rispetto allo 0,1% del trimestre precedente. Rispetto al primo trimestre del 2009 (confronto tendenziale) il Pil è cresciuto dello 0,5% nell'Eurozona e dello 0,3% nella Ue (dopo -2,2% e -2,3%). Nello stesso periodo negli Usa il Pil è cresciuto dello 0,8% su base trimestrale e del 2,5% su base annua.

Primi segnali positivi, dunque, che vanno però visti nel dettaglio dei singoli paesi.

Primi fra tutti, Grecia e Germania. Nel primo caso nel trimestre il Pil è diminuito dello 0,8% su base congiunturale (rispetto al trimestre precedente) e del 2,3% su base annuale.

In Germania, invece, il Pil è cresciuto dello 0,2% nel primo trimestre e dell'1,6% su base annua. Dati che superano le attese degli analisti i quali si aspettavano crescita zero trimestrale e +1,2% annua. Nel quarto trimestre 2009 è stato rivisto a +0,2% (da zero) sul trimestre precedente e a -2,2% da -2,4% su base annua con una correzione quindi a -4,9% da -5% del Pil del 2009.

Spagna finalmente fuori dalla recessione

L'economia spagnola, dopo sei trimestri negativi, è uscita dalla recessione nel primo trimestre 2010, ultima tra le grandi economie della Ue. Il Pil ha registrato infatti una piccola crescita dello 0,1% sul quarto trimestre 2009, mentre su base annua è ancora negativo dell'1,3%.

Crescita modesta in Francia

L'economia francese ha registrato un rallentamento della crescita rispetto al quarto trimestre del 2009. Il Pil infatti è aumento solo dello 0,1 nel primo trimestre contro il +0,5% del trimestre precedente (comunque rivisto al ribasso). Secondo l'istituto di statistica Insee la frenata è legata soprattutto alla domanda interna che è rimasta invariata mentre a fine 2009 cresceva quasi dell'1 per cento. In ogni caso, per l'anno in corso la crescita acquisita è dello 0,7%, di poco superiore allo 0,6% italiano.

Colpo d'ala del Portogallo

Tra le performance migliori va segnalata anche quella del Portogallo, insieme alla grecia e alla Spagna uno dei paesi più a rischio sotto il profilo dei conti pubblici quindi uno dei punti deboli dell'intera eurozona. Ebbene, l'economia del paese iberico è cresciuta dell'1% rispetto al trimestre precedente (quando aveva però registrato un calo dell'1,1%) e dell'1,7% rispetto ai primi tre mesi del 2009.

 

Secondo il Centro Studi Confindustria, "l'Italia ha agganciato la ripresa; pur lontana dai massimi pre-crisi, la produzione industriale sta accelerando". Secondo il CsC, anche il secondo trimestre sarà positivo, al traino della produzione industriale e ciò, insieme ai dati Istat sulla crescita "innalza le probabilità di un aumento del Pil superiore all'1% nel 2010".

COMMENTO / L'euro debole fa bene al Pil (di Lorenzo Stanca)

Centro studi Confindustria: a fine anno la crescita potrà superare l'1%

DOCUMENTI / L'analisi congiunturale di Confindustria

Il comunicato dell'istat

GRAFICI / L'osservatorio dell'economia

Fini: "Il benessere reale dei cittadini non si misura con il Pil"

12 maggio 2010

 

 

 

 

 

L'euro debole fa bene al Pil

di Lorenzo Stanca

commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

12 maggio 2010

Dalle stime preliminari del Pil per il 1° trimestre 2010, l'Italia emerge come il miglior performer dell'area Euro, e questo rappresenta in ogni caso un fatto assai significativo

Un raggio di sole prima del ritorno di nuovi rovesci? Oppure il sereno che torna davvero? I dati usciti oggi non sono di facile interpretazione. Cosa ci dobbiamo aspettare per i prossimi mesi?

La percezione che si ricava dal mondo delle aziende è che la primavera stia portando con sé una sostanziale tenuta delle dinamiche di ripresa emerse dal principio dell'anno. A giocare un ruolo chiave paiono soprattutto le esportazioni: verso le economie mature (con gli Usa che danno segnali di risveglio) ma soprattutto verso quelle di recente industrializzazione (Cina in testa). E, a spingere aria nelle vele dell'export italiano, non è solo la domanda estera, ma anche il deprezzamento dell'euro, che si riflette anche in un miglioramento immediato dei risultati delle aziende più esposte ai mercati internazionali. E' vero, l'elasticità delle esportazioni italiane al cambio è oggi decisamente più contenuta rispetto agli anni precedenti alla "svolta della qualità" di inizio secolo. Ma un euro più basso di circa il 15% rispetto al dollaro, un impatto favorevole lo avrà senza dubbio, come tanti imprenditori già segnalano.

La crisi finanziaria di primavera, non ancora finita, con la discesa dell'euro sta fornendo benzina alle economie europee, e soprattutto a quelle più esposte all'export, come l'Italia.

Se il 2° trimestre dovesse confermare la dinamica positiva del 1°, anche con un'intensità minore, allora la possibilità di conseguire un tasso di crescita superiore allo 0,8% attualmente previsto dall'FMI e dall'Unione Europea, diventerebbe assai concreta. Con un risultato superiore all'1% decisamente alla portata.

(Lorenzo Stanca è presidente del Gruppo Economisti di Impresa e managing partner Mandarin Capital Partners)

12 maggio 2010

 

 

Centro studi Confindustria: a fine anno la crescita potrà superare l'1%

commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

12 maggio 2010

"Dai nostri archivi"

Confindustria: torna a crescere la produzione industriale

Soffre un'azienda su quattro

Soffre un'azienda su quattro

Il Pil si muove nel I trimestre Economia italiana più veloce della media nell'Eurozona

Il Pil si muove nel I trimestre Economia italiana più veloce della media nell'Eurozona

L'Italia ha "agganciato la ripresa". Anche se lontana dai massimi del periodo pre-crisi, la produzione industriale sta accelerando. Questo aumenta le probabilità di un aumento del Pil sopra l'1% nel 2010. E' la stima fornita dal centro studi di Confindustria.

Italia più forte

"Più forte" la ripresa del Pil italiano nel primo trimestre, sottolinea l'associazione di viale dell'Astronomia citando le stime preliminari dell'Istat di oggi. Il secondo trimestre sarà "ancora positivo", prevede Confindustria, trainato dalla produzione industriale (+4%, stima Isae). Il recupero della perdita causata dalla recessione avverrà comunque "con gradualità".

Ripresa globale

La ripresa globale secondo il Centro studi di Confindustria "si irrobustisce ancora. Accelerano Usa, Giappone e Germania. Il loro traino si affianca a quello dei paesi Bric: La Russia riprende vigore mentre in Cina e Brasile c'è qualche segno di salutare rallentamento". L'Est emergente è ripartito, guidato da Polonia e Turchia. Il Piano di salvatoggio europeo, in ultimo, ha evitato che la crisi dei titoli sovrani contaggiasse l'economia reale".

12 maggio 2010

 

 

2010-05-11

La produzione industriale cresce del 6%

a marzo. Anche aprile è positivo

10 maggio 2010

La produzione industriale cresce del 6% a marzo. Anche aprile è positivo

La produzione industriale a marzo ha registrato un aumento dell'8,7% (indice grezzo) rispetto a marzo 2009. Lo comunica l'Istat, precisando che la variazione tendenziale corretta per gli effetti di calendario è +6,4% (i giorni lavorativi sono stati 23 contro i 22 di marzo 2009): si tratta del miglior risultato da dicembre 2006. Per il dato grezzo, invece, il dato è il migliore da aprile 2008. L'indice destagionalizzato ha segnato una diminuzione dello 0,1% rispetto a febbraio scorso.

La performance è al di sotto delle attese del mercato a causa soprattutto della debolezza dei consumi interni. A pesare, come segnalano gli economisti interpellati da Il Sole 24 Ore Radiocor, è stata anche la fine degli incentivi per l'auto, mentre segnali positivi sono arrivati da alcuni settori industriali, in particolare di quelli legati all'export, come la meccanica.

Quanto al mese di aprile, il Centro studi della Confindustria ha stimato un aumento della produzione industriale dello 0,9% su marzo, quando c`è stata una sostanziale stagnazione su febbraio (-0,1%). La distanza dal picco di attività pre-crisi (aprile 2008) resta comunque ampia (-20,2%); si segnala comunque un recupero dai minimi del 7,6%, in linea con quello francese (7,2%), ma inferiore a quello tedesco (12,3%).

La ripresa della produzione prosegue in maniera discontinua. Nel secondo trimestre 2010 si delinea un nuovo incremento (crescita acquisita di +0,8%), dopo quello del primo 2010 (+1,4% sul quarto 2009).

Gli indicatori qualitativi e anticipatori sono coerenti con tale dinamica e segnalano miglioramenti per i prossimi mesi. In aprile la fiducia rilevata dall'Isae nell'industria è aumentata ancora (a 85,5 da 84,4 di marzo) ed è ai massimi da giugno 2008, grazie soprattutto all'incremento dei giudizi sugli ordini. Analogamente, l'indice Pmi manifatturiero per l'Italia rileva in aprile un'accelerazione della produzione (a 56,6 da 56,1 di marzo) e dei nuovi ordini (a 55,3 da 54,8).

GRAFICO / L'andamento della produzione industriale dal 2000 a oggi

10 maggio 2010

 

 

Fini: "Il benessere reale dei cittadini non si misura con il Pil"

di Laura Squillaci

commenti - 3 | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

11 maggio 2010

Fini: "Il benessere reale dei cittadini non si misura con il Pil"

"Dai nostri archivi"

"Aridatece" il vecchio Pil, tanti difetti ma utilissimo

Metti una passeggiata con il Pil

STATISTICA / Il Pil non dà la felicità (ma che c'è di meglio?)

PIT STOP / Non ci sarà mai più il Pil di una volta

PIT STOP / Non ci sarà mai più il Pil di una volta

 

Pil, crisi economica e mercato del lavoro. Lungo queste tre direttrici si è mosso il convegno organizzato dalla fondazione Farefuturo " Oltre il pil. I nuovi indicatori del benessere e la sostenibilità allo sviluppo."

Ad animare il dibattito ci ha pensato il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Citando Bob Kennedy, che per primo denunciò i limiti del pil come indicatore della ricchezza di un Paese, ed elogiando il lavoro svolto dalla Commissione Fitoussi (voluta da Sarkozy) in tema di indicatori del benessere, Fini ha messo sul piatto i temi caldi nell'agenda economica del nostro Paese.

Anzitutto "il benessere reale" dei cittadini. Che non può essere misurato solo dal pil. Questo indicatore, pur rimanendo un parametro "indispensabile nella politica di bilancio e per tenere sotto controllo i conti" per Fini non basta. Perchè "un orientamento in senso puramente quantitativo dello sviluppo non indica l'effettivo tenore di vita delle persone". Di qui la necessità che "le politiche economiche nazionali pesino fattori come la percezione del futuro tra i giovani o la qualità dell'istruzione dei figli, la possibilità di accedere alla cultura e la soddisfazione professionale".

A dettare l'agenda economica ci ha pensato anche il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. Indicando quella fiscale come la "riforma strutturale per eccellenza" Bonanni ha sottolineato come occorra spostare "il carico fiscale verso i consumi" riducendo la pressione "non solo su lavoratori e pensionati ma anche sulle imprese", che non devono essere penalizzate nel confronto con quelle del resto d'Europa. Parla invece di "mutazione genetica" nel modo di fare impresa, la presidente dei giovani industriali, Federica Guidi, secondo cui il problema non sono gli indicatori economici ma la loro interpretazione la chiave per puntare a uno sviluppo sostenibile. Di fronte ad un mondo in evoluzione per continuare a competere "i padigmi finora usati devono quindi essere ripensati". Per il vice segretario del Pd, Enrico Letta, infine, è impellente che l'Italia ripensi alla sua missione: vale a dire "rilanciare la creatività e le giovani generazioni".

Altro punto nodale, il mercato del lavoro. Per il presidente della Camera in Italia si è passati da un sistema troppo rigido a un eccesso di flessibilità. Mentre in Germania, a fronte di numerosi contratti a termine ci sono salari più alti, "da noi, ha detto Fini - la flessibilità è nel senso peggiore della precarietà, coniugata con salari standard". Per questo serve "un mercato del lavoro più flessibile ma che garantisca un futuro non condizionato da una sorta di permanente precarietà".

Quanto alla crisi economica, Fini ha condiviso la proposta della cancelliera Angela Merkel di un'agenzia di rating europea: "dovrebbe essere incoraggiata" perché "i giudizi di questi enti possono portare un Paese sulla soglia della bancarotta". E ancora: il caso della Grecia dimostra come "se ci si comporta da cicale, in una crisi che é globale, in un'economia dove la globalizzazione apre anche spazi alla speculazione finanziaria, si è poi chiamati a rispondere delle politiche non virtuose assunte in passato". La ricetta per una buona politica economica? "L'equilibrio tra compatibilità di bilancio e innovazione nelle politiche di sviluppo".

11 maggio 2010

 

 

2010-05-06

Il Tesoro ritocca al ribasso le stime su Pil 2010 ma S&P conferma l'outlook stabile

6 maggio 2010

Il Tesoro ritocca al ribasso le stime su Pil 2010. Nella foto il ministro del Tesoro, Giulio Tremonti

Il Pil italiano crescerà dell'1% quest'anno, dell'1,5% nel 2011 e nel 2012 toccherà il 2% di aumento. Il ministero dell'Economia, nella Relazione Unificata sull'economia e la finanza pubblica per il 2010, rivede al ribasso le precedenti stime (+1,1% nel 2010 e +2% nel 2011 e 2012).

La Relazione conferma invece gli obiettivi per il rapporto deficit/Pil da qui al 2012, quando l'Italia tornerà sotto la soglia del 3%: quest'anno il rapporto scenderà al 5% senza bisogno di una manovra bis, nel 2011 al 3,9% e nel 2012 al 2,7%. Il tasso di disoccupazione è previsto all'8,7% nel 2010, all'8,5% nel 2011 e all'8,2% nel 2012.

Peggiorano le stime per il debito pubblico che salirà al 118,4% del Pil quest'anno, al 118,7% nel 2011 e tornerà a scendere solo nel 2012 al 117,2%. Le precedenti stime indicavano un rapporto debito/Pil del 116,9% quest'anno, al 116,5% nel 2010 e 114,6% nel 2012. Nel documento si precisa che "in un'accezione di debito aggregato, considerando pubblica amministrazione famiglie, imprese non finanziarie, l'Italia si colloca tra i paesi meno indebitati in ambito europeo".

"Il mantenimento degli obiettivi di finanza pubblica - si legge nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica del Tesoro - rende necessaria "una manovra correttiva sul saldo primario pari in termini cumulati a circa l'1,6% del Pil nel biennio 2011-2012". Si tratta in termini assoluti di circa 25 miliardi di euro (24,8 miliardi).

Anche dopo questi ritocchi al ribasso per il Pil e al rialzo sul debito - e dopo che Moody's ha messo anche l'Italia tra i paesi le cui banche sono a rischio contagio Grecia - Standard & Poor's ha ribadito che il suo outlook per l'Italia rimane stabile (A+). Un portavoce dell'agenzia di rating ha spiegato che S&P non ha nulla da aggiungere al rapporto ufficiale pubblicato l'8 aprile. In quella data, S&P aveva spiegato che "la prevista attuazione, a partire dal 2010, del programma di consolidamento attraverso la riduzione della spesa pubblica potrebbe essere un importante fattore di supporto per i rating sovrani della Repubblica Italiana".

Nella medesima nota, S&P osservava inoltre che un eventuale ritardo nell'implementazione "di politiche che conducano il debito verso una riduzione sostenibile potrebbe portare a una revisione al ribasso dei rating". La conferma dell'agenzia tende - senza successo, visto l'andamento a Piazza Affari - a spegnere le voci di un possibile downgrade del rating sovrano dell'Italia che hanno spinto giovedì a 134 punti base lo spread con i Bund decennali. Il movimento interessa peraltro molti altri titoli europei come la Gran Bretagna (+92 punti base), la Spagna dove il differenziale sale a 148 punti e il Portogallo dove schizza a 322 punti.

Sui mercati, spiegano gli operatori "c'è ancora un movimento irrazionale dovuto a rischi di contagio piuttosto inesistenti" oltre che "una mancanza di decisioni chiare dalla riunione della Bce a Lisbona". L'orizzonte di riferimento preso in considerazione da S&P è di lungo termine ed è legato all'attuazione di politiche fiscali di ampio periodo. Una settimana fa anche Moody's aveva confermato come "stabile" l'outlook del rating sovrano (Aa2) dell'Italia. Stessa cosa per l'altra agenzia internazionale, Fitch che vede stabile il rating italiano a lungo termine (AA-).

6 maggio 2010

 

 

 

173mila posti di lavoro in meno nel 2010 secondo Unioncamere

di Carmine Fotina

6 maggio 2010

"Dai nostri archivi"

Unioncamere, introvabili 42mila laureati e 88mila diplomati

Unioncamere: entro fine anno 110mila nuovi posti nelle imprese

Rapporto Unioncamere: nel 2007 83mila posti di lavoro in più

L'Italia dei brevetti cresce in Europa grazie a Stm e Fiat

Nel 2007 domanda record di immigrati. Nel Nord-Est un assunto su tre è straniero

 

Si attenua la caduta dell'occupazione, seppure con margini molto contenuti. Il rapporto Unioncamere conferma per l'anno in corso prospettive ancora negative – saranno 173mila i posti perduti – ma rileva per il complesso delle imprese una diminuzione (-1,5%) più contenuta rispetto al 2% del 2009. Sarà l'effetto, secondo la proiezione presentata a Roma, di un'entità delle uscite sostanzialmente in linea con quella del 2009 e di un leggero incremento delle assunzioni previste: 830mila, quasi 50mila in più rispetto a quelle programmate nel 2009.

I dati sono un'anticipazione dell'indagine Excelsior e si basano su un campione di 40mila imprese. Giungono nello stesso giorno in cui la Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica segnala che il tasso di disoccupazione salirà quest'anno all'8,7% dal 7,8% del 2009. È uno scenario meno grave di altri paesi europei diretti competitor, sottolineano i ricercatori di Unioncamere, che evidenziano al tempo stesso le differenti chiavi di lettura: tengono meglio i servizi (soprattutto l'information technology) mentre stenta ancora il manifatturiero e vanno male le costruzioni. Soffre decisamente di più il Mezzogiorno e le microimprese – da 1 a 9 dipendenti – faranno segnare addirittura un arretramento: -2,5% rispetto al -2,2% del 2009. Altra tendenza in corso è il maggiore ricorso ad assunzioni qualificate – dirigenti, impiegati specializzati, tecnici laureati – e di riflesso la quota in crescita di lavoro a tempo indeterminato rispetto ai contratti a termine.

6 maggio 2010

 

 

 

Tremonti: "Nessuno è immune

dai rischi, la Ue impari lezione"

di Nicoletta Cottone

6 maggio 2010

"Nessuno è immune dai rischi perché passeggero con biglietto di prima classe". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel corso dell'informativa urgente del governo sulla crisi economico-finanziaria della Grecia svolta in aula alla Camera. Il ministro ha sottolineato che la crisi è sistemica e, quindi, "la soluzione può essere solo comune e politica".

Occorre guardare, ha detto Tremonti, "non solo al domani o al prossimo mese, ma al prossimo decennio, per assorbire la crisi e per organizzare il futuro. Il nostro futuro non è un destino ma una scelta". Il ministro dell'economia ha spiegato che la crisi greca può essere una "discontinuità che può essere positiva e costruttiva" per l'Europa. Venerdì dal vertice a Bruxelles dei capi di stato e di governo dell'eurozona ci si aspetta di imparare "la lezione prendendo tutte le misure necessarie affinché una crisi di questo tipo non si ripeta. Sono queste le basi su cui dobbiamo e possiamo avere fermezza nel presente e fiducia nel futuro".

Il titolare dell'Economia ha chiarito che il decreto legge che sarà approvato domani dal Consiglio dei ministri, "trattandosi di un prestito, non avrà effetti sul deficit ma sul debito, di cui però si terrà conto nettizzandolo nel quadro del patto di stabilità". Tremonti ha precisato che "la nostra quota nel pacchetto di sostegno è di 18,4% del totale europeo, pari inizialmente a circa 5,5 miliardi".

Il decreto aiuti, ha spiegato il ministro, "ci consente di intervenire in modo flessibile, con emissioni a medio lungo termine e anticipazioni di tesoreria". Si avrà "un differenziale positivo per l'Italia, tra il tasso applicato alla Grecia e il nostro costo della raccolta". Questo differenziale è previsto "per rendere compatibile lo strumento con ipotesi interpretazioni costituzionali europee contrarie ai salvataggi". I rimborsi in quota capitale da parte della Grecia, ha detto il ministro, "sono destinati al fondo per l'ammortamento dei titoli di stato mentre gli interessi all'entrata dello Stato".

L'intervento finanziario internazionale ha poi detto Tremonti è "sostanzialmente mirato a mettere la Grecia temporaneamente fuori dal mercato finanziario e dai suoi rischi". Tremonti ha ricordato come l'evidenziarsi della crisi greca, alla fine dello scorso anno, sia stata accompagnata dai mercati che "hanno reagito a modo loro: hanno per lungo tempo tenuto gli spread ai livelli minimi, prezzando i rischi in modo non adeguato. Ma poi hanno reagito, aumentando i differenziali di rendimento e producendo instabilità e volatilità. Un continuo saliscendi", legato anche ai ritardi della politica. In marzo il fenomeno si è esteso ad altri Paesi e al mercato europeo. Fin quando, "mentre erano in corso i negoziati sul programma greco, i mercati hanno continuato a registrare fortissima turbolenza e volatilità a causa dei timori di contagio, amplificate da alcune decisioni sul rating".

Il ministro ha anche espresso cordoglio profondo per le vittime degli incidenti di Atene. "La nostra solidarietà e sostegno al popolo e al governo della Grecia sono, in questo momento, ancora più forti".

6 maggio 2010

 

 

 

L'euro sotto 1,27 sul dollaro

Ma è sempre sopravvalutato?

di Vittorio Carlini

6 maggio 2010'

L'euro "soffre" di debolezza. Ma è sempre sopravvalutato

"Dai nostri archivi"

Rallenta la caduta delle Borse L'Euro sotto 1,29 sul dollaro

Rassegnatevi l'euro è debole ma destinato a tornare forte

EXIT STRATEGY / Tra Berlino e Atene è in gioco l'euro

Il dramma greco affossa le borse Wall Street chiude in calo del 2% L'euro scivola sotto 1,3 dollari

Euro debole fino a metà anno Il dollaro alla prova del debito

Se ad un marziano fosse fatto vedere il grafico dell'euro contro il dollaro, a partire dal 2000 fino ad oggi, la sua conclusione sarebbe una sola: la divisa unica europea non è certo debole, né sottovalutata. Nel 2002 valeva attorno a 0,8 dollari e, superata definitivamente la parità solo nel 2003, a fine 2006 viaggiava attorno a quota 1,2 dollari. Certo, alla chiusura del 22 luglio 2008 aveva raggiunto quota 1,558, e oggi ha toccato nell'intraday un livello sotto 1,27, cioè il minimo dal marzo 2009. Ma al marziano quest'ultimo valore sembrerebbe sempre una quotazione, seppur non alta, almeno "robusta". Al contrario giornali, e anche molti operatori, parlano sempre e solo di euro in crollo verticale. Dall'altra parte dell'Oceano, invece, siti finanziari importanti come Marketwatch si domandano: "Misteri della crisi sul debito, chi sostiene l'Euro?".

L'euro è ancora sopravvalutato?

Certo, non c'è proprio totale obbiettività nel giornalismo americano su questi argomenti. E certo, il marziano non conosce tutta la "narrazione economico-sociale" che, soprattutto negli ultimi tre anni, ha caratterizzato sia l'Europa sia gli Stati Uniti. Tuttavia la domanda, diciamo pure la provocazione, ci può stare: l'euro, anche a fronte dell'incendio greco non domato e al rischio contagio sul fronte del debito nei paesi del Sud Europa, non è sopravvalutato?

Le risposte degli esperti

"In un certo qual senso sì -risponde Roberto Mialich, esperto valutario di UniCredit -. L'euro potrebbe scendere ancora, pur rimanendo in un contesto di forza. A ben vedere nei mercati valutari, a differenza di quelli azionari, non esiste un fair value per la moneta. Tuttavia, si può tentare di capire a quale livello di cross beni uguali hanno un prezzo uguale. Si tratta di utilizzare modelli che sfruttano variabili quali, per esempio, il deflatore del Pil (cioè il rapporto tra Pil nominale e quello reale, ndr), il costo del lavoro per unità di prodotto e l'inflazione core". E cosa salta fuori? "Che un valore equo dell'euro, nei confronti, del dollaro dovrebbe essere situato nell'intervalo tra 1,12 e 1,17 dollari". Quindi, al di sotto dell'attuale quotazione.

Non è della stessa opinione Ronny Hamaui, docente di mercati monetari internazionali all'università Cattolica di Milano. "L'idea di una sopravvalutazione non mi convince", dice. Per quale motivo? "Se così fosse dovremmo avere una diversa situazione delle partite correnti tra le due sponde dell'oceano Atlantico. L'Europa può vantare un surplus, che indica la forza dell'export; al contrario, gli Stati Uniti vantano un deficit. Si tratta di una combinazione che, a fronte di un euro realmente forte, non avrebbe possibilità di esistere". "Non vedo una divisa unica europea particolarmente sopravvalutata - afferma da canto suo Luca Paolazzi, direttore del Centro studi di Confindustria -. In particolare poi, nell'analizzare i dati, non si può prescindere dal contesto in cui si concretizzano. Negli ultimi anni c'è stata una forte diversificazione, per esempio da parte dei fondi sovrani, sul fronte valutario: è stato abbandonato il dollaro come unica moneta in favore di altre divise", tra cui l'euro. Un trend che, giocoforza, spinge verso l'alto le quotazioni della moneta di Eurolandia: i valori del cross attuale, quindi, non possono considerarsi bassi.

La mancanza di fiducia

Al di là della discussione sul "giusto valore" del cambio, gli esperti trovano una certa concordia nell'analisi su quello che può essere oggi il vero problema dell'euro: la mancanza di fiducia. Già la fiducia: un elemento "impalpabile", difficile da quantificare. Con cui, però, i mercati già dopo il crack-Lehman hanno dovuto fare i conti: gli istituti finaziari non si fidavano più l'una dell'altra tanto da non volersi prestare il denaro. Così, nonostante l'enorme liquidità "pompata" dalle banche centrali, il mercato interbancario si è bloccato.

Adesso come allora, si rischia l'effetto avvitamento. "Oggi -dice Hamaui - non contano tanto i fondamentali: la moneta è considerata alla stregua di un normale asset finanziario il cui valore relativo è fortemente influenzato dalla ricerca di un porto sicuro. Dall'inizio della crisi, ogni qualvolta c'è stata una tensione legata all'economia americana l'euro è cresciuto; viceversa quando, come negli ultimi giorni, si diffonde il timore sul debito dei paesi europei i flussi di capitali lasciano Eurolandia. Si va, insomma, alla ricerca di un asset in grado di conservare il proprio valore".

Parla di fiducia anche Mialich: "In questo momenti i mercati non si fidano della possibilità che la situazione possa stabilizzarsi: i rendimenti dei tassi", per esempio dei bond greci, "sono tornati allo stesso livello ante-crisi, prima che il pacchetto di misure a favore di Atene fosse adottato. È un po' come se fosse successo niente".

Ma a queste accezione fiducia negativa, si può oppore "a contrariis", una confidence intesa quale consapevolezza che : "Non ci sono alternative - come sottolinea Paolazzi -. Si parla di euro a due velocità, addirittura di un euro limitato a pochi paesi. Ma questo vorrebbe dire costi enormi; vorrebbe dire che salta anche il mercato unico. Una strada che non mi sembra percorribile".

Una divisa sostenuta artificialmente?

La via, invece, che i flussi monetari sembrano, almeno negli ultimi giorni, imboccare è quella verso il safe-haven tedesco. Ieri, il Bund future quotato al circuito Eurex di Francorte è passato di mano, in chiusura, a 126,43 centesimi, guadagnando lo 0,73% rispetto alla giornata di mercoledì che già aveva registrato un rialzo notevole. "Questo trend - dice Adam Boyton, esperto valutario di Deutsche Bank - è una delle motivazioni per cui l'euro non ha preso con fermezza la rincorsa verso il basso", nonostante i dati della Commodity Future Trading Commission mostrino che le posizioni short su Eurolandia siano a livelli record. "È un po' come ci fosse una mano invisibile -fa da eco Mike Malpede, capo analista di Easy Forex a Chicago - che tiene su il tutto. Non ho prove, ma forse chi guarda alle banche centrali europei può trovare i "colpevoli"".

"Io non ho sentore di una simile strategia degli istituti centrali europei -ribatte Mialich -. Piuttosto, si può parlare di interventi su basi locali". In che senso? "Certamente la banca centrale svizzera ha messo in campo delle operazioni per sostenere l'euro verso il franco. Gli svizzeri, che hanno gran parte del loro export focalizzato sull'unione europea, non possono permettersi una moneta unica troppo debole. Così intervengono". Un'operazione che può avere un effetto più ampio oltre il franco svizzero? "Non credo. Le masse monetarie che si muovono sul mercato valutario sono enormi. Una sola strategia non ha questa forza".

 

"Moneta-merce e liquidità". I complici della crisi finanziaria

Morte annunciata per l'euro?

I mercati valutari di Money 24

6 maggio 2010'

 

 

 

"Moneta-merce e liquidità"

I complici della crisi finanziaria

di Vittorio Carlini

18 settembre 2009

L'hi-tech "complice" del crack

Commenta / Cosa ne pensate?

"Dai nostri archivi"

"Moneta-merce e crisi" Parlano lettori e economisti

È la tesi di Massimo Amato e Luca Fantacci, esperti di storia della moneta e docenti della Bocconi. "Nuove regole e limiti ai bonus non sono abbastanza". La soluzione: "Una moneta internazionale", sulla scia di quanto sosteneva Keynes

Maggiori regole per mercati e istituti finanziari; meno bonus ai banchieri e più patrimonio alle banche. Il tutto avvolto dal richiamo a ritrovare l'etica perduta. Sono alcune delle impostazioni che dovrebbero guidare i lavori del G20 di Pittsburgh. Il rischio, tuttavia, è che il "Congresso di Vienna" della finanza partorisca il più classico dei topolini. Non solo per le divergenze tra i vari grandi (Europa e Inghilterra in testa). Ma anche, sostengono in molti, perché le diverse impostazioni non colgono la profondità della crisi: "Spesso - dice Marco Vitale, economista d'impresa -, sono il frutto di una mancanza di pensiero in grado di "sviscerare" i perché strutturali del grande crack". Un tentativo, al contrario, che Massimo Amato e Luca Fantacci , entrambi esperti di storia della moneta e docenti alla Bocconi di Milano, fanno nel loro "Fine della finanza" (Donzelli Editore). Certo, si potrà obiettare la validità del loro pensiero; come si potrà e dovrà discutere sulla validità delle soluzioni prospettate. Ma è indubbio che, di fronte "ai menestrelli del tutto come prima - per dirla sempre alla Vitale - e ai tanti talebani del mercato" il porre dei dubbi di sistema è comunque esercizio utile. Il Sole24Ore.com ha in contrato i due economisti per capire meglio il loro pensiero.

"Il vero nodo - dice Amato - è stato modificare la funzione stessa della finanza. Quest'ultima, in senso lato, riguarda l'apertura di un credito a favore di un soggetto cui viene anticipato del denaro per sviluppare, ad esempio, un'impresa. Una funzione essenziale per l'economia reale che presuppone, prima o poi, la chiusura del credito stesso". Non è un caso, quindi, che nel latino del tardo impero "Finantia" significasse "definizione amichevole di una controversia".

"È il "pagherò" della cambiale - fa notare Fantacci-, che, tuttavia, nel mercato finanziario si è trasformato in un "pagherò mai"". Addirittura! Non è un po' un'esagerazione..."Al contrario, a livello di sistema è proprio così. Grazie a tecniche come la cartolarizzazione, il creditore e il debitore sono stati "allontanati", non c'è più una relazione personale tra loro. È stato volutamente interrotto, scisso il rapporto tra le due parti. In questo modo il debitore ha potuto non solo posticipare il pagamento, ma rinviarlo all'infinito: il "pagherò" è stato, di fatto, trasformato in un "paghero mai". Una rivoluzione non solo economica ma, oserei dire, antropologica". Ma come è stato possibile arrivare a tanto? "È abbastanza facile da capire - risponde Fantacci - Il debito, magari subprime, è stato trasformato, anche grazie allo spacchettamento delle cartolarizzazioni, in un qualcosa comunque desiderabile, appetibile. Un titolo tanto più richiesto in quanto "gettato" nel fiume della liquidità che, per la sua stessa natura, ha la necessità di trovare una remunerazione, possibilmente sempre maggiore".

Secondo quest'impostazione, quindi, la liquidità è uno dei problemi alla base della crisi..."Sì. La liquidità, intesa come continua convertibilità di un titolo in moneta e viceversa, è la base strutturale di questo sistema. Che, peraltro, per funzionare richiede un ulteriore elemento". Vale a dire? "La moneta intesa come riserva di valore -risponde Fantacci -. Com è noto, la currency attualmente è: unità di conto, mezzo di scambio e, per l'appunto, riserva di valore. Ecco, quest'ultima caratteristica è imprescindibile nel mercato finanziario: la moneta dev'essere una merce il cui prezzo è il saggio d'interesse. Se non ci fosse questo aspetto chi cede moneta non dovrebbe, né potrebbe, essere remunerato con il saggio d'interesse, per l'appunto. E, di conseguenza, tutta l'impalcalcatura della liquidità che genera ricchezza grazie alla moneta-scambiata-con-titoli-di-credito-sempre-trasformabili-in-moneta non potrebbe funzionare".

Una visione un po' radicale. Attribuire tutto questo peso alla riserva di valore non è un arteficio teorico a sostegno della tesi esposta? "Assolutamente no - ribatte Amato - La prova si è avuta quando le banche centrali hanno inondato il mercato con "denaro frusciante". Ebbene, se fossero prevalse le caratteristiche di unità di conto e mezzo di scambio, la moneta sarebbe circolata tra gli istituti finanziari. Invece, le banche hanno tesaurizzato la liquidità. L'hanno considerata una merce, l'hanno messa "in magazzino", tenendo a mente essenzialmente la funzione di riserva di valore". Quindi, l'errore è nella gestione degli istituti di credito? "Non si tratta di volontà o meno: se rimaniamo a questo livello la discussione è superficiale. È il mercato finanziario che induce tali comportamenti: da un lato si vuole che la banca presti denaro dall'altra la si invoglia a tesaurizzare. La vera questione è un'altra: bisogna eliminare la moneta-merce, in modo che gli istituti di credito tornino a focalizzarsi su quello che dovrebbe essere il loro reale core business, cioè svolgere l'attività d'intermediazione per garantire prestiti al mondo dell'economia reale".

Un bel discorso teorico, ma realizzabile in che modo? "Bisogna avere il coraggio di pensare a una riforma del sistema monetario - risponde Fantacci - La strada da seguire, un po' sulla falsariga di quanto era nell'idea di Keynes a Bretton Woods, è quella di una moneta internazionale nella forma di clearing union. Il meccanismo della stanza di compensazione necessita solo della moneta come unità di conto e delle anticipazioni contabili. In questo modo l'elemento di riserva di valore viene meno e si elimina alla radice il meccanismo della rendita monetaria. A livello locale poi, anche per ridefinire in maniera corretta un reale rapporto tra debitori e creditori, bisognerebbe pensare alla creazione di divise territoriali". Ritorniamo al bel libro dei sogni: una moneta internazionale richiede un organismo sovranazionale in grado d'imporla. Difficile solo pensarlo, viste le divisioni perfino sui semplici bonus dei banchieri..."Il fatto che la strada sia in salita - replica Amato - non vuol dire la via sia sbagliata. Bisogna provarci. Solo in questo modo potremo uscire dal circolo vizioso in cui ci siamo infilati. Altrimenti, spingendo sempre e soltanto sulla soluzione della liquidità non faremo altro che preparare le basi delle nuova crisi. Con una aggravante". Quale? "Il vincolo dei debiti pubblici statali impedirà di attuare nuovamente quegli interventi a carico dei tax payer che sono stati messi in opera in questi due anni. Non avremo cioè un'arma per contrastare il problema".

E rispetto, invece, al finanziamento delle imprese, eliminata la moneta-merce quali i contenuti della finanza? "È l'anticipazione del credito, sotto le sue molteplici forme. Dalla forma del venture capital fino al clearing come strumento per finanziare il capitale circolante".

vittorio.carlini@ilsole24ore.com

18 settembre 2009

 

 

 

Piazza Affari nel mirino

della speculazione,

6 maggio 2010

Piazza Affari nel mirino della speculazione. Crollano i titoli bancari

Aggiornamento ore 17,30. Clicca sui titoli per avere grafici e quotazioni in tempo reale

Ore 16.13 Piazza Affari inizia uno dei suoi peggiori finali di seduta degli ultimi anni. L'indice di riferimento il Ftse Mib, dove pesano fortemente i titoli bancari, rompe la soglia psicologica dei 20.000 punti e sprofonda quasi fino a 19.100 punti. Arriva a perdere oltre il 5%, per chiudere in calo del 4,27% a 19.483,93 punti

Una piccola tempesta perfetta costituita da un mix di fattori: i rumors di un taglio del rating da parte di S&P's sull'Italia -ipotesi quest'ultima smentita e comunque assurda in quanto l'outlook sul nostro paese è stabile e quindi non può esserci un taglio del merito di credito; il giudizio di Moody's, arrivato ben dopo quello di S&P's di alcuni giorni fa, sulla possibilità di un contagio del problema-debito anche all'Italia; lo scattare degli stop-loss legati alla soglia dei 20.00 punti con la conseguente chiusura di molte posizioni; i timori conseguenti alla riduzione, seppur minima, delle stime do crescita del governo sul 2010 e 2011 (una già bassa crescita, ancora più ridotta, pone il problema del consolidamento del debito sovrano); infine, la speculazione che non aspettava altro che il momento giusto per sparare le proprie cartucce.

Giù le altre Borse europee, Atene chiude in crescita

Le altre principali Borse europee, dopo una partenza in netto calo per la tensione legata alla crisi di Atene i listini hanno recuperato terreno per, chiudere, in calo tra lo 0,66% e il 2,16 per cento. Dal canto suo, la Borsa ellenica, non è stata travolta dalla nuova ondata di vendite: l'indice Composite ha guadagnato lo 0,98% e l'Athex 20 l'1,39%.

La Bce mantiene fermi i tassi

Con l'area euro di nuovo assediata dalle tensioni dei mercati, la Banca centrale europea mantiene i tassi di interesse inchiodati al minimo storico dell'1 per cento. La decisione è stata comunicata dal Consiglio direttivo, che oggi si è riunito in trasferta a Lisbona, una delle capitali dei paesi, assieme alla Grecia, considerati anelli deboli dell'Unione monetaria sulla deriva dei conti pubblici.

I titoli a Piazza Affari

Sul listino di Piazza Affari le vendite hanno colpito i bancari: Mediobanca ha chiuso in calo dell'8%, Intesa del 7,7% (era arrivata a perdere oltre l'11%), UniCredit il 7,4%, Ubi Banca il 6,79%, Banca Mps il 6,6%, Banco popolare il 6,35%, Pop Milano il 6,2% e Unipol il 5,34% per cento.

Bernabè: "una situazione incredibile"

La lunga lista dei titoli bancari come peggiori performance delle blue chip è interrotta, suo malgrado, solo da Telecom Italia (-6,23%). Un andamento che ha "causato" l'intervento del ceo Franco Bernabé: "Credo sia una reazione esagerata rispetto alle paure che probabilmente si sono avute sul mercato italiano" in relazione "alla situazione finanziaria mondiale", ha detto Bernabé aggiungendo: " quello che sta succedendo è ingiustificabile e incredibile". Secondo il numero uno di Telecom, la situazione finanziaria in Italia é "molto più solida rispetto a quella degli altri paesi" e anche la situazione di Telecom é "di robustezza e solidità, anche sul fronte dell'indebitamento, che ci permetterà di stare fuori dal mercato fino al 2012".

Euro ai minimi da marzo 2009

Ancora sotto pressione l'euro che, dopo un avvio in recupero, ha invertito la rotta iniziando un netto calo (leggi l'analisi a cura del Sole24Ore.com). La moneta unica è scesa per la prima volta in oltre due mesi sotto la soglia di 120 yen a 119,79 da 121,36 della chiusura di ieri. È il livello più basso dal 12 marzo 2009.

Per Franco Bernabè "totalmente ingiustificato" l'andamento di Piazza Affari

Trichet punta il dito contro le agenzie di rating. Bce attendista sui bond

Collocati tutti i bond spagnoli con rendimenti in rialzo

Borsa di Tokyo in netto calo. Risale il prezzo del petrolio

Asta spagnola ad alta tensione (di Michele Calcaterra)

Moody's: sotto osservazione il rating del PortogalloIl decalogo "di sicurezza" per i risparmiatori italiani (di Marco Liera)

BORSE E INDICI / Aggiornamenti

SPECIALE ASSEMBLEE

6 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-05

Pil italiano allo 0,8% e "ripresa lenta",

l'Ue rivede al rialzo le stime per l'area euro

5 maggio 2010

Pil italiano +0,8% nel 2010

In Italia la ripresa "guadagna forza lentamente", quest'anno sarà "leggera" e "recupererà un po' di forza nel 2011 largamente in linea con la media Eurozona". E' questa la valutazione della Commissione Ue contenuta nelle nuove stime economiche. Il governo "ha perseguito una politica di bilancio cauta data la fragilità delle finanze pubbliche in particolare l'alto debito pubblico". Il paese non riesce a "sfruttare i benefici della ripresa del commercio globale".

Secondo le previsioni economiche di primavera della Commissione, quest'anno il pil crescerà in Italia dello 0,8% e l'anno prossimo dell'1,4% in linea con l'andamento dell'Eurozona. Il deficit/pil si attesterà al 5,3% e al 5%; il debito/pil salirà a quota 118,2% e poi a 118,9%. L'inflazione è prevista all'1,8% e al 2%, più alta della media Eurozona (1,5% nel 2010 e 1,7% nel 2011). La disoccupazione, che nel 2009 era al 7,8%, quest'anno dovrebbe attestarsi sull'8,8% e restare stabile sullo stesso dato nel 2011, una situazione migliore che nel resto dell'eurozona, (10,3% nel 2010 e 10,4% nel 2011).

"L'Italia è in una situazione diversa da quella di altri paesi perché non ha deciso massicce misure di stimolo di bilancio anti-crisi perché non ne aveva lo spazio. Avendo un alto debito pubblico deve intensificare l'attività per consolidare le finanze pubbliche" commenta il commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn che ha aggiunto di aspettarsi che l'Italia "come altri paesi dell'Eurozona" incrementi il lavoro per "controllare le finanze pubbliche e fronteggiare l'alto debito".

 

La Commissione ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita della zona euro, indicando per il 2010 un Pil allo 0,9% contro lo 0,7% previsto lo scorso febbraio. Nel 2011 si stima un Pil all'1,5%. "La ripresa dell'economia nella Ue è graduale ma procede", spiega Bruxelles, anche se "una domanda interna debole continua a darle un carattere contenuto". Inoltre, "la velocità della ripresa varia da Paese a Paese". A trainare sono la Francia (+1,3% nel 2010) e la Germania (+1,2%). Restano in recessione, invece, la Grecia (-0,9%) e la Spagna (-0,4%). Pessime notizie da oltre Manica: in Gran Bretagna la commissione Ue stima un deficit al 12 per cento nel 2010 e al 10 per cento nel 2011.

Calderoli: "Proventi dei beni demaniali per abbattere il debito pubblico" (di Eugenio Bruno)

GRAFICI / Osservatorio dell'economia

5 maggio 2010

 

 

 

Calderoli: "Proventi dei beni demaniali per abbattere il debito pubblico"

di Eugenio Bruno

commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

5 maggio 2010

 

Tutti i proventi delle alienazioni dei beni demaniali saranno utilizzati per abbattere il debito pubblico. Sia nazionale che locale. A garantirlo è stato il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli che ha raccolto il suggerimento giunto ieri dalla Ragioneria generale dello Stato.

La conferma è giunta dalla viva voce dello stesso esponente leghista durante la sua audizione davanti alla commissione bicamerale per l'attuazione presieduta da Enrico la Loggia (Pdl). A proposito del primo decreto attuativo sul federalismo demaniale, Calderoli ha assicurato: "Non ci deve piovere: tutto quello che deve essere alienato va alla riduzione del debito pubblico locale, di conseguenza, di quello nazionale".

Per la "soddisfazione" del vicepresidente della commissione Marco Causi (Pd) che ha invitato il governo ad accettare "le altre numerose ulteriori modifiche che il partito democratico e le opposizioni hanno proposto sul testo del decreto, che resta ancora insoddisfacente, lacunoso e in molte parti farraginoso e oscuro".

Il ministro leghista ha poi ricordato che la vendita del patrimonio statale non è la finalità principale del provvedimento. Le regioni e gli enti locali che otterranno i beni demaniali dovranno puntare soprattutto alla loro "valorizzazione e per finalità che sono insite in quelle che sono le funzioni che l'ente deve determinare". Tant'è, ha aggiunto, che si potrebbe chiedere agli assegnatari di specificare "anche che cosa hanno in testa di fare soprattutto sulla finalità del bene".

Rispondendo a una domanda del capogruppo dei democratici in commissione, Walter Vitali, Calderoli ha infine assicurato che la relazione tecnica con le prime simulazioni sull'impatto della riforma arriverà in parlamento entro il 30 giugno come previsto dalla legge delega. Quanto ai tempi per l'approvazione del federalismo demaniale, il parere (o i pareri se l'opposizione decidesse di confezionarne uno per conto proprio) della bicamerale dovrebbe arrivare entro il 17 maggio in modo da permettere al Consiglio dei ministri di varare la versione definitiva del provvedimento in tempo utile. La scadenza, infatti, è fissata per il 21 maggio.

5 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

Rallenta la caduta delle Borse

L'Euro sotto 1,29 sul dollaro

di Vittorio Carlini

5 maggio 2010

Avvio di seduta prudente per le Borse europee

Le immagini degli scontri davanti al parlamento di Atene fanno il giro del mondo. Purtroppo, come previsto da questo foglio elettronico, si è arrivati alla prova della piazza, che si ribella al duro piano di risanamento definito dal governo di George Papandrea; il prezzo da pagare per il pacchetto di aiuti da 110 miliardi dell'Ue e del Fmi. Le manifestazioni di piazza, unite all'annuncio che Moody's, secondo quanto riportato da Bloomberg, ha deciso di mettere sotto osservazione il merito di credito del Portogallo hanno, per tutta la prima parte della giornata, schiacciato i listini che tuttavia verso la chiusura sono riuscite a limare le perdite.

L'andamento delle Borse mondiali

A Piazza Affari il Ftse Mib ha ceduto l'1,27% e il Ftse All share l'1,36 per cento. Madrid, al centro dei rumors sulla possibilità di arrivare a chiedere un aiuto per far fronte ad un rapporto deficit/pil stimato nel 2010 al 9,8% e un debito sul Pil al 72,5% nel 2011, ha perso il 2,1 percento. Minore la caduta per Parigi (-1,23%), Francoforte (-0,7%) e Londra (-1%). Wall Street ha sofferto le notizie europee per l'intersa seduta: il DJIA ha chiuso in calo dello 0,55%, il Nasdaq Composite lo 0,9% e l'S&p500 lo 0,66 per cento.

Dopo un avvio di seduta segnato dal tonfo di ieri e dalla chiusura precedente di Wall Street, i dati Pil dell'Eurozona avevano risollevato gli indici dai minimi ma poi c'è stata la virata al ribasso.

La piazza di Atene

La Borsa di Atene, dal canto suo, ha chiuso in calo del 3,91% dopo essere arrivata a perdere oltre il 5% nel giorno della manifestazione contro le misure di austerità decise dal governo greco ad Atene, dove, secondo il bilancio provvisorio, vi sono stati almeno tre morti. Secondo alcuni operatori le vendite sarebbero state innescate soprattutto da investitori stranieri e si sono accentuate dopo le notizie sulle tragiche morti.

 

Paura di contagio e agenzie di rating

Sui listini ha pesato il timore contagio, in particolare dopo l'indicazione di Moody's. Ecco che, come già successo con Standard&Poor's, l'agenzia di rating è sembrata però arrivare in ritardo a segnalare il tema. Gli operatori, in tal senso, parlano di un lag-indicator, cioè di una mossa che arriva dopo che l'evento già si è verificato. A ben vedere quest'impostazione dovrebbe indurre il mercato, gli operatori, a non dare troppa importanza a simili valutazioni. Tuttavia così non è. Gli spread sui titoli di stato decennali portoghesi e gli analoghi titoli tedeschi salgono, passando da 266 punti al livello record di 310 punti; in compenso, il rendimento del Bund scende al 2,84%, il minimo storico.

La speculazione sui mercati

Evidentemente la speculazione continua a giocare un ruolo importante. Le posizioni short, per esempio sull'euro (ma il discorso potrebbe valere anche sui titoli di stato greci o portoghesi o spagnoli), di molti hedge fund hanno raggiunto livelli elevati. Senza tenere conto, poi, di un tragico paradosso.

Il pacchetto di sostegni che, in questo momento viene duramente contestato, il mercato lo ha in parte già bocciato. Come dire: il sacrificio chiesto alla Grecia, l'evoluzione tragica che vediamo in questi monenti nella capitale ellenica, sarebbero di fatto inutili. E perché? Perché le previsioni degli esperti indicano che Atene non sarà in grado di soddisfare una condizione principe di questo piano: il tornare a ri-finanziarsi sul mercato nel 2011. "Se si taglia la spesa pubbblica -è il ragionanento -, se si riduce la capacita di spesa della popolazione, e di fatto la domanda aggregata, si rallenta ancor di più la già disastrata economia ellenica. Un trend che non permetterà, per l'appunto, il soddisfare la condizione richiesta". Insomma, si sciopera su un progetto che parte già insufficiente.

I titoli a Piazza Affari

Sul listino di Milano ha spicca l'andamento in controtendenza di Pirelli & C, sulla scia dei dati di bilancio del primo trimestre e dell'operazione di scissione degli immobili annunciata ieri. Forti cali, invece, sul settore bancario.

L'euro debole

L'euro scivola ad un nuovo minimo da oltre un anno rispetto al biglietto verde, scendendo sotto quota 1,29 dollari per la prima volta dall'aprile del 2009. La moneta unica europea continua a scontare i timori di un contagio della crisi greca sull'Eurozona.

 

La caduta dell'Euro

ANALISI / Siamo solo all'inizio (di Martin Wolf)

La tragedia greca pesa anche sulle Borse asiatiche. Euro giù

Il martedì nero dei mercati

L'euro scivola sotto quota 1,30 dollari

BORSE E INDICI / Aggiornamenti

SPECIALE ASSEMBLEE

MAPPA / I rendimenti dei bond governativi

5 maggio 2010

 

 

 

La caduta dell'Euro

commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

5 maggio 2010

 

Chiusura in deciso ribasso ma lontano dai minimi di giornata per l'euro al termine di una seduta che ha visto la moneta unica risentire pesantemente della crisi greca e della decisione

di Moody's di mettere sotto osservazione il rating del Portogallo in vista di un probabile downgrade.

Un euro vale ora 1,2665 dollari contro gli 1,2978 dell'apertura e gli 1,3031 della chiusura di ieri. Si tratta del livello più basso dal marzo 2009. L'euro é arrivato anche a toccare intraday quota 1,28 per poi riprendere lievemente quota.

Sul finale un euro viene inoltre scambiato a 0,8509 sterline (0,8631), 121,36 yen (123,27) e 1,4331 franchi svizzeri (1,4324). Il dollaro per contro continua la sua risalita beneficiando del ritrovato status di bene rifugio in un momento di grande incertezza sui mercati finanziari. Positivi anche i dati macro di giornata: secondo l'agenzia Adp in aprile il settore privato dovrebbe aver creato 32mila posti di lavoro e nello stesso mese l'indice Ism servizi ha confermato segnali di ripresa rimanendo a quota 55,4 punti. Al termine della seduta, un dollaro vale 94,22 yen (94,53) e 1,1123 franchi svizzeri (1,0991). Sostanzialmente stabile invece il rapporto rispetto alla sterlina con il cross che si attesta a 1,5121 da 1,5109 ieri sera.

5 maggio 2010

 

 

 

I GUAI DELL'EUROZONA / Salvare la Grecia? È solo l'inizio

di Martin Wolf

5 Maggio 2010

A momenti disperati, misure disperate. Dopo mesi di costosi rinvii, la zona euro ha partorito un colossale pacchetto di aiuti per la Grecia. Coinvolgendo, su ingiunzione della Germania, l'Fmi, ha ottenuto un po' di risorse in più e un programma migliore. Ma funzionerà? Al riguardo, ahimè, nutro fortissimi dubbi.

Per alcuni importanti aspetti, il programma è molto meno irrealistico di quello che l'ha preceduto, che non prevedeva l'intervento del Fondo. Spazzato il campo dalla fantasia di una modesta contrazione dell'economia per quest'anno seguita dal ritorno a una crescita costante, il nuovo programma apparentemente prende in considerazione l'idea di un calo complessivo del Pil di circa l'8 per cento. Inoltre, il vecchio piano si basava sull'idea che la Grecia fosse in grado di ridurre il disavanzo a meno del 3% del Pil per la fine del 2012, mentre il nuovo piano fissa questo traguardo per il 2014.

Ci sono altri due aspetti degni di nota: il primo è che non ci sarà nessuna ristrutturazione del debito, e il secondo che la Bce sospenderà per la Grecia il requisito del rating minimo necessario per poter usare i titoli di stato nelle sue operazioni di liquidità, offrendo in questo modo un salvagente alle vulnerabili banche greche. Quindi siamo di fronte a un programma apparentemente sensato, per la Grecia o per la zona euro? Sì e no, in entrambi i casi. Cominciamo dalla Grecia. Atene ormai non ha più la possibilità di accedere ai mercati, dunque l'alternativa a questo pacchetto di aiuti (a prescindere dalla sua applicabilità) sarebbe il default. Il paese in quel caso non pagherebbe più gli interessi sul debito, ma dovrebbe risanare immediatamente il suo disavanzo primario (cioè il disavanzo prima degli interessi sul debito) del 9-10% del Pil, attraverso un risanamento molto più brutale di quello che attualmente Atene ha accettato di sostenere. Inoltre, con un default il sistema bancario crollerebbe. La Grecia fa bene a promettere la luna, per guadagnare tempo ed eliminare il suo disavanzo primario in modo meno traumatico.

Ma si fa fatica a pensare che la Grecia possa evitare la ristrutturazione del debito. Innanzitutto presumiamo, per il momento, che tutto vada secondo i piani. Presumiamo anche che l'interesse medio sul debito a lungo termine si mantenga su livelli non superiori al 5%: in questo caso Atene dovrebbe avere un'eccedenza primaria pari al 4,5% del Pil, con entrate pari al 7,5% destinate al pagamento degli interessi. I cittadini greci sopporteranno stancamente questo fardello anno dopo anno? Un secondo problema è che anche le nuove previsioni dell'Fmi a me sembrano ottimistiche. Considerando gli enormi tagli alla spesa programmati e l'assenza di compensazioni sul fronte del cambio o della politica monetaria, la Grecia probabilmente entrerà in una recessione prolungata. La riforma strutturale risolverà la questione? No, a meno di non produrre un calo enorme del costo unitario del lavoro nominale, perché la Grecia avrà bisogno di un prolungato incremento delle esportazioni per compensare la stretta di bilancio. L'alternativa sarebbe un'enorme espansione del deficit del settore privato, cosa che sembra inconcepibile. Inoltre, se i salari nominali caleranno, il fardello del debito diventerebbe peggiore del previsto.

Willem Buiter, ora chief economist di Citigroup, osserva che ci sono altri casi di paesi ad alto reddito, specificamente Canada ('94-'98), Svezia ('93-'98) e Nuova Zelanda ('90-'94) che sono riusciti a risanare i conti pubblici. Ma le condizioni iniziali in questi casi erano molto più favorevoli. Alla Grecia si chiede di fare quello che l'America Latina fece negli anni 80, dando inizio al decennio perduto di cui beneficiarono i creditori esteri. E considerando che ora i creditori vengono pagati per andarsene, chi li sostituirà? Questo piano di salvataggio sicuramente non basterà per far tornare la Grecia sul mercato, a condizioni accettabili, nel giro di pochi anni. Serviranno altri soldi se non si vuole prendere in considerazione, poco saggiamente, la via della ristrutturazione del debito.

Per gli altri membri della zona euro, il programma previene, nell'immediato, il rischio di uno scossone a sistemi finanziari già fragili: ufficialmente è un salvataggio della Grecia, ma in realtà è un salvataggio delle banche. Non è affatto chiaro però se tutto questo potrà aiutare altri paesi membri attualmente nel mirino. Gli investitori potrebbero facilmente giungere alla conclusione che, viste le proporzioni del pacchetto di aiuti che è stato necessario varare per la minuscola Grecia e le enormi difficoltà incontrate nel giungere a un accordo, sarà molto difficile varare altri interventi del genere. Altri membri dell'euro potrebbero finire abbandonati a se stessi. Nessuno è in condizioni drammatiche come la Grecia e nessuno ha dato prova di altrettanta disonestà. Ma ce ne sono parecchi oberati da un deficit insostenibile e da un debito pubblico in rapida crescita. Da questo punto di vista la loro situazione non è diversa da quella di Gran Bretagna e Usa. Il problema è che non hanno a disposizione le opzioni d'intervento di Londra e Washington.

La storia, insomma, non è finita. Per la zona euro, ci sono due insegnamenti chiari da trarre. Il primo è che ha una scelta netta di fronte a sé: o consente che uno stato vada in default, per quanto caotica possa essere questa eventualità, o crea un'unione reale, con una forte disciplina e fondi sufficienti per ammortizzare i programmi di risanamento da applicare nelle economie in grave difficoltà (Buiter raccomanda un Fondo monetario europeo da 2mila miliardi di euro). Il secondo è che un aggiustamento nella zona euro non può funzionare senza aggiustamenti compensativi nei paesi del nocciolo duro. Se la zona euro è disposta a vivere con una domanda complessiva vicina a livelli di stagnazione, si trasformerà un fuoco incrociato di disinflazioni competitive a danno degli altri stati, facendo affidamento sempre di più ai mercati mondiali come valvola di sfogo per le eccedenze. Un esito che piacerebbe a pochi.

Le crisi in corso confermano che chi vedeva l'euro come un'avventura ad alto rischio aveva ragione. Questi scossoni erano prevedibili. Anche il timore che mettere insieme paesi tanto diversi avrebbe fatto crescere le tensioni, invece di ridurle, sembra confermato: basta guardare l'impennata dell'antieuropeismo in Germania. Ma ora che l'euro è stato creato va assolutamente fatto funzionare. Lo sforzo per salvare la Grecia è solo l'inizio della storia. C'è ancora moltissimo da fare, per reagire alla crisi nell'immediato e per riformare la zona euro tutta in un futuro non troppo lontano.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

5 Maggio 2010

 

2010-04-21

L'Ocse all'Italia: batte la crisi se semplifica

le regole e dà più poteri all'Antitrust

di Alberto Annicchiarico

4 maggio 2010

L'Ocse all'Italia: batte la crisi se semplifica le regole e dà più poteri all'Antitrust. Nella foto il segretario generale dell'Ocse Angel Gurria e Giulio Tremonti

"Dai nostri archivi"

Tremonti: pronte le regole globali

Berlusconi: "Abbiamo fin troppa libertà di stampa"

La ghigliottina taglia-leggi da sola non basta

Ocse: "L'Italia usi il tesoretto per ridurre il deficit e non ceda sulla riforma delle pensioni"

L'Ocse auspica per la Grecia "aiuti combinati" Fmi-Ue

L'Italia può riuscire a rafforzare la sua produttività del 14% nell'arco di un decennio - pur in quadro di crescita modesta per i prossimi 5 o 6 anni - accelerando sulle riforme regolamentari in materia di commercio, professioni ed energia (servizi di elettricità e gas). Lo afferma l'Ocse, che nel rapporto "Italia: una migliore regolamentazione per rafforzare le dinamiche dei mercati", rileva "progressi significativi" su diverse voci chiave: "Negli ultimi anni sono stati ridotti i costi delle procedure normative, sono stati liberalizzati i mercati dei prodotti e la pubblica amministrazione è stata modernizzata". Promossa a pieni voti, poi, l'amministrazione italiana in tema di servizi fiscali a portata di mouse. Confermata, a questo proposito, la leadership dell'agenzia delle Entrate.

Sul fronte della crisi il segretario generale dell'Ocse Angel Gurria ha chiarito che "bisogna fare giustizia: l'Italia non ha ritenuto necessario un aumento delle spese e del fabbisogno e ha resistito alle pressioni. Oggi è molto evidente che era la strada giusta". Musica per le orecchie del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. "I paesi che hanno spinto troppo sulla spesa e avevano già una posizione fiscale debole oggi hanno problemi sui mercati", ha ammonito Gurria. Insomma, "non sarebbe serio, né corretto, parlare di un effetto contagio della Grecia su altri paesi tra cui l'Italia". C'è da sperare che i mercati finanziari, oggi peraltro in caduta con Piazza Affari che fa peggio di Londra, Parigi e Francoforte, la pensino allo stesso modo.

In ogni caso, se è vero che il nostro paese ha compiuto progressi nel processo di semplificazione normativa, è altrettanto vero che dovrà andare avanti per ridurre "tutte le pastoie burocratiche". Le statistiche mostrano, sostiene l'Ocse, "che l'Italia si trova allo stesso livello di altri paesi europei, ma su alcuni punti è ancora indietro".

"Come tutti i Paesi Ocse - si legge nel Rapporto - l'Italia sta affrontando la crisi economica. In tale contesto, la definizione e l'attuazione di una strategia chiara e coerente per la riforma della regolamentazione fanno parte degli strumenti di intervento che possono essere impiegati per il potenziamento delle prospettive di crescita di lungo termine". È innegabile, d'altra parte, che l'eccesso di regole può essere un ostacolo allo sviluppo, ha detto Tremonti. "I paesi non fortunati - ha sottolineato il responsabile dell'Economia - lottano perché hanno un difetto di alimenti, materie prime e cibo. I paesi più fortunati lottano perché hanno un eccesso di regole. Se le regole sono fondamentali sono la base per lo sviluppo, altrimenti possono essere ostacolo allo sviluppo".

Intanto, grazie alle riforme avviate soprattutto nel campo della Pubblica amministrazione, i costi delle imprese in Italia sono scesi di 4 miliardi di euro, "in particolare per le Pmi", ha sottolineato Gurria. Soprattutto, ha detto il segretario dell'Organizzazione per la cooperazione e lo svilippo economico, presente anche il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, il taglia-leggi sta producendo risultati tangibili. "La cosiddetta "ghigliottina normativa" - ha aggiunto Gurria - sta diventando un tratto caratteristico dell'Italia. Un esempio molto importante per i nostri paesi. L'Italia ha inoltre mostrato un deciso impegno per un Pubblica amministrazione più efficace svecchiando i processi gestionali".

A questo proposito lo stesso Calderoli ha precisato che "l'obiettivo è quello di arrivare a cinquemila sole leggi in vigore", dalle diecimila attuali. Altra raccomandazione di Gurria, rafforzare "la concorrenza attribuendo all'autorità antitrust la potestà di imporre sanzioni alle associazioni in modo più efficace" e dare all'Authority "la possibilità di prolungare i tempi dedicati alle indagini sulle fusioni e aumentando le risorse della stessa".

Quanto al cavallo di battaglia di Tremonti, quello dei Global legal standard per riformare le regole della finanza internazionale, "nella riunione ministeriale Ocse di fine maggio, a Parigi, ci sarà un momento particolare per parlare dell'iniziativa di Tremonti e Berlusconi, che ha preso avvio due anni fa a Villa Madama, con professori ed esperti. Abbiamo lavorato in sede G-8, ora in Ocse", ha detto Gurria. Il segretario dell'Ocse ha specificato che "forse ci sarà un'iniziativa alla ministeriale Ocse, con una dichiarazione comune dei paesi membri, vediamo se si riesce. Dopo ci sarà una road-map e vedremo di integrarla con le discussioni del G-20". Insomma un percorso tortuoso, ma in fase evolutiva.

Tremonti ha anche colto l'occasione per ribadire che la riforma fiscale si farà e sarà "la più ampia e meno domestica possibile". Il titolare del Tesoro ha ammesso che si tratta "di un obiettivo ambizioso" non perseguito da nessun altro Paese e per questo "bisogna essere prudenti". "La riforma fiscale è fondamentale - ha detto ancora Tremonti - e chiederemo il supporto del Fondo monetario, dell'Ocse e della Commissione Ue" perché "vogliamo un dibattito internazionale".

ANALISI / La ghigliottina taglia-leggi da sola non basta (di Isabella Bufacchi)

Draghi: altri paesi a rischio nuovo patto di stabilità (di Rossella Bocciarelli)

La Bce accetterà i junk bond greci (di Beda Romano)

Draghi: il nuovo patto esteso anche alle riforme strutturali

JOB24 / Rapporto Randstad - Eppure assumono: tagli d'orario, licenziamenti e incertezza, ma il 41% delle imprese ha inserito nuovo personale

4 maggio 2010

 

 

 

La ghigliottina taglia-leggi da sola non basta

analisi di Isabella Bufacchi

4 maggio 2010

"Dai nostri archivi"

L'Ocse all'Italia: batte la crisi se semplifica le regole e dà più poteri all'Antitrust

Tremonti: pronte le regole globali

 

Le regole, quando eccessive, sono un ostacolo allo sviluppo e vanno tagliate perchè la semplificazione delle leggi e delle norme contribuisce a sostenere la crescita, abbreviando i tempi e riducendo gli oneri amministrativi. Lo hanno detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e il segretario generale dell'Ocse Angel Gurria: la "ghigliottina" taglia-leggi sta funzionando bene in Italia, hanno riconosciuto all'Ocse, ma questa opera di sfoltimento della giungla normativa deve andare avanti, resta ancora molto da fare per liberalizzare e semplificare.

La crisi dell'economia e dei mercati finanziari del 2007-2009, la peggiore dal dopoguerra per molti paesi occidentali e soprattutto europei, ha tuttavia insegnato un'altra lezione in fatto di regolamentazione. Le regole, tante o poche che siano, devono essere innanzitutto "buone" regole che vanno applicate, rispettate e aggiornate costantemente. Per uscire dalla crisi con un sistema migliore, il ministro Tremonti è convinto che la strada maestra sia quella delle norme scritte o riscritte dalla politica e non dagli organismi tecnici.

E proprio in questa direzione vanno i lavori all'Ocse per predisporre i "Global legal standard", che altro non è che il ripristino dei valori fondamentali. Un inquadramento generale su proprietà, etica, trasparenza e sull'integrità stessa dell'economia che dovrà essere accettato e riconosciuto su scala globale, a iniziare dai paesi del G-20. La ghigliottina, da sola, non basta.

4 maggio 2010

 

 

 

4 maggio 2010

Rapporto Randstad -Eppure assumono: tagli d' orario, licenziamenti e incertezza, ma il 41% delle imprese ha inserito nuovo personale

Andrea Curiat

Le imprese e la crisi: nel 2009, il 41% delle aziende ha sospeso o ridotto l'orario lavorativo dei propri dipendenti. Il 10% ha preferito piuttosto impiegare i lavoratori in attività di formazione e training. E se il 23% ha effettuato licenziamenti, più del 41% ha comunque inserito nuovo personale, con uno scarto del 7% rispetto alla semplice copertura del turnover (ferma al 34 per cento).

Sono i principali risultati del secondo rapporto Randstad sul mercato del lavoro in Italia, condotto in collaborazione con Adapt e con il Centro studi internazionali e comparati "Marco Biagi" dell'Università di Modena e Reggio Emilia.

L'indagine, condotta tra gennaio e febbraio 2010 su 637 aziende italiane, è stata presentata ieri a Milano: "L'obiettivo – spiega Marco Ceresa, ad di Randstad Italia – è di tracciare un quadro in tempo reale della struttura occupazionale delle imprese e dei comportamenti connessi alla crisi, così da individuare le esigenze future delle aziende e del Paese".

Importante la composizione del campione, orientato prevalentemente al settore industriale (per il 58,51% delle aziende partecipanti) e commerciale-terziario (per il 23,14%) e costituito in larga parte da imprese di dimensioni medio-grandi (il 32,54% ha più di 100 unità di personale, il Marco Ceresa, A.d. di Randstad Italia16,59% tra 51-100, il 23,70% tra 21 e 50).

Una distribuzione statistica che spiega in parte sia la distribuzione delle tipologie contrattuali – l'81% del personale è assunto con contratti a tempo indeterminato full time – sia la buona propensione al ricorso a contratti di lavoro somministrato. Il 60% delle aziende, infatti, interpellate sui canali di reclutamento che intendono utilizzare in futuro per il reclutamento delle risorse umane, ha indicato proprio le agenzie di somministrazione.

Significativo, e probabilmente tipico dello scenario italiano, il ricorso a reti di conoscenze personali per selezionare i candidati da assumere, segnalato dal 51% delle aziende. Per contro, le agenzie di ricerca e selezione, gli annunci sul sito web aziendale e i centri per l'impiego saranno utilizzati, rispettivamente, dal 43%, dal 20% e dal 17% delle imprese.

Pareri cauti sulle prospettive occupazionali future. Circa il 50% delle aziende interpellate ritiene che il numero di lavoratori impiegati rimarrà invariato nel corso dei prossimi mesi.

Il 17% ritiene che i professionisti con contratto temporaneo possano aumentare, contro il 13% che prevede invece una diminuzione. Il dislivello si appiana nel caso dei lavoratori stabili: il 18% delle aziende stima un crescita futura del personale fisso, e un altro 18% una riduzione.

Le motivazioni addotte per gli aumenti previsti variano dall'incremento della produzione (per il 23% dei casi) all'espansione del business (23%), passando per l'apertura di nuove attività (19%) e la stabilizzazione di posizioni lavorative.

I profili che saranno più richiesti nel prossimo anno? Sembrano chiederselo anche i direttori del personale: il 17% delle imprese del campione si è detto incerto sulle necessità future. Il 37% ha indicato invece quelli legati all'ambito commerciale e il 35% prevede fabbisogni di tipo tecnico.

Nei mesi passati, ad ogni modo, la crisi non sembra aver influenzato il ricorso a personale flessibile. Il 50% delle aziende che hanno effettuato assunzioni nell'anno passato dichiara di non aver fatto ricorso in misura maggiore al personale flessibile.

Il sondaggio individua anche un importante gap tra domanda e offerta di lavoro: il 21% delle aziende che hanno assunto personale nel corso del 2009 ha riscontrato difficoltà a reperire professionisti qualificati. "Anche in un periodo di crisi – commenta Michele Tiraboschi, professore di diritto del lavoro presso l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, direttore del centro studi "Marco Biagi" e presidente di Adapt – le imprese disposte ad assumere non hanno trovato sul mercato del lavoro un numero sufficiente di risorse idonee. È un serio problema del nostro Paese".

Il 70% circa delle imprese consiglierebbe ai lavoratori di investire di più sulla propria professionalità, seguendo magari dei corsi di specializzazione, o di essere disponibili a una maggiore flessibilità.

Dalle agenzie per il lavoro, infine, le aziende del campione non si aspettano più un servizio di mera collocazione di personale temporaneo, ma anche una valutazione approfondita delle competenze e del potenziale dei candidati (40%), una ricerca e selezione attiva delle risorse (32%) e un'attività diretta di formazione e training.

 

SEGUI JOBTALK E JOB24.IT ANCHE SU TWITTER CON 24JOB

 

 

2010-04-07

Ocse: Pil Italia +1,2% primo trimestre 2010, "attenzione al debito"

7 aprile 2010

Ocse: Pil Italia +1,2% primo trimestre 2010, "attenzione al debito"

"Dai nostri archivi"

Ma il Pil pro capite è sceso ai livelli del '99

Confronto tra Turchia e Grecia Ankara batte Atene tre a zero

DEBITO E RISORSE / Cure urgenti per l'Italia che non sa più crescere

Padoan nuovo capo economista dell'Ocse

L'Ocse taglia le stime di crescita per Usa e zona euro: Pil Italia 2007 all'1,8Subject:

L'Italia ha agganciato il treno della ripresa ma la crescita subirà un brusco rallentamento nel corso dell'anno. L'Ocse prevede un rialzo del Pil dell'1,2% su base annua per il primo trimestre 2010 - migliore delle attese di un -0,3% - ma dello 0,5% nel secondo trimestre. In calo, dunque, rispetto alla sua ultima previsione (del novembre del 2009) secondo la quale nel 2010 il prodotto interno lordo si attestava sull'1,1% per salire all'1,5% nel 2011. È quanto contenuto nelle proiezioni dell' "Interim assesment". Questo, precisa l'Organizzazione, a seguito di un calo dell'1,3 per cento su base annua registrato nell'ultimo trimestre del 2009. L'Ocse prevede un margine di errore piuttosto elevato per queste proiezioni: +/- 1,4% per il primo trimestre, +/- 1,6% sul secondo.

 

Gli alti Paesi. La dinamica di crescita delineata per l'Italia si discosta dunque dalla media delle prime tre economie dell'area euro (oltre al nostro Paese Germania e Francia), influenzata quest'ultima dalle attese per la Germania dove invece, secondo l'Ocse, la crescita resterà ancora negativa nel primo quarto dell'anno (-0,4% annualizzato) per poi rimbalzare al 2,8% nei successivi tre mesi. Per la Francia le stime puntano a +2,3% e +1,7%, per la Gran Bretagna a +2% del primo trimestre a +3,1% nel secondo. La media dei primi tre paesi dell'euro sarà di 0,9% per gennaio-marzo e di 1,9% per aprile-giugno. Guardando invece al quadro internazionale, l'Ocse vede una ripresa per l'economia mondiale ma prevede un rallentamento della crescita nelle prima metà dell'anno. Il Pil Usa crescerà più in fretta di quello delle prime tre economie dell'area euro (Italia, Francia e Germania): +2,4% nel primo trimestre e +2,3% nel secondo. In Giappone la crescita sarà dell'1,1% e del 2,3%. Per il complesso dei Paesi G7 le stime trimestrali annualizzate sono di 1,9% e 2,3%, rispettivamente per il primo e per il secondo trimestre dell'anno.

Ripresa fragile. "Nonostante alcuni segnali incoraggianti la fragilità della ripresa economica, un mercato del lavoro fragile e possibili turbolenze sui mercati finanziari sottolineano la necessità di essere cauti nel rimuovere le misure di sostegno", spiega l'Organizzazione dei paesi più industrializzati nel suo documento. Resta la necessità - avverte l'Ocse - di risanare i conti pubblici e di attuare "programmi di consolidamento nel medio termine" in molti Paesi, anche se "il consolidamento" dei conti "dovrebbe partire nel 2011, o prima dove necessario, ed essere graduale per non minare la ripresa".

Lo stato della crisi. L'Ocse sottolinea inoltre come siano "migliorate le condizioni finanziarie dei mercati", nonostante la presenza di fattori di stress finanziario come la Grecia e Dubai, anche se le banche - avverte l'Organizzazione con sede a Parigi - restano "vulnerabili a perdite sui crediti ed esposte al rischio dei tassi di interesse", pur avendo rafforzato il loro capitale. Per quanto riguarda l'andamento dei prezzi il documento sottolinea come l'inflazione stia mostrando una dinamica "moderata", nonostante le "pressioni associate all'aumento dei prezzi delle materie prime negli ultimi mesi". Sul fronte del mercato del lavoro, "gli indicatori si sono stabilizzati - spiega l'Ocse - il tasso di disoccupazione ha probabilmente raggiunto il suo picco massimo negli Stati Uniti" mentre l'aumento della disoccupazione "è stato più contenuto nell'area dell'euro". La domanda privata - si legge ancora nel documento previsionale - risentirà ancora del peso della crescita "lenta" del credito e dalla debolezza del mercato del lavoro, mentre più in generale la crescita globale beneficia soprattutto delle buone performance di alcuni Paesi emergenti tra cui Cina, Brasile ed India.

L'auto rallenta la crescita italiana. Il rallentamento nella crescita del Pil italiano tra il primo e il secondo trimestre 2010, ha spiegato il capo economista dell'Ocse Pier Carlo Padoan a margine della presentazione dei dati, può essere spiegato "almeno in parte" dalle dinamiche del mercato dell'auto. "Nell'economia italiana le vendite di auto sono un fattore importante - ha aggiunto - La loro crescita ha spinto in alto il Pil del primo trimestre ma tale effetto si va esaurendo, giustificando in parte la cifra più bassa per il secondo trimestre".

Padoan: l'Italia ha fatto bene a non stimolare il Pil. Ha fatto bene l'Italia ad astenersi dall'adottare ampie misure di stimolo alla crescita economica, scelte da altri paesi per contrastare la crisi: nel suo caso "si è dimostrata la politica giusta", ha rilevato il capo economista dell'Ocse, Pier Carlo Padoan, "perché i paesi con debito pubblico elevato sono più esposti alle preoccupazioni dei mercati" (un caso per tutti quello della Grecia). E oltre all'elevato debito, l'altro problema strutturale che la penisola si trascina da molti anni, ben prima della crisi economica, è la tendenza a una bassa crescita. "Non è un contesto facile in cui operare", ha riconosciuto Padoan. Sull'Italia "le nostre raccomandazioni sono di affrontare le cause di lungo termine" alla base delle basse performance dei paese, su crescita e conti pubblici. Bisogna procedere "a progressive riduzioni della spesa pubblica e allo stesso tempo affrontare i motivi della di bassa crescita", ha detto Padoan, durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto di interim dell'ente sull'economia dell'area Ocse.

GRAFICI / L'osservatorio dell'economia

La "volata" della Borsa cinese e l'incognita bolla immobiliare

Borse europee deboli, Autogrill in controtendenza

Borsa di Tokyo chiude piatta Tassi invariati da Boj

Alta pressione sui bond greci euro sotto 1,34 dollari

Mosse italiane per contare di più nella Borsa di Londra (di Morya Longo)

BORSE E INDICI / Aggiornamenti

7 aprile 2010

 

 

 

 

 

2010-04-03

Barra dritta sui conti pubblici

3 aprile 2010

 

Il crollo dell'avanzo primario, sceso al di sotto dello zero nel 2009 (-0,6%), è certamente un campanello d'allarme per i conti pubblici. Si tratta di un indicatore-chiave per saggiare la sostenibilità del debito pubblico nel medio periodo, poiché registra il saldo tra entrate e uscite "vive", al netto degli interessi. Non vi è tuttavia da allarmarsi oltre misura, poiché l'anno scorso il Pil è crollato del 5,1%, con la conseguente contrazione del gettito tributario che anzi ha sostanzialmente tenuto (-3,3%) a fronte di un aumento del 3% delle uscite. Vigilanza e massima attenzione agli equilibri di finanza pubblica, questo sì, poiché abbiamo da fare i conti con un debito che, per finanziarsi, e solo nell'anno in corso, richiederà emissioni lorde per circa 250 miliardi. È la cifra più alta in Europa. La prudenza e la cautela con la quale finora il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha cercato di tenere la rotta sul fronte dei conti pubblici è dunque apprezzabile. La gestione oculata della spesa e una ferma lotta all'evasione fiscale costituiscono le precondizioni per accompagnare una ripresa che, se il ciclo internazionale volgerà più rapidamente al bel tempo, potrebbe essere anche più sostenuta dell'1,1% previsto per quest'anno.

3 aprile 2010

 

 

 

 

 

Il Fmi rivede stime per l'Italia

Il Pil 2010 crescerà dello 0,8%

3 aprile 2010

Il Fmi rivede stime per l'Italia

"Dai nostri archivi"

L'Fmi rivede al rialzo le stime del pil mondiale: +3,9% nel 2010

Fmi, Pil Italia -4,4el 2009, su debito e deficit. Economia globale in recessione, ripresa nel 2010

Fmi: stime in crescita ma l'alto deficit impone una manovra credibile

Economia Usa, Fmi rivede le stime al rialzo

Per l'Fmi l'economia globale va meglio del previsto. Ma l'Italia è ferma

Il Fondo Monetario Internazionale rivede le stime di crescita per l'Italia. Nell'ultima bozza del World Economic Outlook (Weo) che sarà pubblicato il 21 aprile e che l'ANSA è in grado di anticipare, il Fmi prevede che il Pil italiano salirà dello 0,8% quest'anno e dell'1,1% nel 2011. In entrambi i casi si tratta di un taglio di 0,2 punti percentuali rispetto alle stime dell'ultimo aggiornamento del Weo di gennaio. Rispetto al rapporto di ottobre, invece, la crescita italiana per il 2010 è stata rivista al rialzo di 0,6 punti. Le ultime stime del governo presentate con l'aggiornamento al Patto di stabilità parlano invece di una crescita del Pil dell'1,1% quest'anno.

Su scala globale il Fmi rivede al rialzo le previsioni di crescita di tutto il mondo. Quest'anno il Pil mondiale progredirà infatti del 4,1%, con un rialzo di 0,2 punti percentuali rispetto alle ultime previsioni di gennaio e di addirittura un punto rispetto alle stime di ottobre scorso.

"Il risanamento e la riforma del sistema finanziario costituiscono una priorità massima".

Nelle economie più avanzate, si legge nel rapporto del Fmi, "progressi nel porre rimedio alle inefficienze del settore finanziario e nel riformare le politiche prudenziali aumenteranno l'efficacia della politica monetaria e ridurranno il rischio che un'ampia offerta di liquidità possa tradursi in nuove distorsioni speculative". Il Fondo fa poi notare che "l'accesso al credito resta difficile per alcuni settori. I mercati monetari si sono stabilizzati. I mercati azionari e obbligazionari si sono ripresi. Nelle economie avanzate l'irrigidimento degli standard creditizi sta finendo e la crisi del credito sembra volgere al termine".

Tuttavia, osservano gli economisti di Washington, "le condizioni finanziarie restano più difficili di prima della crisi. In modo particolare nelle economie avanzate il capitale delle banche resterà probabilmente un ostacolo alla crescita" dal momento che le stesse banche continuano a ridurre i propri bilanci". Il Fmi ricorda inoltre che "settori che hanno un accesso solo limitato al mercato dei capitali - aziende del segmento consumi e piccole e medie imprese - continueranno con ogni probabilità a incontrare limiti stringenti ai prestiti".

Moody's: "Il rating dell'Italia può salire se cala il debito"

Osservatorio dell'economia

3 aprile 2010

 

 

Il governo accelera sul caro-benzina

di Jacopo Giliberto e Marco Mobili

commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

3 Aprile 2010

Il governo accelera sul caro-benzina

"Dai nostri archivi"

Il governo valuta il decreto legge contro il caro carburanti

Caro-benzina, soluzione a marzo con una legge

Le compagnie petrolifere: "Nessun margine per la riduzione dei prezzi della benzina"

Nuovi rialzi per i listini dei carburanti

Saglia: "A Termini Imerese l'auto elettrica"

Con la ripetitività di un rito, alla vigilia dei grandi esodi benzina e gasolio rincarano, i consumatori protestano, le compagnie petrolifere si difendono sventolando i listini internazionali, si invoca l'intervento del governo, e la politica promette interventi.

Non è possibile ridurre per decreto i prezzi dei carburanti. I prezzi sono liberi. Ma se i prezzi sono liberi, invece non è libero il mercato, ingabbiato dalle maglie strette di un sistema normativo asfissiante. Per questo motivo è allo studio la riforma del settore – l'ennesima – che "sarà strutturale" (anticipa Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico) e arriverà in primavera. Il che, tradotto in provvedimenti, potrebbe voler dire non un decreto legge ma più probabilmente una legge delega per disciplinare l'intera materia in parlamento e, in via amministrativa, specifici protocolli d'intesa per immediato.

Non si tocca invece la quota fiscale, che rappresenta più di metà del costo totale, che rende minuscoli i benefici della competizione ma che per lo stato è una fonte importante di incassi.

I segnali sono preoccupanti non solamente per i consumatori. Tra diverse multinazionali del petrolio c'è voglia di lasciare il mercato italiano, sempre più spinoso e sempre meno remunerativo. Diverse raffinerie lavorano in perdita, compresse da dimensioni troppo piccole rispetto agli impianti di dimensioni monstre costruiti sopra i pozzi di petrolio.

Saglia cerca subito di abbassare il tono delle polemiche. "La situazione attuale è frutto della solita speculazione", osserva Saglia. Per questo motivo l'intervento allo studio del governo deve essere strutturale. Il confronto con le categorie è stato avviato già da tempo. "Abbiamo costituito più di un tavolo tecnico con l'intera filiera, dalla distribuzione ai contratti, e ora siamo pronti", confida.

Il motivo dell'attesa è legato all'arrivo dei nuovi presidenti delle regioni. Difatti alle regioni spetta buona parte delle normative sulla vendita dei carburanti. E proprio alle regioni sono addebitati i dieci anni di freni all'applicazione delle norme varate a partire dall'allora ministro dell'Industria Pierluigi Bersani, poi integrate e arricchite dai suoi successori. E in larga parte inutilizzate. "Oggi – dice Saglia – siamo in grado di fare proposte concrete sia in via amministrativa, con la sottoscrizione di specifici protocolli d'intesa, sia con una legge delega".

La chiusura di un numero consistente di impianti attraverso incentivi potrà essere avviata solo con l'intesa delle regioni: un passaggio inevitabile. "Quella italiana è una rete estremamente inefficiente. Abbiamo 24mila distributori – avverte Saglia – contro i 10mila della Francia e i 15mila della Germania". I benzinai italiani sono troppo piccoli e i costi della rete salgono.

Tra gli altri interventi ritenuti indispensabili l'aumento dei distributori automatici e soprattutto la possibilità di vendere prodotti non petroliferi, come ad esempio lotterie e tabacchi. Se ne parla da anni con effetti vicini allo zero. C'è poi l'ipotesi di aumentare il numero di distributori indipendenti e la creazione di un mercato all'ingrosso più corposo.

Il mercato all'ingrosso – di ambito solamente nazionale – potrebbe avere la struttura di una borsa dei carburanti dove i benzinai potranno approvvigionarsi; Saglia aggiunge che si starà attenti a non stravolgere le regole del mercato e con l'intesa delle compagnie.

Con la benzina sopra 1,4 euro al litro e il gasolio oltre quota 1,2, le associazioni dei consumatori sottolineano come il pieno sia rincarato di 10 euro dall'anno scorso nonostante l'andamento del petrolio. Le compagnie si difendono rilevando come i prezzi italiani siano in linea con le quotazioni internazionali dei prodotti finiti.

La poca trasparenza dei prezzi aiuta i sospetti che le aziende facciano cartello. "Anche il presidente dell'Antitrust, AntonioCatricalà, ha detto di non essere mai riuscito a dimostrarlo", conclude Saglia.

3 Aprile 2010

 

 

 

Ai supermarket di Parigi pieno scontato del 30%

di Leonardo Martinelli

commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

3 Aprile 2010

"Dai nostri archivi"

Il governo accelera sul caro-benzina

Il governo valuta il decreto legge contro il caro carburanti

Benzina, Catricalà: aprire agli ipermercati per ridurre i prezzi

Caro-benzina, soluzione a marzo con una legge

Carburanti, giù i prezzi. Ma ci sono 6 centesimi di troppo

PARIGI - Sono in tanti in Francia, prima di decidere dove andare a fare benzina, a collegarsi a www.zagzag.com. Grazie alle informazioni inviate a getto continuo dagli internauti, è possibile capire per area dove il carburante è più conveniente. E, quasi sempre, sono le pompe della grande distribuzione ad assicurare la migliore offerta. Sì, perché in Francia è dagli anni 70 che si può fare il pieno al supermercato a prezzi da 3x2.

Prendiamo subito un esempio concreto. Ieri sera, nella Seine-Saint-Denis, che è la provincia subito a nord di Parigi, praticamente periferia e terre limitrofe su un totale di appena 232 chilometri quadrati, secondo www.zagzag.com, si passava per la senza piombo 98 da 1,195 euro al litro a ben 1,540 con un divario del 30% circa. Il primo prezzo è stato rilevato all'ipermercato Intermarché di Aulnay-sous-Bois. Il secondo, invece, a un normale distributore Esso del centro di Saint-Denis, non così lontano però dalla stazione precedente.

Nel 1980 la vendita dei carburanti assicurata dai grandi gruppi petroliferi (in Francia rappresentati dall'Ufip) e dai distributori indipendenti ammontava all'88% del totale e solo il restante 12% veniva coperto dalla grande distribuzione, già allora fortemente radicata in tutte le regioni. Nel 1990 eravamo rispettivamente a 62 e 38 per cento. L'ascesa è stata da allora inesorabile: 56% nel 2000 per la grande distribuzione, 57 nel 2005 e 60 nel 2009. Carrefour è ormai, dietro Total, il secondo gruppo del settore. Nel 2009 ha alimentato il 14,36% della vendita di benzina in Francia e l'8,59% del gasolio.

La crisi, fra l'altro, sta favorendo proprio le pompe collocate negli ipermercati e nei supermercati (quasi sempre nei parcheggi). Fra il 2008 e il 2009 il numero dei punti vendita di carburanti sono (a sorpresa) aumentati, passando da 4.796 a quota 4.872. Questo passo in avanti è stato realizzato grazie soprattutto alle nuove installazioni della grande distribuzione. Il prezzo medio, negli anni, è stato spinto verso il basso? Non come tanti esperti immaginavano, perché un litro di verde 95 in marzo è costato comunque in media 1,353 euro (contro 1,293 in gennaio).

Ma, lo abbiamo visto, le oscillazioni possono essere in Francia molto ampie. Alla Fip, la Federazione delle industrie petrolifere, sottolineano che "la grande distribuzione, a differenza dei nostri punti vendita, non offre molti servizi aggiuntivi: anche per questo può permettersi di stringere sui margini e praticare prezzi più bassi". È pure vero che la presenza delle pompe è considerata da supermercati e ipermercati una possibilità in più per attirare i consumatori. Le società riducono i margini sulla benzina. Sanno bene che potranno compensare con quelli generati dallo shopping del cliente.

3 Aprile 2010

 

 

 

Deregulation bloccata dalla lobby dei gestori

di Davide Tabarelli

commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

3 Aprile 2010

"Dai nostri archivi"

Marchionne all'assemblea Fiat "Contro di noi tiro al bersaglio"

La stretta con i tassi in agguato

Sul podio Aletti, Norvega, Carmignac e Hedge Invest

Mal di lobby sull'export Ue

Ripartire dai valori dimenticati

Il petrolio è tornato per la prima volta da un anno e mezzo a 85 $ per barile, prendendo un trend decisamente rialzista e abbandonando quella stabilità sopra i 70 $ che durava da circa quattro mesi. Come accade ormai da un paio d'anni, è la finanza internazionale l'elemento che guida: l'ottimismo circa la ripresa americana e il recente indebolimento del dollaro hanno spinto a nuovi acquisti. Sono ancora lontani i 147 $ del luglio 2008, ma quei fondi di investimento e quelle banche che avevano portato al record, di fatto agisono come allora indisturbati.

Il tentativo dell'amministrazione Obama di imporre limiti alle posizioni sui mercati a termine e, soprattutto, quello di introdurre un po' di trasparenza sui derivati fuori borsa, hanno avuto scarsi risultati. Di stabilità ed efficienza dei prezzi si è parlato proprio al vertice conclusosi ieri l'altro a Cancun in Messico fra paesi consumatori e produttori. Oltre ai consueti auspici per maggiore stabilità, che in oltre trent'anni non hanno portato a nulla, più efficace è l'impegno di tutti a fornire dati più tempestivi sulla domanda e sull'offerta, rendendoli disponibili liberalmente su www.jodidata.org.

Migliorare l'informazione è uno dei presupposti essenziali per avere maggiore efficienza e su questo anche l'Italia potrebbe fare di più, visto che, con 1,8 milioni di barili giorno, è il terzo consumatore europeo. Se migliora l'informazione, anche i fondamentali tornerebbero ad avere maggiore influenza. Questi sono ribassisti, segnati da un eccesso di capacità di 6 milioni di barili giorno, quanto la produzione di Iran e Iraq messe insieme. La crescita della domanda potrebbe sì accelerare, grazie alla ripresa negli Usa, ma gli spazi sono ancora abbondanti prima di arrivare agli squilibri del 2008.

In Italia i prezzi della benzina sono tornati a 1,4 euro/litro (0,2 in più rispetto ad un anno fa) innescando le consuete polemiche sulla presunta speculazione e sull'inefficienza della rete carburanti. In tutt'Europa i prezzi stanno crescendo, creando le stesse polemiche, anche se non con i toni italiani. È anche vero, però, che il prezzo italiano rimane superiore di circa 3 centesimi rispetto alla media degli altri paesi, per le caratteristiche della rete. Abbiamo 22mila punti vendita, un quinto del totale Ue, quando ne basterebbero 5mila in meno. A molti italiani non piace fare benzina da sè, quando all'estero non esiste il servizio. I distributori non possono vendere giornali, alimentari, tabacchi, come invece avviene all'estero, mentre esistono forti limitazioni su orari e turni di apertura, quando altrove si apre 24 ore al giorno per tutta la settimana.

Tantissimi sono i distributori che rimangono aperti in deroga a normative ambientali; basterebbe obbligarli a chiudere per ristrutturare il settore. Nessun paese in Europa ha un sindacato così forte dei gestori che, facendo molto bene i propri interessi, riesce a mantenere alto il numero di distributori e propri associati. L'Italia è il paese fra quelli industrializzati che maggiormente dipende dal petrolio, ma, purtroppo, è anche quello dove le riforme sono più difficili da portare avanti, non certo aiutate dalla scarsa qualità del dibattito di questi giorni.

3 Aprile 2010

 

 

 

 

 

 

 

2010-04-02

Istat: deficit/pil al 5,2% nel 2009, avanzo primario -0,6%

2 aprile 2010

Istat: deficit/pil al 5,2% nel 2009, avanzo primario -0,6%. Nella foto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti

"Dai nostri archivi"

Conti pubblici: nel primo semestre il deficit sale al 2,6 0el Pil

Deficit pubblico in calo al 4,7 0el Pil nel 1° trimestre 2008

Istat, deficit nei primi 9 mesi del 2008 sale al 2,1Subject:

Raddoppia il deficit-Pil nei primi nove mesi del 2009

Il bilancio del Governo: sui conti la svolta, pesa il fisco

 

Il Sole 24 Ore Radiocor - Nel 2009 il rapporto deficit/Pil si è attestato al 5,2% (2,7% nel 2008), il dato peggiore dal 1996. Lo comunica l'Istat sottolineando che il dato è al netto delle operazioni di swap che, se considerate, attestano il deficit/Pil al 5,3%, come previsto dal Governo. L'avanzo primario rispetto al Pil è pari a -0,6% (+2,5% nel 2008), negativo per la prima volta dal 1991. Nel quarto trimestre il rapporto deficit/Pil si é attestato al 4,5% (2,4% nello stesso periodo 2008).

 

Nel 2009 le entrate totali sono diminuite del 2% (+0,9% nel 2008), le uscite sono invece aumentate del 3% (+3,5% nel 2008). Lo comunica sempre l'Istat. Nel quarto trimestre le entrate totali hanno registrato un calo dell'1,2% (stessa variazione dello stesso periodo del 2008) e le uscite sono aumentate del 2,5% (-1,4% nel quarto trimestre 2008).

2 aprile 2010

 

 

 

Moody's: "Italia professionista nella gestione di bassa crescita e alto debito pubblico"

di Isabella Bufacchi

Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva

commenti - 10 | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

31 marzo 2010

Moody's: "Italia professionista nella gestione di bassa crescita e alto debito pubblico"

"Dai nostri archivi"

Moody's: "Il rating dell'Italia può salire se cala il debito"

Moody's conferma la doppia Aall'Italia e ai suoi titoli di Stato

L'Italia frena sui prestiti a carico di tutti

Moody's: "L'Italia sui mercati ha una buona credibilità"

Moody's: titoli di Stato, perché i mercati sanzionano l'Italia

 

Riuscirà l'Italia a riportare nei prossimi anni i conti pubblici sul cammino virtuoso dell'abbattimento del debito pubblico in rapporto al Pil, in un contesto tutt'altro che favorevole come quello di una crescita debole e fragile? A questa domanda, di quelle che fanno tremare i polsi quando posta alla Grecia o alla Spagna o anche al Portogallo, l'agenzia di rating Moody's risponde senza grandi esitazioni: la sfida è di quelle difficili, certamente, ma l'Italia può contare su "precedenti storici" favorevoli e beneauguranti, in quanto "su un arco temporale di oltre 10 anni l'Italia è riuscita a invertire e stabilizzare il debito pubblico in rapporto al Pil nominale grazie alla riduzione dei costi di finanziamento del debito e soprattutto alla generazione di ampi avanti primari". Dentro la cornice di una crescita contenuta.

In un'analisi pubblicata oggi sulla capacità dell'Italia di invertire la tendenza del debito pubblico, che ha ripreso a crescere rispetto al Pil a causa dalla peggiore recessione dalla seconda guerra mondiale, Moody's riconosce all'Italia la capacità di sapersi muovere entro gli spazi limitatissimi dell'elevata spesa per interessi sul debito. L'Italia, che come non si stanca di ripetere il ministro Tremonti ha il terzo debito pubblico al mondo senza vantare anche il terzo Pil al mondo, è divenuto un paese professionista della gestione dell'alto debito pubblico in un contesto di crescita bassa, pagando sempre puntualmente e integralmente gli interessi e il rimborso dei titoli di Stato.

"L'Italia è riuscita in passato a gestire le limitazioni di bilancio connaturate al contesto di elevato debito pubblico e bassa espansione economica", sostiene Alexander Kockerbeck, senior credit officer autore del rapporto e analista per il rating sovrano dell'Italia, che resta confermato alla "Aa2" con prospettive stabili. "Riteniamo che l'entità dello sforzo richiesta al Paese per tenere sotto controllo il debito pubblico complessivo e i costi del suo finanziametno sia relativamente moderata rispetto ad altri Paesi Ue e non incompatibile per i trascorsi storici".

Il confronto tra l'Italia e gli altri stati dell'eurozona appartenenti alla categoria dei cosiddetti "periferici" fa emergere nettamente le capacità del sistema italiano, radicate in una lunga storia di alto debito pubblico. Moody's ricorda che il debito/Pil italiano crescerà del 14,3% nel quinquennio 2007-2011 (partendo da un livello molto altro, dal 103,5% al 117,8%) contro l'impennata del 71% dell'Irlanda, del 40% della Grecia, del 38% della Spagna e del 27% del Portogallo. "L'Italia è l'unico paese nella zona dell'euro il cui saldo primario - l'indicatore per eccellenza dello stato di salute dei conti pubblici (cioè il saldo tra il totale delle entrate e il totale delle uscite al netto del pagamento degli interessi sul debito) - è previsto con un effetto di riduzione sul debito nel quinquennio in esame".

Per stabilizzare la traiettoria del debito pubblico, puntualizza il rapporto, gli aggiustamenti richiesti all'Italia sono comunque "relativamente contenuti" e peseranno meno in prospettiva sulla ripresa economica e sulla coesione sociale. A sostegno di questa tesi, Moody's richiama le correzioni "brutali" che si renderanno necessarie in quei paesi dove il debito pubblico è schizzato all'insù a causa di enormi deficit primari: è il caso dell'Irlanda (38,4%), Spagna (25,8% Grecia (24,2%), Portogallo (15%) nei cinque anni 2007-2011.

L'analisi tuttavia riconosce che il vero tallone d'Achille dell'Italia è la spesa per interessi sul debito, che resta elevatissima. Ma il Tesoro, anche durante questa crisi che è stata estremamente violenta, ha continuato a privilegiare l'allungamento della vita media del debito e il contenimento delle aste dei BoT, due strategie che allentano l'impatto dell'aumento dei tassi d'interesse sulla spesa per il servizio del debito. Per Moody's, il "track record" dell'Italia è incoraggiante anche sotto questo profilo: "Dopo aver raggiunto il picco del debito/Pil al 121,8% nel 1994, nei successivi 15 anni la stabilizzazione e poi diminuzione del debito è stata raggiunta grazie a una riduzione della spesa per interessi e una generazione di avanzi primari corposi". In quei 15 anni, va detto, l'ingresso dell'Italia nell'Unione monetaria e il conseguente crollo dei tassi d'interesse è stato un fattore di aiuto non da poco per la gestione del debito pubblico.

La sfida per l'Italia, secondo Moody's, è ora quella di ripetere nei prossimi anni le politiche virtuose che ha dimostrato di saper attuare negli anni passati. Per Kockerbeck, guardando agli anni '90 e inizio 2000, l'Italia ha dimostrato di poter affrontare questo tipo di sfide a testa alta: i governi italiani hanno dato prova di saper gestire situazioni difficili già in passato, conoscono i limiti e i rischi di un alto debito pubblico e sanno che devono contenere la spesa sul sociale, sostengono gli esperti di Moody's. Questa impostazione, rilevano, è stata confermata anche dalle politiche dell'attuale governo, per via del rafforzamento della lotta all'evasione fiscale per migliorare le entrate e delle riforme imbastite finora per aumentare l'efficienza della macchina pubblica e monitorarne la spesa. Gli spazi per risparmiare sulla spesa pubblica secondo Moody's l'Italia li ha: anche perchè in passato ha dimostrato di saperli cercare, trovare e attuare con la politica del rigore. Una capacità che gli alti stati "periferici" in eurolandia devono dimostrare da zero. "La sfida più grande è conseguire un'inversione decisa e duratura della dinamica di crescita esponenziale del debito pubblico e dei relativi costi di finanziamento. Alcune recenti iniziative governative indicano che il bilancio pubblico può offrire uno spazio di manovra sufficiente per ulteriori risparmi e incrementi dell'efficienza e stabilire tale trend", si legge nel rapporto.

Inflazione sale all'1,4 per cento. Record disoccupati in Europa

Così Tremonti raccoglie la sfida delle riforme strutturali (di I. B.)

Per il Fmi l'Italia ha reagito in maniera giusta alla crisi

Osservatorio dell'economia

nflazione sale all'1,4% a marzo

31 marzo 2010

Inflazione sale all'1,4% a marzo

"Dai nostri archivi"

L'inflazione in Italia (+1,2Subject:

Prezzi: l'inflazione sale dopo sette mesi, calo per gas e luce

L'Inflazione cala a luglio: +2,2onostante il caro-energia

Inflazione in leggera frenata a febbraio

L'inflazione a febbraio rallenta il passo

 

Torna a correre l'inflazione nel mese di marzo. I prezzi al consumo sono aumentati dell'1,4% su base annua, attestandosi ai massimi dal febbraio del 2009 (+1,6%), dopo l'1,2% di febbraio. Nel confronto mensile, invece, l'inflazione è cresciuta dello 0,3%. A diffondere la stima provvisoria di marzo dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (Nic) è l'Istat, spiegando che l'inflazione acquisita per il 2010 è +0,9%. L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) registra a marzo una crescita annua dell'1,4%, mentre su base mensile sale dell'1,5%. L'inflazione di fondo sale all'1,4% a marzo dall'1,3% di febbraio.

Gli aumenti congiunturali più significativi - spiega l'Istat - si sono verificati per i capitoli trasporti (più 1,1 per cento), abitazione, acqua, elettricità e combustibili (più 0,4 per cento) e servizi ricettivi e di ristorazione (più 0,3 per cento). Variazioni nulle si sono registrate nei capitoli bevande alcoliche e tabacchi e istruzione. Variazioni negative si sono verificate nei capitoli servizi sanitari e spese per la salute (meno 0,3 per cento) e comunicazioni (meno 0,1 per cento). Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli trasporti (più 5,1 per cento), altri beni e servizi (più 2,9 per cento) e istruzione (più 2,5 per cento). Una variazione nulla si è registrata nel capitolo servizi sanitari e spese per la salute. Variazioni tendenziali negative si sono verificate nei capitoli abitazione, acqua, elettricità e combustibili (meno 0,9 per cento) e comunicazioni (meno 0,3 per cento).

Intanto Eurostat ha diffuso i dati sulla disoccupazione nell'area euro, che registra un aumento record nel mese di febbraio: i senza lavoro hanno infatti raggiunto quota 10% dal 9,9% di gennaio. Il dato è in linea con le previsioni degli analisti. Per quanto riguarda l'area euro si tratta del livello di disoccupazione più alto da quasi 12 anni. A febbraio l'economia dell'Eurozona ha infatti perso altri 61 mila posti di lavoro, seppur in frenata rispetto al mese precedente, quando sono andati in fumo oltre 100 mila posti. Nel mese di febbraio, quindi, il totale dei disoccupati nell'area euro ha superato quota 15,7 milioni, con un incremento di 1,84 milioni rispetto allo stesso mese dell'anno scorso.

2 Aprile 2010

 

 

 

DEBITO E RISORSE / Cure urgenti per l'Italia che non sa più crescere

di Guido Tabellini e Giorgio Barba Navaretti

2 Aprile 2010

Cure urgenti per l'Italia che non sa più crescere

Come uscire dalla stagnazione economica? È questo il problema centrale dell'Italia. Ora che è stato superato lo scoglio politico delle elezioni regionali, non ci sono più scuse per non affrontarlo.

La prima cosa da fare è sbarazzare il campo dall'equivoco che le cose dopo tutto non vanno poi così male. Tra il 2005 e il 2008 il prodotto interno lordo italiano è cresciuto di oltre otto punti meno della media dell'area euro. Rispetto a Francia e Germania, due paesi la cui economia non è stata drogata da finanza e immobili, il divario è stato di oltre quattro punti percentuali. Poi è venuta la crisi, e il nostro reddito è calato più della media Ue (5% contro 4,1%). Le previsioni per il 2010-11 non indicano che la ripresa italiana sarà più rapida degli altri paesi dell'area euro.

In secondo luogo, bisogna evitare di illudersi che il problema siano le statistiche ufficiali più che la realtà economica. Per quanto il Pil sia un indicatore imperfetto, vi sono almeno tre ragioni per cui la questione della crescita non può più essere rimandata.

Innanzitutto, alla radice dello scarso dinamismo della nostra economia c'è un rallentamento ormai ventennale del tasso di crescita della produttività sia del lavoro che dell'insieme dei fattori produttivi nel loro complesso. Ossia non è cresciuta nel tempo l'efficienza con cui i fattori (lavoro, macchinari, immobili e così via) vengono utilizzati dal sistema produttivo. Il problema non riguarda solo i servizi e la pubblica amministrazione, ma anche la manifattura. Tra il 1995 e il 2007, il valore aggiunto per ora lavorata dell'industria manifatturiera italiana è salito del 6,6%, contro il 51% in Francia e il 45% in Germania (dati Euklems).

La seconda ragione di preoccupazione è che la scarsa crescita della produttività si traduce in bassi salari sia lordi che netti e mortifica il potere d'acquisto delle famiglie. Secondo l'Ocse, nel 2008 il salario netto di un individuo non sposato e senza figli era in media di 21.374 dollari (a parità di potere d'acquisto), contro 29.570 in Germania e 26mila in Francia.

La differenza non è dovuta a un più elevato cuneo fiscale sul lavoro in Italia. Anche le retribuzioni medie lorde sono più basse in Italia. Ma il minor costo del lavoro non è sufficiente a compensare il divario nella produttività delle imprese. Nonostante i salari più bassi, da quando siamo entrati nell'euro il costo del lavoro per unità di prodotto è cresciuto in Italia di circa il 25 per cento in più che in Germania, e il 10 per cento in più che nella media dei paesi dell'euro. Cioè, nonostante la moderazione salariale, vi è stata una forte perdita di competitività delle nostre esportazioni.

I dati sul commercio mostrano che le quote di mercato italiane hanno tenuto meglio di quelle francesi. Ma questo è di scarsa consolazione: quale sarebbe stata la nostra performance se avessimo accresciuto l'efficienza tanto quanto i nostri concorrenti europei?

Il terzo motivo di preoccupazione è che soltanto attraverso una crescita sostenuta del reddito è possibile ridurre il peso del nostro debito pubblico senza compromettere eccessivamente la capacità di spesa dello stato. I quattro punti di reddito persi rispetto a Germania e Francia tra 2004 e 2008 equivalgono grosso modo a 60 miliardi di euro che non sono stati immessi nel nostro sistema economico.

Stabilito che crescere poco è un problema, quali sono le cause? Ve ne sono molte, ma il nodo principale è uno: il processo di allocazione delle risorse. Denaro, sforzi, lavoro stentano ad andare verso le attività e gli investimenti più produttivi, dove maggiore è il contributo allo sviluppo del paese.

Questo vale sia nel settore pubblico che nel privato. I progetti infrastrutturali hanno tempi infiniti. I finanziamenti alle università italiane sono dati a pioggia, e il sistema della ricerca non solo non riesce ad attrarre talenti, ma lascia che i migliori se ne vadano. Le imprese efficienti crescono meno rapidamente che altrove - da questo punto di vista la bassa dimensione media delle nostre imprese è un indicatore di debolezza e stagnazione: sono piccole perché non crescono.

Altro esempio, la difficoltà a indurre e trattenere investimenti diretti esteri sul nostro territorio. O ancora, un'economia sommersa il cui prodotto sfugge dalle statistiche ufficiali. Certo, se queste attività fossero misurate accuratamente, il Pil (ma non la crescita) sarebbe più elevato; ma il fatto che non emergano è un segno grave dell'incapacità del sistema produttivo a favorire attività lecite e probabilmente con un maggiore potenziale di sviluppo. Insomma, chi può contribuire di più alla crescita in Italia deve fare sforzi maggiori e superare ostacoli più elevati che in altri paesi.

Per rimuovere gli ostacoli e migliorare il processo di allocazione delle risorse non basta un'unica riforma. Servono tanti piccoli interventi, guidati però da una strategia e un'impostazione comune: facilitare l'allocazione delle risorse pubbliche e private verso chi sa farne l'uso migliore. È questo ciò a cui servono liberalizzazioni e mercati ben funzionanti. È per questo che occorre premiare il merito nel sistema dell'istruzione e della ricerca. Ed è sempre per questa ragione che è sbagliato l'assistenzialismo di chi vuole tenere in vita impianti poco produttivi come Termini Imerese.

Il governo può contare su un'ampia maggioranza in parlamento, e ha davanti a sé un periodo sufficientemente lungo per affrontare il più grave problema del paese: come rilanciare la crescita economica. Se davvero vuole fare sul serio, ogni nuovo intervento governativo dovrà innanzitutto essere guidato da questo interrogativo: cosa posso fare per dirigere le risorse verso chi può farne l'uso migliore.

2 Aprile 2010

 

 

Incognita prezzi sulla ripresa

di Marco Alfieri

2 Aprile 2010

Incognita prezzi sulla ripresa (Afp)

"Dai nostri archivi"

Rame e alluminio restano in tensione

L'impennata dei metalli non ferrosi

Cala l'appeal delle materie prime

Ecco dove i prezzi delle case torneranno a salire a fine anno

Un 2010 di transizione: per i listini la risalita inizierà a fine anno

"Un rialzo delle materie prime ucciderebbe in culla quel poco di ripresa che comincia a vedersi. Rischiando di accendere una pericolosa spirale inflazionistica". L'allarme arriva dai comparti produttivi del sistema Italia, alle prese con una difficile uscita dalla recessione.

Tutta colpa del nuovo "cartello" del ferro siglato dai big minerari mondiali con i grandi consumatori, soprattutto le acciaierie asiatiche, che supera il vecchio sistema degli accordi annuali sulla determinazione del prezzo, aprendo alla speculazione sulle fluttuazioni. Al nuovo accordo si aggiunge poi "la pressione della locomotiva cinese ormai uscita dalla crisi", spiega Guidalberto Guidi, presidente di Anie, l'associazione di Confindustria che raccoglie le imprese elettroniche ed elettrotecniche. "Sono tornati a mangiarsi tutto quel che viene prodotto nel mondo spingendo i prezzi di rame e acciaio. Nel nostro comparto, ad esempio, stanno rincarando anche i componenti di base".

Per alcuni è fisiologico. Nel corso del 2009 molti hanno tagliato capacità produttiva. E insieme si sono ridotti i prezzi su base annua: -3,7% l'acciaio, -19,5% il rame, -22,8% lo zinco, -36,5% l'alluminio, -35,6 il nickel. Con i primi refoli di ripresa la pressione sta aumentando. Ieri il petrolio Wti al Nymex ha toccato punte superiori a 85 dollari al barile, il massimo dall'ottobre del 2008. Mai così alti dall'estate 2008 anche i prezzi segnalati a Londra per rame (7.881 dollari per tonnellata), nickel (25.475 dollari per tonnellata) e platino (1.660 dollari per oncia). "La richiesta di rincari da parte dei nostri fornitori è ormai quotidiana e annulla quasi completamente il vantaggio monetario sul dollaro – prosegue Guidi – accendendo una potenziale rincorsa prezzi/tassi che non possiamo certo permetterci".

Il baco del contagio è certamente la siderurgia, con ricadute immediate sulla meccanica e sull'automotive. Ma anche chi utilizza come materia prima il rottame (gran parte dell'industria italiana), è investita indirettamente dal rimbalzo, influenzando il prezzo dei prodotti finiti. "Abbiamo visto un forte rincaro del minerale ferroso destinato alle acciaierie e anche delle lattine di acciaio o alluminio da riciclare e fondere – spiega Rosolino Redaelli, produttore di imballaggi di metallo e presidente dell'Anfima, l'associazione di categoria – ed è prevedibile che a valle rincarerà anche la banda stagnata, cioè la latta per produrre barattoli, scatolette e bombolette. C'è preoccupazione soprattutto per gli effetti che potranno esserci sul confezionamento di pelati e conserve, visto che si avvicina il periodo del raccolto del pomodoro". Secondo i produttori di imballaggi metallici, infatti, con ogni probabilità saranno ritoccate le forniture di latta e alluminio, che in genere hanno contratti di lunga durata.

Anche la Federalimentare guidata da Giandomenico Auricchio teme questo contagio, più che il rimbalzo delle materie prime alimentari. "Il problema è l'acciaio, ingrediente fondamentale nel nostro made in Italy", ammette Auricchio. "I nostri processi di lavorazione – aggiunge – rispondono a normative molto restrittive proprio a tutela della sicurezza dei consumatori. Dunque se non ci sarà un impatto diretto, certamente i rincari peseranno lungo la filiera".

Preoccupato per l'infiammata dei prezzi è anche Paolo Culicchi, presidente di Assocarta, un settore che valeva circa 22mila addetti per 10,1 milioni di tonnellate di produzione negli anni d'oro (oggi dopo la crisi che ha chiuso 20 cartiere vale 20mila lavoratori e 8,4 tonnellate). "Le materie prime fibrose (le cellulose) e le carte da macero nel primo trimestre 2009 erano scese a prezzi bassissimi", ragiona Culicchi. "Cinquecentosessanta dollari a tonnellata per la fibra lunga e 460 per quella corta". I produttori sudamericani, tanta era la crisi, avevano addirittura fermato gli stabilimenti. Oggi lo scenario è diverso: la ripresa sta investendo il Far East trascinandosi dietro la pressione sui prezzi. "Nell'ultimo trimestre – prosegue il presidente di Assocarta – c'è stato un aumento di 30 dollari/tonnellata. Siamo ormai a 880 per la fibra lunga e 780 per quella corta". Come uscirne? "Auspichiamo almeno una detassazione sull'incremento di fatturato".

Meno lambita dal rimbalzo la filiera dell'edilizia. Banalmente perché "il comparto resta immerso in una crisi profonda, sia sul lato immobiliare che nelle infrastrutture che negli appalti pubblici", commenta il presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti. "Già nel 2005 ci fu un'impennata dei prezzi del 108% dopata proprio dalla rincorsa cinese. Ricordo che i container pieni di acciaio venivano tenuti fermi nei porti per far salire i prezzi. Il rischio vero, piuttosto – conclude il leader dell'Ance – è di restare in balia di congiunture internazionali volatili".

 

 

 

 

 

Così Tremonti raccoglie la sfida delle riforme strutturali

di Isabella Bufacchi

commenti - 11 | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

30 marzo 2010

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

"Dai nostri archivi"

Tremonti: l'Italia ha bisogno di riforme strutturali

Per il Fmi l'Italia ha reagito in maniera giusta alla crisi

Tremonti: "Per uscire dalla crisi un patto lavoratori-imprese"

Tremonti: "Superata la crisi faremo le riforme"

Dal voto uno sprint per fisco e giustizia

Si scrive in chiave di "avanti tutta con le riforme strutturali" il futuro del sistema-Italia, che ha retto bene contro l'onda d'urto della più profonda recessione dalla seconda guerra mondiale ma che in prospettiva, restando "vulnerabile agli shock esterni" come evidenziato dal Fondo monetario internazionale, dovrà perseguire un doppio obiettivo: ridurre il debito pubblico, prevalentemente attraverso il contenimento della spesa e il recupero dell'efficienza della pubblica amministrazione, e aumentare il tasso di crescita.

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti si è dichiarato pronto a raccogliere la sfida delle riforme strutturali suggerita dal Fmi, anche perchè proprio in quella direzione è indirizzato già da tempo il suo programma per i prossimi tre anni: a cominciare dalla riforma fiscale, che per il numero uno del Mef resta "la riforma delle riforme", e il federalismo fiscale che impone "rigore", efficienza e che porterà al contenimento della spesa pubblica e non a un incremento dei costi. L'esito delle elezioni regionali, che per Tremonti è un risultato che "parla da solo", rafforza la stabilità del Governo e dunque la capacità della classe politica di introdurre le riforme strutturali per il rilancio del Paese. Ma senza strappi o colpi di accelerazione. Tremonti conferma: "abbiamo avanti tre anni, è un tempo sufficientemente lungo per fare le riforme".

Per il Fmi l'Italia ha reagito in maniera giusta alla crisi

Osservatorio dell'economia

30 marzo 2010

 

 

 

 

Per il Fmi l'Italia ha reagito

in maniera giusta alla crisi

commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

30 marzo 2010

Per il Fmi l'Italia ha reagito in maniera giusta alla crisi

"Dai nostri archivi"

Fmi: "Ci aspettano tempi difficili"Deficit, Italia meglio dei G-20

GEOPOLITICA DELLE NOMINE / A chi giova un cinese all'Fmi?

Il Fmi avverte: "Dal 2011 stop a stimoli all'economia"

Il Fmi avverte: "Dal 2011 stop a stimoli all'economia"

Strauss-Kahn: "Stime al rialzo per l'Italia"

"Le autorità hanno resistito in modo appropriato alla pressione per un ampio stimolo fiscale così da contenere il deficit e hanno adottato misure tempestive per rafforzare le reti di sicurezza e sostenere il settore finanziarie". Queste le conclusioni del Fondo monetario internazionale al termine della missione condotta nel nostro Paese. "Queste politiche sono state la giusta risposta alla crisi", sottolinea ancora il Fondo.

Il livello del deficit italiano nel 2010, poi, "è atteso sostanzialmente simile a quello del 2009". "Il limitato stimolo fiscale discrezionale nel 2009 - si legge nel rapporto finale della missione-, disegnato per avere un impatto neutro sul deficit, non è stato pienamente utilizzato in alcune parti". Il disavanzo, ricorda il Fmi, tuttavia è peggiorato di oltre 2,5 punti percentuali del Pil ed ha raggiunto circa 5,25% del Pil nel 2009, riflettendo principalmente fattori ciclici. "Nel 2010 le entrate probabilmente caleranno, riflettendo la natura una tantum di alcune tasse nel 2009".

Inoltre, la ripresa in Italia è "modesta e fragile basata sulla domanda esterna". Per il futuro , quindi, "sarà essenziale mantenere la disciplina fiscale, ridurre il peso del debito pubblico e fare riforme strutturali che aumentino il potenziale di crescita dell'economia".

Dal governo italianoè arrivato un commento in cui si dice di "condividere totalmente" l'analisi del Fondo monetario internazionale sull'impatto della crisi sull'economia italiana e accoglie la sfida che lancia il Fondo sulle riforme strutturali. A dirlo è stato titolare dell'Economia, Giulio Tremonti, in occasione della conferenza stampa per illustrare l'esito della missione dell'Fmi. "Noi condividiamo totalmente l'analisi fatta sull'impatto della crisi sull'economia italiana - ha detto il ministro - apprezziamo alcune valutazioni positive su come il governo ha gestito la crisi e accogliamo la sfida sulle riforme strutturali. Chiediamo al Fondo monetario un contributo di consulenza per i nostri programmi".

Osservatorio dell'economia

30 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-31

Si compra meno anche nei supermercati

25 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Ancora in calo a luglio i consumi in Italia

Commercio, vendite al dettaglio stabili a ottobre

Vendite in calo per cibo e abbigliamento: crollano i piccoli negozi

Istat, calano ancora le vendite al dettaglio: ad agosto -2,9% rispetto al 2008

Vendite al dettaglio in crescita a luglio. Corrono gli hard discount

 

Nell'ultimo trimestre (novembre 2009-gennaio 2010) l'indice destagionalizzato del valore del totale delle vendite al dettaglio ha subito una flessione dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. Nello stesso periodo, le vendite di prodotti alimentari sono diminuite dello 0,4%, mentre quelle di prodotti non alimentari hanno registrato una variazione congiunturale nulla.

La flessione del 2,6% registrata nel confronto con il mese di gennaio 2009 per il totale delle vendite, spiega l'Istat, deriva da cali tendenziali del 3,1% per le vendite della grande distribuzione e del 2,2% per le vendite delle imprese operanti su piccole superfici. Nella grande distribuzione le vendite hanno registrato diminuzioni sia per i prodotti alimentari (-3,5%), sia per i prodotti non alimentari (-2,9%). Anche per le imprese operanti su piccole superfici si sono registrate variazioni negative tanto per le vendite di prodotti alimentari (-3,1%) che per quelle di prodotti non alimentari (-2%).

Nel mese di gennaio 2010 tutte le tipologie di imprese della grande distribuzione hanno segnato variazioni tendenziali negative. La flessione più ampia ha riguardato gli esercizi non specializzati a prevalenza non alimentare (-4,2%). Al contrario, la diminuzione più contenuta è quella relativa agli esercizi specializzati (-2,1%).

Con riferimento alla dimensione delle imprese, nel mese di gennaio 2010 il valore delle vendite ha registrato diminuzioni tendenziali del 3,7% nelle imprese fino a 5 addetti, dell'1,8% nelle imprese da 6 a 49 addetti e del 2,2% nelle imprese con almeno 50 addetti. Per quanto riguarda le vendite di prodotti non alimentari, a gennaio 2010 tutti i gruppi di prodotti hanno registrato variazioni tendenziali negative. Le flessioni più marcate hanno riguardato i gruppi Dotazioni per l'informatica, le telecomunicazioni e la telefonia e Prodotti farmaceutici (rispettivamente -4,3% e -4,2%). Le diminuzioni più contenute hanno riguardato i gruppi Foto-ottica e pellicole e Giochi, giocattoli, sport e campeggio.

Nel mese di gennaio 2010 le imprese al dettaglio hanno dichiarato, in media, 26,2 giorni di apertura. Gli esercizi della grande distribuzione sono rimasti aperti, in media, per 27,3 giorni e le imprese operanti su piccole superfici per 25,5. Rispetto allo stesso mese del 2009 vi è stata una diminuzione di 0,2 giorni di apertura sia per le imprese della grande distribuzione, sia per le imprese operanti su piccole superfici.

25 marzo 2010

 

 

 

 

2010-03-24

Disoccupazione ai massimi dal 2001

commenti - | Condividi su: 24 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Stranieri più precari e disoccupati

Ottobre difficile per il lavoro: la disoccupazione sale all'8,2%

Occupazione: +1el 2007. Il Tasso disoccupazione al 6,1Subject:

Disoccupazione ai massimi da tre anni Persi 378mila posti di lavoro

Istat, a ottobre i disoccupati oltre quota due milioni

 

Il tasso disoccupazione nel IV trimestre 2009 è salito all'8,6% (dato non destagionalizzato), il livello più alto dal 2001. Lo rileva l'Istat, sottolineando che i senza lavoro hanno raggiunto quota 2,145 milioni di unità, 369mila in più rispetto allo stesso periodo 2008.Gli occupati nella media 2009 sono diminuiti di 380 mila unità rispetto alla media 2008. Si tratta del primo calo annuale dal 1995. Il tasso di disoccupazione medio è salito al 7,8% dal 6,8% della media del 2008.

24 marzo 2010

 

 

 

 

 

Il made in Italy può ripartire dalla meccanica

di Marco Fortis

24 marzo 2010

Il made in Italy può ripartire dalla meccanica

I primi dati del 2010 sull'andamento dell'export italiano verso i paesi extra Ue dimostrano che il made in Italy non è rassegnato e anzi sta reagendo con coraggio alle sfide di una crisi globale che avrebbe potuto tramortirlo.

Nei primi due mesi del 2010 le esportazioni dirette verso alcuni dei principali mercati emergenti hanno mostrato una significativa crescita in valore, recuperando gran parte di ciò che era andato perduto nel corrispondente periodo del 2009, che fu davvero terribile.

I dati parlano da soli: nel primo bimestre l'export verso la Turchia è aumentato del 52%, quello verso la Cina del 33% e quello verso l'India del 18%. Incrementi ragguardevoli delle nostre esportazioni si sono registrati anche verso le economie dinamiche dell'Asia (Singapore, Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Malaysia e Thailandia, con un +20%) e verso i paesi del Mercosur (Brasile, Uruguay, Paraguay e Argentina, con un +40%). Naturalmente questi ottimi dati non bastano ancora a rimarginare le ferite lasciate aperte dalla crisi degli acquisti dei superindebitati e fiaccati mercati europei (incluso quello russo), degli Stati Uniti e del Giappone, che hanno dissanguato le nostre esportazioni. Sono però un importante segnale di quella svolta che ci auguriamo possa consolidarsi nei prossimi mesi.

Non meno significativa è stata la tenuta del made in Italy sui mercati extra Ue durante il 2009. L'anno appena trascorso è stato tragico per tutti i grandi paesi esportatori, dalla Germania al Giappone, dalla Cina all'Italia. Il commercio mondiale, come un aereo in un vuoto d'aria, è letteralmente precipitato nei primi due trimestri del 2009, perdendo oltre il 30% dei valori esportati in dollari rispetto al 2008. In un anno simile un sistema produttivo debole avrebbe potuto subire una erosione drammatica delle sue quote di mercato rispetto ai concorrenti. All'Italia ciò non è avvenuto. I primi dati Eurostat relativi all'intero 2009 per ciò che riguarda l'export verso i paesi extra Ue indicano che abbiamo visto diminuire solo impercettibilmente la nostra quota nell'export dell'Ue a 27, che è passata dall'11,6% all'11,4 per cento.

Le flessioni delle quote di mercato in alcuni settori sono state quasi perfettamente controbilanciate dai miglioramenti in altri. I settori in cui abbiamo perso quote di mercato sono stati: derivati del petrolio, siderurgia, tessile-abbigliamento, cuoio-calzature, mobili. Paradossalmente i settori del made in Italy che invece hanno guadagnato posizioni, a parte gli alimentari e i vini che hanno ben tenuto, sono stati proprio quelli più colpiti dalla crisi dell'edilizia e degli investimenti a livello mondiale, cioè i macchinari industriali, gli apparecchi meccanici e i prodotti derivati dei minerali non metalliferi. Segno che la meccanica italiana e anche l'industria delle piastrelle restano forti ed anzi, pur perdendo fatturato, sono andate meglio dei concorrenti degli altri paesi europei a cui hanno sottratto quote di mercato nei paesi emergenti.

I mercati extra Ue

In particolare, nel 2009 sui mercati extra Ue l'Italia ha incrementato il suo peso nell'export complessivo dell'Ue-27 di 0,7 punti percentuali nelle macchine elettriche e nei generatori, di 0,3 punti nelle macchine specializzate per l'industria, di ben 0,6 punti nelle macchine per la lavorazione dei metalli e 0,7 punti nelle macchine per impieghi generali. Anche gli altri mezzi di trasporto, guidati da yacht, navi da crociera ed elicotteri, hanno migliorato la loro quota nell'export dell'Ue-27 diretto fuori dall'Unione di 0,5 punti percentuali.

Non sono ancora disponibili i dati dell'export intra-Ue per tutto il 2009. Tuttavia, da nostre prime stime basate su periodo gennaio-novembre 2009, lo scorso anno l'Italia dovrebbe aver migliorato la sua quota di mercato rispetto al 2008 anche nell'export intra-Ue in vari settori chiave della meccanica, tra cui le macchine per la lavorazione dei metalli e le macchine per impiego generale, mentre la quota delle macchine specializzate per l'industria è rimasta stabile.

Questi sviluppi confermano alcune grandi tendenze di lungo periodo. La prima è che è tuttora in atto il riposizionamento del made in Italy dei beni per la persona e l'arredo su segmenti di più alto valore aggiunto, il che comporta l'abbandono dei prodotti più vulnerabili alla concorrenza di costo dei Paesi emergenti o la delocalizzazione di attività produttive, specie nei paesi vicini dell'Est dell'Ue. In quest'ultimo caso, talvolta perdiamo quote di export come sistema Italia solo apparentemente, perché le nostre aziende crescono come soggetti esportatori estero su estero, magari andando alla conquista di mercati di prossimità come quello russo.

Il peso della meccanica

La seconda tendenza in atto riguarda la grande trasformazione interna del made in Italy in cui l'alimentare e i vini e la meccanica non elettronica hanno acquisito negli ultimi anni un crescente peso a discapito di pur sempre importantissimi settori tradizionali come il tessile, le calzature o i mobili. In particolare, ciò ha determinato a partire dall'inizio del nuovo secolo un'autentica impennata del peso dei macchinari e degli apparecchi meccanici sul totale del saldo commerciale con l'estero dei principali prodotti non alimentari del made in Italy (definizione che qui comprende, oltre alla meccanica, tessile-abbigliamento, pelli-calzature, gomma e plastica, minerali non metalliferi, mobili e gioielli). Dal 1991 al 2000 la quota di macchine ed apparecchi nel surplus estero del made in Italy non alimentare è oscillata tra il 31% e il 36% seguendo un trend piatto. Poi di colpo ha preso ad aumentare vertiginosamente sino a sfiorare nel 2009 il 57%, guadagnando ben 26 punti percentuali in nove anni (vedi figura). In questo periodo il surplus con l'estero dei nostri macchinari ed apparecchi è raddoppiato dai 22 miliardi di euro del 2000 ai 44 miliardi del 2008, per poi flettere a 36 miliardi nell'orribile 2009, anno che tuttavia resta pur sempre il terzo migliore di tutti i tempi dopo il 2008 e il 2007, davanti al 2006.

Insomma, il made in Italy è diventato sempre più non solo design e moda ma anche tecnologia ed innovazione, ponendosi a fianco della meccanica made in Germany, se non passandole davanti in molti comparti, come leader mondiale. Anche per questo motivo l'industria manifatturiera italiana non può, né deve perdere la fiducia di poter uscire più forte da questa terribile crisi.

24 marzo 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

Scende a marzo la fiducia dei consumatori

24 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Isae: scende a gennaio la fiducia dei consumatori

Fiducia dei consumatori in forte calo a febbraio

Cresce la fiducia dei consumatori: è ai massimi da luglio 2002

Per l'Isae la fiducia cresce. Consumatori: dati inverosimili

La fiducia dei consumatori mette la marcia indietro

 

Scende ancora a marzo la fiducia dei consumatori. Lo rileva l'Isae spiegando che l'indice si posiziona a 106,3 - mentre era 107,7 in febbraio - approssimandosi ai valori dello scorso giugno. Le valutazioni sul quadro economico generale si stabilizzano, mentre peggiorano quelle sulla situazione personale, il cui indice passa passa da 122 a 119,6.

La flessione registrata nel mese corrente è dovuta principalmente alle valutazioni sul risparmio, soprattutto prospettico, in un contesto di deterioramento del bilancio familiare. I consumatori inoltre confermano la percezione di ulteriori aumenti dei prezzi sia rispetto agli ultimi 12 mesi sia per i prossimi 12, anche se con minore intensità rispetto alla scorsa rilevazione. A livello territoriale, l'andamento della fiducia è disomogeneo nelle diverse ripartizioni: ad un recupero nel Nord-Est e nel Centro si contrappone una flessione moderata nel Nord Ovest e più intensa nel Sud.

24 marzo 2010

 

 

 

2010-03-17

Draghi: "La ripresa è ancora

disomogenea e debole"

17 marzo 2010

Draghi: "La ripresa è ancora disomogenea e debole"

"Dai nostri archivi"

Manca l'accordo e l'Ecofin rinvia la stretta sugli hedge fund

La Ue critica il governo inglese Pochi sforzi per ridurre il deficit

Draghi alle imprese: "Basilea 3 non bloccherà la ripresa"

Draghi: "In arrivo regole sui Cds"

Scontro Parigi-Berlino sulla Grecia

"La ripresa è disomogenea, debole in Europa, ancora fragile ovunque": lo ha detto il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, intervenendo al Parlamento europeo.

Nel mettere a punto le nuove regole sui requisiti di capitale delle banche "bisogna avere un tempo di transizione adeguato per non danneggiare la ripresa", ha poi ribadito il governatore per il quale però "non dobbiamo permettere che le attuali situazioni di difficoltà incidano sulla definizione dei nuovi standard".

Draghi ha parlato di "resistenze" verso le nuove regole e si è soffermato sul lavoro che sta svolgendo l'Fsb, soprattutto in riferimento al principio del 'too big to fail' (banche 'troppo grandi per fallire): "Il costo del fallimento potenziale di queste banche ricadrebbe su tutti, perchè queste istituzioni sanno di essere troppo grandi per fallire e prendono più rischi, perchè sanno che i governi non le abbandoneranno. Ecco perchè i governi

devono intervenire" per risolvere tale problema.

 

 

 

2010-03-15

Rallenta ma non si arresta l'emorragia dei posti di lavoro in Eurolandia

15 marzo 2009

Rallenta ma non si arresta l'emorragia dei posti di lavoro in Eurolandia

"Dai nostri archivi"

Trucchi, errori, incompetenza Se il dato economico è "falsato"

Eurolandia tra inflazione e bassa crescita (e la Bce resta ferma)

La disoccupazione preoccupa, l'economia reale soffrirà a lungo

Eurolandia, ordini industriali in calo del 7,4 0x0p+0nno su anno

Nei villaggi turistici caccia al posto per 5mila giovani

 

Continua a scendere l'occupazione nell'area euro. Nel quarto trimestre del 2009, secondo i dati Eurostat, nei paesi dell' area euro gli occupati sono scesi dello 0,2% sul trimestre precedente e del 2% rispetto all'ultimo trimestre del 2008. In cifre significa la perdita di oltre 350 mila posti di lavoro.

La perdita di posti di lavoro nell'area euro mostra un rallentamento rispetto ai trimestri precedenti. Eurostat infatti ha confermato la contrazione dello 0,5% degli occupati nel terzo trimestre sul precedente con un -2,2% su base annuale. Tra le flessioni più contenute a livello di paese, risulta l'Italia con un calo di appena 0,1% nell'ultimo trimestre dell'anno rispetto alla flessione dello 0,6% del terzo trimestre. Identica performance per la Francia, mentre la Germania presenta una variazione nulla. Ancora critica la situazione in Spagna e in Grecia dove l'occupazione negli ultimi tre mesi del 2009 ha accusato una flessione dello 0,8 per cento

 

 

 

 

2010-03-11

Berlusconi sicuro della risalita

"La ripresa non sarà veloce

ma l'Italia va più di altri paesi Ue"

11 marzo 2010

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti e il premier Silvio Berlusconi

"Dai nostri archivi"

Una banca per accelerare il passo del Mezzogiorno

Tremonti: "Si chiamerà Banca del Mezzogiorno"

Da imprese e banche coro di sì al nuovo istituto

Tremonti: "Difficile succedere a Berlusconi"

Via al nuovo comitato per il Sud

Per Berlusconi la Banca del Mezzogiorno "non sarà un carrozzone", per Tremonti "è una cosa straordinariamente positiva", "una cosa seria. Troppi bidoni sono stati dati al Sud". Il premier e il ministro dell'Economia presentano così al Tesoro la Banca del Mezzogiorno e il Comitato promotore. Il ministro ha detto che intende "stimolare ulteriormente" l'aliquota agevolata del 5% per gli investimenti al Sud, "perché non c'é stato ancora grande interesse".

L'istituzione del comitato promotore accelera così un progetto "non facile, con un cammino che viene da lontano e che ha avuto difficoltà". Non si tratta di "una cosa metafisica. Deve stare sul territorio dove ci sono le piccole e medie imprese e fare loro credito". In ogni caso, ha detto il ministro, non saranno ripercorsi gli errori del passato: "Impossibile che sia un carrozzone perchè non è una banca pubblica. Comunque - rivendica - non c'è mai stato un governo che ha fatto una banca del Sud e la fiscalità di vantaggio per il Sud". La Banca, fortemente voluta dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha lo scopo di aumentare la disponibilità del credito destinato al Mezzogiorno. È anche prevista l'emissione di bond per canalizzare il risparmio a sostegno di progetti imprenditoriali e a incrementare l'occupazione al Sud.

Il comitato è composto da 15 membri nominati dal presidente del Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell'Economia e delle Finanze. Alla presidenza è stato designato Vito Lorenzo Augusto Dell'Erba, presidente dell'associazione delle Banche di credito cooperativo di Puglia e Basilicata e come segretario del comitato è stato nominato Roberto Di Salvo, vice direttore generale Federcasse. Al comitato promotore è affiancato un tavolo di consultazione di cui faranno parte le maggiori organizzazioni imprenditoriali e le associazioni economiche. Prima seduta il 25 marzo. Sono stati invitati al tavolo Confindustria, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Coldiretti, Lega delle Cooperative, Confagricoltura, Cia, Casartigiani, Cna e Confapi.

Il premier Berlusconi ha assicurato "appoggio assoluto da parte del governo alla Banca del Sud. Il governo sarà vicino anche per quello che potrà fare in interventi di sburocratizzazione. Siamo impegnati per consentire a un cittadino che voglia fare imprenditoria di mettere su la sua impresa in 24 ore". Dopo l'uscita da un momento di forte crisi, ha detto il premier, "è iniziata la risalita, che non sarà veloce e fatta di grandi numeri, ma una risalita c'è". Una risalita che per il premier é "migliore di quella degli altri paesi europei". Il ruolo dello Stato, ha sottolineato Berlusconi, "è quello di promotore. La Banca è costituita da un nucleo di soci privati con una partecipazione dello Stato minoritaria e che sarà dismessa entro cinque anni".

Della Banca del Sud "sarò il secondo depositante dopo il ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, come privato cittadino", ha detto il premier Silvio Berlusconi, a conclusione della presentazione della Banca del Sud. (N.Co.)

 

 

 

Una banca per accelerare

il passo del Mezzogiorno

di Isabella Bufacchi

11 marzo 2010

Claudio Scajola, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti alla conferenza stampa per la Banca del Mezzogiorno oggi 11 marzo 2001 (Ansa)

"Dai nostri archivi"

Berlusconi sicuro della risalita "La ripresa non sarà veloce ma l'Italia va più di altri paesi Ue"

Tremonti: "Via alla Banca del Sud"

Il Governo vara un piano per il Sud

Le Pmi chiedono i fondi dei T-bond

Marcegaglia: "Cabina di regia e aiuti alle imprese del Sud"

Gli obiettivi dichiarati: più credito alle piccole e medie imprese, anche attraverso la formula delle garanzie, e più investimenti a sostegno dell'occupazione, anche attraverso il rilancio dei progetti infrastrutturali

Più credito alle piccole e medie imprese, anche attraverso la formula delle garanzie, e più investimenti a sostegno dell'occupazione, anche attraverso il rilancio dei progetti infrastrutturali. Per il Sud. Sono questi gli obiettivi principali della Banca del Mezzogiorno, che opererà per lo sviluppo di un'area che ha estremo bisogno di agganciarsi a quella "risalita" che, come ha detto il premier Berlusconi, "c'è anche se non veloce nè di grandi numeri".

La nuova Banca, fondata con capitali privati e una piccola partecipazione pubblica a tempo determinato, opererà come istituto di credito "di secondo livello". Questo significa che non avrà sportelli propri ma che si appoggerà, per rivolgersi alle imprese del Mezzogiorno e alle famiglie italiane, a una rete di sportelli messa a disposizione da Poste e da altre banche: in primis quelle più vicine al territorio che sono le banche di credito cooperativo, ma non saranno le sole a partecipare a questa iniziativa che resta aperta a tutti gli istituti di credito.

Questo gigante, oltre alla distribuzione delle garanzie alle Pmi e a servizi di consulenza, farà impieghi a medio-lungo termine e raccolta emettendo speciali obbligazioni garantite dallo Stato oppure, in questo caso come qualsiasi altra banca, titoli obbligazionari mirati ai piccoli risparmiatori con fiscalità agevolata (5% invece del 12,50 per cento).

L'impianto è stato disegnato per evitare il "carrozzone pubblico". Ma resta il pericolo che i tempi di realizzazione del progetto saranno pubblici: il 25 marzo il neocomitato dei promotori e il tavolo di consultazione formato da 11 organizzazioni imprenditoriali e associazioni economiche si riunirà per impostare i lavori. Un terzo obiettivo di questa banca dunque dovrà essere quello di fare in fretta per riuscire ad accelerare il passo del Sud verso la ripresa.

11 marzo 2010

 

 

 

Intesa Scajola-Tremonti

Incentivi per 300-350 mln

10 marzo 2010

Intesa Scajola-Tremonti. Incentivi per 300-350 mln

"Dai nostri archivi"

Tremonti-ter alla ricerca

 

Il ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola, conferma che è stato trovato "un punto di incontro" sulle risorse per gli incentivi con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Ed ora già si lavora ad un testo "con l'obiettivo di portarlo in Consiglio dei Ministri giovedì 18".

Scajola conferma anche che "la cifra indicativa" delle risorse sarà di 300-350 milioni.

"Abbiamo lavorato prima con Tremonti, poi a colazione con il presidente del Consiglio", spiega Scajola a margine di una cena organizzata dalla Camera di Commercio americana in Italia. "Abbiamo fatto una panoramica complessiva, abbiamo definito i paletti entro i quali muoverci, e già da stasera i nostri collaboratori stanno lavorando alla definizione di un provvedimento compatibile con la situazione in cui siamo".

L'indicazione di risorse per 300-350 milioni, conferma il ministro, "è complessiva, è una cifra indicativa che fa riferimento agli incentivi al consumo per i settori in maggiore difficoltà. Sarà un provvedimento short, con pochi articoli, ma insieme al quale evidenzieremo anche l'attenzione alle aree di crisi con destinazioni che non sono previste dal decreto ma che sono già disponibili su fondi che ha il Ministero".

In giornata il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, aveva detto di "vedere poche cose che si stanno facendo", lanciando "un richiamo forte alla politica" perché vengano accantonate le polemiche del clima preelettorali e si torni a lavorare sul fronte della crisi

economica. Poi, la leader degli industriali ha aggiunto "Sono settimane che si parla di sostegni ai consumi, ad alcuni settori che hanno sofferto, se ne parla e non si decide mai".

10 marzo 2010

 

 

La produzione industriale

rivede il segno positivo

10 marzo 2010

La produzione industriale rivede il segno positivo

"Dai nostri archivi"

Istat, cresce la produzione industriale: ad aprile +4Subject:

Istat, ad agosto produzione industriale in calo del 5,3Subject:

Istat, a gennaio produzione industriale -0,2Subject:

Industria: produzione in calo del 2,1Subject:

La produzione industriale torna a salire: +1 0x0p+0 luglio

 

La produzione industriale a gennaio ha segnato un aumento congiunturale del 2,6% (indice destagionalizzato a 87,9) e un calo tendenziale del 3,3% (indice grezzo a 78,4). Lo comunica l'Istat. L'indice corretto per i giorni lavorativi (19 contro i 20 di gennaio 2009) ha registrato invece un aumento annuo dello 0,1% (a 85,1), dato migliore da aprile 2008. "Siamo in una fase di fine del calo" della produzione, ha affermato il responsabile dell'indagine dell'Istituto di statistica.

La produzione industriale di autoveicoli è aumentata su base annua, a gennaio, del 44,1%, secondo l'indice grezzo calcolato da Istat. L'indice corretto per i giorni lavorativi segna, invece, un aumento del 47,1% su anno.

Il Pil perde lo 0,3% nel quarto trimestre del 2009 e chiude l'anno a -5,1%

L'Istat ha pubblicato oggi anche i conti economici trimestrali con i dati sull'andamento del pil nel quarto trimestre del 2009 e nell'intero anno, confermando nella sostanza il forte calo nei 12 mesi ma rivedendo al -5,1% il -4,9% indicato nelle stime preliminari diffuse il 12 febbraio. Nel quarto trimestre del 2009 il prodotto interno lordo corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato è diminuito dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente e del 3 per cento nei confronti del quarto trimestre del 2008. La stima preliminare del trimestre aveva indicato una diminuzione congiunturale dello 0,2 per cento e una diminuzione tendenziale del 2,8 per cento. Il quarto trimestre del 2009 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente ed una giornata lavorativa in più rispetto al quarto trimestre del 2008.

Quella di oggi è la terza comunciazione dell'Istat sul pil 2009 nel giro di un mese. Oltre alle stime preliminari, il primo marzo era stato diffuso il dato del prodotto interno lordo non corretto per gli effetti di calendario, risultato in calo del 5,0 per cento. Dal punto di vista macroeconomico la sostanza non cambia. Secondo l'Istat si tratta del dato peggiore dal 1971.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-03-01

Pil italiano nel 2009 giù del 5%

Il deficit sale al 5,3 per cento

1 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Deficit pubblico in calo al 4,7 0el Pil nel 1° trimestre 2008

Istat, deficit nei primi 9 mesi del 2008 sale al 2,1Subject:

Nel 2007 Pil rallenta a +1,5Subject:

Deficit/Pil: 5,1el primo semestre

Conti pubblici, il boom del fisco salva il deficit 2007

Il pil italiano tocca il fondo nell'anno 2009, registrando una diminuzione del 5 per cento. Lo segnala l'Istat, precisando che si tratta del dato peggiore dal 1971, dall'inizio cioè della serie storica. Nella stima provvisoria il prodotto interno lordo aveva registrato una diminuzione del 4,9 per cento. L'istituto di statistica ha anche rivisto al ribasso le stime 2007 e 2008: rispettivamente dello 0,1% da 1,6% a 1,5% e dello 0,3% da -1% a -1,3 per cento.

Il rapporto deficit/Pil si è attestato, nel 2009, al 5,3 per cento, mentre il saldo primario si è portato a -0,6% del Pil, dato peggiore dal 1991. Il rapporto debito/Pil, sulla base delle cifre fornite da Bankitalia, é stato pari al 115,8 per cento.

1 marzo 2010

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

Disoccupazione in crescita all'8,6%. Ai massimi dal 2004

1 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

Disoccupazione in Francia stabile al 9,1%

Nell'area Ocse la disoccupazione sale all'8,8%

Istat: nel terzo trimestre disoccupazione al 6,1Subject:

Cala ancora la disoccupazione: è al 5,6 per cento

Disoccupazione ai massimi da tre anni Persi 378mila posti di lavoro

 

Il tasso di disoccupazione, a gennaio, continua a salire e si porta all'8,6%: si tratta del dato peggiore dal gennaio 2004. Lo comunica Istat, aggiungendo che le persone in cerca di occupazione aumentano dello 0,2% su mese a 2,144 milioni, mentre su anno del 18,5% (334 mila persone in più). Il tasso di occupazione scende dello 0,1% su mese al 57% e dell'1% su

anno. (agenzia Radiocor)

1 marzo 2010

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

2010-02-13

Draghi al Forex chiede un governo

economico più forte per l'Ue

dall'inviato Piero Fornara

13 febbraio 2010

Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi parla al Forex, il congresso degli operatori finanziari in corso a Napoli. ANSA

NAPOLI – La situazione economica italiana ed internazionale, il punto sullo scenario macroeconomico, con un riferimento alle previsioni dell'economia italiana, oltre a un focus sulla finanza e sulle banche, ma anche una panoramica sugli sviluppi dei mercati: ecco i temi che il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi ha affrontato nel suo atteso intervento alla 16ma edizione del congresso delle associazioni Aiaf e Assiom Forex, tradizionale appuntamento e principale occasione di confronto tra gli operatori della finanza e le istituzioni, quest'anno organizzato dal Banco di Napoli nei padiglioni della Mostra d'Oltremare della città partenopea.

La difesa dell'euro. "L'euro è saldo" ha affermato Draghi in un passaggio significativo della sua relazione al Forex, mettendo in evidenza come "occorre che nell'Unione europea di formi la volontà comune di estendere alle strutture economiche e alle riforme di cui necessitano, la stessa attenta verifica, lo stesso energico impulso che sono stati esercitati negli ultimi anni sui bilanci pubblici". "Dieci anni fa – ha ricordato Draghi – all'avvio della moneta unica si levarono voci a richiedere anche un governo economico dell'Unione; furono sovrastate dai cori entusiasti che celebravano la meta raggiunta insieme all'impegno a resistere a ogni ulteriore integrazione".

Per il governatore della Banca d'Italia "stiamo uscendo dalla crisi con un tasso di crescita basso, ai minimi europei". Le banche italiane sono ben attrezzate per fronteggiare lo scenario internazionale, ma le modifiche regolamentari proposte dal Comtato di Basilea richiederanno "adegamenti non trascurabili". Occorre - afferma ancora "che nell'Unione europea si formi la volontà comune di estendere alle struttura economiche e alle riforme di cui necessitano, la stessa attenta verifica, lo stesso energico impulso, che sono stati esercitati negli anni sui bilanci pubblici". Chiaramente "una crisi che produce instabilità finanziaria mondiale colpisce le economie dell'area con intensità diversa a seconda delle strutture su cui poggiano". L'integrazione europea – ha proseguito il governatore – ha portato stabilità dei prezzi e, fino alla crisi, efficace controllo sui deficit pubblici. Invece, "una crescita sostenuta é base di benessere ed é presupposto della stabilità finanziaria per un Paese ad alto debito pubblico come l'Italia".

Il livello attuale dei tassi ufficiali nell'area Euro "resta adeguato: non emergono rischi di inflazione nel medio termine" ha detto Draghi, ricordando che "proseguono le operazioni dell'Eurosistema. Alla fine dello scorso anno vi erano in Italia oltre 600 mila occupati in meno rispetto al massimo del luglio 2008. La quota di popolazione potenzialmente attiva che è al momento forzatamente inoperosa è elevata e crescente. Finchè la flessione dell'occupazione non s'inverte permane il rischio di ripercussioni sui flessione dell'occupazione non s'inverte permane il rischio di ripercussioni sui consumi, quindi sul Pil".

Il credito a famiglie e imprese. "L'espansione dei crediti alle famiglie – ha aggiunto Draghi – è invece continuata, a ritmi dell'ordine del 3% sui dodici mesi". Il governatore ha anche posto l'accento sul fatto che "i nuovi prestiti per l'acquisto di abitazioni vengono concessi prevalentemente a tasso variabile: occorre – ha sottolineato – e i contraenti siano avvertiti del rischio che corrono in caso di aumenti di tasso". Draghi ha comunque aggiunto che secondo le indagini più recenti presso le banche, "vi è una modesta ripresa della domanda di finanziamenti da parte delle imprese" e che quelle impegnate in processi di adeguamento tecnologico e di internazionalizzazione "meritano maggiore attenzione". Comuque al momento nessuna banca italiana si trova in condizioni di mamcanza di liquidità.

"Le operazioni di rimpatrio dei capitali in regime di "scudo fiscale" devono essere attentamente esaminate dagli intermediari, al fine di individuare e segnalare operazioni sospettabili di riciclaggio". Lo ha detto ancora Mario Draghi al Forex, aggiungendo che "le banche devono impegnarsi di più a uno scrutinio attento delle operazioni di rimpatrio".

Finora "sono giunte poco più di 50 segnalazioni di possibili reati connessi con operazioni di emersione di disponibilità all'estero. È un numero esiguo, spiegato solo in parte dal fatto che la legge esclude l'obbligo di segnalazione per diverse fattispecie di reato".

Rischi di riciclaggio. "Un numero esiguo" quello delle segnalazioni da parte delle banche su capitali rientrati con lo scudo fiscale che potrebbero derivare da operazioni di riciclaggio. Il governatore della Banca d'Italia al Forex ha ribadito che "le operazioni di rimpatrio dei capitali in regime di "scudo fiscale" devono essere attentamente esaminate dagli intermediari, al fine di individuare e segnalare operazioni sospettabili di riciclaggio".

Il governatore ha spiegato che "finora sono giunte poco più di 50 segnalazioni di possibili reati connessi con operazioni di emersione di disponibilità all'estero. È un numero esiguo, spiegato solo in parte dal fatto che la legge esclude l'obbligo di segnalazione per diverse fattispecie di reato. Le banche devono impegnarsi di più a uno scrutinio attento delle operazioni di rimpatrio".

Le banche italiane, che partono da una situazione migliore di altri sistemi per la qualità del patrimonio, devono impiegare gli utili conseguiti "prioritariamente nel rafforzamento patrimoniale". Gli utili realizzati dalle banche italiane devono essere "prioritariamente impiegati nel rafforzamento patrimoniale". Il governatore segnala come l'impatto più rilevante dalle nuove regole derivi "dalla proposta di dedurre dal patrimonio le attività per imposte anticipate" e per questo "lo studio di impatto consentirà di valutare opzioni alternative come quella di dedurre solo parzialmente tali attività per attenuare le distorsioni competitive" dei diversi trattamenti fiscali nazionali.

I bonus. Nelle prossime assemblee dei soci le banche italiane dovranno fornire "informazioni esaurienti e dati puntuali circa l'effettivo adeguamento dei contratti e dei sistemi di incentivazione" ha detto ancora Draghi. Quanto alle banche popolari, in specie quelle quotate e di grandi dimensioni, devono compiere ulteriori progressi nella governance, sulla linea tracciata dalla Banca d'Italia. È quanto ha chiesto il governatore nel suo intervento al Forex di Napoli per assicurare un equilibrio fra "la stabilità" dei vertici e "l'eccessiva autorferenzialità del management". Per Draghi Via Nazionale "ha promosso adeguamenti statutari per garantire una sufficiente rappresentanza delle minoranze negli organi e facilitare la partecipazioni dei soci alle assemblee attraverso strumenti quali l'aumento del numero di deleghe e la possibilità di esprimere il voto a distanza". Il governatore spiega così come "ulteriori progressi in questa direzione sono tanto più necessari quanto più la realtà di alcune banche popolari si allontana dall'originaria connotazione localistica".

L'intervento di Draghi, che è anche presidente del Financial Stability Board, è il stato clou della manifestazione, ed è stato preceduto dal saluto delle autorità locali, in particolare del sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, e dalle relazioni introduttive del presidente del Banco di Napoli Vincenzo Giustino e del presidente dell'Aiaf Gregorio De Felice. Il primo discorso ufficiale dell'anno del governatore ha uno spessore quasi paragonabile a quello delle Considerazioni finali svolte in occasione dell'assemblea annuale della Banca centrale di fine maggio.

Per quanto riguarda domenica, si rinverdisce quest'anno l'appuntamento con la tavola rotonda organizzata dal "Sole 24 ore Radiocor", che vedrà gli interventi dei banchieri Corrado Passera e Alessandro Profumo, dell'imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e dell'economista Donato Masciandaro.

 

 

 

 

2010-02-12

Prodi e Bersani critici sul Pil

ma per il Pdl la ripresa ci sarà

12 febbraio 2010

Le critiche di Prodi e Bersani, il Pdl conferma attese di crescita

"Dai nostri archivi"

Nel 2009 Pil italiano -4,9% Quarto trimestre sotto le attese

Prodi: "Senza politiche industriali non si esce dalla crisi"

Berlusconi e il Pd, botta e risposta sulle tasse

In India la produzione industriale fa il record

Letta difende Bertolaso e la gestione degli appalti all'Aquila

I dati sul Pil 2009, che ha registrato il risultato peggiore dal 1971 crollando del 4,9% e che nella parte finale dell'anno ha offerto una performance più deludente rispetto alle principali economie dell'Eurozona , sollevano nuovi dubbi nell'opposizione riguardo la gestione della crisi da parte del Governo.

Dal Pd Romano Prodi avverte che "bisogna lavorare di nuovo su obbiettivi di politica industriale, che è una parola cancellata, considerata quasi sporca". L'ex premier mette in guardia dal pericolo che siano "i fondi finanziari" ad acquisire le imprese italiane, rischio che deriverebbe dalle loro "politiche a breve termine" non compatibili con quelle industriali.

La risalita? Per Prodi è "lenta", anche "se tutti si esprimono come se fossimo già in piena ripresa". Ma "il padre del Pd", come lui stesso si è definito, non è ottimista perchè

"c'è un'assoluta mancanza di strategia di spesa pubblica". E il Governo? "Fino a questo momento non ha fatto assolutamente nulla e non avendo fatto nulla non lo si può neanche criticare".

Sulla stessa linea le dichiarazioni di Pier Luigi Bersani. "Quello che è stato fatto fin qui assolutamente non basta", dice il segretario del Pd che invita il Governo "a fare una manovra economica, sollecitare l'economia e affrontare con più determinazione la situazione". E rivendica al suo partito il merito di aver compreso "fin dall'inizio che la crisi era seria e lunga".

Invece il governo, dice Bersani "ha raccontato che la crisi sarebbe stata finanziaria, ma non avrebbe inciso sull'economia reale, poi ha detto che era psicologica" e ha fatto "un po' di ammortizzatori punto e basta". Che ci sia qualcosa che non gira è evidente, sottolinea il segretario, dal fatto che la produzione industriale "è andata troppo giù, come pure i consumi, mentre l'inflazione "sta andando più su" rispetto ad altri paesi europei.

Dall'esecutivo risponde il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che sottolinea come non si possa "prevedere un andamento negativo del Pil nel momento in cui è partita la ripresa del commercio globale". Ma ora, dice Sacconi, ci sono tutte le condizioni di crescita di cui "anche l'Italia beneficerà". E conferma le attese di una crescita, dettata da circostanze "in parte indipendenti da noi".

Daniele Capezzone, portavoce Pdl, rimprovera all'opposizione di portare avanti proposte in maniera confusa. "Per il momento, è solo noto che Bersani andrà a Sanremo a commentare il Festival per YouDem". E rivendica una gestione "responsabile ed efficace" della fase di uscita dalla crisi mondiale da parte del Governo, come attestano - sottolinea - "tutti i dati e gli osservatori internazionali"

 

 

2010-02-12

Nel 2009 Pil italiano -4,9%

Quarto trimestre sotto le attese

12 febbraio 2010

Nel 2009 Pil italiano -4,9. Quarto trimestre sotto le attese

"Dai nostri archivi"

Prodi e Bersani critici sul Pil ma per il Pdl la ripresa ci sarà

Istat: Pil +0,5el 1° trimestre 2008 (+0,3 0x0p+0nnuo)

Economia tedesca in stallo: Pil invariato nel quarto trimestre

Usa, Pil quarto trimestre +5,7%. Risultato oltre le attese

Tokyo, Pil -4el I trimestre. Dato migliore delle attese

Nel 2009 il prodotto interno lordo dell'Italia è crollato del 4,9%, il dato peggiore dal 1971. Un unico sprazzo positivo per la crescita si è registrato nel terzo trimestre quando il Pil è cresciuto, a livello congiunturale, dello 0,6 per cento. Per il resto dello scorso anno il prodotto interno lordo nazionale ha messo a segno una serie di dati negativi.

Segno negativo, in effetti, anche per l'ultimo trimestre dell'anno con il Pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,8% rispetto al quarto trimestre del 2008. Gli analisti contattati dall'agenzia Bloomberg avevano stimato una crescita dello 0,1% trimestre su trimestre. La diminuzione congiunturale del Pil è il risultato di una diminuzione del valore aggiunto dell'industria, di una sostanziale stazionarietà del valore aggiunto dei servizi e di un aumento del valore aggiunto dell'agricoltura. Il quarto trimestre del 2009 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente ed una giornata lavorativa in più rispetto al quarto trimestre del 2008.

Oggi sono usciti anche i dati sul Pil tedesco e francese del quarto trimestre: il Belpaese risulta l'unico dei tre grandi dell'Eurozona con crescita economica negativa. In Germania infatti il Pil è risultato pari a zero mentre in Francia è salito dello 0,6 per cento. Il ritorno del sentiero di crescita in territorio negativo aumenta i timori di un "double dip", cioè di una seconda fase recessiva che si aprirebbe nel caso di un Pil negativo anche nel primo trimestre del 2010. A questo punto la crescita acquisita per il 2010 è già pari a zero. Si tratta del peggiore "abbrivio" tra i quattro big dell'Eurozona: l'effetto di trascinamento sul Pil 2010 è per la Francia pari a +0,61%, per la Germania +0,48%, per la Spagna +0,49 per cento.

Più debole anche la ripresa di Eurolandia

Si conferma fragile la ripresa economica dell'area euro, con il Pil del quarto trimestre che segna un limitato incremento dello 0,1% (stesso andamento anche nella Ue a 27) rispetto ai tre mesi precedenti, secondo la stima preliminare diffusa da Eurostat. Nel terzo trimestre i tassi di crescita sono stati di +0,4% e +0,3% rispettivamente per Eurozona e nell'intera Unione. Rispetto al quarto trimestre 2008 -2,1% e -2,3% dopo -4% e -4,3%. Nel 2009 il Pil è calato nell'Eurozona del 4%, nella Ue del 4,1 per cento (inclusa una correzione per gli effetti dei giorni lavorativi).

 

 

 

 

 

Il debito frena a dicembre. Entrate in calo

12 febbraio 2010

"Dai nostri archivi"

L'allarme di Bankitalia: entrate in calo e debito pubblico record

Bankitalia: debito pubblico record mentre calano le entrate fiscali

Debito, Italia ancora in vetta Spesa per interessi da record

Bankitalia, scende il debito pubblico in novembre: 1.783 mld

Per gli enti locali debiti fuori controllo

 

Scende nel mese di dicembre il debito pubblico italiano rispetto al mese di novembre. Il dato del debito è invece in crescita rispetto al dicembre dello scorso anno. Nel dicembre 2009 il debito pubblico italiano - rileva Bankitalia - si attesta a quota 1.761,1 miliardi, mentre a novembre era a quota 1.784,1 miliardi e ad ottobre 1.802 miliardi. A dicembre 2008 il debito si attestò invece a quota 1.663,3 miliardi. Per scendere sotto quota 1.761 miliardi, bisogna tornare all'agosto 2009 quando fu di 1.757,8 miliardi. La Banca d'Italia non fornisce il livello percentuale rispetto al Pil 2009, per il quale l'Istat non ha ancora calcolato il valore assoluto. Rapportando, però, la cifra di Bankitalia sul debito al valore assoluto del Pil stimato dal governo nell'ultimo programma di stabilità, il rapporto tra debito e pil è del 114,9%, leggermente più basso della previsione governativa del 115,1 per cento. Dal Bollettino statistico della Banca d'Italia si ricava anche che nel 2009 le entrate tributarie si sono attestate a quota 401,677 miliardi di euro, in calo del 2,5% rispetto ai 412,318 miliardi di euro del 2008.

12 febbraio 2010

 

 

 

"Moneta-merce e liquidità"

I complici della crisi finanziaria

di Vittorio Carlini

18 settembre 2009

L'hi-tech "complice" del crack

Commenta / Cosa ne pensate?

"Dai nostri archivi"

"Moneta-merce e crisi" Parlano lettori e economisti

È la tesi di Massimo Amato e Luca Fantacci, esperti di storia della moneta e docenti della Bocconi. "Nuove regole e limiti ai bonus non sono abbastanza". La soluzione: "Una moneta internazionale", sulla scia di quanto sosteneva Keynes

Maggiori regole per mercati e istituti finanziari; meno bonus ai banchieri e più patrimonio alle banche. Il tutto avvolto dal richiamo a ritrovare l'etica perduta. Sono alcune delle impostazioni che dovrebbero guidare i lavori del G20 di Pittsburgh. Il rischio, tuttavia, è che il "Congresso di Vienna" della finanza partorisca il più classico dei topolini. Non solo per le divergenze tra i vari grandi (Europa e Inghilterra in testa). Ma anche, sostengono in molti, perché le diverse impostazioni non colgono la profondità della crisi: "Spesso - dice Marco Vitale, economista d'impresa -, sono il frutto di una mancanza di pensiero in grado di "sviscerare" i perché strutturali del grande crack". Un tentativo, al contrario, che Massimo Amato e Luca Fantacci , entrambi esperti di storia della moneta e docenti alla Bocconi di Milano, fanno nel loro "Fine della finanza" (Donzelli Editore). Certo, si potrà obiettare la validità del loro pensiero; come si potrà e dovrà discutere sulla validità delle soluzioni prospettate. Ma è indubbio che, di fronte "ai menestrelli del tutto come prima - per dirla sempre alla Vitale - e ai tanti talebani del mercato" il porre dei dubbi di sistema è comunque esercizio utile. Il Sole24Ore.com ha in contrato i due economisti per capire meglio il loro pensiero.

"Il vero nodo - dice Amato - è stato modificare la funzione stessa della finanza. Quest'ultima, in senso lato, riguarda l'apertura di un credito a favore di un soggetto cui viene anticipato del denaro per sviluppare, ad esempio, un'impresa. Una funzione essenziale per l'economia reale che presuppone, prima o poi, la chiusura del credito stesso". Non è un caso, quindi, che nel latino del tardo impero "Finantia" significasse "definizione amichevole di una controversia".

"È il "pagherò" della cambiale - fa notare Fantacci-, che, tuttavia, nel mercato finanziario si è trasformato in un "pagherò mai"". Addirittura! Non è un po' un'esagerazione..."Al contrario, a livello di sistema è proprio così. Grazie a tecniche come la cartolarizzazione, il creditore e il debitore sono stati "allontanati", non c'è più una relazione personale tra loro. È stato volutamente interrotto, scisso il rapporto tra le due parti. In questo modo il debitore ha potuto non solo posticipare il pagamento, ma rinviarlo all'infinito: il "pagherò" è stato, di fatto, trasformato in un "paghero mai". Una rivoluzione non solo economica ma, oserei dire, antropologica". Ma come è stato possibile arrivare a tanto? "È abbastanza facile da capire - risponde Fantacci - Il debito, magari subprime, è stato trasformato, anche grazie allo spacchettamento delle cartolarizzazioni, in un qualcosa comunque desiderabile, appetibile. Un titolo tanto più richiesto in quanto "gettato" nel fiume della liquidità che, per la sua stessa natura, ha la necessità di trovare una remunerazione, possibilmente sempre maggiore".

Secondo quest'impostazione, quindi, la liquidità è uno dei problemi alla base della crisi..."Sì. La liquidità, intesa come continua convertibilità di un titolo in moneta e viceversa, è la base strutturale di questo sistema. Che, peraltro, per funzionare richiede un ulteriore elemento". Vale a dire? "La moneta intesa come riserva di valore -risponde Fantacci -. Com è noto, la currency attualmente è: unità di conto, mezzo di scambio e, per l'appunto, riserva di valore. Ecco, quest'ultima caratteristica è imprescindibile nel mercato finanziario: la moneta dev'essere una merce il cui prezzo è il saggio d'interesse. Se non ci fosse questo aspetto chi cede moneta non dovrebbe, né potrebbe, essere remunerato con il saggio d'interesse, per l'appunto. E, di conseguenza, tutta l'impalcalcatura della liquidità che genera ricchezza grazie alla moneta-scambiata-con-titoli-di-credito-sempre-trasformabili-in-moneta non potrebbe funzionare".

Una visione un po' radicale. Attribuire tutto questo peso alla riserva di valore non è un arteficio teorico a sostegno della tesi esposta? "Assolutamente no - ribatte Amato - La prova si è avuta quando le banche centrali hanno inondato il mercato con "denaro frusciante". Ebbene, se fossero prevalse le caratteristiche di unità di conto e mezzo di scambio, la moneta sarebbe circolata tra gli istituti finanziari. Invece, le banche hanno tesaurizzato la liquidità. L'hanno considerata una merce, l'hanno messa "in magazzino", tenendo a mente essenzialmente la funzione di riserva di valore". Quindi, l'errore è nella gestione degli istituti di credito? "Non si tratta di volontà o meno: se rimaniamo a questo livello la discussione è superficiale. È il mercato finanziario che induce tali comportamenti: da un lato si vuole che la banca presti denaro dall'altra la si invoglia a tesaurizzare. La vera questione è un'altra: bisogna eliminare la moneta-merce, in modo che gli istituti di credito tornino a focalizzarsi su quello che dovrebbe essere il loro reale core business, cioè svolgere l'attività d'intermediazione per garantire prestiti al mondo dell'economia reale".

Un bel discorso teorico, ma realizzabile in che modo? "Bisogna avere il coraggio di pensare a una riforma del sistema monetario - risponde Fantacci - La strada da seguire, un po' sulla falsariga di quanto era nell'idea di Keynes a Bretton Woods, è quella di una moneta internazionale nella forma di clearing union. Il meccanismo della stanza di compensazione necessita solo della moneta come unità di conto e delle anticipazioni contabili. In questo modo l'elemento di riserva di valore viene meno e si elimina alla radice il meccanismo della rendita monetaria. A livello locale poi, anche per ridefinire in maniera corretta un reale rapporto tra debitori e creditori, bisognerebbe pensare alla creazione di divise territoriali". Ritorniamo al bel libro dei sogni: una moneta internazionale richiede un organismo sovranazionale in grado d'imporla. Difficile solo pensarlo, viste le divisioni perfino sui semplici bonus dei banchieri..."Il fatto che la strada sia in salita - replica Amato - non vuol dire la via sia sbagliata. Bisogna provarci. Solo in questo modo potremo uscire dal circolo vizioso in cui ci siamo infilati. Altrimenti, spingendo sempre e soltanto sulla soluzione della liquidità non faremo altro che preparare le basi delle nuova crisi. Con una aggravante". Quale? "Il vincolo dei debiti pubblici statali impedirà di attuare nuovamente quegli interventi a carico dei tax payer che sono stati messi in opera in questi due anni. Non avremo cioè un'arma per contrastare il problema".

E rispetto, invece, al finanziamento delle imprese, eliminata la moneta-merce quali i contenuti della finanza? "È l'anticipazione del credito, sotto le sue molteplici forme. Dalla forma del venture capital fino al clearing come strumento per finanziare il capitale circolante".

vittorio.carlini@ilsole24ore.com

18 settembre 2009

L'OSSERVATORE ROMANO

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.vatican.va/news_services/or/home_ita.html

IL MATTINO

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.ilmattino.it/

2010-02-11

La GAZZETTA dello SPORT

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.gazzetta.it/

2010-02-11

CORRIERE dello SPORT

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.corrieredellosport.it/

2010-02-11

LA STAMPA

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.lastampa.it/redazione/default.asp

2010-02-11

 

 

SORRISI e CANZONI

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.sorrisi.com/sorrisi/home/index.jsp

2010-02-11

 

WIKIPEDIA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.wikipedia.it

 

GENTE VIAGGI

http://www.genteviaggi.it/

AUTO OGGI

http://www.inauto.com/speciali/autooggi/index.html

QUATTRO RUOTE

http://www.quattroruote.it/

INTERNAZIONALE

http://www.internazionale.it/home/

2010-02-11

PUNTO INFORMATICO

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.italysoft.com/news/il-punto-informatico.html

2010-02-11

 

IL SECOLO XIX

http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/

LIBERO

http://www.libero-news.it/

IL MONDO

http://www.ilmondo.rcs.it/

MILANO FINANZA

http://www.milanofinanza.it/

MOMENTO SERA

http://www.momentosera.it/home.php

ITALIA OGGI

http://www.italiaoggi.it/

2010-02-11

EUROPA QUOTIDIANO

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.europaquotidiano.it/site/engine.asp

2010-02-11

 

LA NAZIONE

http://www.momentosera.it/home.php

IL FOGLIO

http://www.ilfoglio.it/

 

IL MANIFESTO

http://www.ilmanifesto.it/

 

WALL STREET ITALIA

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.wallstreetitalia.com/

 

 

ARCHEOLOGIA VIVA

http://www.archeologiaviva.it/

2010-02-11

AUDIO REVIEW

http://www.audioreview.it/

IL FISCO

http://www.ilfisco.it/

STAR BENE

http://www.starbene.it/

ABITARE

http://abitare.it/

BRAVA CASA

http://atcasa.corriere.it/

DONNA MODERNA

http://www.donnamoderna.com/home/index.jsp

SECONDA MANO

http://www.secondamano.it/

PC WORLD

http://www.pcworld.it/

2010-02-11

FINANCIAL TIMES

http://www.ft.com/home/europe/

2010-02-11

EL PAIS

http://www.elpais.com/global/

 

LE MONDE

http://www.lemonde.fr/

THE NEW YORK TIMES

http://www.nytimes.com/

THE WALL STREET JOURNAL

http://europe.wsj.com/home-page

MAIL & GUARDIAN

http://www.mg.co.za/

 

 

Vai alla HOME PAGE

Edito in Proprio e Responsabile STUDIO TECNICO DALESSANDRO GIACOMO

Responsabile Per. Ind. Giacomo Dalessandro

http://www.cristo-re.eu